martedì 31 agosto 2010

Fondo sovrano cinese acquista il 10% della Morgan Stanley

La Riserva Federale Americana (FED) ha autorizzato, oggi 31 agosto, il fondo sovrano cinese China Investment Corporation (CIC) ad acquistare il 10% dei diritti di voto della banca d’affari americana Morgan Stanley. Così è scritto in un comunicato-stampa rilasciato oggi “Il consiglio di amministrazione della Fed ha approvato la domanda del CIC di rastrellare in Borsa sino al 10% dei diritti di voto della Morgan Stanley". La domanda era stata depositata all’inizio di agosto. La CIC, come tutte le imprese o le banche straniere, deve ricevere l’approvazione della FED per comprare il 5% o più di una banca americana. Questo fondo sovrano ha in portafoglio 300 mld di dollari d’investimenti, è stato creato nel 2007, allo scopo di far fruttare all’estero le massicce riserve cinesi, che sono arrivate ad un totale record di 2.454 miliardi di dollari a fine giugno. Questi investimenti sono essenziali per rendere più interessanti gli attivi finanziari dello stato cinese, rispetto ai margini ridotti dei titoli di stato del Tesoro americano.

A Melfi continua lo scontro Fiat - Cgil

Lo scontro tra la Fiat e la Cgil va ben oltre la sorte dei 3 lavoratori della fabbrica di Melfi in Basilicata che è all’origine di questo conflitto. Licenziati dall’impresa nel luglio scorso, dopo aver fermato una linea di produzione per protesta contro un cambiamento del contratto per rendere più competitive le fabbriche, sono stati successivamente integrati da una decisione, a loro favorevole, del giudice del lavoro. La Fiat contesta questa decisione del giudice e ha accusato i tre lavoratori di sabotaggio, la Cgil, al contrario, parla del più grave attacco contro i diritti dei lavoratori dal 1945 ad oggi.
Giovedì 26 agosto durate il meeting di Rimini di Comunione e Liberazione, l’A.D. Sergio Marchionne non ha nascosto la sua insofferenza per il protrarsi della situazione ed ha parlato di un ritorno agli anni ’60. In quegli anni i dirigenti Fiat, nella fabbrica simbolo del boom economico italiano, si scontravano con dei sindacati molto forti, un Partito comunista onnipotente e delle lotte molto più dure che le gesta dei tre lavoratori di Melfi. Per l’A.D. della Fiat questo accanimento della Cgil per salvarli dal licenziamento non è altro che un tentativo di salvare un sistema fossilizzato. L’insofferenza dell’Amministratore Delegato Fiat riguarda tutta l’Italia, il solo mercato al mondo dove la Fiat subirà delle perdite questo anno come l’anno scorso. “Come si possono mantenere 4 fabbriche del gruppo oggi nella Penisola se non a costo di un sacrificio patriottico”, S. Marchionne ha aggiunto che “spesso le ragioni del declino economico e sociale di una nazione sono nell’immobilismo. Questo è da molto tempo il grande male che affligge la Fiat. In Italia manca la volontà di cambiare”. Questa critica è anche un avvertimento. Mentre l’azienda si appresta ad investire 20 miliardi di euro per sostenere la produzione nazionale in cambio di una maggiore produttività per equiparare i prezzi e i risultati migliori che si ottengono in Brasile, in Polonia o in Serbia. Egli ritiene che l’approccio debba essere globale, la nuova architettura aziendale dell'Azienda che la vedrà scissa in due società egualmente quotate in borsa, l’accordo con l’americana Chrysler, il profilo internazionale del suo gruppo dirigente (S. Marchionne é nato a Toronto e il presidente John Elkann è nato a New York) sciolgono poco per volta i legami con l’Italia, ma permettono di cogliere meglio le opportunità oltre oceano.
“Tutto ciò di cui noi abbiamo bisogno è la garanzia che le fabbriche italiane possano funzionare in maniera egregia; non c’è niente di straordinario di voler adattare il nostro sistema al nuovo corso mondiale” ha aggiunto l’A.D. Marchionne dichiarando che la contrattazione sindacale italiana era troppo sbilanciata a favore dei lavoratori. Per il giornalista del Corriere della Sera, Sergio Romano, gl’interlocutori dell’A.D. della Fiat non gli chiedono altro che fare delle scelte conformi alle regole dell’economia mondiale, altrimenti è difficile spiegare perché il sindacato di Detroit sarà più povero di diritti dei loro colleghi di Pomigliano o di Melfi. Un paragone simbolico: lunedì 23 agosto, quando i tre lavoratori di Melfi cercavano invano di entrare in fabbrica a Melfi, Sergio Marchionne riceveva a Detroit il vice-presidente degli USA Joe Biden, che nel suo saluto ha dichiarato che “nel mondo la Fiat è una impresa che cerca quotidianamente di migliorare le condizioni di produzione e di collaborazione".

lunedì 30 agosto 2010

Fusione tra United Airlines e Continental Airlines

Washington. - Con l’ok odierno da parte dell’anti-trust americana la fusione potrà prendere corpo dal 1 ottobre prossimo. La United Airlines è la terza compagnia aerea americana e la Continental Airlines la quarta; insieme saranno la prima compagnia aerea del mondo. Serviranno 370 destinazioni in 59 paesi con una cifra d’affari cumulativa di 29 mld di dollari e una flotta di 700 aerei e 87.000 lavoratori nel mondo. Il nulla-osta è arrivato dopo che le due compagnie avevano risposte a tutte le obiezioni effettuate dal dipartimento della giustizia americana e dalla agenzia Ue per il rispetto della concorrenza, sulla possibilità che la loro fusione non lasciasse lo spazio dovuto ai concorrenti, e dopo che, presso l’aeroporto internazionale di Newak, vicino a New York, le due compagnie hanno accettato di cedere alla Southwest Airlines numerosi diritti di decollo e di atterraggi. Le due compagnie dovranno tuttavia continuare a lavorare separatamente ancora per un anno, il tempo necessario all’amministrazione federale dell’aviazione per deliberare un certificato comune di abilitazione ai voli.
Nel luglio scorso l’UE aveva ugualmente dato semaforo verde all’aggregazione. Bruxelles aveva ritenuto che le due compagnie erano complementari nella misura in cui esse avessero gestito piattaforme comuni in diverse città USA e che eventuali aumenti di prezzo sarebbero stati marginali. Questa fusione avrà un forte impatto sul mercato mondiale del settore per il numero di destinazioni servite, volume d’affari e numero d’aerei con relativo personale. E dovrà confrontarsi con le incertezze del mercato, la concorrenza feroce della compagnie low cost, la stagnazione dei prezzi del petrolio e le inquietudini provenienti dalle minacce terroristiche. La parte più difficile inizia ora.

domenica 29 agosto 2010

Yen e Franco svizzero spiccano il volo

Secondo il Presidente M. Sarkozy prossimo leader del G20, è auspicabile trovare gli strumenti giusti per evitare l’eccessiva volatilità dei cambi. Diventa difficile per la valuta europea che oggi naviga tra l’1,27 e 1,2770 dollari mantenere questa costante valutazione in presenza di un dollaro che è passato da 1,20 di giugno a 1,3280 del 6 agosto. Il biglietto verde ha conosciuto una serie eccessiva di rimbalzi che, con lo spettro di una crescita flebile può essere soggetto ogni giorno ad ulteriori sbalzi. A questo si aggiunge il mercato immobiliare americano che sembra incapace di uscire da una sindrome nevrastenica visto che in luglio le vendite dei case nuove è stata la più bassa dal 1963. Il risultato è stato che due divise hanno preso il volo: lo yen e il franco svizzero
La moneta giapponese dopo 15 anni di attesa risale sul dollaro e dopo 9 anni sull’euro. Malgrado una ripresa vacillante l’impero del Sol Levante, tra i grandi paesi sviluppati è il miglior posto dove si possono fare profitti utilizzando la spinta proveniente dall’Asia del Sud-Est. Ma anche perché la banca centrale cinese diversifica le sue enorme riserve, vendendo dollari e comprando yens. A Tokyo questo risalita diventa un rompicapo. Di fatto migliaia d’affari non riescono a concludersi perché la rivalutazione erode la capacità d’esportare e può pesare sino al 1,5% del PIL e frena la crescita. D’altra parte il forte apprezzamento dello yen alimenta la deflazione, male endemico contro il quale il Giappone combatte da più di 15 anni. I prezzi dei prodotti importati si abbassano e contribuiscono a un indietreggiamento generalizzato dei prezzi. Dopo tanti indugi il governo e la Banca del Giappone dovrà annunciare delle misure entro il 31 agosto. La scelta è particolarmente difficile tra acquistare massicciamente dollari per fare diminuire la quotazione dello yen come agl’inizi degli anni 2000, con il rischio d’essere accusati di manipolare la propria divisa, come i loro vicini cinesi, e la deflazione.
La Svizzera ha fatto dei tentativi, ma sono risultati vani. All’inizio si è lanciata in acquisti massicci di € nel tentativo di frenare il franco, ma ha bloccato l’operazione nel mese di giugno sotto lo spettro della deflazione. Il risultato è stato un balzo in avanti da 1,49 franchi svizzeri per un euro, a 1.30, anche perché, in questi tempi agitati la moneta svizzera viene vista come un rifugio dagl’investitori. Colpa anche dei debiti sovrani che inducono gl’investitori a dirigersi verso i titoli di stato delle grandi potenze. La Germania e la Francia non hanno mai goduto così tanto di poter alimentare il proprio debito a tassi così bassi.

sabato 28 agosto 2010

Ultime su Intesa Sanpaolo

Banca Intesa Sanpaolo, primaria banca italiana soprattutto fra il pubblico, ha reso noto ieri gli utili semestrali, doppi rispetto all’anno precedente pari al 1,0 mld di €. Questa performance dovuta principalmente a plusvalenze di cessione non ha soddisfatto il gruppo dirigente ne gli azionisti. Leggermente superiore all’attesa per 991 mln di €, il risultato semestrale contiene una plusvalenza di 648 mln di € incassati dalla vendita di una filiale di servizi agli investitori fatta all’americana State Street. Nella teleconferenza A.D. Corrado Passera ha dichiarato che i risultati sono conformi alle attese, ma ha aggiunto che solo quando si raggiungeranno i risultati che gli azionisti ben conoscono potremo dichiararci soddisfatti. A fine giornata l’azione Intesa ha chiuso in ribasso dell’1,95% dopo esser risalita da un minimo di 2.2025, sotto la performance dell’indice Stoxx 600 paneuropeo del settore bancario (+0,4%). Un analista londinese ha fatto notare che comunque l’azione aveva guadagnato un 4,5% prima della comunicazione dei risultati, e che pertanto i risultati sono in linea con l’andamento generale dei mercati. Alla luce dei risultati semestrali Banca Intesa prevede un aumento degli utili netti sull’arco dell’intero anno grazie alla riduzione dei suoi costi d’esercizio, del credito e della migliore integrazione interna capace di sviluppare un plusvalore.
Corrado Passera ha aggiunto che la banca resta determinata all'ingresso in Borsa della sua filiale di gestione fondi Fideraum, nel corso del prossimo trimestre, non appena il calendario borsistico lo permetterà. Intesa ha dovuto ritardare lo sbarco, nello scorso giugno, a causa delle turbolenze sul mercato provocato dalla crisi dei debiti sovrani in zona euro. I risultati del gruppo italiano mostrano anche un aumento del 2% dell’entrate netta per interessi nel secondo trimestre in rapporto al precedente, il primo aumento dopo tre trimestri consecutivi di ribasso.

