mercoledì 30 novembre 2011

FMI, BCE e Banche centrali in soccorso dell'euro

Mentre il braccio di forza tra la Germania e i paesi dell'Eurozona continua, la Merkel insiste sulla riapertura del Trattato di Lisbona per radicare nuove discipline e poteri intrusivi di controllo sui bilanci nazionali dei paesi dell'Eurozona. Piuttosto che concentrarsi sulla soluzione della crisi immediata, la priorità della Merkel è quella di creare un nuovo sistema durevole eliminando la possibilità di cadute recidive in una crisi come l'attuale. L'avvio di emissioni di eurobbligazioni e abilitazione alla BCE per intervenire, ha dichiarato Wolfgang Schäuble, ministro delle finanze tedesco, significa che "nessun paese europeo manterrebbe la propria tripla-A". "I tedeschi vogliono il cambiamento del trattato senza eurobbligazioni. Gli altri vogliono l'eurobbligazioni senza modifiche del trattato", ha detto il diplomatico. "Alla fine i tedeschi hanno il controllo della situazione". Nell'attesa che si trovi una via d'uscita i Ministri delle Finanze dell'Eurozona si sono rivolti al FMI per aumentare la potenza di fuoco del proprio fondo di salvataggio e prevenire il contagio della crisi del debito sovrano prima che la diffusione porti al crollo dell'euro e faccia precipitare l'economia globale in recessione. Un incontro di sei ore dei 17 ministri potrebbe portare il panico sui mercati finanziari dopo che non sono riusciti a far partire il cosiddetto "big bazooka" per illimitati acquisti della Banca centrale europea del debito sovrano dei paesi in difficoltà. Klaus Regling, amministratore delegato del fondo, EFSF, ha ammesso di non poter raggiungere una potenza di fuoco maggiore, in quanto gli stessi ministri hanno ammesso tacitamente che non si poteva raggiungere i promessi 1000 miliardi di €, tornando sulle decisioni contestate al vertice del G20 a Cannes per aumentare la potenza di prestito del FMI. Alcuni funzionari in precedenza avevano dichiarato che l'EFSF avrebbe potuto raggiungere circa 625 miliardi di € rispetto agli attuali € 250 miliardi.Il chiaro obiettivo è quello di ottenere che il Fondo monetario internazionale venga in soccorso dell'EFSF ha insistito, anche se secondo Regling c'era ancora molto interesse tra gli investitori esterni per la partecipazione al fondo. Fondi sovrani in Asia e gli hedge funds sono ancora interessati a investire in Europa, ma i ministri hanno approvato un piano per l'EFSF per garantire i primi 20-30% dei prestiti a paesi in difficoltà. Il salvataggio sarà suddiviso in diverse tranche su misura per ogni paese che ne farà richiesta ed offrirà diverse scadenze in modo da renderlo più attraente per gli investitori. Nel frattempo, per dare respiro alle borse europee, la BCE ha concordato assieme a Banca del Canada, Banca d'Inghilterra, Banca del Giappone, Federal Reserve americana e Banca Nazionale della Svizzera "azioni coordinate" per migliorare le rispettive capacità di assicurare liquidità al sistema finanziario. L'obiettivo è "attenuare le tensioni dei mercati e così mitigare le restrizioni sull'approvvigionamento di credito a imprese e famiglie". Tutto questo, spiega un comunicato diffuso dalla Bce punta a sostenere l'attività economica. La Fed Usa, di fatto, ha ampliato le linee di swap in dollari con le altre banche centrali e ridotti i costi degli swap di 100 punti base sopra il tasso Ois a 50 punti base. Le nuove condizioni saranno in vigore dal prossimo 5 dicembre all'1 febbraio 2013. Inoltre le banche centrali, ad eccezione della Fed, continueranno operazioni di finanziamento a tre mesi in dollari a favore dei rispettivi sistemi bancari. Invece Pechino ha tagliato di 50 punti base il coefficiente di riserve obbligatorie per le banche, facendo un passo indietro rispetto alle manovre di politica monetaria restrittiva adottate nel corso di quest'anno. Nel giro di qualche ora il Ftse Mib di Milano è balzato fino al +4%, Londra +2,86%, Francoforte +4,24%, Parigi +3,62%, Madrid +3,37%. Le notizie successive relative all'intervento concertato delle banche centrali migliorano ulteriormente le aspettative.

Giorni cruciali per l'Europa

Questi giorni vedono ancora come tema principale quello del futuro della crisi del debito, con un focus particolare sui prossimi passi dell’Italia. Se da un lato si moltiplicano i moniti e gli "downgrading" delle agenzie di rating per stati sovrani e banche, dall’altro emerge la possibilità di nuovi interventi da parte delle autorità internazionali a sostegno dei paesi più in difficoltà. Oggi dalle riunioni dell’Eurogruppo e dell’Ecofin potrebbe già arrivare il via libera per l’erogazione del prestito alla Grecia di 8 miliardi di €, il FMI è al lavoro per un piano d’aiuti per Roma del valore di 330 miliardi di euro, nel caso il costo del debito pubblico dovesse raggiungere livelli insostenibili. Dai funzionari del Fondo giungono solo "no comments" in merito, i tecnici sarebbero al lavoro su un pacchetto che garantirebbe all’Italia un prestito a un tasso compreso tra il 4 e il 5%, che permetterebbe al Tesoro italiano di non ricorrere al finanziamento sui mercati per i prossimi 18 mesi. Nel frattempo i leader europei continuano a lavorare su un nuovo progetto che promuova un maggior grado di unificazione fiscale tra i paesi dell’Unione Europea, introducendo un nuovo sistema di governo dell'economia e ridefinendo il ruolo del fondo salva-stati che comunque sarebbe incrementato dal 1 gennaio 2012. Oggi imercati sono incerti, con l'apertura delle Borse europee in lieve calo, nonostante l'ottimismo di Asia e Pacifico, ed il recupero, piuttosto cauto, verso metà giornata. Gli occhi degli investitori sono puntati su Bruxelles, dove l'Ecofin affronta le diverse questioni relative alla crisi del debito sovrano: dal caso Italia, con l'esame delle misure predisposte dal governo Monti, al nodo del fondo salva-Stati (Efsf) e degli eurobond, su cui pesano i "niet" della Germania.

martedì 29 novembre 2011

Dove va la Gran Bretagna

Durante le performance negative della borsa nella scorsa settimana, è d'obbligo valutare la situazione anche su di uno dei paesi economicamente più importante dell’Europa che però di europeo ha ben poco. Da sempre divisa, anche geograficamente dal Continente, il Regno Unito era un paradiso di crescita e prosperità fino a pochi anni fa. Ma ora la situazione è radicalmente cambiata con dati sulla produzione manifatturiera ai minimi, disoccupazione soprattutto giovanile ai massimi e tassi di crescita del Pil in calo. Gli economisti di Capital Economics hanno capito, visti anche i pessimi risultati dell’export e il calo del settore manifatturiero dell'1%, che la recessione è ormai reale e che la crescita del 2012, molto probabilmente inizierà con uno zero seguito da una virgola. Londra sta pagando un prezzo molto salato alla crisi dell’eurozona, un mondo con il quale ha rapporti di import export per il 50% del totale degli scambi. Se a questo si somma la volontà di annullare il deficit primario in una sola legislatura, con le conseguenze che si ripercuoteranno sul sociale, il quadro è completo. A questo però si contrappone e stona la Tripla A della quale il Regno Unito può vantarsi di fronte al mondo, un blasone che non sembra essere in pericolo dato che le agenzie di rating, nonostante i dati macro deludenti, continuano a valutare solido il debito inglese e non meritevole nemmeno di un avviso di pericolo. Decisione delle agenzie che sembra avallata anche dal piano di risanamento appena varato da Cameron e da Osborne che prevede tagli e aggiustamenti dei conti pubblici per risanare un debito crescente. Ciò che è certo è che la situazione è critica e che anche la Gran Bretagna rischia di essere risucchiata dalla crisi europea. Il primo ministro britannico David Cameron è arrabbiato perchè i fans interni e gli alleati in Europa a causa del debito della zona euro in crisi vede diminuire la sua influenza nel proteggere gli interessi britannici. I consigli di Cameron per la zona euro volti alle controparti per intensificare gli sforzi per calmare i mercati rimangono inascoltati e servono solo a sottolineare la sua mancanza di peso contro le 17 nazioni che condividono la moneta unica. La Gran Bretagna si sente isolata in seno all'UE, in effetti ha un governo euro-scettico da lungo tempo, ma per puro realismo non vogliono che l'euro fallisca o che l'Unione europea giunga al collasso.La Gran Bretagna è rimasta in disparte nei primi anni d'integrazione europea nel 1950, e il presidente francese Charles de Gaulle ha posto il veto per l'entrata del Regno Unito un decennio più tardi. Il posto della Gran Bretagna in Europa ha diviso i Tories negli anni 1980 e 1990 e ha contribuito a portare alla caduta del primo ministro Margaret Thatcher nel 1990. Come i suoi successori John Major e poi Cameron sono rimasti intrappolati nel dover affrontare Bruxelles senza stravolgere un partito tradizionalmente ostile verso l'UE. Avere una propria valuta può aver aiutato per qualche tempo la Gran Bretagna a salvarsi dalle tempeste finanziarie. I rendimenti dei titoli della Germania, a 10 anni la scorsa settimana sono stati al di sopra del Regno Unito per la prima volta dal marzo 2009. Moody ha detto ieri la "rapida escalation" della crisi minaccia tutti i rating sovrani della regione dell'euro. Ora, con possibili modifiche ai trattati europei all'ordine del giorno del vertice del 9 dicembre a Bruxelles, Cameron è sotto crescente pressione per ottenere concessioni, dopo che più di un quarto dei parlamentari conservatori l'hanno sfidato, il mese scorso a indire un referendum sulla partecipazione britannica dell'UE. Il pericolo è che se Cameron chiede troppo in cambio di modifiche ai trattati europei, si corre il rischio che la Germania sosterrà un piano francese di creare istituzioni separate e nuove regole per le 17 nazione dell'Eurozona, approfondendo l'isolamento della Gran Bretagna. "I paesi europei rappresentano il 50% del nostro commercio e gran parte dei nostri investimenti verso l'interno, lasciare l'UE non è nel nostro interesse nazionale", ha detto Cameron in un discorso a Londra il 14 novembre. "Fuori, finiremmo come la Norvegia, fatte salve tutte le regole per il mercato unico fatto a Bruxelles, ma incapace di riformare tali norme". La spaccatura crescente tra Cameron e il suo partner in Europa è sottolineata dalla sua opposizione alla imposizione di una tassa a livello europeo sulle transazioni finanziarie. Il premier sostiene che l'80% del denaro raccolto proviene dalla Gran Bretagna: "Sono a volte tentato di chiedere ai francesi se vorrebbero una tassa sul formaggio", ha detto ai legislatori il 7 novembre. Cameron ha anche contraddetto la Germania esprimendo il desiderio che tutte le istituzioni che utilizzano l'euro sostengano la moneta unica, un modo diplomatico di chiedere a Berlino di ammorbidire la sua resistenza alla Banca centrale europea in modo d'intensificare lo sforzo per una lotta più efficace contro la crisi. Altre aree di tensione includono la controversa attuazione delle regole bancarie di Basilea III e una sfida legale alla BCE sulla sua posizione politica per le stanze di compensazione. Cameron ha detto che dal 28 ottobre, Londra, come principale centro finanziario d'Europa, si trova sotto attacco costante da Bruxelles. "La Francia e la Germania si sono improvvisamente svegliate e si sono rese conto che devono stare insieme, che essi devono muoversi per cambiare la costituzione e assicurarsi che siano rispettati dai mercati", ha detto Moisi. "La Gran Bretagna sta cercando nuove alleanze, ma non sanno a chi rivolgersi.

lunedì 28 novembre 2011

Borse europee in rialzo

Poco dopo le ore 17 di oggi, il FTSE di Milano viaggiava intorno ad un + 4,60%; il CAC 40 di Parigi a +5,02%; la Borsa di Londra era salita oltre il 3%. Wall Street ha aperto nettamente superiore a lunedì, sostenuta da voci circa nuove iniziative per arginare la crisi del debito in Europa: il Dow Jones al +2,33% e il Nasdaq +3,27%. In giro per il mondo ci sono un sacco di voci. Berlino sarebbe disposta a permettere alla Banca centrale europea di giocare un ruolo maggiore per frenare la crisi in cambio di promesse di moderazione fiscale. Secondo Renaud Murail, responsabile del patrimonio netto alla Barclays Borsa: "Una cosa è certa, la Germania è ormai colpita dalla crisi ed è quindi maggiormente disponibile ad ammorbidire la sua linea, e c'è attesa per anticipi forti nel corso della riunione dell'Eurogruppo di domani martedì prima dell'ultimo vertice dell'anno del 9 dicembre. Queste speranze appaiono come un'ancora di salvezza prima che la situazione nella zona euro volga al peggio. Il costo del mercato del credito appare sempre più ingestibile in Italia: a Roma per emettere lunedì 567 milioni di euro di obbligazioni in scadenza nel 2023, sono stati chiesti tassi astronomici pari al 7,3% contro il 4,6% dell'ultima operazione simile. L'urgenza è ancor più palpabile perchè l'area dell'euro sembra essere entrata in "lieve recessione", secondo l'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE). La sua economia si prevede quasi stagnante nel 2012 a causa della crisi del debito e, se ci fosse un altro evento "importante negativo" potrebbe avere conseguenze "devastanti" per tutti i paesi ricchi, ha avvertito le Nazioni Unite, che ha anche chiamato la Banca centrale europea (BCE) ad agire in fretta. Per questo oggi, nella speranza che finalmente riescono ad agguantare il rimbalzo, le Borse occidentali, sostenute dalla speranza che i leader politici europei escogitino finalmente soluzioni capaci di mitigare gli effetti della crisi del debito e dai buoni dati sulle vendite Usa nel Black Friday, si sono lanciate verso il rialzo. A Piazza Affari il rally di UniCredit e Intesa è andato oltre il 5%. Sul mercato dei titoli di Stato, scende a 480 punti lo spread Btp-Bund. Il rendimento dei decennali giù al 7,14%, mentre ha frenato al 7,3% quello dei biennali.

