venerdì 31 dicembre 2010

In borsa e in economia l'oroscopo 2011 che vorremmo

In un paese pieno di miserie e nobiltà, come l’Italia, molte sono gli avvenimenti accaduti nel 2010, che ci auguriamo non vedere più nel 2011. Tra le miserie elencate, senza ordine di priorità, ci sono:
- l'esercito che spala l'immondizia di Napoli.
- la politica in lotta continua, dove le riforme per un paese che ancora deve entrare nel 3° millenio spesso sono soverchiate da lotte faziose o per l'arricchimento personale.
- una stampa che troppo spesso offre le faziosità di schieramento anzicchè informazioni.
Tra le nobiltà: - un paese che lavora con ingegno (siamo ai primi posti nel mondo per "fashion, nel design etc.) , che risparmia (siamo ai primi posti nel mondo per il risparmio privato) che esporta (nel settore manifatturiero siamo secondi, nella UE, solo alla Germania).
Con questo premesse le cose che gl'italiani vorrebbero avere nel 2011:
1°. Che in borsa il toro torni sul mercato, in realtà siamo già in una fase rialzista.
2°. Che l'alternativa-investimento del settore si sblocchi. Il driver principale dei fondi speculativi e fondi di private equity è stato la ricerca di rendimento. Con i mercati azionari in stasi, i tassi di interesse quasi a zero e i rendimenti obbligazionari ai minimi storici, oggi gli investitori sono alla disperata ricerca di qualsiasi tipo di ritorno significativo sul loro soldi. Nel prossimo anno, i tassi d'interesse saranno in aumento, e così sarà il rendimento dei titoli e restituirà equità.
3°. Che torni di moda un modello tedesco. In un mondo che cerca di capire come si può uscire da una crisi del debito, il modello della Renania e del suo capitalismo ritorni ad essere attraente. Tante imprese di medie dimensioni, con enormi competenze tecniche, un debito basso, forza lavoro qualificata ed esportazione di prodotti di nicchia. Entro la fine del 2011, ci aspettiamo che ogni capo esecutivo sul pianeta inizi a parlare seriamente su come sono alla ricerca di un modello di gestione alla tedesca.
4°. Che l'Islanda insegni al mondo una lezione. Due anni fa, tutti i governi del mondo, hanno sostenuto l'idea che si doveva salvare la banca nazionale. Se fossero crollati, sarebbero tornati subito all'età della pietra. Si è rivelato un paese capace di sfidare il consenso. L'Islanda non poteva permettersi di mantenere le sue banche andando in default. Che cosa è successo? C'è stato il dolore, certo, ma dal prossimo anno l'economia dovrebbe essere di nuovo in crescita, l'inflazione è sotto controllo e i tassi d'interesse stanno scendendo. Se Islanda continua a recuperare, una sola conclusione è possibile: Non è necessario dopo tutto salvare le banche.
5°. La Russia mette il turbo nella sua R del BRIC. Abbiamo sentito parlare molto sulla potenza economica emergente del Brasile, dell'India e della Cina. Molto meno si è sentito parlare della R del BRIC - Russia. Si tende a respingerla come sola fornitrice d materie prime e sottoposta ad un governo autoritario. Ma sta cercando di rifondarsi per ricreare se stessa come una potenza tecnologica, si guarda ai piani per creare una nuova Silicon Valley in Mosca sobborgo di Skolkovo. Non bisogna dimenticare che è stato il primo paese a mandare un uomo nello spazio. La Russia è sempre stata scientificamente avanzata. Ne risentiremo parlare.