venerdì 27 agosto 2010

La Germania e la tassa sulle banche

Prima della Francia e della Gran Bretagna, il Governo tedesco ha presentato mercoledi il suo progetto di tassazione bancaria, al fine di evitare che un eventuale fallimento di un ente finanziario potesse gravare sulle finanze publiche. Tassare le banche o trovare delle regole più efficaci, gli Europei s‘interrogano su quale debba essere la scelta. La Germania, la Francia e la Gran Bretagna, all’unanimità, dopo la crisi finanziaria stanno optando per un prelievo sulle attività finanziarie per alimentare un fondo che sostenga le istituzioni finanziarie in difficoltà. In altre parole non ci sarà più lo Stato a pagare, ma le banche stesse pagheranno per i derivati finanziari emessi. L’operazione tassazione era incominciata a Berlino circa una settimana fa. Con la presentazione di un bilancio di rigore al consiglio dei ministri, il democristiano Wolfgang Schäuble, Ministro delle finanze aveva presentato il piano di tassazione bancaria. Egli aveva dichiarato di non agire per riempire le casse dello stato, ma voleva proteggere il settore finanziario da se stesso. Poi è proseguita a Parigi con una novità, secondo il progetto francese, ancora allo studio del Ministero, la nuova tassa riguarda solo le istituzioni che hanno sede nel territorio nazionale. Compagnie d’assicurazioni, fondi speculativi (i famosi hedge funds) e le rappresentanze delle banche straniere sarebbero esclusi dal campo di applicazioni.
La situazione è ben diversa in Italia dove il Ministro delle Finanze, Giulio Tremonti, aveva blindato già da un anno le banche sotto capitalizzate con la possibilità di accedere ai famosi Tremonti-Bond, che a fronte di un tasso congruo da la possibilità di coprirsi da eventuali attacchi speculativi aumentando il Tier 1. Inoltre le Banche italiane, hanno svolto una politica particolarmente attenta a non esporsi con derivati e prestiti ad istituzioni finanziarie estere particolarmente indebitate. I principi che regoleranno la tassazioni saranno eguali in Francia e in Gran Bretagna e poggiano sul calcolo delle riserve di ciascuno istituto. Più una banca possiede un capitale importante, meno si dovrà coprire dei rischi del sistema. Il fine della manovra è d’incoraggiare le banche a consolidare i loro investimenti e limitare i rischi in caso di’instabilità. In tutti i casi il prelievo non potrà superare il 15% netto degli utili. In caso d’insolvenza il testo di Schäuble prevede il sequestro e un possibile smantellamento dell’istituzione da parte dello stato. Il Ministro tedesco delle finanze valuta che la tassa potrà fruttare 1,2 mld di € all’anno. Questa cifra sarà gestita da un fondo incluso nel bilancio dello stato. Questa iniziativa ha suscitato discussioni in Germania e nelle principali capitali straniere, ma era stata già presentata e sostenuta da Nicolas Sarkozy, e dalla cancelliera Angela Merkel al G20 di Toronto nel giugno scorso, ma non aveva convinto i capi di stato presenti. Ora dopo l’arrivo a capo del governo del Regno Unito di David Cameron le divisioni sembrano essere in parte rientrate. Poi in ottobre la Francia prenderà la presidenza per 9 mesi del G20. Una opportunità unica per gli europei di farsi ascoltare dai grandi della terra.

giovedì 26 agosto 2010

Rallentano le vendite negli Ipermercati

Critiche segnatamente per promozioni incomprensibili, etichette illeggibili, messaggi pubblicitari che necessitano di una lunga interpretazione o se inviati via e-mail devono essere stampati per ottenere buoni sconto che un altro ipermercato, non molto lontano, vende senza complicazioni; e poi programmi di fidelizzazioni disincentivanti irritano la clientela. Da una ricerca effettuata in Francia dallUnion fédérale des consommateurs che è un’ associazione indipendente fondata nel 1951, ma anche da alcune associazioni italiane e tedesche, emergono consumatori poco soddisfatti della qualità fornita dai prodotti in vendita nei grandi magazzini. Le critiche dei consumatori sono di vario tipo. Ambienti tetri, difficoltà d’accesso, con lunghi giri da effettuare soprattutto in macchina, prima di arrivare all’accesso, sui tanti criteri richiesti dall’associazioni per dare un voto favorevole poche sono state le risposte positive. Tre criteri sono stati particolarmente mal digeriti dai consumatori. Tutte le pubblicità si riferiscono in modo eccessivo alle promozioni che alla fine disorientano l’attenzione del consumatore. Le critiche sono egualmente molto vivaci sulla informazione e i prospetti giudicati poco veritieri e lontani dalla realtà. Infine la fidelizzazione attraverso carte, regali o punti-raccolta fanno parte di una insoddisfazione generale con dei programmi poco leggibili e disincentivanti per il 50% dei consumatori. Forse anche da qui parte la riflessione che alcune catene internazionali di Ipermercati stanno facendo su un nuovo concetto di accentramento di vendite in locali di grandi superficie.

mercoledì 25 agosto 2010

Facebook in borsa nel 2012

Nell’attesa che Facebook debutti in Borsa, lo sbarco è previsto per il 2012, il valore della società continua a salire. Questa evoluzione fa discutere gli analisti perché il valore delle transazioni che si effettuano sul mercato secondario hanno portato la società d’informatica a essere valutata 33,7 mld di dollari. La discussione degli analisti avviene anche perché non essendo quotata in Borsa gl’investitori non hanno accesso ai conti della società per cui nessuno è in grado di valutare se la sua attuale valorizzazione corrisponda al valore reale e se, a questi livelli, lo sbarco in borsa sarà positivo. Ma ancora una volta il gruppo si deve preparare significativamente in materia di trasparenza dei conti, questo perché, come ha ricordato il capo di Facebook il marzo scorso, non ha alcuna fretta di far ricorso al risparmio pubblico. In una intervista al Wall Street Journal, egli ha dichiarato che uno sbarco in Borsa non sarà necessariamente un buon impatto sugli investitori. Essi rischiano di concentrarsi su un annuncio, ma come sarà ricevuto e se questo sbarco alla fine farà salire le azioni nessuno è in grado di prevederlo. Poi ha aggiunto, ma noi andremo a finire sul mercato perché questo è il contratto che abbiamo fatto con i nostri investitori. Per la maggior parte degli esperti che seguono la società, questa posizione è logica. Da una parte il gruppo deve acquisire la maturità e stabilire chiaramente la redditività del suo modello di sviluppo, e d’altra parte il mercato finanziario è ancora troppo nervoso. Del resto il gruppo ha dimostrato a più riprese che i suoi bisogni finanziari sono assicurati. Infine lo sbarco in Borsa aggiunge sempre una certa visibilità alla società, anche se la notorietà del social net-work non deve essere provata visto che il sito su Internet alla fine di luglio era seguito da 500 mln di utilizzatori attivi. In un settore dove le inquietudini si rinnovano continuamente quanto alla capacità di innovarsi, Facebook sarà una bella carta da giocare. Oggi che gli investitori sono perplessi sul rendimento delle attività dei valori tecnologici, bisognerà vedere quanto un domani Facebook avrà la capacità di monetizzare un vantaggio certo che oggi ha presentandosi come un blog che guarda al sociale. Forse il maggior sforzo bisognerà farlo a convincere gli investitori a restare fedele a Facebook sino al suo ingresso in Borsa al fine di realizzare delle plusvalenze interessanti.

martedì 24 agosto 2010

La Germania può diventare un problema

Le vendite all'estero per la Germania hanno rappresentato il 41% del PIL nel 2009, rispetto al 13% del Giappone e l’11% degli Stati Uniti. Il Fondo monetario internazionale dice che la Germania avrà un avanzo di conto corrente del 5,5% del PIL quest'anno. Per la Cina l’eccedenza sarà del 6,2%. Secono il FMI il conto corrente degli Stati Uniti, che ha una misura piu amplia degli scambi perché include proventi da investimenti, avrà un valore in deficit 3,3%l PIL. "La Germania ha avuto modo di lavorare sulla sua domanda interna, non tutti possono esportare, qualcuno deve importare, ha dichiarato Andrew Bosomworth, che vive a Monaco ed è responsabile di gestione del portafoglio Pimco, il più grande fondo comune di investimento del mondo. Anche il Ministro delle Finanze francese Christine Lagarde, il responsabile del tesoro degli Stati Uniti e il miliardario George Soros hanno sollecitato la Germania a fare di più per appianare i flussi commerciali che dicono sono ancora troppo sbilanciati e sono d’ ostacolo per una ripresa globale. La Germania è un problema", ha dichiarato in un'intervista a Sydney lo scorso 5 agosto il premio Nobel per l'economia, Joseph Stiglitz, essa dovrebbero prendere in considerazione misure di stimolo più forti per incoraggiare la spesa privata e l’ investimento sulla casa. L'economia è cresciuta del 2,2% nel secondo trimestre rispetto al primo, che corrisponde alla creazione di un tasso di crescita annuale di circa il 9% se le cose non si assestano nel secondo semestre e che colloca il paese sullo stesso piano dei mercati emergenti come Cina e India.
Angela Merkel, la cancelliera tedesca, ha difeso il diritto della Germania ad impegnarsi al massimo con la concorrenza nel commercio internazionale. Noi non ci arrenderemo perché i nostri punti di forza sono proprio l' esportazioni acquistate più di quelle di altri paesi ", ha detto in parlamento a Berlino il 17 marzo. "Se dovessimo limitarle sarebbe la risposta europea sbagliata per la competitività del nostro continente. " Allo stesso tempo, la moderazione salariale e le paure per avere una pensione di sicurezza più congrua incominciano a farsi sentire sul consumatore tedesco per l’invecchiamento della popolazione.
Dopo la riunificazione della Germania nel 1990, i consumi privati sono aumentati del 21% pari all’ aumento in termini reali del reddito disponibile. Negli Stati Uniti, invece, il reddito è salito 71% nello stesso periodo e i consumi privati sono saliti del 75%. I consumi privati andranno ancora a rilento perché in Germania non è consentito che i consumi possano crescere con più forza del reddito reale disponibile", ha dichiarato Andreas Scheuerle, economista presso DekaBank a Francoforte, che è co-autore di un libro sui 100 indicatori più importanti dell'economia mondiale. "Reddito e consumi camminare mano nella mano".

Prodotti contraffati

Venerdì prossimo i rappresentanti di 10 paesi: USA, UE, Canada, Giappone, Messico, Marocco, Nuova Zelanda, Singapore, Corea del Sud e Svizzera, al termine di una riunione tenutasi a Washington la settimana scorsa, si sono impegnati a pubblicare il testo definitivo di un accordo di lotta contro le contraffazioni che ha suscitato alcune preoccupazioni presso i difensori dei diritti. Nel comunicato finale questi paesi hanno espresso alcune inquietudini perchè non sarà possibile esigere una compattezza dai paesi firmatari se il documento dovessero prevedere delle misure che violano “diritti e libertà fondamentali”. L’accordo commerciale, questa sarà la veste giuridica, non potrà obbligare le autorità di dogana a ricercare prodotti che violano la legge se saranno contenuti nei bagagli al seguito dei passeggeri o nei loro apparati elettronici personali. Alcuni difensori dei diritti di autori hanno fatto notare che le disposizioni mirano a ridurre la pirateria on-line di musica e film. L’accordo dovrebbe permettere a tutti i funzionari di dogana dei paesi firmatari di poter sequestrare la merce contraffatta senza attendere l’ordinanza del tribunale. Uno dei punti d’ostacolo resta la richiesta dell’UE che auspica che questo accordo includa le denominazioni geografiche utilizzate per certi prodotti alimentari come Parmigiano, Cognac o Champagne. I rappresentati degli industriali americani hanno fatto notare che, secondo questa richiesta, prodotti come Kraft Parmesan potrebbero divenire illegali e dovrebbero essere sequestrati dai doganieri. Gli USA hanno consigliato di rinviare alla prossima riunione di settembre, che si terrà in Giappone, la soluzione di questi problemi. Gli USA hanno dichiarato inoltre, che da loro calcoli i settori del cinema della musica dell’arte e di tutte quelle attività coperte dai diritti d’autori perdono nel loro insieme, a causa delle varie contraffazioni, 12,6 miliardi di euro all’anno.

lunedì 23 agosto 2010

Il petrolio naviga in acque basse

Il prezzo del petrolio venerdì a New York ha chiuso per la terza volta consecutiva a 73 dollari al barile. Oggi ha faticosamente guadagnato la soglia dei 74,24 dollari per poi scendere di 20 cents sotto la pressione di un pessimismo economico diffuso nell’area USA. Sul New York Mercantile Exchange (Nymex), il corso del barile "light sweet crude” è stato di 74,02 per consegna a settembre. Il mercato è sotto forte pressione a causa della debolezza dell’economia e i prezzi si ritiene rimarrano su questi livelli a causa della pubblicazione d’indicatori non incoraggianti sull’economia USA, la cui crescita è stata ritenuta lenta in modo anomalo. Inoltre la contrazione dell’attività industriale nella regione di Philadelphia e l’aumento delle nuove iscrizioni alle liste dei disoccupati sono il segno di una possibile recrudescenza della recessione. Senza contare che gli stock di prodotti petroliferi sono al più alto livello degli ultimi 20 anni, segno che il mercato può accelerare la discesa. Il contesto di generale prudenza non aiuta il corso, le principali borse hanno battuto in ritirata, quando si sono accorte che gl’investimenti hanno preferito le attività rifugio come i titoli di stato o il dollaro. Il recupero del dollaro sta aiutando la pressione negativa sul mercato del petrolio.