La crisi economica spegne le luci di Natale in Gran Bretagna

A corto di liquidità, le autorità locali stanno riducendo le decorazioni festive, anche se attirano i clienti. I comuni di tutto il Regno Unito sono alle prese con un grande dilemma che riguarda se staccare o non la spina alle luminarie tradizionali di Natale e le decorazioni in strada. Ma il taglio dei costi è visto come un ulteriore colpo alle imprese che contano sugli acquisti di Natale per riuscire a far quadrare i conti dopo un anno difficile per i commercianti. Con i tagli di bilancio e le pressioni crescenti sui servizi, molti comuni non hanno i soldi per mantenere le luci accese. Anche coloro che non annulleranno le luci dell'albero e babbi Natale vari, stanno pensando di ridurre le manifestazioni e le accensioni, sostituendo la solita stella o le varie striscie luminose a cavallo delle strade con visite delle autorità comunali ai bambini delle scuole locali. Un sondaggio fatto dai giornali, in questo weekend, ha riscontrato che il 38% dei villaggi dell'Inghilterra sarà quest'anno senza decorazioni natalizie a causa dei costi. Robert Oxley dell'Alleanza contribuenti, che sostiene la politica dei tagli, ha dichiarato che "Non si tratta di essere avari, ma di essere sensibili ai budget. Così si possono ottenere anche centomila sterline di risparmio sulle accensioni, denaro dei contribuenti, magari tagliando meno i servizi essenziali. In tempi dove il risparmio deve essere trovato, sembra sensato non sprecare una fortuna per luminarie. "Tutti vogliono godersi il Natale e le luci nei centri urbani che spesso fanno parte dei festeggiamenti, ma questo non significa che i contribuenti devono poi trovarsi la palla al piede di milioni di sterline da pagare per le bollette solo per le decorazioni."A Chichester, West Sussex, le aziende non forniranno le 15.000 £ richieste, quale contributo alle accensione, dal consiglio comunale, lasciando la città senza le luci di Natale. Una colletta tra i rivenditori a Newquay, in Cornovaglia non riesce ad incassare molto, ma si stanno organizzando con dei volontari per aiutare le loro celebrazioni natalizie. "Il nostro corteo è veramente importante per la città", ha dichiarato, Andrew Curtis, impiegato del comune di Newquay . "Arrivano tante persone ogni anno." Ma purtroppo dai commercianti, non si ottiene molto nel clima attuale. Cheltenham ha anche annullato l'accensione per salvare 33.000 £, la cifra costata alla città lo scorso anno. Ma nelle grandi città che attirano clienti da lontano, i consigli sono consapevoli di poter perdere fatturato rispetto ai centri urbani concorrenti. Nel 2009 il consiglio comunale di Birmingham ha visto una folla di 20.000 persone quando le pop JLS stelle sono state prenotate per accendere le luci. Quest'anno il giornale locale ha ricevuto molti reclami per il cambio parata con una corsa di tacchini. Le imprese locali e i commercianti temono che gli acquirenti saranno attratti da Liverpool e Manchester dove le stelle di X Factor e Girls Aloud appariranno. Pat Karney,assessore del comune di Manchester, ha dichiarato alla BBC: "Crediamo che nel clima finanziario attuale è più importante che mai attrarre i clienti e visitatori nel nostro centro città". Il suo comune aveva speso £ 50.000 sull'evento e decine di migliaia di visitatori erano arrivati per vedere Joe McElderry, vincitore di X Factor, premere il pulsante che accendeva il centro città. Un portavoce del consiglio comunale di Birmingham ha difeso il suo cambiamento di line-up: "Noi non crediamo che sia low-key. Noi crediamo che siamo in una fase diversa. Stiamo spingendo molto verso il vero significato del Natale e e i suoi elementi tradizionali. E' un modo per avere un contatto più diretto con le famiglie. "L'Associazione Nazionale dei Consigli locali ha insistito sui comuni che sono tentati di trovare a tutti i costi, i soldi per le luminarie di Natale. "Sappiamo che molte amministrazioni locali stanno cercando di continuare l'illuminazione di Natale per le loro comunità in quanto apporta benefici sociali ed economici per la zona", ha detto un portavoce. A Brighton, insieme con la ricerca e il montaggio nelle vie dello shopping di lampade a basso consumo energetico si sta approntando un nuovo piano per aiutare i rivenditori ad affrontare la crisi economica nel periodo di Natale. Un progetto chiamato "Vestito per il successo" è un know-how per addobbare le vetrine a festa dei negozianti. Brighton and Hove City Council hanno investito £ 7.000 nel sistema per aiutare un numero insolitamente alto di negozi indipendenti della città che mancano di una catena o della forza finanziaria a loro sostegno. "A differenza delle catene di negozi, gl'indipendenti non hanno l'appoggio di grandi organizzazioni con tanti soldi e competenze", ha dichiarato il consigliere Amy Kennedy.

domenica 27 novembre 2011

Euro stabilità con un pò di fantasia

L'assenza di una soluzione radicale fa peggiorare ogni giorno di più la crisi della zona euro. Secondo il settimanale tedesco Der Spiegel che sarà pubblicato lunedì, l'effetto leva sperato dall'aumento della capacità del Fondo di soccorso dell'area dell'euro (EFSF) sarà inferiore al previsto, nonostante le attese del capo del Fondo Klaus Regling che si aspettava di ottenere una triplicazione delle risorse assegnategli. Secondo il giornale, che non cita le fonti, l'effetto leva originariamente previsto in un aumento di quattro volte o cinque volte la dotazione del fondo che doveva raccogliere 1.000 miliardi di €, non ci sarà. La ragione: secondo sempre il quotidiano tedesco Spiegel, la rinuncia di alcuni partecipanti, soprattutto di paesi asiatici, che avevano espresso la volontà di partecipare, ma che in questi mesi hanno ritirato la loro disponibilità, perchè accusano il Fondo di non gestire bene le proprie risorse. Il Fondo europeo di stabilità finanziaria era stato creato nella primavera del 2010, con le garanzie degli Stati membri con facoltà di prestare fino a 440 miliardi di euro ai paesi in crisi di liquidità. Secondo le informazioni pubblicate, oggi domenica 27 novembre, dal quotidiano tedesco Welt am Sonntag, il cancelliere tedesco Angela Merkel e il presidente francese Nicolas Sarkozy stanno prendendo in considerazione l'implementazione di un nuovo patto di stabilità sia pure limitato a pochi paesi della zona euro, Italia compresa. Secondo il quotidiano, che si basa su fonti governative, i due leader vogliono implementare rapidamente un nuovo accordo esclusivo tra Francia, Germania e alcuni paesi sul modello dell'accordo di Schengen sulla circolazione delle persone che attualmente comprende 10 dei 27 paesi aderenti all' UE. Parigi e Berlino presenteranno proposte in tal senso durante la prossima settimana e comunque prima del vertice UE del 9 dicembre e vogliono che Roma si unisca all'accordo fin dall'inizio, riferiscono le fonti. Il patto di stabilità impegna gli attuali 17 paesi della zona euro a limitare il deficit di bilancio al 3% del PIL e il debito al 60% del PIL.

sabato 26 novembre 2011

Titoli di stato italiani e fibrillazioni in Borsa

Orecchie e nervi tesi in Borsa in attesa di conoscere le prime mosse del governo su come deciderà di affrontare la crisi di mercato finanziario. Una parte della stampa estera, soprattutto quella statunitense punta ad aumentare le fibrillazioni sui mercati di tutto il mondo, in modo da portare a casa almeno due obbiettivi. Il primo: alimentare al massimo i guadagni della speculazione, dollaro contro euro, montante in queste settimane. Il secondo costringere la Germania ad allentare i cordoni della borsa e privarsi di una parte dei guadagni che l'attuale posizione di rendita le consente. Ieri i BTP italiani hanno registrato una giornata con movimenti relativamente modesti, ma con gli spread dei BTp pericolosamente vicini ad una rendita dell'8%. Al momento lo scarto tra i benchmark decennali di Italia e Germania è sostanzialmente stabile tra un range di 490 e 510 punti base. Il rischio Italia si attesta sulla soglia del 7,40 /7,70% su tutte le scadenze che vanno dai 2 ai 30 anni. Il risultato è che la curva italiana ha assunto una forma sostanzialmente piatta, con una lievissima inversione nel tratto 3-10 anni. La vera novità invece arriva dai contatti in essere tra BCE e FMI. I Paesi Nordici dell'area euro, capitanati dalla Germania, chiedono apertamente un ruolo più forte per l'istituzione di Bretton Woods. Christine Lagarde, il direttore generale del Fmi che sta facendo la spola fra Washington, le capitali europee e quelle dei Paesi 'Brics' chiamati a rafforzare le tasche del Fondo, lo dice da tempo: se chiamati, siamo pronti. Dopo il vertice di giovedì a Strasburgo, la posizione tedesca, di fatto, ha mandato in stand-by il progetto, auspicato da molti, degli eurobond, e per quello di una Bce prestatrice di ultima istanza agli Stati. Il Fmi ha una dotazione di circa 440 miliardi di dollari che andrebbe rafforzata se dovesse spegnere un incendio anche in Paesi di dimensioni maggiori. A questo punto potrebbe entrare in gioco la Bce che, secondo indiscrezioni circolate sul Wall Street Journal giorni fa, potrebbe prestare fondi all'istituzione di Washington, in qualche modo aggirando il divieto dei trattati a finanziare gli Stati. Secondo una fonte interpellata dall'ANSA ci sono aperti più scenari: "Se chiamato, il Fondo è disponibile", e per quanto riguarda la Bce "ci sono diverse possibilità". La stessa fonte spiega che il Fondo ha preparato "diversi piani di contingenza". E ricorda che, di fronte all'aggravarsi della crisi europea, il Fondo tre giorni fa ha annunciato una revisione dei suoi meccanismi di prestito, con più flessibilità, e una particolare attenzione per i Paesi con "fondamentali solidi" finiti in difficoltà, per "rompere la catena del contagio". Quest'ultima postilla sembra riguardare in modo particolare l'Italia, la Francia, l'Olanda e la Spagna.