mercoledì 29 dicembre 2010

La Francia in crescita frenata

Rivista al ribasso, in Francia, la crescita del prodotto interno lordo del terzo trimestre attestatosi allo 0,3%, rispetto ad un'attesa dello 0,4%, questo ribasso segue la diminuzione del secondo trimestre 2010, attestatosi allo 0,6% rispetto allo 0,7% atteso.
L'Istituto nazionale di statistica INSEE ha dichiarato che gl'investimenti nel settore dei servizi e nelle opere pubbliche sono stati più deboli nel terzo trimestre rispetto a quanto inizialmente previsto. Anche gli acquisti dei privati sono rimasti stabili al contrario di quanto stimato in precedenza. Numerose sono state a parere dell'Insee le debolezze emerse nel secondo trimestre nell'economia francese come il trasporto merci su strada che hanno evidenziato un quadro economico poco florido.
Tra le notizie positive oltre la conferma, nel fine settimana, del rating AAA da parte delle Agenzie internazionali, ieri martedì l'Ufficio di statistica nazionale ha presentato i dati della diminuizione del debito pubblico sceso all' 81,5% del prodotto interno lordo alla fine del terzo trimestre del 2010, dato migliore del tetto previsto dal governo per la fine dell'anno. Le previsioni sono di una discesa del debito pubblico lordo di 17 miliardi di euro entro la fine del quarto trimestre, riducendo il totale a 1,574.6 miliardi di euro, pari al 81,5%o del PIL, sempre secondo i dati comunicati dall'ufficio nazionale di statistica INSEE. Alla fine del secondo trimestre, il debito pubblico della Francia era pari al 82,9 per cento del PIL, che è anche l'obiettivo del governo per la fine del 2010.

domenica 26 dicembre 2010

Eurozona, scenari 2011

La situazione complessiva dell'area euro è ancora piena di rischi per la stabilità finanziaria. L'allarme viene dalla Banca centrale europea nel Rapporto semestrale sulla stabilità finanziaria.
La stabilità finanziaria presenta elementi di "preoccupazione" con alcune "vulnerabilita"' che potrebbero generare sorprese negative di importanza potenzialmente sistemica, si legge nel rapporto. La prima fonte di preoccupazione per la stabilità finanziaria europea, con potenziali conseguenze sistemiche, è data da un triangolo delle vulnerabilita' fra crescita economica, finanziamento delle banche e squilibri fiscali, scrive la BCE, rilevando che in alcuni Paesi, a causa dei problemi di tenuta dei conti pubblici, si sono create le condizioni per dei feedback negativi fra i tre elementi. La crisi ha evidenziato che senza progressi nel consolidamento fiscale aumenta la probabilità di una spirale insostenibile del debito dovuta al forte aumento dei premi di rischio. E ogni successione di cattive notizie per le banche o per la crescita potrebbe portare a un peggioramento simultaneo dei costi di finanziamento.
Fra i principali rischi per il sistema finanziario dell'area euro vi è quello che si manifestino sacche di vulnerabilità nei bilanci delle aziende non finanziarie, dovute all'alto debito, alla bassa generazione di utili e condizioni di finanziamento difficili. In alcuni Paesi dell'area euro alcune istituzioni finanziarie mostrano una continua dipendenza dal sostegno offerto dalle autorità. Per quest'ultime è necessario intervenire attraverso la ristrutturazione, la riduzione del rischio e, ove necessario, la riduzione delle dimensioni del bilancio delle imprese coinvolte. La BCE frena sulla 'exit strategy', di fronte a sviluppi dei mercati finanziari divergenti nell'area euro, la tempistica e la gradualità del ritiro delle misure di sostegno pubblico pongono sfide particolari. Non si può escludere che in futuro si verifichino ulteriori perdite per alcune banche esposte al credito verso il settore immobiliare commerciale. La Bce nota alcuni miglioramenti nei mercati della proprietà commerciale. Ma rileva anche che i prezzi rimarranno probabilmente al di sotto dei massimi degli anni passati con conseguenti rischi per molti investitori finanziati attraverso il credito e per titoli garantiti da mutui al settore commerciali (Cmbs) con i prestiti che dovranno essere rifinanziati nei prossimi mesi o anni.