Le compagnie aeree sono ottimiste

La maggior parte delle compagnie aeree tradizionali hanno aumentato la loro capacità di trasporto in termini di passeggeri in un mercato ancora fragile e con un costo del carburante abbastanza alto. L’aspetto positivo è che in molti si aspettano una riduzione del costo del biglietto anche se si tratta di un’industria dal comportamento fortemente ciclico. L’ottimismo delle compagnie è fondato sui risultati del traffico che è in ripresa, soprattutto tra coloro che viaggiano per affari e utilizzano le poltrone di prima classe e del settore business. Nel corso del primo semestre, in rapporto allo stesso periodo del 2009, l’aumento dei passeggeri è stato del 12% secondo dati forniti dall’Associazione internazionale dei trasporti aerei nonostante i prezzi dei biglietti siano in salita. British Airways (BA) e Lufthansa hanno registrato una forte crescita nel secondo trimestre e si attendono che il trend continui. I ricavi del settore si situano attualmente tra una forchetta compresa tra il 10% e il 15% secondo dati che alcuni analisti ritengono sottostimato. Certo non mancano i segnali d’allarme. In Europa l’aumento della capacità di trasporto nel secondo trimestre 2010 è già più elevato rispetto alle previsioni di traffico. Così la compagnia aerea scandinava, SAS, ha già avvertito che su certi mercati l’offerta della capacità di trasporto sarà eccedente rispetto alla richiesta. BA ha egualmente annunciato un rallentamento della crescita per questo inverno per cui si troverà nelle stesse condizioni di sovraccapacità di trasporto. In effetti i voli programmati dalle compagnie europee fanno prevedere una aumento della capacità di trasporto del 9% su lunghe distanze per il secondo semestre dell’anno. I programmi di Lufthansa e di Alitalia sembrano particolarmente ambiziosi La compagnia tedesca andrà ad accrescere la sua capacità di trasporto su lunghe distanze dell’11% nel quarto trimestre 2010, secondo UBS, cioè al di sopra della media europea. Mentre l’Alitalia aumenterà i voli sulla lunga distanza del 9%, recuperando soprattutto su Malpensa parte della capacità che già aveva prima del de-hubbing su questo aeroporto

domenica 22 agosto 2010

Carrefour cambia veste

Il direttore generale del marchio, Lars Olofsson, vuole riorganizzare i suoi Ipermercati secondo un nuovo modello per aumentarne la redditività. Egli presenterà martedì un nuovo concetto di Ipermercato in quanto ritiene che tutti i prodotti sotto lo stesso tetto è un modello che appartiene al passato, così si è espresso in una intervista al Journal du Dimanche. L’ipermercato di nuova concezione, deve essere uno spazio riorganizzato attorno a nuovi poli come il tessile e l'arredamento. Gli alimentari e la drogheria saranno così più competitivi in termini di prezzi. Un polo intero dovrà essere dedicato a prodotti di attualità, su tematiche forti tali da sorprendere i clienti. Carrefour, numero due mondiale della grande distribuzione, deve fare fronte a una erosione di clientela dei grandi magazzini. Il contesto non è facile, riconosce il direttore generale anche se pensa che nei prossimi mesi non ci saranno grandi cambiamenti e le vendite rimarranno stabili anche se in un contesto di sofferenza. Comunque il gruppo ne uscirà meglio dei suoi concorrenti. In Francia, il marchio copre una percentuale del 24% del mercato, in crescita di un punto dall’inizio dell’anno a parità di superficie di vendita e ha realizzato un fatturato di 24,9 miliardi di euro al secondo trimestre con una crescita del 6,3%. I risultati semestrali saranno presentati il 31 agosto.

La Cina seconda potenza economica mondiale

La Cina ha marciato a tappe forzate per prendere il secondo posto nell’economia mondiale. Nel secondo trimestre di quest’anno con uno sviluppo superiore al Giappone e con un PIL di 1.336,9 miliardi di dollari contro i 1.288,3 mld del paese del Sol Levante si è insediata al secondo posto. Queste cifre fanno prevedere che la Cina potrà superare definitivamente i suoi rivali prima della fine dell’anno. Cambia totalmente la visione se invece si va a guardare a fondo per come è costruito il PIL. Intanto quanto parte del suo valore proviene da settori afflitti da possibili bolle speculative: il settore immobiliare, grandi lavori interni? L’esperienza recente degli USA e ultimamente della Spagna insegnano. Nel momento in cui si sgonfiano i prezzi, i vari PIL retrocedono. Ed ancora i Cinesi sono 1.350 milioni di persone, i Giapponesi solo 130 milioni. Un parametro più credibile che è il reddito pro-capite, fatte le dovute proporzioni, evidenzia che i Giapponesi sono dieci volte più ricchi dei Cinesi. I vantaggi economici cinesi vengono anche da molti elementi come: dumping salariale fatto da stipendi bassi, orari di lavoro superiori a quello occidentali; dumping sociale: basse copertura previdenziali e assicurative; dumping ecologici: poca cura del territorio, grosse perdite anche umane nelle attività lavorative (miniere), pochi controlli sanitari e cibi adulterati (latte con melanina ancora in commercio). L’elemento che balza evidente in un paese che vanta tassi di crescita a 2 cifre, è che l’occupazione cresce solo dell’1% l’anno, mentre data l’inflazione esistente il risparmio privato viene remunerato con un tasso di fatto negativo. La crescita cinese, trainata dall’esportazioni, viene fortemente sostenuta anche da una moneta, renminbi, sottovalutata con un duplice effetto: facilita l’esportazione e fa da freno alle importazioni. Le difficoltà che s’intravedono nei commerci mondiali dovranno trovare al più presto un ragionevole tavolo di confronto dove gli squilibri attualmente esistenti trovino una mediazione che eviti una nuova guerra commerciale, fatta di dazi, misure protezionistiche e svalutazioni competitive.

sabato 21 agosto 2010

Il Giappone in attesa della ripresa

Dopo un inizio dell’anno che sembrava promettente, nel secondo trimestre la crescita dell'economia giapponese si è bruscamente fermata. Nel periodo aprile-giugno è stata quasi nulla con +0,1% di fronte alla crescita dell’Eurozona con un 1%, e gli USA con +0,6% nel periodo in questione. Il Giappone cerca ancora un’uscita dalla crisi. Secondo Jean-Marie Bouissou, esperto del Giappone al Centro studi e di ricerche internazioni di Scienze politiche a Parigi “Le fonti di queste difficoltà sono doppie: c’è un problema di esportazioni e uno di economia interna. Per l’esportazioni il paese subisce le difficoltà del commercio mondiale proprio perchè è stato sempre dipendente dalle sue esportazioni, ma la crisi economica è acuita dalla forte concorrenza cinese. All’interno il paese soffre ancora di una domanda troppo debole che manca di un sostegno statale a causa di un debito pubblico colossale. Yoshiki Shinke, economista del Dai-Ichi Life Research Institute, conferma “Gli effetti delle misure di rilancio accordati dalle sovvenzioni erogate dallo Stato sono già finiti da tempo”. Comunque non c’è ragioni di preoccuparsi di possibili conseguenze in Europa delle difficoltà giapponesi. Tradizionalmente si dice che quando gli USA hanno il raffreddore l’ Europa ha la tosse. Non è assolutamente il caso del Giappone. Il paese è in crisi da più di 20 anni, ma questo non ha vietato ai paesi asiatici di conoscere uno sviluppo eccezionale.

In una Europa che cresce, la Francia vede rosa

Le cifre del secondo trimestre mostrano una crescita dell’Eurozona superiore agli USA. Con uno 0,6% di crescita la Francia, non è più ferma e rappresenta una felice sorpresa per i Francesi. L’Europa, facilmente tacciata di vecchiaia, mostra le unghie e per il periodo aprile-giugno, contro tutte le attese dimostra un buon dinamismo di ritorno. Con un PIL in crescita dell’1% ha fatto meglio degli USA che rivendica un + 0,6%. La buona tenuta dell’Eurozona è dovuta alla maggioranza dei paesi europei: + 2,2% la Germania, + 1,1% l’Italia, +0,9% i Paesi Bassi, +0,9% l’Austria, + 0,7% il Belgio e + 0,6% la Francia sono tutte performance migliori di quelle d’oltre Atlantico. Restano indietro a queste percentuali i cosiddetti paesi periferici soprattutto per la politica economica molto restrittiva per tamponare il loro debito pubblico. Restano infatti con un PIL stabile la Spagna e il Portogallo, mentre la Grecia segnala un –1,5 %. In Francia, la crescita dello 0,6% è percepito a giusto titolo positivamente. Nel primo trimestre la ripresa ha poggiato soprattutto su due principali fattori. La ripresa delle vendite degli alimentari di gamma alta, che partita con qualche difficoltà è poi riuscita a migliorare tra aprile e giugno di uno 0,4%. Il secondo fattore è stata l’attività turistica con buone prospettive per l’avvenire, nuovi investimenti e la creazione di 35.000 nuovi posti di lavoro, tanto da far dire a Christine Lagarde, Ministra dell’Economia, che ci sono buone prospettive di poter arrivare ad una crescita dell’1,4% per la fine del 2010. Gli economisti francesi invece richiamano alla prudenza, ricordando i piani di austerità, appena partiti e la possibilità che i piani di sostegno accordati dalla BCE possono essere progressivamente ridotti. Altro elemento di riflessione è che questa crescita dipende in gran parte dall’esportazioni delle principali economie che nel lungo tempo potranno anche rallentare se l’Europa non troverà sufficienti clienti per i propri prodotti.

venerdì 20 agosto 2010

La crisi greca fa strage di negozi ad Atene

Uno studio della Confederazione nazionale del commercio greco (ESEE) pubblicato lunedì afferma che il 15% dei negozi e delle boutiques della regione ateniese hanno abbassato le saracinesche a causa della crisi che attanaglia il paese su un totale di 3.421 negozi. Questa situazione si è verificata per il basso potere d’acquisto della popolazione e si evidenzia in modo particolare nelle grandi vie centrali dello stadio e di Panespistimiou con delle percentuali di chiusura intorno al 20-25% che scendono all’11% nelle strade attorno al porto del Pireo, a sud di Atene a Kolonaki, il quartiere chic di Atene, per poi risalire sino al 17% nelle banlieues di Maroussi, Kifissia, Kallithea, Halandri, et Nea Ionia. L'ESEE in una precedente inchiesta aveva stimato che circa 100.000 lavoratori avevano perduto il lavoro per questa crisi. Secondo Vassilis Korkidis, presidente della Confederazione, questa situazione di crisi potrebbe portare a trasformazioni di una certa violenza per il cambio degli equilibri nelle vendite al dettaglio. I sindacati di settore chiedono da tempo una riunione del comitato di sorveglianza dell’economia greca formata dalla Commissione Europea, dalla BCE, e dal FMI per cercare degli aggiustamenti alle riforme previste. Questa crisi finanziaria, senza precedenti, ha messo la Grecia sotto tutela delle 3 istituzioni per ridurre l’enorme debito pubblico stimato a 300 mld di € a fine 2009. Il gruppo di esperti che segue l’evoluzione economica, la settimana scorsa ha precisato che l’economia greca avrà una contrazione del PIL del 4% nel 2010 e 2,5% nel 2011, mentre l’inflazione si dovrebbe attestare al 4,75% a fine anno.

giovedì 19 agosto 2010

Dove va l’economia italiana

Riportiamo alcune opinioni del CEO di Intesa SanPaolo, Corrado Passera che in un'intervista a tutto campo sui problemi del Paese rilasciata oggi al 'Corriere della Sera'. “ Mette in evidenza – come dobbiamo tutti insieme rilanciare la crescita per creare occupazione, che è il tema più importante e in questo periodo più trascurato. Purtroppo l'Italia sta passando l'estate a parlare d'altro".
Le opinioni del CEO di Intesa San Paolo registrano i risultati riportati dalle statistiche pubblicate in questi giorni da Eurostat. ll PIL nell’Eurozona è salito nel secondo trimestre dell’anno del 2,8% su base tendenziale, in rialzo rispetto al +2,4% del precedente trimestre. A guidare la crescita è la Germania (+3,7%) mentre la maglia nera spetta all’Italia (+1,1%). Il Pil dell’area Ocse è cresciuto invece dello 0,7% rispetto al trimestre precedente: a guidare la classifica sempre la Germania (+2,2%), seguita dalla Gran Bretagna (+1,1%) mentre fanalino di coda questa volta è il Giappone (+0,1%). In Italia, che si piazza al penultimo posto sopra il Giappone, la crescita è stata dello 0,4%. Sempre rispetto al primo trimestre del 2010, c’è da registrare il +0,6% di Francia e Stati Uniti. L’Italia è la «cenerentola d’Europa» e nel nostro Paese i consumi torneranno «normali» solo dal 2015. Così il Codacons commentando i dati. Per l’associazione questi dati dimostrano che «tutti quelli che nei mesi scorsi avevano avuto la sfacciataggine di sostenere che l’Italia era la locomotiva d’Europa, stavano solo fantasticando e facevano propaganda».