venerdì 25 novembre 2011

Il debito sovrano dei paesi UE dopo Strasburgo

Dopo il nulla di fatto del mini-vertice di Strasburgo, anche gli stati più forti della Unione Europea rischiano di essere attaccati. Già qualche avvertimento si era avuto con il flop della vendita dei Bund tedeschi, ma è il costo del finanziamento del mercato è poco sopportabile nel tempo prima di considerare una serie di fallimenti in paesi come la Spagna o l'Italia. A Strasburgo il cancelliere tedesco Angela Merkel, il capo dello Stato francese Nicolas Sarkozy e il primo ministro italiano Mario Monti, hanno dato il via ad una nuova serie d' intensi negoziati. Una data importante sarà il Consiglio europeo del 9 dicembre, che può essere preceduto da un nuovo incontro il giorno prima. Nel frattempo, i negoziati dovrebbero acquistare velocità, ma in questa fase, non si vede davvero la via d'uscita a causa delle differenze tra gli Stati, soprattutto tra la Francia e la Germania. Per esempio, la Francia sta discutendo per un intervento massiccio da parte della BCE per l'acquisto di titoli di stato, scelta rifiutata con forza da parte della Germania. Le differenze non sono meno profonde sulla creazione di obbligazioni europee, anche se lo strumento è, in ogni caso, un progetto a lungo termine.Già dal mese di maggio 2010 la BCE sta acquistando titoli per sostenere la Grecia, Portogallo e Irlanda, in primo luogo, poi a partire dall'estate del 2011 per Italia e Spagna, ma in proporzioni che sono limitate. L'idea avanzata dalla Francia, tra gli altri, è quella di amplificare notevolmente il campo di azione della BCE per allinearla alla U. S. Federal Reserve statunitense. Nel confronto, la BCE ha acquistato circa 200 miliardi di euro di debito degli Stati UE in difficoltà, mentre la Fed detiene più di sei volte il volume rispetto al debito Usa. La Germania si oppone all'estensione di tali acquisti visto che i trattati vietano alla BCE di stampare euro per sostenere gli Stati membri della zona euro. È vero, ma nel frattempo la BCE ha già dimostrato di saper dare una risposta pragmatica alla crisi in corso. La chiave è quella di sapere se può continuare ad agire in questo modo senza frustrazioni per l'incapacità dei leader europei di approntare altri strumenti per la gestione della crisi. Il rafforzamento del fondo di salvataggio europeo di stabilità finanziaria EFSF annunciato, si sta rivelando estremamente laborioso e in questa fase non può fermare il contagio della crisi della zona euro. Per ora, la Germania si fa forte su quanto è stato concordato al summit del 26 ottobre, vale a dire il rafforzamento del fondo di salvataggio. Ma questo è molto complicato, è la maggior parte degli Stati dell'Eurozona e gli esperti ritengono che questo annuncio non è più sufficiente per evitare che la crisi diventi galoppante. Il cancelliere tedesco è costretto a imporre una riforma del trattato al fine di porre una pietra miliare sulla disciplina di bilancio, idea che sta molto a cuore alla Germania. Ma questo requisito, ancora una volta richiede tempo per rivedere il testo, e non può, a breve giro intervenire sull'emergenza. Inoltre in questo momento il sistema bancario si sente particolarmente minacciato a causa della caduta delle azioni bancarie. Una caratteristica unica della crisi profonda partita quest'estate è proprio come le banche hanno incominciato a soffrire per i problemi di indebitamento degli Stati. Contagio dovuto al fatto che alcune istituzioni sono in possesso di grandi quantità di debito dei paesi in difficoltà, siano essi titoli greci o italiani, per le banche francesi, per esempio. Di conseguenza, la fiducia, nella solidità delle banche, si è incominciato ad indebolire sul mercato interbancario e il finanziamento stesso è stato appesantito da questo cambiamento. Ora, le banche sono in realtà in prima linea nella crisi, da qui la recente decisione di tentare di ripristinare un minimo di fiducia, ricapitalizzando le sessanta più importanti istituzioni europee. Un'altra prospettiva per un intervento " bazouka" potrebbe venire da una soluzione concordata tra il FMI e la BCE, che non avrebbe bisogno di passaggi parlamentari nella UE. Già La BCE nei giorni scorsi ha prospettato d'intervenire a favore delle banche con prestiti della durata di 2 o 3 anni, rispetto ad 1 anno attualmente previsto. Un ulteriore ribasso del tasso di riferimento BCE ai primi di dicembre ed un lasso di tempo del finanziamento alle banche molto più lungo, potrebbero dare alla politica economica europea il tempo per decidere quale strada intraprendere.

giovedì 24 novembre 2011

Poche novità a Strasburgo dal mini-vertice Merkel-Monti-Sarkozy

L'incontro odierno a Strasburgo per un mini-vertice, tra Angela Merkel, Nicolas Sarkozy e Mario Monti è servito solo ad evidenziare le differenze di visione della Francia rispetto alla Germania, mentre il Primo Ministro italiano si è limitato a ribadire gl'impegni precedentemente assunti dall'Italia e la ferma convinzione che essi saranno rispettati e in qualche modo rafforzati ed accellerati. Se, uno degli obiettivi di questo incontro era quello di mostrare la determinazione delle tre maggiori economie dell'area dell'euro ad affrontare le attuali difficoltà, sembra che questo obiettivo non sia stato raggiunto visto che i mercati non hanno gradito lo slittamento dei tempi di attuazione degli stessi. Infatti è stato chiarito che: i tre partners "pienamente consapevoli della gravità della situazione" concorderanno i rimedi. A tal fine, "la Francia e la Germania nei prossimi giorni presenteranno le proposte comuni per modificare i trattati dell'Unione europea." Però tali proposte sono ancora in discussione e saranno rese note prima del 9 dicembre. Esse dovrebbero garantire la moneta unica, perché, come ha sottolineato a sua volta, Angela Merkel, l'Europa ha bisogno di un "euro forte e stabile" per essere "rispettati", ma non porterà a ridefinire il rapporto con la BCE. C'è un "accordo reciproco per dimostrare la nostra fiducia nella BCE e ai suoi leader", ha riassunto il presidente francese. Un modo per ricordare la necessità mantenere l'indipendenza della Banca centrale europea. Se i capi di Stato francese e tedesco si sono rifiutati di fornire dettagli, per contro Angela Merkel ha suggerito la necessità di muoversi "verso una unione fiscale". Durante l’incontro con Sarkozy e Merkel il premier italiano ha confermato l’obiettivo di perseguire con rigore il risanamento dei conti e il pareggio di bilancio nel 2013.«L’Italia è sempre stata un motore dell’integrazione europea e intende esserlo anche in questa fase così difficile», ha sostenuto il premier. «Ho illustrato il programma in corso di costruzione», ha osservato il presidente del Consiglio. «Il consolidamento della finanza pubblica» deve essere portato a termine «in modo rigoroso» e «entro termini serrati, confermando il pareggio di bilancio entro il 2013 e in modo sostenibile», ha aggiunto il Professore Monti. L'incontro aveva anche l'obiettivo di dimostrare che Parigi e Berlino hanno dato la loro fiducia al nuovo governo italiano. "Abbiamo discusso tutte le questioni riguardanti l'Italia e l'Europa", ha detto Nicolas Sarkozy. Mario Monti ha avuto l'opportunità di presentare il programma del governo italiano e siamo lieti che abbia insistito sul fatto che Roma ha inserito una priorità "il rispetto totale del risanamento dei conti pubblici" per raggiungere il pareggio di bilancio nel 2013. Le discussioni fra i tre continueranno nelle prossime settimane, a Roma dove sono stati invitati da Mario Monti. Dopo il mini-vertice, l'euro è sceso bruscamente contro dollaro quando è apparso chiaro che la Merkel, Sarkozy e Monti non hanno accettato di fornire alla BCE il via libera per acquistare più titoli di stato. Da $ 1,338 contro dollaro, all'inizio della conferenza stampa, la moneta unica è scesa a un minimo di 1,332 dollari. Anche i mercati azionari, dopo la conferenza stampa stanno perdendo terreno, con il FTSE 100 che ora conserva appena 8 punti di margine rispetto all'apertura (da un + 30 di guadagno in precedenza).

mercoledì 23 novembre 2011

La crisi europea mette in difficoltà l'economia della Cina

Secondo la Banca Mondiale, l'economia cinese affronta i rischi crescenti di una crisi del debito sovrano europeo con il timore che potrebbe generare un rallentamento di tutto l'apparato economico cinese e un atterraggio morbido anche in presenza di un allentamento della politica monetaria. La Banca Mondiale, in una nota economica di aggiornamento semestrale sull'Asia orientale e Pacifico, ha rivisto le previsioni di crescita per il 2011 della Cina, e si attende una crescita più lenta a partire dal prossimo anno. L'istituto di credito ha anche tagliato le previsioni di crescita per lo sviluppo dell'intera aria asiatica a causa della debole domanda di esportazioni proveniente dai paesi sviluppati e, in modo particolare, anche dalla Thailandia a causa delle inondazioni che hanno colpito l'industria manifatturiera di quel paese. Bert Hofman, economista capo della Banca Mondiale per l'Asia orientale e il Pacifico, ha dichiarato che: "A conti fatti, crediamo che mentre ci sono problemi in Cina, la gestione di questi e l'ordine di grandezza sono gestiti in modo che non portino necessariamente ad un forte rallentamento, come alcuni hanno previsto".La Cina crescerà del 9,1% quest'anno, sempre secondo la Banca Mondiale, un pò di più rispetto alle precedenti previsioni che a marzo erano del 9,0%. Nel 2012, la crescita rallenterà all'8,4%. La Cina, secondo Hofman, potrà continuare a crescere con tassi del 9-10% all'anno per il prossimo futuro, sulla base dell'esperienza di altri paesi che hanno un reddito di circa 4.000 € per abitante, che è poco più del reddito pro-capite degli abitanti della Cina. Quest'anno, il loro livello di crescita è minore rispetto lo scorso anno, a causa dell'indebolimento della domanda esterna che ha fatto calare investimenti ed esportazioni. La stretta monetaria ha anche rallentato gl'investimenti di quest'anno, ma ora c'è più spazio per normalizzare la politica visto il calo dell'inflazione. Il vice premier cinese Wang Qishan, durante il weekend, ha dichiarato che a lungo termine la recessione globale è certa e la Cina dovrebbe concentrarsi sulla soluzione dei problemi della sua economia. Politiche volte ad arginare gli aumenti dei prezzi dei terreni potrebbe mettere in difficoltà alcuni governi locali, che hanno contratto pesanti prestiti sotto la pressione di una politica espansiva. E' improbabile la riduzione della leva finanziaria, perchè al contrario del mercato immobiliare americano, le famiglie cinesi tendono ad anticipare più soldi nell'acquisto di case per cui i mutui sono più piccoli. Infatti un recente studio della Banca Mondiale effettuato con il Fondo Monetario Internazionale, ha anche mostrato che il sistema bancario cinese è in grado di sopportare tassi di cambio più elevati e shock di tassi d'interesse in salita. Escludendo la Cina, lo sviluppo dell' Asia orientale quest'anno sarà del 4,7%, molto più basso rispetto alla precedente previsione del 5,3%, per un rallentamento dei paesi sviluppati e politica monetaria più restrittiva. Secondo il rapporto,gli investitori, spostando soldi dai paesi asiatici potrebbero portare a più volatilità nei mercati obbligazionari di tutto il mondo, ma questo potrebbe aiutare alcuni paesi che stanno cercando di contenere i prezzi degli asset debitori. Secondo la Banca Mondiale, l'enorme liquidità circolante in quei paraggi potrebbe aiutare le finanze pubbliche di molti paesi asiatici qualora li utilizzassero concentrandoli su investimenti a lungo termine per migliorare l'istruzione, la sicurezza sociale e la produttività del lavoro.

martedì 22 novembre 2011

L'Ungheria in crisi di contagio chiede aiuto al FMI

L'Ungheria è il primo paese dell'Europa orientale a cadere sotto il contagio da stress di debito dell'Eurozona. Dopo aver allontanto in modo brusco gl'ispettori del FMI lo scorso anno è tornata con molta umiltà a chiedere aiuto al Fondo monetario internazionale. Un Fiorino sempre più debole e rendimenti obbligazionari in aumento hanno costretto Fidesz, al governo del paese, a mettere da parte l'orgoglio e chiedere un credito precauzionale sia al Fondo monetario internazionale che all' Europa, di circa 4 miliardi di €. La probabilità crescente che il debito dell'Ungheria venga prossimamente declassato, perchè in due anni i rendimenti dei titoli di stato sono schizzati dal 5,5% al 7,5%, hanno accelerato la richiesta di nuovi fondi. Neil Shearing di Capital Economics ha dichiarato: "L'Ungheria è un segnale di avvertimento, perchè, nella regione, è il paese dove i rischi sono più acuti, quindi è il paese da dove possono iniziare i problemi con il timore che questi poi si diffondano all'Ucraina e all'intera area dei Balcani. L'Est Europa ha un enorme fabbisogno di finanziamento esterni per il sistema bancario. Essi non saranno in grado di assorbire i debiti se c'è un congelamento del credito nell'Europa occidentale". Shearing ha aggiunto che, a suo parere, l'Ungheria dovrà raccogliere, il prossimo anno, finanziamenti esterni pari al 18% del PIL. I prestiti necessari per la Croazia sono pari al 14%, e al 13% per la Bulgaria. L'Europa dell'Est è dipendente dalle banche dell'Eurozona e dalle loro controllate per circa l'80% del suo sistema bancario. Secondo uno studio della Deutsche Bank la regione è vulnerabile ad una crisi del credito con gruppi bancari stranieri che hanno bisogno di capitali per 2000 miliardi di € entro 18 mesi, per soddisfare le richieste dell'Unione europea per portare il core tier 1 delle banche al 9% del capitale. I Regolatori occidentali hanno già cominciato a suggerire alle banche di tagliare i prestiti all'estero per scongiurare una stretta in casa. La Banca centrale austriaca ha ordinato a Erste Bank, Raiffeisen Austria e Unicredit di limitare i prestiti in Europa orientale a quanto può arrivare dai depositi locali, forse una mossa di Vienna per salvaguardare il rating AAA proprio in mezzo alla tempesta economica e monetaria. L'esposizione dell'Austria verso l'Europa orientale è vicina ai 240 miliardi di €, o al 70% del PIL. Le loro controllate hanno in bilancio il 40% dei prestiti alla Croazia, il 30% e il 25% rispettivamente alla Romania e alla Ungheria. La società Fitch Ratings ha avvertito lunedì che le banche europee dell'Est devono fare un passo indietro se s'intensificherà la crisi del debito dell'Eurozona. "Lo stress potrebbe diffondersi dall'Eurozona centrale a quella orientale delle banche in Europa. Sebbene le filiali delle banche dell'area euro sarebbero in grado di sostenere una certa riduzione dei finanziamenti dalle case madri, esse potrebbero essere costrette a tagliare la concessione di crediti e ridurre ulteriormente i propri bilanci, con un impatto negativo sulla crescita del PIL ", ha detto. Lars Christensen di Danske Bank ha dichiarato che gli Stati Balcani sono in prima linea come finanziatori del debito greco ed è arrivato il momento di chiudere i rubinetti. "La Bulgaria deve affrontare una stretta significativa perché le banche greche e italiane hanno in bilancio il 60% dei loro mutui", ha detto. La storia in Ungheria è complicata da un governo accusato di violare i principi dell'Unione europea su tutta la linea, dalla confisca delle pensioni private ad abusi fiscali e giudiziari e ai bavagli imposti alla libertà di stampa."Non stanno seguendo lo stato di diritto", ha detto Christensen. "Questa ultima mossa di tornare al FMI è in odore di disperazione. Hanno compiutoto un voltafaccia". Non è chiaro come il Fondo monetario internazionale risponderà, dato che i leader ungheresi hanno votato contro le richieste di cambiamenti di politica estera della UE. "Non si può ricorrere al FMI solo quando si ha bisogno mentre poi sulle sue politiche non si è mai d'accordo " ha dichiarato Peter Attard Montalto di Nomura. La dura realtà può dettare gli eventi. Il debito pubblico è vicino 80% del PIL, l'economia ha una crescita vicino allo zero e il 7% o 8% di oneri finanziari. L'Ungheria deve rimborsare 5,9 miliardi € di prestiti all' UE-FMI, a partire dall'inizio del prossimo anno, essa ha bisogno di finanziamenti esterni per il 2012 sino al 34% del PIL, comprese le necessità delle banche. Quasi due terzi dei mutui e indebitamento delle famiglie sono nel super-forte franco svizzero, creando un disallineamento letale con la valuta che può far crollare il Fiorino. La banca centrale potrebbe dover alzare i tassi per sostenere la moneta, anche se la recessione minaccia l'economia ungherese. Purtroppo oggi l'Ungheria si trova nella classica morsa del debito estero.