sabato 25 dicembre 2010

La patente di guida

Almeno ogni sei mesi è meglio controllare quanti punti si hanno sulla patente. E' molto semplice e rapido verificare il saldo dei propri punti patente, sapendo che ogni due anni a partire dal 2003, in assenza d' infrazioni, c'è un accredito di due punti.
Basta avvalersi del servizio online messo a disposizione dal Dipartimento trasporti Terrestri del Ministero dei trasporti: il Portale dell’Automobilista.
Nella sezione “Cittadino” sono a disposizione numerosi servizi utili, accessibili dopo una breve registrazione dei propri dati. Una volta riconosciuti dal sistema, sarà sufficiente scegliere la sottosezione "Accesso ai servizi" e, in seguito, la pagina "Verifica punti patente". Oltre al saldo dei punti, il sistema visualizza in dettaglio tutti i "movimenti": ad esempio, l'accredito del bonus di due punti per "incremento in assenza di violazioni", eseguito ogni due anni, oppure le eventuali decurtazioni per violazioni del Codice della Strada.
Oppure si può scegliere di chiamare da telefono fisso il numero 848.782.782, il costo della telefonata corrisponde ad una chiamata locale secondo la tariffa del proprio gestore di rete e seguire le istruzioni della voce registrata. In ogni caso, è meglio tenere a portata di mano la propria patente di guida perché verranno chiesti alcuni dati. Da ricordare che:
- i punti di partenza sono 20;
- i punti persi possono essere recuperati frequentando appositi corsi presso le autoscuole o i soggetti autorizzati dal Ministero dei Trasporti;
- ogni due anni, sono accreditati 2 punti a tutti coloro che non hanno commesso infrazioni, fino al massimo complessivo di 30 punti. Il prossimo bonus per i "virtuosi" è previsto per luglio 2011;
- l’aggiornamento dei punti (e, di conseguenza, anche l’accredito dei nuovi punti per “incremento in assenza di violazioni” a cui abbiamo accennato più sopra) è automatico e non è necessario espletare alcuna operazione o richiesta;
- la tabella delle penalità è disponibile sul sito della Polizia Stradale.

mercoledì 22 dicembre 2010

Giocattoli cinesi, aumentano i costi

La scarsità di manodopera molto economica, nella "bottega del mondo", che fabbrica i tre quarti dei giocattoli venduti sul pianeta, di fatto sta allungato i tempi di produzione e consegna e aumentando i costi industriali. La scarsità di manodopera ha radici principalmente economiche. Il relativo miglioramento delle condizioni sociali in Cina negli ultimi mesi ha fatto si che, dopo il capodanno cinese, molti lavoratori da nord o da ovest, impiegati come stagionali, non sono rientrati al lavoro nelle fabbriche, che si trovano principalmente nella provincia di Guangdong, nel sud del paese. Essi non sono più disposti a lasciare le loro famiglie per lavorare in qualsiasi condizioni. Per tenerli, è diventata una questione di prezzo. "Per circa tre anni, i salari sono aumentati a un tasso dal 10% al 15% all'anno. Così la Cina non è più un paradiso per chi cerca prezzi bassi. Per quanto riguarda la qualità e la sicurezza dei prodotti, molti scandali hanno costretto i produttori cinesi a raddoppiare gli sforzi nei controlli di qualità che sono aumentati, ma hanno portato con se anche aumenti dei costi. Poi c’è stato l'aumento del costo del petrolio e la crisi economica in occidente che ha trasferito nel paese incertezze sui piani organizzativi di lavoro e quantità di produzioni. Oggi la Cina si trova di fronte a scelte più difficili. Per ora, la maggior parte dei produttori hanno assorbito l'aumento dei costi interni, ma a lungo andare può aiutare i grandi acquirenti occidentali a nuove delocalizzazioni verso la Thailandia e il Vietnam che già hanno beneficiato delle nuove tendenze. Inoltre la riduzione delle vendite in occidente porta a ordinativi più limitati e più selettivi. Un avvicinamento degli acquisti ai siti di vendita potrebbe rendere più conveniente acquistare in Europa o USA favorendo le fabbriche occidentali e riducendo anche i costi dei trasporti.