Fiducia nell’economia tedesca

Ieri il costo per la Germania per finanziarsi sul mercato dei titoli di Stato è sceso ai minimi storici sulla scadenza a 30 anni, il rendimento sul Bund tedesco è stato del 2,978%. La Germania si conferma la locomotiva d’Europa in termini di crescita economica. Lo sottolinea l’Ocse in un rapporto sui conti pubblici da cui emerge che l’Italia si piazza all’ultimo posto della classifica.
Nonostante questi dati positivi la fiducia degli investitori tedeschi è sceso per il quarto mese consecutivo su preoccupazioni che il rallentamento della crescita globale potrebbe infierire sulla ripresa guidata dalle esportazioni del paese. L'istituto ZEW ha dichiarato che la prospettiva per gl’investitori professionali per i prossimi sei mesi, è scesa di 14 punti in agosto, a 21,2 rispetto al mese scorso. Questo dato è al di sotto della media storica di 27,3, e fanno volgere in negativo le attese degli economisti con un di un calo del 20%. Il boom delle esportazioni ha alimentato la crescita trimestre su trimestre della Germania del 2,2% nel periodo aprile-giugno. Tuttavia, l’attesa che il ritmo sarà più lento nel secondo semestre è stato rafforzato da recenti segnali di rallentamento dell'economia negli Stati Uniti e Cina. La fiducia in calo indica che l'enorme crescita osservata nel secondo trimestre è improbabile che continui, ha dichiarato ZEW in un comunicato. Il presidente della ZEW, Wolfgang Franz, ha detto che, dati i segnali di una minor dinamica di sviluppo dell'economia globale, l'euforia per i tassi di crescita in alcuni settori mettono a disagio gli esperti del mercato finanziario, perche le loro attese di sei mesi negativi, si scontrano con la visione degli investitori che della situazione attuale della Germania si attendono un semestre molto buono. E’ anche vero che l'economia tedesca sconta una contrazione del 4,7% dell'anno scorso, una delle peggiori performance dalla seconda guerra mondiale. “Un rimbalzo molto forte per quest'anno nel suo complesso è una certezza, ha dichiarato Alexander Koch, un economista di UniCredit. 'Ma anche che non ci sono segni di una brusca fine della ripresa e non ci sono indicazioni allarmanti per qualsiasi tipo di recessione, lo slancio dell'economia tedesca è impostato su una moderata, ma sostanziale crescita per la fine dell'anno e nel 2011'.

mercoledì 18 agosto 2010

Malpensa ricupera e segna la rotta

Nuovo look e 2 centri alberghieri entro la fine del 2011 sono i nuovi obbiettivi dell’aeroporto di Malpensa, di cui uno in grado di attirare il business congressuale. Il primo, della catena Sheraton , forte di 440 camere quasi attaccato al terminal 1, aprirà nel giro di 3 mesi. Questo albergo che si svilupperà su 3 piani avrà una sala conferenze modulare che potrà ospitare incontri anche di 1000 persone e un servizio di ristorazione permanente. Il secondo hotel, vicino al terminal 2 sarà anche questo di una nota catena internazionale. Passata la preoccupazione di avere poche rotte internazionali dopo il de-hubbing Alitalia, Malpensa sta lavorando sodo nell'attirare nuove compagnie aeree in grado di attrarre un traffico passeggeri con alto valore aggiunto. Nel frattempo procedono i lavori per sistemare la 3° parte dell’aerostazione con un nuovo satellite in grado di accogliere 15 finger d’imbarco da utilizzare anche per smaltire i passeggeri dei nuovi Airbus 380. Nei piani di sviluppo della SEA entro il 2015 Malpensa dovrebbe essere in grado di accogliere il doppio dei passeggeri attuali, circa 38 milioni. Questo sviluppo sposa il nuovo piano Enac, portato all’attenzione del Governo e degli enti locali. Secondo questo piano lo stato dovrà fare dei passi indietro sulla gestione degli scali più piccoli lasciando oneri e onori ai Comuni, alle Provincie e alle Regioni. L’Ente nazionale per l’Aviazione Civile proporrà da qui al 2030 di concentrare su 14 scali strategici il traffico soprattutto quello internazionale: aeroporti come Malpensa, Linate, Bologna, Bari e Palermo, dagli studi fatti, questi scali hanno tutti la possibilità di raddoppiare il numero di passeggeri nei prossimi dieci anni. Poi ci sono almeno 10 aeroporti primari che già oggi hanno un traffico intorno al milione di passeggeri, poi c’è un ultima fascia detta “complementare” che saranno operativi solo per soddisfare esigenze locali particolari o posizionati nelle isole. Per evidenziare lo spreco di risorse che in questi anni si è avuto nel settore senza un piano nazionale il presidente dell'Enac cita il caso emblematico di Comiso, in provincia di Ragusa: "Una struttura nuova, pronta per essere inaugurata dopo 4 anni di lavori e un investimento di 53 milioni di euro. Ma mai aperto per difficoltà di conoscere l'ente gestore. Se il Comune, che reclama attenzione, ma nel contempo ha già problemi di bilancio per l'attività normale prima di occuparsi di un aeroporto, oppure se la responsabilità è della Regione Sicilia. Che a sua volta punta alla gestione spalmando però i costi sull'intera collettività. Per questo sarebbe meglio che lo Stato cedesse completamente il controllo agli enti locali. I quali, precisa Riggio,a quel punto dovranno farsi due conti e scegliere se pagare le spese di un aeroporto che muove pochi passeggeri l'anno, di sobbarcarsi la spesa per il lavoro degli "uomini radar", per quello dei pompieri, per tenere a norma tutte le strutture o se lasciar perdere e spendere in altro modo i loro soldi"

martedì 17 agosto 2010

Sotto osservazione il rating di USA, Regno Unito, Francia e Germania

In una dichiarazione odierna Moody's Investors Service ha dichiarato che i rating AAA degli Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Germania sono ben posizionati, ma si devono attrezzare ad affrontare le nuove sfide che aumentano la possibilità di un downgrade.
La distanza di un eventuale downgrade per questi quattro debiti sovrani è stata ridotta, il che significa che la loro qualità del credito all'interno di tale categoria di punta è in declino. Essi continuano ad essere ben posizionati sulla base di una valutazione prospettica della dinamica del loro debito e dell'accessibilità al credito, ha aggiunto Moody's. Sull'ultimo numero di Moody's Aaa Sovereign Monitor, il dibattito ha riconosciuto che la tempistica di stretta fiscale è stata portata a termine in modo ottimale dai governi europei più grandi con rating AAA, mentre ora tutti sono concentrati sulle misure di riduzione del deficit, mentre negli Stati Uniti, una strategia per la stabilizzazione del debito è ancora nelle fasi iniziali di sviluppo. Solo il rating AAA della Spagna è stato messo sotto osservazione per un possibile declassamento il 30 giugno. Le sfide che Moody's ha evidenziato per la necessità di rilanciare la crescita sono la necessità di affrontare il rilancio mirato degl’investimenti, la ricerca e l'invecchiamento della popolazione.
Solo credibili programmi a medio termine di risanamento di bilancio, in un momento in cui gli stimoli non saranno effettivamente più disponibili possono mantenere l'accesso ai finanziamenti possibili.

lunedì 16 agosto 2010

Prospettive sulle materie prime

(ANSA) - 16 ago - Il petrolio chiude in calo a New York, dove le quotazioni perdono lo 0,3% a 75,18 dollari al barile.
Materie Prime: giornata negativa per le principali materie prime. In calo gli energetici ad eccezione del gas naturale (+0,7%). Negativi anche i metalli industriali guidati dall’alluminio (-2,6%) che registra la peggiore performance giornaliera all’interno del GSCI. Intorno alla parità l’oro, in calo il grano (-1,5%). Il migliore del giorno è stato lo zucchero (+2,4%) su attese di aumento delle importazioni dalla Russia e dal Pakistan. I corsi petroliferi sono aumentati per gran parte del mese di luglio, recuperando il calo registrato all’inizio del mese. Il 4 agosto il greggio di qualità Brent è stato quotato a 81,9 dollari per barile, un livello superiore di circa il 4,6% rispetto agli inizi dell’anno. In prospettiva, gli operatori si attendono una crescita lenta dei prezzi nel medio periodo, viste le quotazioni dei contratti future con scadenza nel dicembre 2012 che si collocano a 89,1 dollari per barile. Per quanto riguarda i fondamentali, la domanda di petrolio rimane elevata nei paesi non appartenenti all’OCSE e sta costantemente migliorando nei paesi OCSE, in particolare negli Stati Uniti. L’Agenzia internazionale per l’energia prevede un aumento della domanda mondiale di petrolio dell’1,6 per cento nel 2011, sospinta principalmente da un incremento della domanda nei paesi non appartenenti all’OCSE. Dal lato dell’offerta, la capacità produttiva di petrolio resta ampia e i livelli delle scorte continuano a essere elevati, frenando in parte le pressioni dal lato della domanda sui corsi petroliferi. I prezzi delle materie prime non energetiche sono aumentati significativamente in luglio. I prezzi dei beni alimentari sono saliti sulla scia di un considerevole rincaro del frumento anche prima degli incendi in Russia. Anche i prezzi dei metalli hanno recuperato quota dai minimi di inizio giugno, in particolare a seguito degli incrementi dei prezzi del rame e del piombo. Verso la fine di luglio l’indice aggregato dei prezzi (in dollari) delle materie prime non energetiche era superiore di circa il 17,6 per cento rispetto agli inizi dell’anno. In un contesto caratterizzato da incertezza, i rischi per l’attività economica mondiale rimangono sostanzialmente equilibrati. Per quel che riguarda i rischi verso l’alto, l’interscambio potrebbe segnare una ripresa più forte di quanto previsto al momento. Quanto ai rischi di una diminuzione, sussistono timori relativi all’emergere di rinnovate tensioni sui mercati finanziari, a un ulteriore incremento delle altre materie prime, a spinte protezionistiche e alla possibilità di una correzione disordinata degli squilibri mondiali.

domenica 15 agosto 2010

Minaccia d’inflazione, i pareri degli esperti

Athanasios Orphanides, membro del Consiglio BCE, ha dichiarato, in un'intervista a Reuters pubblicata il 9 agosto, di "non essere preoccupato" per il prezzo dell'energia. Allo stesso tempo, il belga Guy Quaden ha dichiarato al giornale La Meuse che la BCE deve essere "più attenta su questa questione perchè i prezzi del petrolio, nella loro altalena, hanno guadagnato mediamente l'11%. In quanto alla grandezza del debito sovrano a maggio, il tedesco Axel Weber, uno dei combattenti più duri contro l'inflazione, ha anche segnalato il disagio che alcune delle misure di emergenza adottate dalla BCE hanno comportato fino ad oggi. Joerg Kraemer, capo economista di Commerzbank AG a Francoforte, ha detto che Trichet può permettersi di aspettare prima di aumentare i tassi perché l'inflazione non è ancora una grave minaccia per la crescita economica di quest'anno. Essa non è forte nella zona euro nel suo complesso, ha poi continuato Kraemer, "Voi non dovete fare l'errore di prendere la Germania per la zona euro nel suo complesso. Nella maggior parte dei paesi abbiamo una pressione al ribasso dei salari e l'inflazione core è solo a 1%. La BCE, che la scorsa settimana ha mantenuto il suo tasso d'interesse di riferimento al minimo storico dell'1%, è in corsa per acquisti di emergenza di obbligazioni dei governi che hanno introdotto in maggio misure funzionali al ricupero di deficit e solo il mese prossimo deciderà come mettere un freno al monte prestiti illimitati alle banche. Il pericolo è che questi freni possono portare a un ulteriore inasprimento delle condizioni monetarie e far salire l'euro, con potenziali danni alle esportazioni in un momento in cui la ripresa degli Stati Uniti sta lottando per radicarsi, ha affermato Ken Wattret, capo economista della zona euro di BNP Paribas a Londra. "Le condizioni monetarie devono essere più flessibili, non più restrittive, ha detto. "Mentre la Fed sta valutando una seconda tornata di allentamento quantitativo, la BCE mira a normalizzare la politica economica che rallenta e potrebbe addirittura fermarsi verso la fine dell'anno ". Dati recenti indicano che l'economia cinese sta rallentando, con un trend di crescita nella produzione industriale e dei prestiti bancari in ribasso. Negli Stati Uniti, le società hanno assunto meno lavoratori rispetto le previsioni di luglio, segnalando così che la ripresa del mercato del lavoro sarà lenta e avrà difficoltà a prendere piede. David Owen, un economista del Jeffries Group Inc a Londra dice che l'economia dell'area dell'euro potrebbe anche ricompattarsi di nuovo nel quarto trimestre. "Una gran parte della crescita è stata trainata dalla copertura delle scorte e, questo ciclo, è per sua natura, molto temporaneo. " Per ora, Trichet dice che la BCE non "dichiara vittoria ", questo è il parere di Carsten Brzeski di ING Group a Bruxelles.
Il tedesco Weber ritiene che presto i dati di crescita potranno esprimere un mandato più stretto per le politiche economiche. "Le divergenze nella zona euro non si placheranno e per la BCE ci sarà molto lavoro ", ha continuato, Weber, e potrebbe spingere ad avviare una politica di strategia d’uscita prima del previsto.