L'Unione Europea pronta per il grande balzo in avanti

I politici dell'UE cercano con forza di salvare l'euro, ed incominciano ad emergere i piani per dare una stretta all'Unione, ampliando i poteri regolamentari di Bruxelles. Mentre il cielo di Eurolandia si oscura, almeno a Bruxelles sembra stia migliorando. Ad una recente riunione per discutere della crisi che minaccia l'euro, un ex membro del Parlamento Europeo ha osservato acidamente: «Bisognava dare quest'anno il Premio Carlo Magno, per i servizi all' unità europea, ai mercati obbligazionari che hanno fatto di più per la causa". L'umorismo nero era un modo di affermare una limpida verità: nella capitale de facto della Unione Europea, il corso per evitare la morte della moneta unica europea sta assorbendo le menti degli esperti con un impegno senza precedenti. Mentre i governi in tutto il sud Europa fibrillano sotto la pressione di dover ripagare i propri debiti a tassi d' interesse sempre più alti, anche per quelle economie che in passato erano ritenute "rispettabili" come la Francia e l'Olanda e che oggi risentono il vento gelido del controllo del mercato, i custodi del futuro dell'Europa hanno tardivamente fatto sentire la loro voce. La settimana scorsa il solito austero e pragmatico cancelliere tedesco, Angela Merkel, ha annunciato che l'UE deve affrontare ora forse il periodo più difficile dopo la seconda guerra mondiale. Se l'euro fallisce, fallisce l'Europa, vogliamo evitarlo e sta a noi impedirlo. Per questo stiamo lavorando, perché è un grande progetto storico". Poiché la posta in gioco è salire sempre più in alto, gli inglesi sono sempre più visti come un fastidio e persino come irrilevanti. Venerdì scorso David Cameron si è precipitato nel Vecchio Continente, per incontrarsi con i tre giocatori chiave di questo psicodramma monetario: Angela Merkel, leader del solo paese che con il suo peso economico può mettere ordine nel caos che c'è fuori della Germania, José Manuel Barroso, il presidente portoghese della Commissione europea che ha il compito di dare a Bruxelles un piano per la salvezza, e Herman Van Rompuy, il presidente, fino a questo momento invisibile, del consiglio europeo dei ministri, l'organismo intergovernativo che dovrebbe adottare tale piano. Cameron sperava di ottenere la promessa che Londra non sarebbe stata bersaglio di una futura tassa sulle transazioni finanziarie e l'impegno che i paesi come la Gran Bretagna, che sono al di fuori della zona euro, avrebbero mantenuto la loro influenza nei tempi turbolenti che ci aspettano. Il primo ministro ha scoperto che, come il sogno europeo d'integrazione attraverso l'unione monetaria vacilla sull'orlo della catastrofe, le preoccupazioni britanniche non sono in cima all'agenda di nessuno. La decisione del Regno Unito di non partecipare direttamente ai fondi di salvataggio per la Grecia e il Portogallo non è stata ben digerita, le esortazioni successive da Downing Street per mettere ordine nel il caos dell'euro, sono stati accolte con esasperazione. Quindi, il Regno Unito non sarà niente di più che uno spettatore di come la zona euro affronterà, nel contesto di crisi, una nuova era. Dopo un tumultuoso tardo autunno, Bruxelles, Parigi e Berlino sono d'accordo che le riforme radicali sono inevitabili. Novembre 2011 sarà ricordato come il mese in cui l'Italia è quasi andata sotto la soglia di sicurezza nei mercati obbligazionari che miravano proprio al debito sovrano, quando il governo greco è arrivato pericolosamente vicino ad uscire completamente dall'euro, e quando la Francia, per cinque decenni all'avanguardia dell'integrazione europea, ha visto la propria credibilità economica essere messa in discussione. La controffensiva è un rischioso percorso di marcia verso una forma di unione economica e politica, ma è probabile che sia la profondità che la vastità del cambiamento sia per la sinistra che per la destra politica, saranno profondamente problematiche. I Funzionari di Bruxelles eserciteranno poteri senza precedenti d'intervento rispetto ai bilanci nazionali, sulle politiche fiscali e sul mercato del lavoro. L'esame potrà estendersi anche alle scuole di un paese, alle università e ai tribunali. Il dissenso espresso attraverso un referendum, elezioni o discussioni nei parlamenti nazionali, avranno solo un impatto limitato. La direzione di marcia non è negoziabile. Per "Europa" - l'idea, piuttosto che l'entità geografica - è ora o mai più. Le parole d'ordine nei corridoi del palazzo Berlaymont della Commissione a Bruxelles sono "disciplina, sorveglianza ed esecuzione". I paesi che non riescono a seguire l'austerità descritta da Berlino e Bruxelles rischiano di essere sottoposti a dure sanzioni - forse multe dello 0,2% allo 0,5% del PIL, e il ritiro di trasferimenti di ricchezza dalle regioni più ricche dell'Unione europea a quelli più povere. Le multe saranno integrate da invadenti "supervisioni". La settimana scorsa Barroso ha detto al parlamento europeo di Strasburgo che quei paesi che non lotteranno per abbassare i livelli eccessivi di debito saranno inoltre oggetto d'intervento da Bruxelles in "settori precedentemente riservati ai governi nazionali o ai parlamenti". Così, dopo tutte le mezze misure, soluzioni parziali e mesi di "calci al barattolo lungo la strada", l'itinerario eurobond, e tutto ciò che ne deriva, sarà l'unico modo stringente per salvare l'euro. Secondo Verhofstadt, "O facciamo questo o è la fine della moneta unica".

lunedì 21 novembre 2011

Il futuro della sterlina è nell'euro

Incominciano ad essere in buona compagnia gli analisti che, nel Regno Unito, prevedono che la determinazione di Francia e Germania, a cui in settimana si potrebbero unire Italia e Spagna garantiranno il futuro dell'euro e spianeranno la strada alla Gran Bretagna per l'adesione alla moneta unica. Mr. Heseltine,ex vice primo ministro e ora dirigente del fondo regionale di crescita del governo inglese, ha dichiarato in occasione della Mostra Politica BBC1 di domenica: "Penso che entrerà a far parte dell'euro, il pubblico non ha idea a quale catastrofe andrebbe incontro l'economia britannica se l'euro fallisse. I Britannici non hanno idea della quantità di denaro che le banche britanniche devono alle banche europee. Se le banche europee dovessero iniziare a fallire anche le banche del Regno Unito ne subirebbero le conseguenze. Già oggi, nel Regno Unito, la disoccupazione negli ultimi tre mesi è salita al tasso più veloce degli ultimi 17 anni. Il numero dei giovani disoccupati è salito ad oltre un milione, aumentando i timori di una generazione che potrebbe andare dalla scuola direttamente in disoccupazione di lunga durata, senza mai aver visto un lavoro. "L'accusa di generazione perduta è molto pericolosa per noi", ha dichiarato uno stratega del governo. Lo scorso anno, il cancelliere aveva previsto una crescita del 2,6% nel 2011, in crescita al 2,9% nel 2012. La sua previsione per quest'anno è già stata distrutta. Per quanto riguarda il 2012, la Banca d'Inghilterra ha già ridotto la sua proiezione di crescita ad appena l'1%. Dal momento che Threadneedle Street tende a peccare per eccesso di ottimismo potrebbe rivelarsi ancora peggiore. Mervyn King, governatore della Bank of England, in una recente intervista ha espresso una sua riflessione: " Chissà cosa succederà domani, e tanto meno cosa succederà il mese prossimo". La grande scommessa che George Osborne ha fatto quando ha dato alla riduzione del disavanzo il primato su ogni obbiettivo perchè la Gran Bretagna s'incamminasse su un percorso favorevole in cui l'espansione del settore privato avrebbe compensato la stretta sul settore pubblico e la ripresa della crescita vigorosa avrebbe aiutato a mandare giù il debito, sembra perduta. Questo circolo virtuoso non si è materializzato. Il cancelliere si ritrova a presiedere un ciclo di feedback negativo, di crescita debole, di deboli entrate fiscali, di aumento della disoccupazione e di richieste in aumento del benessere, il che rende ogni giorno più plausibile che incontrerà nel fututo solo disavanzi. Vi è stata una conquista indiscussa del suo cancellierato sino ad oggi. Egli ha assicurato la tolleranza di mercato in ordine alla grandezza dei debiti della Gran Bretagna. Il programma di austerità che aveva annunciato all'inizio della vita della coalizione ha vinto la credibilità dei finanziatori internazionali con il risultato che sono stati preparati per consentire alla Gran Bretagna di prendere i prestiti a tassi d'interesse non molto superiori a quelli chiesti alla Germania. La Gran Bretagna è finora sfuggita alle convulsioni terribili che hanno sequestrato la Grecia, che hanno attacato l'Italia e la Spagna, e oggi minacciano la Francia.

domenica 20 novembre 2011

I cinesi ricchi hanno dei dubbi

La Banca nazionale di Cina, in uno studio pubblicato all'inizio di novembre chiamato "Relazione Hurun", ha pubblicato un elenco dei cinesi più ricchi di Pechino. I ricercatori hanno esaminato 980 milionari, tutti a capo di un patrimonio di oltre 10 milioni di yuan, l'equivalente di 1,1 milioni di €. Più della metà di loro hanno detto che stavano prendendo in considerazione l'emigrazione (46%), o che avevano fatto o stavano per farlo (14%). Naturalmente non è vietato pensare che se la Banca di Cina avesse realizzato la stessa indagine in Francia, avrebbe potuto scoprire che alcuni milionari francesi, desideravano emigrare in Svizzera, in Belgio o nel Principato di Monaco, per ragioni che possono essere facilmente indovinate. Invece i motivi dei cinesi ricchi sono diversi. Non è un problema di tasse, ma è l'inadeguatezza della qualità della vita e le aspettative sociali generati dai loro fondi a non soddisfarli. I frutti di un tasso di crescita del PIL, ancora abbastanza elevato nel 2011, al 9% possono essere soddisfacenti, ma i figli dei ricchi respirano la stessa aria inquinata dei figli dei poveri, e i milioni guadagnati dai genitori ricchi non possono cambiare nulla. La politica del figlio unico si applica anche ai ricchi, e le esenzioni che potrebbero godere semplicemente pagando multe sono diventate più difficili da ottenere. Altri fattori che influenzano i milionari intervistati, sono la rigidità del sistema scolastico, il sistema sanitario inadeguato e l'assenza di un forte quadro giuridico. Un professore della Università di Tsinghua, Jiming Cai, invitato da un quotidiano economico cinese a commentare questa indagine, ha confermato un trend già evidenziato qualche mese fa, ha sottolineato che uno degli elementi devastanti è l'insicurezza del quadro legale."Abbiamo appena enunciato l'idea che la proprietà privata è sacra e inviolabile, ma negli ultimi anni abbiamo assistito all'esproprio illegale di terre, demolizioni brutali di case e di altri fenomeni che mostrano che questi principi non sono rispettati". Questi principi, una volta bruciati dalla legge, fanno parte di quello che normalmente viene chiamato lo stato di diritto. Non c'è, in Cina, uno stato di diritto degno di questo nome, e questo disturba i milionari. Quindi, si pensa di allocare le proprie ricchezze all'estero e in ordine di preferenza, negli Stati Uniti, in Canada, a Singapore e in Europa, dove hanno acquistato immobili e pensano di poter mandare i propri figli all'università. Senza tuttavia rompere completamente i ponti con il loro paese: un piede dentro, un piede fuori. In questo modo si spiega che, nonostante tutti i suoi sforzi per un "soft power", lo stato cinese non gode di grande simpatia né all'interno né all'estero. L'apertura di centinaia di Istituti Confucio in tutto il mondo non ha cambiato l'immagine del Paese ed i milionari hanno fornito la risposta. Un miliardario di Hong Kong, che investe grandi capitali in Cina, Ronnie Chan, presidente dell' impero immobiliare Hang Lung Properties, ha scritto un articolo molto interessante nel Financial Times del 15 novembre. Egli ha spiegato che l'Occidente è minacciato di essere lasciato libero di esercitare di fatto un controllo del Pacifico. La Cina, si dice, è ancora "troppo restrittiva", ma va nella giusta direzione. Per i due giganti, "la questione non è se ci deve essere libertà, ma quanta libertà ". Il problema è che, così come non si può rimanere a metà di una di gravidanza, è difficile essere libero a metà. E fino a che le metà aperte non avranno compiuto il loro ciclo, i milionari cinesi continueranno a mantenere i piedi in due realtà. E gli Stati Uniti a immaginarsi il potenziale dell'area del Pacifico.