martedì 21 dicembre 2010

Rating della Francia sotto osservazione

La Francia rischia di perdere il livello superiore AAA anche per colpa della crisi del debito in Europa che sta portando ad una ondata di declassamenti che minacciano di sommergere gli stati più indebitati della UE, come il Belgio e il Portogallo, possibili destinatari di futuri tagli.
Moody's Investors Service ha dichiarato il 15 dicembre che si potrà abbassare il rating della Spagna, per le difficoltà sostanziale di finanziamento", e ha poi tagliato il rating dell'Irlanda di cinque livelli il 17 dicembre. Standard & Poor's sta riesaminando le sue valutazioni su Irlanda, Portogallo e Grecia. In questa fase i costi per assicurare il debito del governo francese sono saliti oggi ad un record con gli swap di credito default che hanno raggiunto un massimo storico di 105,5 , secondo i dati del provider CMA. un livello più costoso dei titoli con rating più basso come Repubblica Ceca e Cile. "Ogni debito sovrano può essere penalizzato nel prossimo anno", ha detto Toby Nangle, che controlla 46 miliardi dollari come direttore di asset allocation di Baring Asset Management a Londra. "Sarebbe un grosso problema se la Francia dovesse avere il suo rating AAA in revisione. ”Non credo che la probabilità di un downgrade si rifletta nel mercato".
I credit default swap legati ai titoli cechi sono stati scambiati a 90 punti base e gli swap cileni hanno concluso la settimana 89 pb, sopra i premi dei titoli tedeschi. Gli swap credit default legati al bond francese implicano un rating di Baa1, sette punti sotto la sua classifica attuale top di Aaa di Moody's, secondo una ricerca di un gruppo societario con base a New York.
I contratti sul Portogallo implicano un rating B2, 10 livelli al di sotto del suo grado A1, mentre le operazioni di swap legati ai titoli obbligazionari spagnoli a Ba3, 11 passaggi sotto la classifica Aa1, sono sempre i dati della ricerca del gruppo di Moody's. I derivati per proteggersi dal debito belga implicano una valutazione di Ba1, nove passaggi sotto il suo attuale rating di Aa1. Il debito pubblico del Belgio è vicino al 100% del PIL, e ci sono 65 miliardi di euro di obbligazioni in scadenza il prossimo anno, secondo dati Bloomberg. "Il Belgio, per la prolungata incertezza politica interna, presenta rischi di solvibilità, ha dichiarato "S & P" nella relazione che il 14 dicembre ha abbassato le prospettive del Paese da "stabile" a "negativo".
I leader dell'Unione europea hanno concordato la scorsa settimana di modificare i trattati del blocco per creare un meccanismo permanente di debito-crisi nel 2013, nel tentativo di arginare il contagio che è iniziato più di un anno fa con la Grecia. I rendimenti dei titoli di Stato sono saliti in tutta la UE, anche dopo che la Grecia e l'Irlanda sono stati soccorsi da un fondo creato ad hoc per circa 770 miliardi di euro. "Se i problemi della zona euro non si risolvono in fretta, dopo le condizioni di rifinanziamento saranno più costose per questi paesi e le agenzie di rating applicheranno numerosi downgrade", ha dichiarato Ralf Ahrens, che aiuta a gestire 20 miliardi di dollari come capo del reddito fisso a Frankfurt Trust. "Abbiamo già visto queste dinamiche del mercato e vedo la Francia come un rischio. "
Il rating del credito di Francia è soggetto a rischio, a meno che il paese non farà "riduzioni significative" per il suo deficit, ha dichiarato Padhraic Garvey , responsabile strategia elaborata del mercato del debito a-ING Bank NV di Amsterdam. Le banche sono le maggiori detentrici di debito, emessi dei paesi cosiddetti periferici UE, che presentano un "rischio sistemico", ha aggiunto Markus Ernst, uno stratega di credito UniCredit SpA a Monaco di Baviera.