sabato 14 agosto 2010

Germania da record, nuovo rompicapo per la BCE

La performance del secondo trimestre del PIL tedesco potrebbe rendere la vita più difficile anche alla BCE. Perché, mentre la più forte economia europea raggiunge un vero record di espansione economica +2,2%, dopo la riunificazione del paese, la periferia dell’Eurozona sta ancora lottando per recuperare un debito sovrano fatto lievitare dalla crisi. La Grecia è in recessione profonda, la Spagna si espande meno del previsto, gli economisti e gli investitori stanno rivolgendo di nuovo la loro attenzione sempre più verso i disavanzi di bilancio. Questo è destinato a diventare un rompicapo molto grave per la BCE, così "Marco Annunziata, capo economista di UniCredit Group di Londra, si è espresso, in un'intervista alla Bloomberg Television. La BCE, per frenare una salita troppo brusca dell’economia, secondo le regole della Bundesbank dovrebbe ricorrere all'innalzamento dei tassi molto rapidamente. Ma molti paesi della periferia dell’Eurozona come il Portogallo, la Spagna, la Grecia, Italia e l’Irlanda - che non possono permetterselo obbligherà Trichet a seguire una via che impedirà alla Germania un surriscaldamento pur mantenendo a bada la crisi per debito sovrano forte, in un momento in cui gli investitori sono ancora una volta pronti a mettere in discussione la capacità di questi paesi, di grandi deficit, di tagliare i loro bilanci. Già oggi il rendimento supplementare che gli investitori richiedono per acquistare obbligazioni greche rispetto ai bunds del benchmark tedesco è salito a livello più alto dal 7 maggio e il premio da pagare sulle obbligazioni a 10 anni è cresciuto di 10 punti base, a 807. In Irlanda, dove gli investitori sono preoccupati per il costo dei salvataggi bancari che potrebbe superare le stime, è salito di 5 punti base a 293. Questo è il più alto dal 29 giugno. Le relazioni odierne hanno evidenziato la portata del divario di crescita nella zona dell'euro, che si è ampliata rispetto al 1° trimestre. La Germania, che è cresciuta del 2,2% nel secondo trimestre, è stata la motrice di quasi i due terzi dell’ espansione del blocco, anche se viene valutata solo un quarto dell'economia dell’Eurozona. In Spagna, il cui governo è impegnato con le misure più dure di austerità degli ultimi tre decenni a limitare il deficit, l'economia è cresciuta solo dello 0,2% In Grecia il PIL si è contratto dell’1.5%. Tale divisione rende più difficile per Trichet di valutare i tempi di quando poter rimuovere le misure di emergenza e di stringere la politica finanziaria e monetaria. Tirare indietro troppo presto potrebbe soffocare il credito e gli investitori, agendo troppo tardi, potrebbe attizzare l'inflazione. Per ora, i dati sono dalla parte di Trichet, perchè i prezzi sono aumentati dell’ 1.7% nel mese di luglio, il più alto degli ultimi 20 mesi, ma ha dichiarato Trichet il 5 agosto, le aspettative d’ inflazione sono "saldamente ancorate".

venerdì 13 agosto 2010

Il finanziamento delle IFM (Istituzioni Finanziarie Monetarie) dell’Eurozona

Le recenti tensioni nei mercati del debito sovrano (paesi PIGS e non solo) hanno influenzato, nel secondo trimestre del 2010, le condizioni di finanziamento delle IFM (Istituzioni Finanziarie Monetarie) e il loro accesso al finanziamento all’ingrosso con l’emissioni di nuovi titoli di debito.
L’impatto è stato visibile nei differenziali sulle obbligazioni bancarie e nei premi sui CDS (credit default swap) bancari, aumentati bruscamente in maggio e giugno, ma è anche probabile che abbia inciso negli ultimi mesi sulle decisioni delle banche dell’area dell’euro di emettere debito. A riprova di ciò, i dati sui bilanci delle IFM hanno evidenziato un calo netto dei titoli di debito emessi dalle IFM sia in maggio che in giugno. Questa tesi è avvalorata dagli ultimi risultati dell’indagine sul credito bancario condotta dall’Eurosistema, che evidenziano un peggioramento dell’accesso al finanziamento all’ingrosso nel secondo trimestre. Le esposizioni degli istituti al debito sovrano, e le incertezze riguardo all’entità di tali esposizioni, avrebbero anche accresciuto il rischio di controparte e inciso sulla probabilità di insolvenza delle banche più in generale. Questa circostanza si è rispecchiata, ad esempio, nei differenziali sulle obbligazioni bancarie con rating AA e A, che sono aumentati di circa 70-100 punti base tra metà aprile e metà giugno rispetto a un indice composito dei titoli di Stato dell’area dell’euro. Più di recente, i differenziali sulle obbligazioni bancarie, pur rimanendo su livelli elevati rispetto al primo trimestre del 2010, si sono in qualche misura ristretti, riflettendo – tra le altre cose – la pubblicazione dei risultati dell’esercizio di stress test sul sistema bancario a livello di UE il 23 luglio scorso. L’incremento dei costi sostenuti dalle IFM per emettere debito sul mercato finanziario in maggio e giugno potrebbe aver dissuaso molte banche dell’area dell’euro dal rinnovare il debito in scadenza, come riflettono i flussi netti negativi dei titoli di debito emessi dalle IFM in questi due mesi. Tale andamento è stato anche corroborato dalle statistiche sulle emissioni di titoli di debito (per le quali i dati sono disponibili fino a maggio): queste hanno rilevato, in maggio, un’emissione netta negativa di 25 miliardi di € circa da parte delle IFM dell’Eurozona, contro una media di lungo periodo di emissione netta mensile sempre da parte delle IFM dell’area pari a circa 22 miliardi di euro. Un motivo del decremento delle emissioni nette di titoli di debito da parte delle IFM, nei mesi recenti, potrebbe risiedere nel fatto che il settore bancario dell’area dell’euro si trova attualmente in una fase di aggiustamento dei bilanci, o come sta succedendo in Germania con la creazione di una “bad bank” nella quale far confluire eventuali esposizioni in eccesso di quantità di debito sovrano. Questa razionalizzazione potrebbe avere, sia pure a spese dei contribuenti, effetti indubbiamente positivi sul look delle banche.

giovedì 12 agosto 2010

Lenta e discontinua la ripresa nell’Eurozona

Molto lenta la crescita nei 16 paesi che condividono l'euro. Nel primo trimestre 2010 è stato solo dello 0,2% e gli analisti dicono che il recupero può avvenire veramente solo se i consumatori di Francia, Germania e degli altri paesi mettono da parte i loro timori sulla disoccupazione e sugli scioperi e incominciano ad aprire i loro portafogli. I dati del secondo trimestre che saranno publicati ufficialmente venerdì mostreranno una modesta accelerazione, grazie alla forte crescita trainata dalle esportazioni in Europa soprattutto dalla Germania e poi dall’Italia. Si avrà una crescita della zona euro modesta con un rimbalzo dell’0.8%, trimestre su trimestre, nel periodo aprile-giugno, le stime sono di Jonathan Loynes, capo economista europeo di Capital Economics. Mentre le previsioni per la seconda parte dell'anno sono di una leggera contrazione. I consumatori possono aiutare l'Europa a continuare la sua modesta salita, a contrastare la recessione e resistere ad una crisi del debito pubblico che ha visto la Grecia salvata dal fallimento da un piano di salvataggio internazionale nel mese di maggio. Gl’indicatori stanno dando letture incerte sulla volontà dei consumatori di spendere, lasciando che il recupero cammini sul filo del rasoio. Complessivamente la spesa al dettaglio, nella zona euro, è rimasta invariata nel mese di giugno dopo essere salita leggermente a maggio, secondo le statistiche Eurostat, l'ufficio dell'Unione europea. La Francia è tra le nazioni che annovera i peggiori risultati, solo 1,3% rispetto al mese precedente. Questo può essere in parte attribuito a uno spostamento delle vendite nel periodo estivo tradizionale da giugno a luglio. Lo shopping francese è sostentuto dalla spesa sui prodotti alimentari di fascia alta e dalla moda e per lungo tempo è stato il motore della crescita economica, molto più che nella vicina Germania, dove sono il commercio globale e le forti esportazioni l’elemento trascinante dell'economia. In Germania, la disoccupazione è scesa al 7,6% nel mese di luglio. Questo potrebbe essere uno dei motivi perchè la fiducia dei consumatori tedeschi è aumentata trascinando al rialzo le aspettative che una ripresa economica possa accelerare il trend di diminuzione della disoccupazione. L'indice di fiducia dell'istituto GfK, questo mese, ha raggiunto il suo livello più alto dal novembre 2009, e ha rilevato che la propensione ad acquistare per i tedeschi rimane ben al di sopra della media a lungo termine. Le attuali vendite al dettaglio, da tempo il punto debole dell'economia tedesca, hanno mostrato alcuni miglioramenti, seppur frammentari. Le vendite sono aumentate del 3,1% sull’ anno precedente. Anche se la crisi non è ancora finita, secondo alcuni analisti tedeschi sembra che il periodo di cautela sia finito.

La Russia fra recupero del PIL e arretratezze infrastrutturali

Oggi - fonte Ansa - il traffico ferroviario che porta alla citta' di Sarov, 500 km a est di Mosca, è stato interrotto per combattere le fiamme. Nonostante la strenua lotta e la diminuzione del 25% dei roghi, sono attivi ancora 560 incendi Ancora oggi – sempre fonte Ansa – il capo del Cremlino Medvedev ha reso noto che circa un quarto della raccolta di grano è stato distrutto dal caldo e dagli incendi. Medvedev ha ordinato a governo, enti di controllo e magistratura di monitorare i prezzi del grano e di altri generi alimentari, in particolare farina, pane, latte e carne, per prevenire aumenti. Secondo gli esperti, gli effetti della calamità e la sospensione dell'export di grano, almeno sino a fine anno, hanno già causato un aumento del prezzo del pane. Di due giorni fa la notizia, riportata dal Federal Statistics Service, che il PIL del paese è salito nel secondo trimestre del 5,2% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Nel trimestre precedente era salito invece del 2,9%. Il primo ministro Vladimir Putin, il mese scorso, ha dichiarato che il deficit di bilancio può ridursi al 3,6% del PIL l'anno prossimo, da 5,9% nel 2009. L’aumento del prezzo del petrolio insieme all’aumento delle vendite di circa il 20% di olio combustibile ha effetti tonici sull’economia russa grande esportatrice di prodotti energetici, aiutando la nazione a ridurre il disavanzo di bilancio. Effetti quasi immediati si sono avuti con la riduzione del costo della protezione del debito russo contro il mancato pagamento a cinque anni (CDS) che è sceso di 2 punti base al 5 agosto c.a., il livello più basso in quasi tre mesi, secondo i dati del provider CMA. Una valutazione più completa sulla Russia, il cui debito è valutato Baa1 da Moody's Investors Service, alla luce degli avvenimenti di questi giorni, sarà possibile farla solo quando il Cremlino annuncerà il piano d’investimenti sul territorio per fronteggiare i danni che i roghi hanno inflitto al paese e quali risorse metterà in campo per finanziarlo.