Il collasso dell'euro minaccia di default l'Italia

Molto interessante in questi giorni è una full-immersion nella stampa europea sulla vicenda della crisi finanziaria e lo spread che minaccia il sonno degli italiani. Appurato che non era il primo ministro Berlusconi ad affossare i BTP italiani s'incomincia a cercare altrove. Alcuni commentatori stranieri partendo dal fatto che i mercati, in via di principio, non sono contro l'Italia, si cerca di capire perchè se i mercati hanno ragione e non si sono sbagliati, siamo arrivati a questo punto. L'Italia non è mai stata inadempiente a livello mondiale nei pagamenti degli interessi del proprio debito. Neanche negli anni 92/94, pur in presenza di un debito alto ha onorato sempre i suoi impegni, senza chiedere aiuto ai fondi mondiali, ma ha fatto solo ricorso ai mercati finanziari, pagando il dovuto. Pertanto, la situazione non è quella di un rischio di un collasso italiano che minaccia l'euro bensì è il rischio di collasso dell'euro che sta minacciando l'Italia con un default. Alcuni pensano che il rischio vero sia la minaccia del ritiro tedesco. Infatti i Tedeschi di domani potrebbero ritirarsi se i tedeschi di oggi che hanno accettato la responsabilità di assumersi i debiti di migliaia di miliardi di euro d'Italia, Spagna e Portogallo, non fossero in grado di gestire la crisi, dato che la maggior parte di questi debiti sono stati accumulati prima ancora che nascesse l'euro. Per questo, in primo luogo, si dovrebbe rimuovere la minaccia che la messa in comune del debito non deve essere imposta ai tedeschi. In particolare, dovremmo abbandonare tutti gli schemi che oggi sono sul mercato. La BCE non dovrebbe effettuare acquisti di massa di debito italiano, spagnolo etc... Bisognerebbe abolire le proposte di leva o di estensione dell'EFSF per migliaia di miliardi. Il debito pooling è la minaccia per l'euro, non il mezzo di salvezza. Questo sarebbe sufficiente? Forse no. Potremmo anche aver bisogno di meccanismi per rendere l'euro una valuta più sostenibile, per compensare l' "one-size-fits-all" e i problemi di avere una moneta unica, senza avere un unico stato. Questo significa azioni per stimolare la crescita in un momento di scarso dinamismo delle stati dell'Eurozona - in particolare in Italia, Spagna e Portogallo. Forse bisognerebbe ricorrere agli schemi simili che stimolano la bassa crescita in altri grandi stati, quali i trasferimenti tra le parti più ricche e meno ricche del Regno Unito o della Germania. Ci sono sempre stati i fondi strutturali all'interno dell'UE per questo scopo. Tutto ciò che serve è quello di avere fondi strutturali solo per la zona euro. Lo sforzo non è proibitivo. Le risorse dei fondi strutturali e di coesione spendono circa € 57 miliardi all'anno. Circa 9 miliardi di € in più aumenterebbe il PIL italiano e portoghese dello 0,5%. Aggiungendo un altro 0,5% alla loro crescita potrebbe essere sufficienti per consentire a questi paesi di contenere e ridurre i loro debiti. Naturalmente, questi 9 miliardi di € dovrebbero probabilmente essere estesi agli anni successivi. Quindi, la differenza dei punti di vista su ciò che minaccia il default italiano - è che il collasso dell'euro minaccia l'Italia di default, non è il default italiano che fa rischiare all'euro il collasso. Se questo fosse vero allora la ricetta politica sarebbe esattamente opposta alla difesa standard di debito pooling. Trattandosi di una distinzione di sostanza e di contenuto, e poichè diventa sempre più difficile far ingoiare ai popoli europei discipline di comportamento austero, forse ha ragione il cancelliere tedesco che pensa ad un Fondo monetario europeo che a pari del FMI abbia possibilità d'intervento sugli stati che non rispettano le regole.

venerdì 18 novembre 2011

Il taglio del debito della Grecia non faciliterà i conti nel breve termine

Gli investitori possono decidere di accettare il 50% o meno del dovuto, ma ad un tasso di interesse molto più alto. I negoziatori dell'Institute of International Finance, un consorzio di detentori di obbligazioni greche, hanno accettato di scambiare i loro attuali crediti con nuovi titoli al 50% del loro valore attuale, anche se la cifra finale deve ancora essere contrattata In cambio, essi intendono chiedere che il tasso di interesse futuro per i nuovi titoli sia di circa l'8% all'anno. Ciò significa che gli obbligazionisti riceveranno quasi la stessa quantità d'interessi che percepiscono attualmente. In altre parole, il costo per il governo greco per onorare il debito enorme non potrà scendere di molto, se non del tutto. Il rapporto debito-PIL scenderà perchè ci sarà meno debito da rimborsare, ma la parte della spesa pubblica ingoiata con il pagamento degli interessi sulle obbligazioni resterà la stessa. Sarà come cambiare un mutuo da 200.000 € al 5% annuo con un mutuo di 100.000 € al 10% all'anno. Si pagherà meno, ma l'importo mensile che lo stato greco metterà al servizio del prestito rimane lo stesso, in questo modo le casse statali non sentiranno subito il beneficio. I rappresentanti dei creditori internazionali della Grecia riprendono oggi la loro missione ad Atene. Gli appuntamenti di Pauel Tomsen (FMI), Matthias Mors (UE) e di Claus Mazuch (BCE) con il ministro delle Finanze greco, Evangelos Venizelos e i funzionari della Ragioneria Generale dello Stato, sono già stati fissati, secondo quanto scrivono i giornali, è possibile un incontro con il nuovo premier, Lucas Papademos. Lo scopo è quello di concludere le trattative con il governo ellenico e dare il via libera alla concessione della sesta tranche da 8 miliardi di euro, ultima parte del primo pacchetto di aiuti concessi al Paese, per salvare la sua economia dalla bancarotta. Ma anche aprire la strada per le trattative riguardo al nuovo pacchetto di aiuti da 130 miliardi di euro deciso dai partner europei durante il vertice del 26 ottobre.

giovedì 17 novembre 2011

Il debito pubblico USA ha superato i 15.000 miliardi di dollari

Il debito dello Stato federale americano ha superato i 15.000 miliardi di dollari martedì, secondo i dati pubblicati ieri dal Dipartimento del Tesoro, con la costernazione di molti repubblicani che scaricano sull'amministrazione Obama la piena responsabilità dell'andamento del debito. Il traguardo dei 15.000 è stato raggiunto martedì alla fine del conteggio giornaliero del Tesoro, per un incremento pari a 55,8 miliardi in più rispetto al giorno precedente, secondo i dati forniti mercoledì dal Dipartimento del Tesoro. Si può seguire l'evoluzione del debito in tempo reale visitando il sito UsaDebtClock. Ciò corrisponde al 99% del PIL USA secondo i dati forniti dalla Casa Bianca. Questi dati hanno provocato molte reazioni tra i deputati repubblicani che hanno espresso forti critiche sull'operato di Barack Obama. "Questo traguardo segna un giorno nefasto nella storia americana, i leader devono veramente affrontare il problema", ha detto a Twitter Paul Ryan, presidente del comitato del consiglio sul bilancio. L'ultra-conservatore candidato alle presidenziali USA 2012, Michele Bachmann, ha dichiarato ieri che gli Stati Uniti sono paragonabili a una nave che si avvia verso le cascate del Niagara. "Ciò che è cambiato è la velocità del debito" ha aggiunto, rilevando che quando è entrato al Congresso come rappresentante nel gennaio 2007, il debito degli Stati Uniti era a circa 9000 miliardi di $. Rick Perry, candidato alla nomination repubblicana per le elezioni presidenziali del novembre 2012, ha denunciato "è la politica socialista di Obama che sta rovinando il paese". Il governatore del Texas ha detto su Twitter che "è ora di riformare Washington". L'America deve affrontare un impensabile percorso: il nostro debito supera i 15.000 miliardi di dollari, ha tuonato Reince Priebus, presidente del Partito Nazionale Repubblicano. Il senatore Mitch McConnell ha dichiarato: "Abbiamo un debito che pesa sulla nostra economia tanto da renderci molto simili alla Grecia ".La Commissione mista del Congresso per ridurre il deficit di bilancio ha dichiarato che la corsa verso un più alto deficit di bilancio si fermerà non appena si raggiungerà un accordo per definire i risparmi di bilancio di almeno 1200 miliardi cumulativi in dieci anni. In mancanza di accordo entro il 23 novembre, la legge prevede un'attuazione automatica dal 2013 di tagli alla spesa pubblica per un totale di 1.200 miliardi di dollari in dieci anni, equamente suddivisi tra spese per la difesa e il resto. Il debito pubblico americano aveva raggiunto i 10.000 miliardi di dollari nel settembre 2008. Da allora, gli USA hanno accumulato in media 1000 miliardi di debito addizionale ogni sette mesi e mezzo. Nel suo ultimo monitoraggio fiscale, rilasciato nel mese di settembre, il Fondo Monetario Internazionale stima che il debito pubblico degli Stati Uniti dovrebbe raggiungere il 100% del PIL entro la fine dell'anno, il 105% nel 2012, e continuerà a crescere fino al 115% nel 2016.

4.000 miliardi di € sono i soldi nascosti nei paradisi fiscali

Secondo Gabriele Zucman, ricercatore presso la Scuola di economia di Parigi: "E' pari a circa 4.000 miliardi di euro, il tesoro nascosto nei paradisi fiscali di tutto il mondo, cioè circa l'8% delle attività finanziarie delle famiglie. Lo scienziato ha studiato la "ricchezza mancante nelle varie nazioni", e garantisce i risultati nel suo sito. Secondo la sua analisi, il denaro non dorme mai e riesce a fuggire all'occhio del fisco dei vari paesi, così alimenta il sistema finanziario, compresi i fondi di investimento. "Non c'è da stupirsi, dice, perchè investire in un fondo, che a sua volta investe in titoli statunitensi, nelle scorte di vario genere in Brasile, ecc., che può accumulare più contanti su un conto corrente magari in Svizzera, per esempio, che è gestito da un terzo che porta nel mondo la ricchezza ormai priva di nazionalità. Il denaro nascosto nel segreto bancario dei vari paradisi fiscali provengono principalmente da paesi europei e del Golfo. Ma gli europei, soprattutto i paesi ricchi, rimangono esperti mondiali in evasione fiscale "in quanto possiedono la maggioranza delle attività in gestione del più grande paradiso fiscale, la Svizzera", dice l'economista. Secondo Zucman, l'evasione fiscale più semplice è fatto da un bonifico bancario ordinario, lontano dalle valigie immaginarie, piena di contanti trasportati nel bagagliaio di una autovettura. Se la creazione di una società di comodo per evitare le tasse è una condizione necessaria se non indispensabile, gli altri si accontentano di aspettare il pagamento dei loro stipendi. "Molti dei dipendenti del settore finanziario di Londra, ora ricevono i loro salari direttamente in un conto in Jersey. Spesso, inoltre, come dipendenti di aziende multinazionali ricevono il loro stipendio su un conto a Cipro, per esempio, "ha detto il ricercatore. La ragione è che queste aziende realizzano gran parte dei loro profitti nei paradisi fiscali". Bastava pensarci. L'ironia della sorte sta nel fatto che Gabriel Zucman ha lavorato con dati completamente pubblici, raccolte dal FMI. Eppure, nonostante i tentativi del G20, i paradisi fiscali vanno a gonfie vele. Proprio perché gli Stati Uniti e l'Unione Europea non si coordinano. Inoltre un' eventuale applicazione della cosiddeta Robin tax ( la tassa sulle transazioni finanziarie) è sgradita non solo agli USA, ma anche a paesi facenti parte della UE come la Gran Bretagna. Per quest'ultima c'è il timore "ufficiale" che possa perdere di peso la borsa londinese, ma indubbiamente anche una contabilizzazione delle operazioni di scambio di capitali, potrebbe incidere sulla privacy delle operazione a favore delle conoscenze dei vari stati, e da quì il timore di una migliore incidenza delle tassazioni.

mercoledì 16 novembre 2011

I furbetti d'Europa e del mondo

Angela Merkel e David Cameron si riuniranno venerdì per affrontare la crisi dell'eurozona e le tensioni tra Germania e Gran Bretagna su come gestirla. Il leader parlamentare della Unione Cristiano-Democratica, ha dichiarato: "La Gran Bretagna ha la responsabilità di frenare l'Europa verso un successo". Volker Kauder, in occasione della conferenza CDU a Lipsia, ha dichiarato: "Posso capire che i britannici non vogliono che le operazioni fiscali, quando generano quasi il 30% del loro PIL nella gestione finanziaria sul mercato di Londra siano tassate a favore della EU. Gli inglesi hanno una difficoltà ad andare contro i propri interessi e per questo si rifiutano di contribuire al successo del progetto Europa. L'imposta sulle operazioni compravendita di azioni e scambi - altrimenti nota come Tobin tax o Robin Hood tax - è stata sostenuta dai Francesi, dagli Italiani ed oggi anche dai Tedeschi. Ma la Gran Bretagna ha intenzione di resistere alla sua attuazione qualora questa tassa non sia accettata dagli Stati Uniti e delle altre principali economie. Alla domanda sulle osservazioni Kauder, il portavoce del primo ministro ha dichiarato: "Chiaramente ci sarà un dibattito sull'Europa e la forma che l'Europa nelle prossimi settimane, mesi o anni dovrà assumere, è indubbio che la crisi significa che dobbiamo concentrarci sull'economia. I paesi dovranno avere piani credibili per affrontare i loro debiti e il loro deficit senza dimenticare i problemi strutturali dei paesi europei." Nelle osservazioni che faranno ulteriormente infiammare gli euroscettici Tory, Kauder ha anche sostenuto che l'Europa ormai abbraccia le soluzioni della crisi puntando su una più dura disciplina fiscale per i paesi indebitati. "Ora tutto ad un tratto, l'Europa è di lingua tedesca", ha detto. "Non come un linguaggio, ma nella sua accettazione degli strumenti per i quali Angela Merkel ha combattuto così duramente, e con successo alla fine."La crisi nella zona euro sta spingendo la Germania a redigere piani possibilmente di vasta portata per il cambiamento dei trattati dell'UE che potrebbero costringere Cameron a chiedere concessioni in cambio. Questo processo potrebbe a sua volta, far aumentare le tensioni fra conservatori e liberal-democratici in Europa. Nel suo discorso annuale di politica estera durante un banchetto a Londra lunedì, Cameron ha detto che la crisi ha fornito l'occasione all'UE di ripensare il suo scopo, le sue regole e di rimodellarsi come una unione più libera. Martedì il vice primo ministro, Nick Clegg, ha esortato i leader europei a non scomparire in una "stanza senza finestre" per discutere i cambiamenti istituzionali. L'idea che si possa semplicemente salire sull' Eurostar, andare a Bruxelles e tornare con una valigetta di poteri semplicemente non è fattibile, Clegg ha dichiarato, meglio concentrarsi su "questioni che contano". Dati della Commissione europea rilasciati martedì hanno mostrato una crescita economica tra luglio e settembre di soli 0,2% sia nella zona euro delle 17 nazioni che nei 27 paesi dell'UE. La maggior parte della crescita è avvenuta in Germania e in Francia. Soltanto Grecia, Portogallo e Cipro sono cresciuti più lentamente della Gran Bretagna nell'ultimo anno. La zona euro è cresciuta del 1,4% rispetto allo scorso anno, in confronto alllo 0,5% del Regno Unito. Le cifre indicano che la disoccupazione giovanile nel Regno Unito è salita ad oltre 1 milione di persone secondo i dati pubblicati oggi. Il segretario al lavoro, Vince Cable, cercherà di sedare la tempesta politica, annunciando un incentivo fino a 1.500 £ a persona per le aziende con 50 dipendenti o meno se assomono apprendisti di età compresa tra 16-24 anni. Nel lavoro giovanile la disoccupazione è aumentata del 93% rispetto all'anno delle elezioni politiche. Ci sono segni in aumento che la crisi del debito sovrano europeo ormai si sta diffondendo in tutta Europa, compresa Francia, Spagna , i rendimenti dei titoli del Belgio sono aumentati in maniera significativa, anche l'Austria e l'Olanda incominciano a sentire il tiro incrociato della speculazione. Per non parlare dei tassi in Italia dei titoli a 10 anni che sono tornati sopra il livello critico del 7%. Ma le ragioni più profonde di questi problemi sembrano essere altre e più complesse. Era molto facile e troppo comodo scaricare la crisi dell'euro prima sulle deboli spalle della Grecia, un colpevole perfetto con i suoi conti truccati, deficit e debito alle stelle, evasione fiscale generalizzata, Stato più o meno inesistente. E poi sulle spalle grosse dell'Italia, la terza economia dell'area latitante più sulle riforme strutturali che sulla disciplina finanziaria. Da una parte incompetenza, errori, egoismi nazionali e miopie collettive a poco a poco sono riusciti infatti a trasformare una crisi periferica minore nella crisi esistenziale dell'euro. Dall'altra le forze economiche inglesi e americane che non hanno gradito molto il fatto che negli ultimi anni l'euro sia entrato di forza nelle riserve delle banche centrali di tutto il mondo, erodendo fortemente la posizione del dollaro in primis, sterline e yen dopo.

Società di rating: chiesta dalla UE la massima trasparenza

Il commissario europeo Michel Barnier, ieri martedì, ha lanciato la sua offensiva contro le società di rating chiedendo più trasparenza nella loro metodologia e dichiarando che vuole combattere contro i loro conflitti d'interesse. La necessità di una migliore regolamentazione del loro lavoro potrà contribuire a ridurre il potere delle agenzie di rating, sospettate di alimentare la crisi del debito. L'intervento prevede anche la possibilità di un'azione civile per cattiva condotta o negligenza. L'errore di Standard & Poor, che ha annunciato per errore la perdita delle tre prestigiose AAA della Francia, potrebbe aver agevolato il lavoro politico di Michel Barnier. Ma il commissario europeo per gli affari finanziari è lungi dall'aver ottenuto soddisfazione su due punti: l'inizio della costruzione di un'agenzia di rating specificatamente europea, ufficialmente abbandonata, e il divieto temporaneo per le agenzie di emettere note per quei paesi che stanno trattando un aiuto esterno, proprio come Grecia, Portogallo o Irlanda. "I rating hanno un impatto diretto sui mercati, sull'economia e sulla prosperità dei cittadini europei", ha detto il Commissario Barnier. "Queste non sono semplici opinioni. Non possiamo permettere che questi voti aumentino ulteriormente la volatilità del mercato". Le tre big di settore: Moody, Standard & Poor e Fitch, sono nel mirino di Bruxelles e Parigi da tre anni. La loro miopia è stato denunciata nel 2008, non avendo previsto nel 2008 la bancarotta degli USA per i mutui subprime. Oggi all'Europa viene rimproverata la mancanza di rigore e un'assunzione di responsabilità nei mercati destabilizzati dalle crisi gemelle dell' euro e del debito nazionale. Nel loro ruolo di monitoraggio per gli investitori, mutuatari e tesori nazionali, le agenzie non avrebbe più il diritto di sbagliare. Il testo, presentato negli Stati Uniti e nel futuro al Parlamento europeo, vuole prima di tutto limitarne l'influenza eccessiva. Dalla semplice compagnia di assicurazione alla Banca centrale europea, gl'investitori non dovrebbero più fare affidamento esclusivamente sui giudizi delle agenzie di rating. Chiaramente, la capacità di analizzare o di decidere devono ritornare ai loro investitori, una responsabilità che le stesse banche hanno delegato in questi anni. "Abbiamo bisogno di garantire loro il rischio che prendiamo", afferma Michel Barnier. Per raggiungere questo obiettivo, Bruxelles preparerà una lista di passi concreti. Ogni investitore potrà intentare causa per danni "per colpa grave" ad un'agenzia di rating. Uno stato avrà un periodo di 24 ore per rispondere ad una valutazione prima di essere pubblicata. Le Agenzie dovrebbero tenere in massimo conto la trasparenza nella loro metodologia. Un capitolo speciale è destinato a ridurre i conflitti d'interesse. Esso limiterà la proprietà incrociata tra le agenzie e i loro clienti. Introdurrà, inoltre, l'obbligo di un mutuatario di cambiare agenzia dopo tre anni (o sei se ne usa due concorrenti). I rating dei titoli di Stato saranno aggiornati ogni sei mesi, non ogni anno. Il commissario francese ha affrontato lunedì, con molti dei suoi colleghi, l'idea di vietare provvisoriamente per due mesi la valutazione dei paesi coinvolti in negoziati d'assistenza finanziaria della UE, secondo Michel Barnier giusto il tempo "necessario per la serenità". Il Regno Unito e la Svezia si sono lamentati perchè hanno intravisto una forma di censura, per questa ragione la decisione è stata rinviata.

La crisi sistemica dell'euro

Il presidente della Commissione Europea, Jose Manuel Durao Barroso, ha segnalato che l'Eurozona è entrata in una crisi sistemica per questo la situazione richiede un maggiore impegno di tutti i paesi. Herman Van Rompuy, presidente del Consiglio europeo ha chiesto di accellerare le sanzioni per tutti i paesi inadempienti. "Siamo davvero di fronte ad una vera crisi sistemica che richiede un impegno ancora più forte a tutti e che possono richiedere ulteriori e molto importanti sacrifici", ha detto Barroso al Parlamento europeo a Strasburgo (Francia). Di fronte alle voci della creazione di un'Europa a due velocità della moneta comune, Barroso ha insistito sul fatto che ci deve essere una maggiore integrazione economica tra i 17 paesi dell'Eurozona senza mettere gli altri 10 membri dell'UE in una posizione di svantaggio. "Non ci dovrebbe essere un'ulteriore frammentazione della regione" ha aggiunto, ieri Barroso che ha anche suggerito ai paesi della zona euro di cedere sovranità per uscire dalla crisi, anche in riferimento alle nuove misure per il rafforzamento dei controlli sui bilanci dei paesi della zona euro ed i loro obiettivi economici, che entreranno in vigore il prossimo dicembre. Da parte sua, il Presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, ha presentato al Parlamento una proprosta in cui si afferma che l'UE può intervenire nei bilanci nazionali, sospendendo i diritti di voto dei paesi che non rispettano le raccomandazioni della disciplina di bilancio con prelievi strutturali. Egli ha anche insistito sulla creazione di eurobond, come prescrizioni per rafforzare la governance economica e combattere la crisi del debito dell'Eurozona. Van Rompuy ha annunciato che una prima bozza sarà presentata al vertice dei leader europei che si terrà all'inizio di dicembre. Il suo scopo è che le misure che potrebbe richiedere una riforma del trattato, vengano definitivamente approvate nel marzo o giugno 2012.Ha anche trovato esagerato il dibattito sulla creazione di un Europa a due velocità, e ha chiesto di sdrammatizzare le notizie perché i cambiamenti interesseranno tutta l'area UE e in modo particolare la zona euro per avere un miglior posizionamento nel mercato finanziario globale. Il dibattito è stato molto vivace su i tempi troppo lunghi necessari a mitigarli. Dopo tutto discutere è perfettamente normale per coloro che condividono una moneta comune prima di prendere insieme delle decisioni, ha detto Van Rompuy. Oggi, Durao Barroso, il presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, e dell'Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, parteciperanno ad una discussione prima della seduta plenaria del Parlamento europeo sul rafforzamento dell'integrazione economica nella zona euro per essere in grado di resistere meglio alla crisi del debito.

martedì 15 novembre 2011

easyJet aumenta i profitti e premia i suoi azionisti con un dividendo straordinario