mercoledì 11 agosto 2010

Fiat recupera fiducia nel mondo e Chrysler Group va

Nel mercato globale in cui tutta l’industria mondiale è obbligata a muoversi l’aria che oggi si respira attorno al gruppo Fiat S.p.A. e alla consociata Chrysler sembra migliorata di molto.
Dal “Il Sole 24 ore” di oggi si apprende che la Banca Centrale di Norvegia e il suo fondo pensione si rafforza nel capitale Fiat salendo a oltre il 2% e non è improbabile che sarà presente nel capitale della nuova Fiat Industrial. Oltre Oceano, a giugno, con i profitti che hanno raggiunto i 326 milioni dollari, si è orientati a pensare che l’azienda automobilistica, con questo utile operativo, abbia superato il break-even fissato a $ 200 milioni. In questi giorni la Chrysler e il Chief Executive Officer di Fiat Sergio Marchionne hanno detto che è "altamente probabile che sia i profitti che il flusso cash verrà aggiornato dopo il terzo trimestre. Hanno precisato anche che non è stato fatto subito, perché si voglione vedere i risultati delle vendite del ridisegnato Jeep Gran Cherokee e gli effetti trainanti sull’intero comparto industriale.
Il CEO Marchionne, in una “conference call” con analisti e giornalisti ha dichiarato, anche, che nel 2011 gli obiettivi potrebbero essere cambiati. "E possibile che noi possiamo essere significativamente in anticipo rispetto al programma. Il titolo della conferenza della Chrysler in cui si è anche accennato al miglioramento: s’intitolala "preparando un aggiornamento della linea guida." Il fatturato del secondo trimestre della Chrysler è salito dell’8,2% a 10,5 miliardi dollari, rispetto ai primi tre mesi dell'anno. Gli analisti economici americani valutano che l’Azienda, dopo le difficoltà dello scorso anno, stia beneficiando di una riduzione dei costi, pur proseguendo una politica di sconti maggiori verso la clientela e sostenendo forti spese relative alla produzione della Jeep Grand Cherokee. Ma è tutto il Gruppo Chrysler negli Stati Uniti che beneficia di un percorso di crescita. Nel secondo trimestre 2010, i marchi Chrysler, Jeep, Dodge e Ram Truck registrano una penetrazione del 9,4%, con un incremento di 0,3 punti percentuali rispetto al primo trimestre dell'anno. Nel quarto trimestre 2009 era pari all'8,1%. A questo si aggiungono le dichiarazioni del CEO Marchionne che è anche Amministratore delegato di Fiat, che intende accrescere la quota del 5% quest'anno, introducendo la Fiat 500 negli USA.

martedì 10 agosto 2010

Bruxelles chiede nuovi fondi

La Commissione Europea farà, a settembre, una richiesta di nuove entrate dirette ai 27 paesi dell’UE, ha dichiarato il commissario Janusz Lewandowski, per aumentare la propria indipendenza. La richiesta conterrà una serie di opzioni concrete come un’imposta sul trasporto aereo, una tassa sulle transazione finanziarie e l’assegnazione di fondi previsti per i permessi di rilascio delle emissioni di CO2 Le proposte probabilmente produrranno un acceso confronto politico, in un momento in cui i governi nazionali sono impegnati a ridurre i loro deficit fiscali. Le tre proposte di recupero fondi avranno l’obbiettivo di finanziare altre priorità. I fondi provenienti dai certificati di emissioni di CO2 saranno investiti nei paesi che avranno bisogno di difendersi dai cambiamenti climatici; le imposte sul traffico aereo di finanziare i piani di sviluppo e la tassa sulle transazioni finanziarie, per creare un fondo di sostegno alle banche in caso di una nuova crisi. Le speranze che gli stati membri accettino ora questi obbiettivi e forniscano così nuovi mezzi alle casse della UE è poco probabile, anche se si spera sia l’inizio di una discussione.

lunedì 9 agosto 2010

Mentre l’Europa va, scontro in USA tra chi vede rosa e chi vede nero

Intanto il dollaro, dopo le comunicazioni dei dati sulla disoccupazione rimasti stabile al 9,5%, e del ribasso dei valori immobiliari, per cui i portatori di mutui devono restituire alla banche cifre superiori ai valori odierni delle case acquistate, il dollaro si è deprezzato con il cambio vs euro salito fino a 1,3334. Altra nota interessante, secondo i dati più recenti del Dipartimento del Tesoro Usa, a maggio gli investitori Usa (fondi comuni, famiglie e banche) sono tornati a detenere un ammontare di Treasury superiore a quello detenuto dagli investitori esteri. Si tratta della prima volta dall’inizio della crisi nell’agosto 2007. L’ammontare si attesta a 8180 Mld$, pari al 50,2% del totale. In lieve ribasso anche le borse Usa, sebbene nel finale abbiano recuperato gran parte delle perdite. Come accennato in precedenza i dati del mercato del lavoro di luglio sono risultati sotto le attese. Il totale dei nuovi occupati non agricoli è calato oltre consenso di Bloomberg (131.000 unità vs 65.000 attese), inoltre sono stati rivisti al ribasso i dati di giugno. Quelli del settore privato sono aumentati meno del previsto (71.000 vs 90.000 attesi) a luglio, ed anche tale categoria ha subito una revisione al ribasso a giugno. Materie Prime: arrivano le prese di profitto sul grano (-7,6%) che venerdì ha avuto il calo più marcato da metà 2009 sulla speculazione che gli agricoltori aumenteranno i terreni destinati a tale raccolto nella prossima stagione pronti a gestire i riflessi degli incendi in Russia e il blocco temporaneo delle esportazione decretato da Putin.
Tra chi invece vede rosa si deve annoverare la Morgan Stanley attraverso un veterano analista come Richard Berner di 64anni che punta ad un rialzo del PIL USA del 3,8% nel terzo trimestre. Berner ha presentato calcoli precisi su aspettative di una inflazione all’1,2% su base annua, o quasi vicina allo zero come ha dichiarato un capo-economista della Goldman. Gli analisti di entrambi i campi sono comunque d’accordo che tutto dipenderà da una eventuale deflazione e delle ricadute sui salari.

domenica 8 agosto 2010

L’economia mondiale riparte

Dopo circa 3 anni di crisi e un'estate che si prospetta tranquilla da un punto di vista economico, incominciano ad arrivare notizie di recuperi sostanziosi dei ritmi di crescita. Certo qualche perplessità esiste per la rapida evoluzione della situazione economica, però la Grecia è sulla buona strada, ha fatto grandi progressi, così dichiara la missione congiunta dell’UE e del FMI. Già da qualche settimana il Portogallo dimostra di poter pagare i propri debiti senza bisogno di soccorsi. La Spagna ha vinto la sua scommessa, mostrando di saper fare pulizia nel proprio sistema bancario con più trasparenza e con più efficacia della Germania. Erano dunque infondati i pronostici di una prossima rottura dell’euro da insolvenza dei paesi deboli? Certo di Cassandre in quel periodo ne abbiamo visto e sentite tante, perchè su quell’esito catastrofico i mercati avevano, per qualche tempo, puntato tutti i loro giochi. Hanno fatto tutto il possibile, spostando somme enormi, perché si verificassero. La loro forza aveva spinto molti a farsi pessimisti sull’euro anche in buona fede. Fortunamente le cose sono cambiate. Solo la Bce, secondo le dichiarazioni di giovedì scorso del presidente Jean-Claude Trichet, prevede che la seconda metà dell’anno, nel nostro continente, sarà meno buona della prima; la spinta della ripresa si dovrebbe attenuare, anche perché s’ incominceranno a sentire gli effetti delle misure di austerità. Certo il grande sostegno è arrivato dai bassi tassi di interesse, principale medicina impiegata per curare la crisi, che possono anche essere una droga che favorisce le attività speculative. Un recentissimo studio della Banca d’Italia, opera del vicedirettore generale Ignazio Visco e di altri tre economisti, conclude che la crisi del 2007-2010 sarebbe stata assai meno grave se alle sregolatezze della finanza non avessero fatto da supporto gli squilibri reali dell’economia mondiale, e certi ben precisi errori delle autorità responsabili specie degli Stati Uniti e della Cina. Questi squilibri restano, non meno gravi di prima: la globalizzazione ha fatto accumulare troppi soldi rispetto alle occasioni d’investimento produttivo; sull’abbondanza di denaro prospera il casinò della grande finanza. Stando così le cose i bassi tassi di interesse, essenziali per chi produce e vuole rilanciare gli affari, purtroppo «potrebbero finire per alimentare nuove bolle speculative» concludono gli studiosi della Banca d’Italia. Ma decidere di alzare i tassi sarà, per le banche centrali, difficilissimo. Un coro di voci bipartisan, dall’industria e dalla finanza, gli obietterà che non è ancora il momento, perché l’economia non cresce ancora abbastanza in fretta.

sabato 7 agosto 2010

Dal Tier 1 a Basilea 3

Secondo gli accordi di Basilea il patrimonio delle banche può essere distinto in due classi (tier): una classe principale (Tier 1) composta dal capitale azionario e riserve di bilancio provenienti da utili non distribuiti al netto delle imposte, e una classe supplementare composta cioè la copertura con almeno il 6% del proprio capitale degl’impegni commerciali sottoscritti da una banca. A fine luglio, a Basilea, sembrava raggiunto un nuovo accordo tra i Governatori dei paesi più industrializzati, denominato Basilea 3 il passo è stato lungo. La necessità d’ intervenire sul sistema economico di ogni Paese, dopo la recente crisi, con una accorta politica di sostegno alle imprese si sta scontrando con le preoccupazioni che il nuovo regolamento metta a nudo altre deficienze del sistema. Già con Basilea 2 si assegnava un coefficiente di rating all’impresa che richiedeva un finanziamento; in base a tale valutazione si stabiliva e si stabilisce quanto l’azienda sia affidabile e quale sia il costo che la stessa sostiene nell’acquisto del denaro. Nel definire i parametri per l’assegnazione del rating fondamentale per gli istituti di credito è la valutazione della capacità espressa dall’impresa di remunerare il capitale proprio e quello dei terzi (il capitale preso a prestito) prendendo come indice di riferimento il rapporto tra R.O.E. e R.O.I.. Questo rapporto tra la redditività del capitale proprio e dei terzi è fortemente influenzato dal leverage, ossia l’effetto moltiplicatore dato dalla leva finanziaria e quindi dal tasso d’interesse del capitale preso a prestito. Le difficoltà emerse nel corso dell’applicazione sono state due. La prima è sorta in relazione alla difficoltà di pianificare, da parte delle imprese, per i tassi di interesse fluttuanti anche nel breve periodo. La seconda è la genericità con la quale sono stati definiti i parametri. Difficile valutare l’applicabilità dello stesso strumento ad una azienda di Milano come ad una realtà imprenditoriale del Salento. Con Basilea 3 si dovrebbero superare gli ostacoli della precedente formulazione dando più rilevanza agli aspetti locali dell’economia, rendendo più idonea la valutazione delle singole fattispecie. Il ritorno alla valutazione “locale” della capacità di affidamento genera però il problema opposto. Si ripropone il rischio di una gestione clientelare del credito che rispecchi solo le esigenze locali e la capacità del singolo di esercitare una influenza più o meno determinante nei confronti dell’istituto erogante, senza che si sia in grado di operare scelte di politica finanziaria di respiro “globale”. È sicuramente più difficile cercare di correggere un sistema di norme già vigente e ritenuto poco idoneo, piuttosto che progettarne a priore uno più efficace ed efficiente. Ora modificare di nuovo tutto comporterà nuovi costi per il sistema bancario, nuovi ritardi nell’erogazione del credito, nuovi disagi per l’intero sistema economico. La svolta della crisi è certamente venuta con l'annuncio degli stress test sulle maggiori banche europee. I grafici dei differenziali dei tassi dimostrano che quel passaggio, accelerato da Madrid, ha invertito la divergenza tra i paesi e di fatto ridotto sia la causa sia i sintomi della crisi. A ben vedere, però, proprio gli stress test hanno raccontato una storia poco rassicurante sul sistema bancario tedesco. Severa con gli altri stati, Berlino ha respinto i requisiti patrimoniali dell'accordo Basilea 3 che impedisce di considerare forme innovative di capitale, spesso pubblico, come patrimonio "di prima qualità", il Tier 1. La mossa ha fatto emergere ombre sulla solidità del sistema creditizio tedesco. L'esame della solidità delle banche ha mostrato la dipendenza di molti istituti dai fondi pubblici. La Deutsche Bank, si era inizialmente rifiutata di comunicare le posizioni in titoli esteri anche se ininfluenti sul risultato finale, facendo emergere sospetti sulle recenti operazioni. Senza aiuti diretti dello stato nell'ordine di 50 miliardi di euro, alcune delle Landesbanken e la Commerzbank (che da sola aveva ricevuto 16,4 miliardi) non avrebbero superato gli stress test, così com'è avvenuto alla Hre. Su alcune Landesbanken pesa tuttora il dubbio di una contabilità troppo generosa ammessa dalla vigilanza tedesca. Il successivo distacco dagli accordi di Basilea 3 della Germania, unico paese a non sottoscrivere una definizione per altro molto debole di capitale, rafforza la sensazione che il sistema bancario tedesco rappresenti il lato oscuro del successo economico tedesco. I fondi ricevuti dagli azionisti pubblici, "Stille Einlagen" non sarebbero considerati come Tier1, capitale primario, secondo i nuovi criteri di Basilea. Per le Volksbanken inoltre sono state ammesse definizioni di capitale che non sarebbero pienamente giustificate e questo è avvenuto perché i negoziatori tedeschi sono riusciti a tutelare a Basilea le forme giuridiche delle Casse di Risparmio, delle Volksbanken e delle Raffeisenbanken. Anziché cogliere la crisi come opportunità per riformare il proprio sistema finanziario, le autorità politiche e regolatorie tedesche ne hanno approfittato per rafforzarne le difese e le peculiarità. Il sistema bancario tedesco, non solo pubblico, è una ben rodata catena di trasmissione tra politica ed economia dei quali assorbe alcuni costi e inefficienze. Nel bene e nel male, le banche tedesche facilitano il governo del territorio da parte di amministratori non sempre efficienti e al tempo stesso agevolano le trasformazioni industriali evitando che esse diventino traumatiche per la società. Ma la bassa redditività che emerge dai bilanci bancari tedeschi non è solo il "costo" del modello sociale tedesco - dimostratosi per tutto il resto il più efficiente di tutti - ma è stato in passato anche la ragione degli investimenti di portafoglio in titoli molto rischiosi. Ora che gli investimenti in titoli subprime sono improponibili, le banche tedesche hanno una nuova possibilità di compensare la scarsa redditività dell'attività di credito. Si possono infatti finanziare a basso costo, attraverso la BCE, per reinvestire in titoli sovrani della periferia dell'euro-area sulla cui stabilità Berlino ha di nuovo il pieno controllo attraverso un sistema rafforzato di sanzioni europee e attraverso il proprio surplus di risparmio. L'aumento del differenziale d'interessi tra i paesi dell'euro - anche a crisi passata - garantirà al sistema - non solo bancario - tedesco un vantaggio competitivo rispetto agli altri paesi dell'euro-area condizionando il funzionamento del mercato unico.