La compagnia low-cost registra, a chiusura del bilancio fiscale del 30 settembre, un introito di 262 milioni di euro che rappresenta un miglioramento dell'85,9% rispetto il 2010, come ha comunicato alla stampa ieri. I risultati migliori sono arrivati nonostante un aumento di 116 milioni di € dei costi di carburante, e grazie alla gestione di stretto controllo, che si è dimostrata molto efficace, così come efficace si è dimostrata la forza della rete easyJet. La società low-cost inglese ha registrato un fatturato annuo di 4.036.000 di €, il 16,1% in più rispetto al precedente anno fiscale, quando il fatturato raggiunse i 3,476 miliardi di €. Il risultato ante interessi, imposte, ammortamenti e affitti vari (EBITDA) è pari a 547 milioni di €, in crescita del 29,6% rispetto l'anno precedente. easyJet ha fatto volare durante l'anno 54,5 milioni di passeggeri, con un miglioramento del 11,8% rispetto al 2010, mentre il suo load factor è migliorato di 0,3 punti percentuali a 87, il 6% in più. I passeggeri extra Regno Unito sono stati il 56%, con un incremento del 3%. Inoltre, la società ha registrato un incremento di un milione di viaggiatori d'affari, circa 9,5 milioni. Il Consiglio di amministrazione della società britannica ha accettato di pagare un dividendo straordinario agli azionisti pari a 175 milioni di €, oltre al dividendo ordinario di 10,5 pence per azione, portando un ritorno alla azionisti per l'anno 2011 a € 228 milioni o 45,4 pence per azione, pagabili il 23 marzo. La società dichiara di guardare con la massima prudenza al futuro, anche se i dati sulle prenotazioni sono a livelli simili a quelli dello stesso periodo del 2010, con il 45% di posti riservati in inverno. A causa della incertezza che circonda le prospettive economiche, la società britannica non aumenterà la sua capacità durante la prima metà dell'anno e prevede di aumentarle del 4% sull'intero anno. La società avverte inoltre che i prezzi correnti di mercato, i tassi di cambio, le spese di carburante per l'anno 2012 aumenteranno di 257 milioni di euro rispetto al 2010. Tuttavia la compagnia ha dichiarato di essere ben posizionata per il futuro grazie al controllo dei costi e solide performance operative.

lunedì 14 novembre 2011

In Europa scende la politica sale la tecnocrazia

Dopo pochi giorni delle dimissioni del governo di Atene, ci sono state quelle del governo di Roma, sembra quasi che la classica vecchia élite politica d'Europa voglia prendersi una pausa di riflessione. I governi che oggi sono ancora in piedi, nel Vecchio Continente, sono quelli meno soggeti alle tortuosità politiche e sono più interessati alla presentazione di bilanci in ordine rispetto all'antico passato. Quindi l'invito ai non eletti che dovranno sostituire come esperti di economia, i primi ministri di Grecia e Italia, è vista non come un problema, ma come una affermazione che queste nazioni vogliono fare sul serio. Nel caso italiano, in particolare, con la partenza di Silvio Berlusconi sembra essersi placato il logorio dei politici avvenuta durante la scorsa settimana per le giornate nere della borsa. Ma l'insediamento di un nuovo gruppo di leader come Lucas Papademos ad Atene e Mario Monti a Roma, uomini con il marchio di "tecnocrati", presto solleveranno più domande che risposte. Va ricordato che la tecnocrazia non è un brutto termine, essa esprime due cose separate. Il primo è un contrasto con la più familiare "crazia" - che deriva da "demo", una parola greca che richiama alla mente la gente comune. Papademos e Monti non hanno dovuto preoccuparsi di farsi eleggere durante estenuanti campagne elettorali, in quanto entrambi sono non eletti. Più di un secolo è passato da quando la Gran Bretagna era governata da un primo ministro nominato dal pre-democratico splendore dei Lord. Eppure l'ex commissario europeo Mario Monti è stato nominato senatore a vita solo la settimana scorsa, poco prima di essere chiamato a formare un governo. Nel frattempo ad Atene un burocrate della banca centrale, Papademos, è stato chiamato a coprire un posto vacante creato proprio perché il premier precedente aveva flirtato con l'idea pericolosa di dare alla gente la possibilità di pronunciarsi sull'austerità, attraverso un referendum. I democratici avrebbero indubbiamente faticato a imporre riduzioni dei salari e tagli alle spese. Ancora un altro governo potrebbe cadere vittima dell'ascesa della "tecnocrazia" nell'elezione spagnola di fine settimana. La seconda radice è "tecno". All'opinione popolare il "tecnocrate" la prima cosa che trasmette è l'idea della competenza. Bruxelles vorrebbe che i leader europei affrontino la loro economia nello spirito professionale di un ingegnere di fissaggio di un aereo. Di fronte a un aereo a terra, il nostro ingegnere inizia i suoi calcoli sul peso del veicolo e poi per la forza necessaria per superarla; dopo prende in considerazione la possibilità di aumentare le necessità relative al secondo stadio rispetto al primo. Al contrario, coloro che cercano di risollevare l'economia europea stanno lavorando alla regola rigida che il peso del debito pubblico deve essere ridotto in primis utilizzando tutti i mezzi disponibili, anche se questo indebolisce notevolmente la forza della crescita, che alla fine è ciò che deve portare quel peso. Di conseguenza, l'economia ha meno probabilità di volare. Allo stesso modo il nostro ingegnere si preoccuperà molto per l'equilibrio delle forze tra le due ali, mentre l'elite europea vorrebbe relegare tutti i paesi indebitati in periferia, lasciando alla sola Germania l'impegno di calibrare il volo. Questa regolazione asimmetrica non comporterà l'equilibrio, anche perché i tedeschi dipendono, per vendere le loro esportazioni dagli spendaccioni della periferia. Ma poi l'economia non è ingegneria. Rimane tanto un arte come una scienza, e le sue sentenze hanno così vaste ripercussioni che esse saranno sempre politicamente controverse.

domenica 13 novembre 2011

I mutui frenati dalla mancanza di liquidità

Nonostante il calo dello 0,25% che la BCE ha praticato all'inizio di novembre la mancanza di liquidità delle banche comprese quelle italiane sta soffocando sia il settore dei mutui immobiliari che quello dei prestiti all'industria. La cosa positiva è che il tasso d'intervento praticato dalla BCE ha bloccato l'Euribor che altrimenti sarebbe salito alle stelle. È evidente che a questi tassi è difficile prestare soldi e sostenere l'economia. Se fosse rappresentato solo dalle banche italiane l'indice Euribor (che esprime il tasso medio a cui un circuito di 44 banche europee si presta denaro) sarebbe pertanto molto più elevato dei valori attuali. Ciò vuol dire che le altre 41 banche (escluse appunto le italiane che fanno parte del circuito, cioè UniCredit, Intesa Sanpaolo e Banca Mps) si prestano soldi a condizioni più ragionevoli beneficiando di un rischio-Paese più ridotto rispetto a quello che attualmente incombe sull'Italia. Tre sono gli elementi che mettono in evidenza la mancanza di liquidità delle banche e i riflessi sul mercato retail, dai mutui ai conti correnti deposito:

a) Secondo l'Assofin,l'Associazione che esprime l'80% del mercato immobiliare e del credito al consumo, a settembre le erogazioni di mutui sono crollate del 25% rispetto allo stesso periodo del 2010. La cartina di tornasole sta nella notizia (barometro Crif) che a ottobre la domanda di mutui è calata, anno su anno, del 33%, dopo il -25% di settembre.

b) Alcune banche ricordano ai propri clienti che coloro che hanno contratto un mutuo dopo il 2007 non pagano alcuna penale per rimborsi parziali anticipati o in caso di estinzione totale anticipata. Per coloro che hanno contratto il mutuo in tempi precedenti le penali sono state fortemente ridotte, legge Bersani del 2007 . Sembra quasi che le banche che hanno erogati i mutui oggi suggeriscano ai mutuatari di ritornare i capitali prestati.

c) Ci sono molte offerte allettanti su conti-deposito. Alcune sono offerte promozionali per attirare nuovi clienti, ma altre sono vere e proprie offerte d'investimento con tassi superiore al 4%, con o senza vincoli temporali, cioè quasi tre volte il costo del denaro presso la Bce (1,25%).

sabato 12 novembre 2011

L'UE contro le agenzie di rating

Il commissario dei servizi finanziari, Michel Barnier, ha emesso un duro comunicato qualificando come incidente grave la pubblicazione dell'agenzia di rating USA Standard & Poor’s di una degradazione, poi rivelatasi errata, della capacità finanziaria della Francia che attualmente gode della Tripla A. L'autorità europea dei mercati finanziari (ESMA) e le autorità francesi indagheranno se non vi sia stata colpa grave, che potrebbe portare all'emissione di una sanzione. La Commissione europea (CE) stima che questo fatto, in un tempo di massima volatilità del mercato è grave, perche le agenzie di rating devono agire con il massimo rigore e della responsabilità. Barnier ha notato che questo requisito dovrebbe essere ancora più importante nel caso di S & P, una delle tre maggiori agenzie di rating, perchè ciò impone di avere una speciale responsabilità. Martedì la Commissione europea presenterà un nuovo regolamento per cercare di evitare questi eventi e altre azioni simili, la nuova proposta servirà a rafforzare la legislazione sulle agenzie di rating. Tale proposta prevede un aumento della concorrenza, ad esempio chiedendo che i governi e le istituzioni finanziarie utilizzino almeno due agenzie, una grande e una piccola, e che l'agenzia non potrà valutare sia gli emittenti che i prodotti emessi, tranne che per il debito pubblico. Un altro obiettivo sarà quello di aumentare la trasparenza, grazie all'obbligo di pubblicare i loro metodi di calcolo e le regole per la valutazione dei clienti. Sarà anche previsto un aumento di responsabilità civile in caso di grave violazione o negligenza, da parte delle agenzie di rating. In tale contesto, l'agenzia si assumerà le proprie responsabilità e si potranno chiedere i danni di fronte alla giustizia. Il progetto di regolamento include una questione controversa, che in casi eccezionali, si può temporaneamente vietare la pubblicazione delle valutazioni. Su questo punto Bruxelles è divisa. L'indicazione di degrado di S & P è stato un incubo dal sapore amaro per la Francia che ancora non l'ha digerita. Ieri il paese ha celebrato la Giornata dell'Armistizio con il gusto del brutto sogno vissuto giovedì. Mentre sulla scena politica, i leader hanno espresso la loro indignazione per l'errore, gli esperti economici ritengono che sia solo questione di tempo prima che l'incubo si avveri. Per alcuni il pronunciamento dell'agenzia è stata una prova di ciò che accadrà in un futuro non troppo lontano. Infatti, l'incredibile enorme errore dell'agenzia, nelle parole della stampa, ha permesso di conoscere le conseguenze del ritiro della nota. Il campione è che ieri, dopo l'annuncio dell'agenzia, il premio di rischio francese è salito a 170 punti, il livello più alto mai visto. L'ex presidente della Banca europea di sviluppo (BERS), Jacques Attali, ha detto che "la Francia ha perso la sua tripla AAA. La conseguenza di una nota più bassa nei mercati è stata che per per prendere in prestito più soldi abbiamo già comprato il debito come se avessimo solo una doppia A". Le sue parole sono state condannate dal ministro del bilancio Valerie Pécresse, che le ha descritte come irresponsabili. Altre ipotesi in progetto per il futuro sono l'alternarsi delle agenzie.

L'agenzia di rating cinese Dagong sbarca a Milano

Una nota dell'agenzia Radiocor, riporta la notizia che la prima filiale in Europa dell'agenzia cinese Ragong sarà aperta a breve a Milano. La Dagong avrebbe già chiesto all'Esma, l'European securities and markets authority, d'iniziare ad operare nel Vecchio Continente. La sfida all’oligopolio dei giganti americani del rating parte dal 29simo piano di un grattacielo di Xiaoyun Lu, una via del quartiere più moderno di Pechino dove ha la sede principale la Dadong Global Credit Rating Co., la compagnia tutta cinese. Il presidente della Dagong, Guan Jian Zhong, è in questi giorni in Europa per prendere i contatti con le autorità europee e ha dichiarato in più sedi che punta a creare un network internazionale per contrastare le tre grandi agenzie di rating, Moody's, Standard & Poor's e Fitch. Secondo il numero uno di Dagong, Guan Jianzhong, queste agenzie non sono affidabili e operano con metodi non trasparenti. L'esempio eclatante è che il maggior debitore del mondo, gli Stati Uniti, ha un rating superiore al maggior creditore globale che è la Cina. Metodologie che non tengono conto della capacità di un paese di creare valore rispetto alla capacità di ripagare il debito e che portano a trasferimenti di capitali in quantità enormi che possono produrre distorsioni nell'economia mondiale, come nel caso della Grecia che ha ottenuto per anni credito facile con rating oltre ogni logica. Si può uscire dalla crisi, secondo Guan, solo creando un sistema di rating sovrannazionale con un'autorità di sorveglianza super partes e metodologie standard condivise che portino fuori dalla logica di agenzie che dipendono dal maggior debitore mondiale, gli Usa.