Calano i rendimenti degli hedge funds

Gl’investitori di hedge funds a livello mondiale segnano il passo a causa delle perdite dovute alla crisi del settore bancario e stanno limitando al ribasso le loro aspettative di guadagni, accontentandosi di rendimenti ridotti che avrebbero mal sopportato due anni fa. Dai dati diffusi ieri dalla stampa, i fondi speculativi hanno in media guadagnato 1,9% in luglio dopo aver perso il 1,35% a giugno e il 3,01% in maggio. L’indice Standard & Poor's 500 è salito del 6,88% nel mese scorso, mentre la performance di luglio degli hedge funds ha rilevato un guadagno per l'anno di soli 1,87%. I rendimenti ridotti sembrano essere una tendenza crescente. “Sentiment’s” diffusi prima della crisi del credito hanno favorito, nel settore, aspettative troppo ottimistiche e gli investitori sono rimasti sbalorditi dalle perdite del 19% nel 2008, seguiti da perdite più piccole nel primo semestre di quest'anno. Prima della crisi, le aspettative degli investitori sono state alimentate anche dalle tasse elevate a carico degli hedge funds - spesso il 2% sulle attività dell’anno e il 20% sulle prestazioni - che contrariamente alle aspettative di molti analisti, sono in gran parte sopravvissute alla crisi del credito. Gli investitori - e gli stessi fondi - ora sono meno ottimisti, sia per le dimensioni dei rendimenti che per la regolarità che questi utili possono essere ottenuti dopo la crisi. L’esperienza ha mostrato che i fondi sono altamente correlati sia ai loro coetanei che con i mercati finanziari e quindi vulnerabili quando cambiano le condizioni.
“La gente ha ridimensionato le aspettative. Oggi, il rendimento di un 10% annuo sembra piuttosto buono ', ha detto Odi Lahav, vice presidente di un gruppo d’ investimento alternativo Moody's. 'Nel 2006 o nel 2007, il 10% non avrebbe ottenuto l'attenzione degl’ investitori, quando in campo c’erano ritorni spettacolari di oltre 1.000% all’anno. Trafalgar Capital Advisors, che sta raccogliendo quote per un nuovo fondo Cayman, che offre prestiti a piccole imprese quotate, ha detto che il suo target di rendimento di un 12-14% ad un anno ormai sembra più attraente per i potenziali clienti. La crisi che seguì il crollo della Lehman Brothers ha fatto scempio dei rendimenti degli hedge fund. Oggi, nel mercato si comincia ad accettare l’idea che non c'è strategia che rende sempre soldi e che può rimanere indenne nei casi di crisi. Gl’investitori che hanno visto i fondi speculativi come cura per tutto ciò che desideravano guadagnare, forse si erano illusi un po’ troppo.

venerdì 6 agosto 2010

Obbligazioni bancarie, poche informazioni per gl’investitori

Durante una intervista ai microfoni di Cnbc, Meredith Whitney, ex analista di Oppenheimer e ora a capo dell'omonima societa' di consulenza finanziaria consigliava gl’ investitori americani di "evitare i titoli finanziari a ogni costo", soprattutto alla luce della riforma finanziaria (ora approvata) negli USA che limita il trading che fanno le banche con i soldi dei risparmiatori. Non si salvano nemmeno gli istituti europei, che anche dopo gli strees test continuano a essere seduti su una montagna di debiti sovrani. Questo vale anche per i risparmiatori italiani poco informati dalle banche di casa nostra molto più attente al proprio conto economico che a fornire un vero servizio di consulenza finanziaria al cliente, nonostante la direttiva Mifid in vigore ormai da due anni. La Consob, nell'ultimo numero di Quaderni di finanza, ha tracciato un quadro poco confortante per gl’investitori per quanto riguarda le obbligazioni bancarie ordinarie i cui rendimenti sono debolmente correlati con il rischio emittente e di liquidità. I ricercatori (R. Grasso, N. Linciano, L. Pierantoni, G. Siciliano) hanno preso in esame più di 12.200 obbligazioni bancarie collocate presso i piccoli risparmiatori tra il 2006 e il 2009, per un totale di 582 miliardi di euro, confrontandole con titoli di stato e con più di 600 analoghe emissioni destinate agli investitori istituzionali. La scoperta è stata che gl’investitori istituzionali spuntano un rendimento fino all'1% più elevato rispetto al comune risparmiatore. Quanto ai titoli di Stato, l'indicatore di rendimento a posteriori per le obbligazioni a tasso fisso emesse da banche si è attestato al 3,4%, contro il 4,9% dello stesso indicatore per i BTp. Nel caso delle obbligazioni a tasso variabile il differenziale è più contenuto, ma comunque c'è: 3,0% per le obbligazioni bancarie e 3,5% per i CCT. Uno spread che appare ancora più significativo se si considera che la raccolta delle banche italiane ha un alto livello di dipendenza dalla raccolta obbligazionaria (circa il 40% del totale, il livello più alto in Europa) e i bond bancari rappresentano il 10,8% delle attività finanziarie delle famiglie, percentuale ben superiore agli altri paesi europei anche grazie al regime fiscale favorevole che in Italia tassa al 12,5% questo tipo di attività. Al netto di questo, però, la sensazione è che le banche, nel periodo in esame, siano riuscite ad approvvigionarsi con costi contenuti, a spese di risparmiatori molto poco informati e non attenti al rapporto tra rischio e rendimenti. Sullo sfondo un conflitto d'interessi più volte sollevato dall' ex presidente della Consob, Lamberto Cardia, nella sua ultima relazione a fine giugno a Milano, così come è stato più volte sollevato dal governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, ma che fino a questo momento non ha trovato risposta nelle istanze istituzionali che ne portano la responsabilità. L'aumento esponenziale delle emissioni obbligazionarie delle banche, aveva detto Cardia, «è un fenomeno su cui la Consob pone particolare attenzione, considerato che nei portafogli degli investitori retail si rileva la presenza di obbligazioni in prevalenza illiquide e talvolta più rischiose dei titoli di stato senza che tali rischi siano adeguatamente compensati dal rendimento offerto» Solo il 9% delle obbligazioni bancarie, secondo questi studi hanno una buona liquidità, l'altro 91% di bond spesso deve essere trattenuto dai risparmiatori fino a scadenza se non sono disposti a subire perdite a volte significative. Per questo diventa importante un’approfondita conoscenza dell’acquisto onde evitare il pericolo di accollarsi poi una robusta perdita.

Migliora l’economia in Italia

Secondo l'ISTAT, l’ufficio di statistiche nazionali, in un rapporto presentato oggi alla stampa, nel mese di giugno 2010, l'indice della produzione industriale destagionalizzato, con base 2005=100, ha registrato un aumento dello 0,6% rispetto al mese precedente; la variazione della media del secondo trimestre rispetto a quella del trimestre precedente è pari + 2,2%. L'indice della produzione corretto per gli effetti di calendario ha registrato a giugno un aumento tendenziale dell’8,2% (i giorni lavorativi sono stati 21, come a giugno 2009), mentre nel primo semestre 2010 la variazione rispetto allo stesso periodo del 2009 è stata di +5,5% (i giorni lavorativi sono stati 125, contro i 124 del 2009). La fiducia delle imprese italiane, nel mese di luglio, è salita al più alto livello degli ultimi due anni, hanno contribuito sia pure marginalmente, ma soprattutto psicologicamente la ristrutturazione della Fiat SpA e la Luxottica Group SpA. La Fiat per aver chiuso il semestre positivamente; la Luxottica per aver dichiarato, il mese scorso, che l'utile netto è salito del 30% nel secondo trimestre. Entrambe le aziende hanno dichiarato che i loro guadagni sono stati aiutati dalla svalutazione dell'euro, che è scivolato dell'8%, nei confronti del dollaro dall'inizio dell'anno. I segni di ripresa, sono stati evidenziati, nel mese di luglio, da una crescita accelerata della produzione e una visione più ottimistica dei consumatori. La crescita è stata sostenuta anche da maggiori esportazioni e da una ricostruzione delle scorte di magazzino. La domanda interna, in particolare i consumi privati, rimane il principale punto debole dell'economia italiana.
Ieri il presidente della Banca centrale europea, Jean-Claude Trichet, ha detto che l'Europa sta recuperando più velocemente del previsto e anche la fiducia dei mercati monetari europei sta crescendo in campo economico. Segnali di ripresa s’intravedono nel tasso di disoccupazione tedesco diminuito di un 5,5% rispetto al mese precedente e da una ripresa delle esportazioni nell’ Eurozona.

giovedì 5 agosto 2010

Gli stress test bancari non finiscono mai

Dopo la fine degli stress test per le banche europee, con la pubblicazione dei risultati alla luce di scenari alternativi più restrittivi, anche il Fondo Monetario Internazionale, allarmato dal numero delle banche americane fallite nel 2010, stringe le maglie del giudizio proponendo per le banche USA un nuovo stress test. Il risultato che scaturisce è una doccia fredda per il sistema bancario americano che, in presenza di criteri più restrittivi e di scenari avversi, solo per mantenere il proprio Core Tier 1 fermo al 6%, tra il 2010 e il 2014, avrebbe bisogno di ulteriore liquidità per 76 mld di dollari. L'exit strategy diventa così una chimera e il governo federale USA dovrebbe, per questo, immettere nuovi fondi nel settore. Anche in uno scenario meno sfavorevole, il sistema bancario USA avrebbe comunque bisogno di oltre 45 mld di dollari per rimanere entro il Core Tier 1 al 6%. Oggi, secondo l’agenzia americana Bloomberg, la China Banking Regulatory Commission (Crbc), per le preoccupazione del Governo cinese di una bolla nei settori immobiliari, del cemento e di prodotti per le costruzioni, ha chiesto alle banche del paese di condurre degli stress test per capire cosa potrebbe succedere di fronte ad un crollo del valore delle case del 50%. La Commissione di regolazione bancaria avrebbe avvertito che molti costruttori potrebbero presto trovarsi senza soldi, e gli acquirenti senza fondi sufficienti per continuare a pagare i debiti contratti. Secondo Dai Ming, fund manager dello Shanghai Kingsun Investiment Management & Consulting Co. per il momento si tratta di misure precauzionali atti a evidenziare le difficoltà che il settore potrebbe affrontare nel corso del 2° semestre 2010 dopo aver visto nel recente passato aumenti di oltre il 70%.

La Cina è più vicina

Invitalia, l’'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo Sviluppo d'impresa (già Sviluppo Italia) è, per mandato del Governo, l'interlocutore unico per gli investitori esteri. Nel luglio 2010 ha firmato, a Roma, un accordo di collaborazione con il DOFTEC - Dipartimento del commercio estero e della cooperazione economica - della Provincia del Guangdong, una delle più ricche della Cina. L’intesa è stata siglata in occasione del workshop “Investire in Italia: vantaggi e opportunità”. Ma gli investitori cinesi da tempo avevano nel mirino l’Italia per cui da qualche anno essi arrivano sempre più numerosi non solo nel mercato tessile e con prodotti a basso costo, ma incominciano ad essere presenti in settori ad alto valore aggiunto. Così a Grosseto ad ottobre arriva, dalla Cina, il primo prototipo di un elettrobus che avrà 200 km di autonomia di carica a 90 all’ora e sarà anche il primo di una serie che percorreranno la Maremma dal prossimo maggio. Si tratta di un mezzo ideale per il trasporto urbano ed è il frutto di un accordo appena firmato da Rama Spa, Rete Automobilistica Maremmana e Amiatina di Grosseto, Shanghai Leibo New Energy Auto Technology Co. e Jiangsu Alfa Bus Co. Così Rama diventerà partner industriale dei cinesi per l’omologazione di autobus a emissioni zero, e le aziende cinesi porteranno nel vecchio continente prodotti ad alta tecnologia nel settore del trasporto pubblico. L’obbiettivo è fare della Maremma, il terminal europeo per prodotti cinesi basati sulla reingegnerizzazione delle elettrovetture. In Puglia, il colosso Cecep (China Energy Conservation & Environment Protection Group), attivo nelle tecnologie ecosostenibili, entro settembre completerà una prima serie di investimenti da 30 milioni di dollari in impianti fotovoltaici. Una seconda tranche da 120 milioni è già stata deliberata per acquisire e costruire impianti per 20 MW di potenza nel Mezzogiorno, mentre è in fase di valutazione un mega progetto da 130 MW stimato in 350 milioni di dollari. E per farlo Cecep sta costituendo a Milano una sub-holding per il mercato locale. A Senago in provincia di Milano, la Cifa S.P.A. azienda leader nel ciclo del calcestruzzo e nel leasing di settore, con stabilimenti a Castiglione delle Stiviere, Montichiari e Zanica, è stata acquistata dai cinesi di Zoomlion, gigante nella costruzione di macchinari per l’edilizia. A Treviso si è appena insediata Kinglong, società che produce e vende prodotti per l’illuminazione. Il loro piano d’impresa è collaborare con designer italiani per la creazione di prodotti innovativi da commercializzare in 70 paesi. A regime, Treviso diventerà anche il centro acquisti per l’Europa. Dopo l’Africa, dopo lo shopping americano nell’informatica, per la prima volta dall’ingresso nel Wto la Cina incomincia a mettere piede massicciamente in Italia in aziende di medie e grandi dimensioni. Gl’investimenti delle 54 imprese cinesi sbarcate nell’ultimo decennio sono ancora bassi: 400 milioni di dollari (2009), ma destinati, con le ultime operazioni, a salire in pochi mesi. Il 15% dei nuovi player cinesi, infatti, si è insediato nell’ultimo anno e mezzo. «Si tratta di un fenomeno in crescita», spiega l’avvocato Marco Carone, direttore del China Milan Equity Exchange. Ci sono imprese a caccia di brand da rilanciare per acquisire valore aggiunto nella propria strategia di marchio e distribuzione (è stato il caso di Sergio Tacchini). Ci sono imprese che guardano alla tecnologia italiana per completare il loro ciclo produttivo, specie nella meccanica di precisione in cui l’Italia resta all’avanguardia. E’ il caso di alcune aziende bresciane e vicentine che stanno negoziando trasferimenti di tecnologia, cedendo rami d’azienda in cambio dell’impegno cinese a utilizzare fornitori locali. Già oggi il colosso cinese Suntech vende in Italia pannelli solari prodotti in loco per 200 milioni di dollari con investimenti in crescita nel biennio, visto che l’azienda di Wuxi sposterà risorse dalla Spagna, dove Zapatero ha tolto gl’ incentivi. Lo stesso vale per la multinazionale Haier, secondo produttore mondiale di elettrodomestici con stabilimenti in Veneto. La catena di fornitura è quasi tutta italiana, tradizionalmente siamo una delle capitali del bianco. Dunque uno scambio fruttuoso. Nel frattempo la Industrial and Commercial Bank of China, la più grande banca mondiale per capitalizzazione di borsa, sta per aprire a Milano una filiale che darà consulenza alle imprese cinesi insediate o che vorranno insediarsi in Italia. Ancora a Milano, King Street, il colosso dei centri commerciali per consumatori di target elevato, punta ad avviare partnership con aziende italiane sul food. Il piano di investimenti prevede un approvvigionamento di prodotti agroalimentari italiani per 100 milioni di euro nel 2010, destinati a crescere nel 2012 a 300 milioni. «A Pechino, spiegano gli esperti di Invitalia, ci vedono sempre più come ponte strategico verso i mercati europei e del Mediterraneo».

mercoledì 4 agosto 2010

Le quotazioni dell’Euro risalgono la china

L’effetto annuncio delle varie politiche restrittive che i paesi dell’Eurozona hanno incominciato a varare, e in qualche caso hanno già varato, stanno tonificando il cambio dell’Euro contro dollaro, che oggi ha superato la soglia di 1,32, ed alcuni analisti già prevedono il sorpasso della soglia di 1,40 a settembre. Poche le novità positive da oltre Oceano, dove si propende ad aspettare che le misure varate per la riforma di Wall Street, e una ripresa economica globale, incomincino a produrre effetti di trascinamento sulla economia USA. Il tutto dovrebbe essere aiutato da una maggiore trasparenza degli investimenti e di sgonfiamento delle varie bolle che hanno drogato negli ultimi anni l’economia USA. L’incognita è fino a quando i vari mercati internazionali saranno disposti ad assorbire moneta USA e investire in Buoni del Tesoro americani. Alla base c’è anche due modi diversi di vedere il futuro. Da una parte i consumatori dei 16 paesi della zona euro che sono riluttanti a spendere, come precisato da Eurostat, l'ufficio statistico dell'Unione europea, che ha dichiarato che le vendite al dettaglio nella zona euro in giugno rispetto al mese precedente, sono aumentate del solo 0,4%, facendo intravedere un andamento piatto per tutto l’estate e, in questo modo, rafforzare il risparmio privato. D’altra parte dell’Oceano, c’è una tendenza a incrementare il debito delle famiglie per aumentare il trend economico e sventolare crescite sostanziali. In mezzo c’è la maggioranza degli analisti che dichiarano che solo un aumento delle vendite in USA potrebbe aiutare il rilancio dell’economia UE. Eurostat ha inoltre rivelato che le vendite al dettaglio nei 27 paesi della UE, comprendente anche i paesi non euro, come la Gran Bretagna e Svezia, sono aumentate solo dello 0,1% nel mese di giugno rispetto al mese precedente e di un +0,5% sul 2009. Le preoccupazioni che investono i consumatori europei sono che le misure di austerità adottate e le altre prevedibili in risposta alla crisi del debito pubblico, possano influenzare il proprio futuro livello di vita.

lunedì 2 agosto 2010

Auto: fine di un era?

Ieri alcuni giornali campeggiavano titoli a tutta pagina sulla crisi delle vendite di auto in Europa e soprattutto in Italia. I dati sulle vendite in Italia, Spagna e Francia, tre delle quattro maggiori economie dell'area euro, segnano cali piuttosto accentuati. L'Italia, fanalino di coda nelle immatricolazioni: solo 152 mila vetture vendute (-25,97% su base annua). Una retromarcia alimentata dalla fine degli incentivi che avevano trainato il mercato nel 2009. Per l'intero 2010 si attende una flessione delle vendite dell'11% rispetto allo scorso anno. Anche il mercato dell'usato regredisce, a luglio -3,6%. L’Italia è seguita a ruota dalla Spagna con una contrazione del 24%, dopo 10 mesi consecutivi di progressi. Un'inversione di tendenza favorita dall'aumento dell'Iva (effettivo da luglio), dalla fine (a maggio) degli incentivi alla rottamazione (complessivamente uno sconto di 1.500 euro sul prezzo di ogni vettura); dalla conclusione (a luglio) del programma interessi zero sui primi 10 mila euro di spesa. L'associazione spagnola dei produttori prevede un mercato dell'auto in calo del 30% nel secondo semestre. In Francia il calo delle vendite è stato più contenuto, la flessione è stata del 12,9%, ma restano ancora in vita gli incentivi alla rottamazione. Dal primo luglio il bonus è sceso da 750 a 500 euro per vettura. Non a caso si è registrato il boom delle auto low cost, dove 500 euro di sconto incidono in maniera più significativa sul prezzo finale. Qualche valutazione a questo punto va fatta. Rispetto agli aumenti del costo delle auto, dell’assicurazione RCA, dei carburanti, della manutenzione, dei pedaggi autostradali, etc. possono bastare degli incentivi, una tantum, a mantenere alte le vendite? Forse è giunto il momento di pensare che la politica del trasporto delle persone può trovare delle vie meno costose, più efficienti, utilizzando mezzi di trasporto pubblici in modo più razionale. Più treni, magari più alta velocità; più auto in code-sharing, più piste ciclabili. Difficile pensare che rispetto ad un aumento costante dei costi, tutto rimane come prima.

domenica 1 agosto 2010

L’Europa in ritardo sui biocarburanti

(Fonte Bloomberg). Durante una conferenza presso la sede Bloomberg a Londra, Mister Riisgaard, la cui società è la più grande produttrice del mondo di enzimi utilizzati per raffinare biocarburanti ha dichiarato che nei 27 paesi dell’ Euroregione manca una direzione politica nello sviluppo di carburanti a base di etanolo di mais, accumulando perciò un notevole ritardo rispetto all’obbiettivo di un 10% di carburante per l’autotrasporto entro il 2020. La spinta per i carburanti è offuscato da un dibattito sulla questione se la produzione di biocarburanti è in concorrenza sui terreni agricoli utilizzati per l'alimentazione. Queste colture non sono rilevanti sul piano alimentare poichè si parla di residui di prodotti agricoli, che saranno usati per fare la prossima generazione di biocarburanti. Questi ragionamenti non valgono in Brasile che si propone di spostare il 10% del consumo di benzina globale con etanolo entro il 2020, in Cina che sta sperimentando un carburante a base di etanolo di mais in nove provincie, e negli Stati Uniti che hanno fissato norme precise che richiedono carburante con uso di etanolo.

La Chrysler ritorna al profitto

Sergio Marchionne, Amministratore delegato della Fiat SpA, e della Chrysler, società partner, parlando ai giornalisti dopo una visita all'impianto Chrysler di Detroit del presidente americano Barack Obama, ha dichiarato che l’Azienda sarebbe redditizia su base netta, se non fosse per il costo degli interessi dei prestiti residui del suo piano di salvataggio. Chrysler ha preso 7 mld di dollari in prestiti governativi e altri 5 miliardi di dollari di salvataggio e di finanziamento per evitare il fallimento. Secondo i termini del suo piano di salvataggio non è tenuta ad effettuare restituzioni sul capitale per il prestito di 7 mld dollari al Tesoro Usa fino al 2011.
'L'unica ragione per cui non stiamo facendo i soldi sulla rete è che devo pagare gli interessi sui prestiti presi dal governo e che ho soldi in banca per coprire tale debito, abbiamo denaro sufficiente per pagare il tutto, ma non è possibile eseguire un business senza contanti, quindi è solo una funzione della nostra struttura finanziaria. Se avessimo preso i fondi del patrimonio netto, come ha fatto la GM, avremmo un saldo ancor più positivo. Marchionne ha detto di aspettarsi che la Chrysler sarà in grado di ridurre la dipendenza del minor margine di profitto vendite di veicoli ai gestori di parchi, come le agenzie di noleggio auto, per recuperare il mercato negli Stati Uniti. Speriamo che il consuntivo del mese di luglio faccia prevedere un mercato più forte perché ciò è indicativo di come andranno le vendite nel resto dell'anno. Un fondo fiduciario che paga le spese di assistenza sanitaria ai pensionati in collaborazione con il sindacato United Auto Workers e detiene il 55% del capitale di Chrysler, potrebbe mettere in vendita una parte delle azioni per monetizzare la partecipazione dell'Unione nel settore automobilistico non prima del 2011. Chrysler e la sua più grande rivale General Motors, detenuta in maggioranza dal Tesoro degli Stati Uniti, si stanno preparando per una offerta pubblica di azioni. L’A.D. Marchionne, parlando poi degli sviluppi futuri, ha dichiarato che probabilmente la Chrysler potrebbe optare per eseguire l’ assemblaggio del nuovo SUV Jeep Durango a Jefferson North. Alla domanda circa la prospettiva di un terzo turno, Marchionne ha risposto che dipende da come andranno le vendite nel quarto trimestre di quest'anno della Durango che sta per andare in produzione.