venerdì 11 novembre 2011

Crisi più forte per cinque paesi dell'Eurozona

Almeno 5 paesi della UE potrebbe affrontare un default per disavanzi eccessivi. Olli Rehn, presidente della Commissione monetaria della UE ha inviato loro un duro monito per il rispetto del patto di stabilità UE nel più breve tempo possibile. Ieri giovedì a Bruxelles, in occasione della presentazione delle previsioni d'autunno la Commissione ha dichiarato che ci sono paesi che non hanno raggiunto gli obiettivi di risparmio ed i governi dei cinque Paesi non in regola - Belgio, Malta, Polonia, Ungheria e Cipro - sono stati invitati a mezzo lettera, a decidere entro metà dicembre ulteriori "permanenti azioni efficaci". Essi dovranno ridurre il loro deficit di bilancio ancora una volta nel 2012 sotto il limite di Maastricht del 3% del PIL. Se questo non sarà fatto, si dovrà iniziare una procedura per disavanzo eccessivo. Inoltre, la Commissione prevede un significativo rallentamento dell'economia per il prossimo anno, perchè ci si aspetta nell'area una crescita dello 0,5%. Rehn ha avvertito che "La crescita in Europa è arrivata a un punto morto, e vi è il rischio di un'altra recessione". La stagnazione potrà oltrepassare il 2012, perchè nel 2013 si prevede una crescita debole del 1,3%. La BCE ha messo in guardia i governi europei, data l'economia stagnante della necessità di profonde riforme per un maggiore sviluppo. Il nuovo Bollettino mensile della BCE invita "tutti i governi della zona euro, a sostanziali riforme strutturali per accelerare con urgenza i processi di crescita. L'invito in moda particolare della Commissione è rivolto a Belgio, Malta e Cipro, per un ritorno sotto il limite di Maastricht, come concordato, per il 2012. Tuttavia già è chiaro che per gli altri 2 paesi sarà difficile ottenere di ridurre il deficit per l'anno 2012 rispettivamente sotto il target del 3% del PIL, ha detto Rehn. Poi c'è la Francia che dovrà impegnarsi per l'anno 2013 al di là delle misure di riduzione dei costi recentemente annunciate. Se la Francia "non cambia politica", l'UE prevede un disavanzo del 5,3% e 5,1% negli anni 2012 e 2013. Queste previsioni sono alla stato attuale dei fatti e in attesa di nuove decisioni di politica fiscale da prendere. Questo è vero sia per eventuali interventi di salvataggio per la Francia e l'Italia, che per i tagli fiscali mirati in Germania. Il deficit tedesco, secondo la Commissione è notevolmente al di sotto del limite di Maastricht nel 2011 con l'1,3% e nel 2013 la proiezione prevede una ulteriore discesa dello 0,7%. Rehn ha dichiarato che i tagli fiscali tedeschi sono probabilmente la manovra politicamente più significativa dal punto di vista attuale e fiscalmente accettabile. Per l'area dell'euro, la Commissione prevede un deficit di bilancio pari al 4,1% del Pil quest'anno e 3,4% l'anno prossimo.

giovedì 10 novembre 2011

L'euro tiene, anzi cresce rispetto al dollaro

Oggi la moneta unica ha guadagnato terreno nei confronti del dollaro, dopo esser scesa al di sotto di 1,35 dollari per la prima volta in un mese, ma è rimasta sotto pressione per le preoccupazioni crescenti per l'economia italiana. Oggi pomeriggio l'euro ha riconquistato quota 1,3642 contro dollaro, rispetto a 1,3543 di ieri mercoledì. Stamane l'euro è sceso a 1,3484 dollari, il livello più basso dal 10 ottobre. Rispetto alla moneta giapponese, l'euro è salito a ¥ 105,90 contro 105,38 ¥ di ieri mercoledì. Il dollaro è caduto contro lo yen a ¥ 77,62 contro 77,79 ¥ ieri.I timori che l'Italia fosse costretta a cercare un aiuto esterno per evitare di cadere in default ha continuato ad essere presente nei cambi di oggi, nonostante la prospettiva delle dimissioni imminenti del premier Silvio Berlusconi. Queste preoccupazioni sono state particolarmente rafforzate dalla tensione sul tasso obbligazionario, i titoli italiani a 10 anni hanno raggiunto per la prima volta dal 1997 il 7,4%, un livello ritenuto insostenibile per i prestiti della terza economia dell'Eurozona. Al tasso del 7% è stato attivato, nel caso di Grecia, Irlanda e Portogallo, il processo che ha portato a richieste di finanziamenti esterni. I tassi italiani sono saliti a un livello oltre il quale il mercato mette in dubbio la capacità di rifinanziamento a lungo termine dell'Italia, hanno avvertito gli analisti di Commerzbank."In questi momenti, la leadership decisiva è necessaria, e in Italia, come in Grecia, queste continuano a mancare", ha osservato Commerzbank. Molti analisti europei indicano nel governo dimissionario il colpevole della situazione: "se il governo avesse adottato un ruolo più attivo nel processo di riforma fiscale un anno fa, l'Italia ora avrebbe evitato la crisi", ha commentato Jane Foley, analista di Rabobank, che crede che le misure che dovranno essere prese saranno dolorose." La situazione politica in Italia, tuttavia, sembra aver trovato il modo per uscire dall'impasse, infatti Berlusconi ha offerto il suo sostegno all'ex commissario europeo Mario Monti, che a capo di un futuro esecutivo, sta innescando una rinnovata speranza nei mercati, come dimostra il tasso italiano sul lungo termine, che nel corso della giornata è sceso verso il 7%. Altri dati sui cambi maturati nel pomeriggio di oggi sono: la sterlina inglese è caduta contro l'euro a 85,39 pence, ma è salita a 1,5977 contro dollaro. Il franco svizzero è stabile nei confronti dell'euro a 1,2311 franchi svizzeri, ma è salito a 0,9023 franchi svizzeri contro dollaro. L'oncia d'oro è stata quotata a 1766 dollari nell'asta della mattinata contro 1.784 dollari della notte di mercoledì. Lo yuan cinese ha chiuso a 6,3472 yuan contro dollaro rispetto a 6,3405 yuan di ieri.

mercoledì 9 novembre 2011

Dieci anni per rilanciare l'economia globale

L'amministratore delegato del Fondo Monetario Internazionale, Christine Lagarde, ha avvertito del rischio che i prossimi 10 anni saranno denominati il "decennio perduto" per l'economia globale a meno che le nazioni non agiscano subito ed insieme per combattere le minacce alla crescita. Le parole di Lagarde riepilogano stranamente le parole pronunciate ieri a Berlino dal Cancelliere tedesco secondo la quale occorreranno 10 anni per uscire dalla crisi."Nel nostro mondo sempre più interconnesso, nessun paese o una regione può fare da solo", Lagarde ha pronunciato queste parole stamani in un discorso ad un forum a Pechino. "Sull'economia globale si stanno concentrando nuvole scure". Cina e India, con una dichiarazione separata, hanno raccolto l'invito alla cooperazione. Il leader del FMI ha continuato dicendo che "L'economie avanzate hanno una responsabilità speciale per ripristinare la fiducia e la crescita, mentre la Cina dovrebbe stimolare i consumi interni e permettere alla sua moneta di rivalutarsi. I leader europei stanno cercando la Cina come una potenziale fonte di fondi per alleviare la crisi del debito sovrano che minaccia di sommergere l'Italia, la terza più grande economia della zona euro.Cina e India hanno riconosciuto che l'economia globale è in una "fase critica", in una dichiarazione dopo la quinta riunione del cosiddetto dialogo finanziario tra le due nazioni, che di solito si tiene ogni anno."Nei mercati emergenti, dove la crescita è relativamente più forte, ci sono chiari segni che il rallentamento delle economie avanzate comincia a pesare su questi due paesi," hanno detto. "Di fronte a queste sfide, entrambe le parti hanno riconosciuto che il rafforzamento della cooperazione politica internazionale è necessaria in questo frangente". L'MSCI Asia Pacific Index è salito solo dell'1,1%. "Se non agiamo insieme, potremmo entrare in una spirale d'incertezza, d'instabilità finanziaria, e sarà possibile assistere ad un crollo della domanda globale", ha detto Lagarde. "In definitiva, potremmo trovarci di fronte un decennio perduto di bassa crescita e alta disoccupazione". Basta pensare al cosiddetto decennio perduto del Giappone nel 1990 che ha visto l'economia scivolare dentro e poi fuori dalla recessione crescendo a un tasso medio di circa l'1% all' anno dopo il collasso di una bolla immobiliare. In Asia, "I paesi devono prepararsi ad ogni tipo di tempesta che potrebbe raggiungere le loro coste", ha detto Lagarde. Ha poi ricordato che i piani organizzati da parte dei leader delle economie dell'Eurozona e del G20, nel corso del mese di ottobre per aumentare un pacchetto di salvataggio per la Grecia sono stati "passi fatti nella giusta direzione" per risolvere il problema. Ha poi annunciato che il Fondo europeo di stabilità finanziaria, EFSF, dovrebbe essere in grado di iniziare a raccogliere fondi nel mese di dicembre.

martedì 8 novembre 2011

L’economia reale in crisi per il debito

Con la pubblicazione in questa settimana della serie di dati relativi alle produzioni industriali delle prime tre economie europee per il mese di settembre, si dovrebbe osservare un forte rallentamento delle statistiche reali in Europa, dovuto al progressivo avvitamento della crisi per il debito europeo. Le turbolenze che hanno interessato i mercati finanziari, dopo aver contagiato gli indicatori di fiducia e i livelli di consumi privati, sembrerebbero così giungere a condizionare anche l’andamento dell’economia reale e l’attività dei settori industriali. È questo il caso della produzione industriale tedesca, che, dopo aver registrato un aggiustamento già ad agosto per via del confronto con i livelli particolarmente elevati di luglio, a settembre segnala un rallentamento annuale dall' 8,4% all 5,4 % sulla scia del crollo degli ordini già segnalato dagli indici di fiducia PMI e IFO. Sorte analoga sembra destinata a caratterizzare l’evoluzione della produzione industriale in Francia, attesa in rallentamento a settembre da 4,4% a 3,9% su base annuale, mentre per l’Italia il ritmo di espansione dell’attività dovrebbe subire una correzione in proporzione ancora più pesante dal 4,7% di crescita annuale ad agosto all' +1,1% di settembre. Le politiche antidebito in corso di approvazione in Italia, in Francia, e già approvate in Spagna, Portogallo e Irlanda, potranno aumentare una contrazione dei consumi nei prossimi mesi con una possibile contrazione del Prodotto interno lordo dell'intera Eurozona.

domenica 6 novembre 2011

Il Flop del G20 di Cannes

Ogni giorno che passa appare sempre più chiaro lo scenario povero di risultati riportati dal G20 di Cannes, dove l'unica cosa su cui tutti sembrano aver raggiunto l'accordo è la debolezza dell'Italia dopo la Grecia e la necessità di tutoraggio per la classe dirigente italiana. Giovedì sera a Cannes si è svolto un episodio divertente, dove i rappresentanti delle maggiori economie del mondo erano bloccati davanti uno schermo televisivo per seguire il dibattito parlamentare in Grecia - come se il destino della crescita mondiale dipendesse da un paese mediterraneo sotto i 22 milioni di abitanti. Mentre il primo ministro greco, George Papandreou, riusciva a ottenere la fiducia del suo parlamento, il G20, i cui membri rappresentano quasi il 90% della ricchezza globale, sembravano appesi ad un ennesimo episodio del dramma greco, troppo poco per un gruppo dirigente. Mai l'Europa è apparsa così debole sullo scenario internazionale. L'Eurozona non è stata in grado, in quasi due anni, di risolvere la questione del debito sovrano greco. Non è riuscita a prevenire gli effetti di un possibile contagio che potrebbero interessare l'Italia di oggi. Tutto questo ha dimostrato gravi lacune dell'unione monetaria, dove la necessità di salvare prima le banche che hanno in pancia miliardi di debito greco, soprattutto quelle franco-tedesche, ha prevalso sulla necessità di un razionale intervento forte attraverso un fondo creato ad hoc con un volume importante di risorse. Certo gli USA, dove era scoppiata nel 2008 la crisi delle banche, oggi non è in grado di dare una mano consistente agli alleati europei per risolvere la questione, con il debito che si ritrovano 3 volte superiore al PIL, Barack Obama si è presentato a Cannes con le tasche vuote. Oggi Washington non sembra in grado nemmeno di votare il suo piano per rilanciare l'occupazione. Sulla Croisette sono state le principali economie dei paesi emergenti a brillare iniziando dalla Cina. Nuovo paesaggio finanziario globale: il debito è a nord, le risorse al sud. Sarà difficile per gli europei salvare l'euro con i loro soldi. Rousseff, il presidente del Brasile, ha riassunto bene il pensiero dei suoi compagni dei paesi emergenti "BRIC" (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa), affermando che non aveva "alcuna intenzione" di finanziare il Fondo europeo per la stabilità finanziaria (EFSF). "Perché dovremmo farlo noi, se non lo fanno gli europei"? ha chiesto maliziosamente. Ha poi continuato esprimendo l'esigenza di usare con cautela le riserve accumulate dal suo paese "con il sudore del popolo brasiliano". Anche il presidente cinese Hu Jintao e il presidente russo Dmitry Medvedev non capiscono le sottigliezze di potenziare con il contagocce l'EFSF, sembra quasi si voglia giocare in sicurezza e non andare al FMI per aiutare i paesi europei che necessitano di aiuti. Dopo tutto, essi una volta davano lezione ai malati del Sud del mondo per i loro debiti. È giusto oggi che anche i paesi europei subiscano le dure condizioni del FMI.Il colpo basso però è arrivato da un paese europeo. Il primo ministro britannico David Cameron ha accolto con favore i progressi della zona euro nella risoluzione della crisi, pur riconoscendo che il Regno Unito sta "preparando i piani" per essere in grado di far fronte ad una eventuale scomparsa della moneta unica.