domenica 19 dicembre 2010

L'UE minacciata dalle dichiarazioni divergenti dei suoi dirigenti

Dopo le ansie suscitate dalla situazione delle finanze pubbliche nell' Eurozona, è importante che la circolazione delle idee sia positiva e convergente verso il superamento della situazione contingente onde evitare che gl'investitori in Europa, in America e in Asia non capiscano bene cosa stia succedendo. Essi possono comprendere le dichiarazioni dei vari presidenti Van Rompuy, Barroso e Juncker, tra i quali ci sono più differenze di stile, che di sostanza. La situazione è complessa: il finanziamento per l'Irlanda proviene da due diversi fondi europei e dal FMI, c’è da affrontare le difficoltà di Spagna e Portogallo, poi c'è il coro dei Capi di Stato. Le considerazioni successive sono frutto di spigolature colte leggendo vari articoli sulla stampa nazionale.
Il premio per la comunicazione più pericolosa è senza dubbio da offrire al cancelliere Angela Merkel. Non è solo a causa di sue dichiarazioni intempestive e contraddittorie, ma c'è anche il fatto che la leader tedesca è generalmente considerata come l'unica possibilità di salvataggio della zona euro. Ha indubbiamente alcune difficoltà interne al suo paese da superare, ma a volte il silenzio è d'oro. Il suo ministro delle Finanze si rende conto che abbiamo bisogno di una unione politica in Europa, ma a volte il messaggio è incomprensibile. Questo non facilita la coerenza. In una dichiarazione al parlamento tedesco, il Bundestag, ha sostenuto, a torto, che l'intervento irlandese ha seguito le procedure del FMI. Sapeva di non dire il vero? Questo atteggiamento ha fatto ricadere su di lui rimproveri da tutte le parti, compresi quelli del Presidente della BEI, Philippe Maystadt. La BEI a seguito di queste dichiarazione ha visto fluttuare le sue obbligazioni, con rating AAA che finanziano i progetti dell'Unione europea. Maystadt è generalmente un uomo tranquillo, ma è l'uomo, che in prima linea vive e vede giorno per giorno le conseguenze di tali dichiarazioni. La posta in gioco è alta: di recente, il cancelliere ha annunciato che il settore privato dovrebbe partecipare al rifinanziamento del deficit pubblico a partire dal 2013. Le obbligazione europee sono subito salite sulle montagne russe. La mancanza di una struttura difensiva ha indotto a credere che era possibile che accadesse il peggio. L'idea è legittima: è ovvio che in una ristrutturazione del debito di un paese, obbligazionisti e creditori saranno invitati a partecipare. E' un peccato che non vi è unanimità in Europa sulla necessità di preservare l'Euro. Le ragioni di queste divergenze nelle comunicazioni sono molteplici: la principale è che ogni capo di Stato o di governo o di ogni ministro delle Finanze si rivolge principalmente all'elettorato nazionale. Per questo il messaggio è così distorto quando viene ricevuto. Dietro questo atteggiamento si nasconde una mancanza di consapevolezza delle implicazioni di queste dichiarazioni che vanno al di là del paese di origine. L'Europa ha bisogno di misurare meglio l'impatto delle sue decisioni e della sua comunicazione. Anche questo genera in parte la crisi: senza un messaggio coerente e mirato non solo sulla base di intenzioni, ma su decisioni specifiche, si rischia di vedere aumentare la comunicazione europea, la preoccupazione dei singoli e delle istituzioni. Poichè i media sono appassionati di lotte e di drammatizzazione delle interpretazioni, il messaggio deve essere coerente e rassicurante. Siamo lontani dal caso del diagramma, la gestione delle crisi richiede una rigorosa disciplina.

venerdì 17 dicembre 2010

Prezzo del petrolio, prevista settimana in leggera flessione

Il WTI consolida intorno agli 88,50 dollari il prezzo al barile del petrolio. I dati settimanali relativi alle scorte di greggio negli USA hanno mostrato cali superiori alle attese, un 1,3 milioni di barili, come comunicato dall'Energy Information Administration. Le riserve di benzina sono aumentate di 3,81 milioni di barili contro attese per di aumento di 0,5 milioni. La stagione invernale e l’approssimarsi delle vacanze, coi relativi spostamenti in auto e aereo, giustificano un calo delle riserve. Le importazioni di greggio da parte della Cina e i dati del rapporto IEA (International Energy Agency), che ha alzato le stime di domanda petrolifera mondiale, forniscono supporto al petrolio. Per quanto riguarda invece le stime OPEC mensili, la domanda mondiale di greggio dovrebbe aumentare l'anno prossimo di soli 10.000 barili al giorno, oltre quanto previsto il mese scorso, al ritmo di 1,18 milioni di barili. Questo scenario è rafforzato dalla decisione OPEC di mantenere invariato il livello della produzione, come deciso nella riunione di Quito (Ecuador); la nuova stima porta l'attesa per la domanda globale a 87,11 milioni di barili al giorno rispetto a 85,93 milioni del 2010. La Energy Information Administration statunitense ha annunciato di aver abbassato le stime sulla crescita della domanda mondiale di greggio per il 2011. La riduzione di 10.000 barili/giorno rispetto al 2010 porta il dato di crescita previsto per l'anno prossimo a 1,43 milioni di b/g. Per quel che riguarda i prezzi 2011, la stima media per il greggio WTI a 86 dollari per barile è in lieve rialzo da 85,17 di una precedente valutazione.

giovedì 16 dicembre 2010

La disoccupazione il tallone d’Achille USA

Negli Stati Uniti l’Amministrazione Obama avrebbe raggiunto un accordo con l’opposizione repubblicana per prorogare il pacchetto di sgravi fiscali varato da Bush per altri due anni, allontanando in questo modo il rischio di una restrizione fiscale nel 2011 e 2012. In tal modo, gli USA saranno l’unico paese industrializzato a poter contare su una politica fiscale e monetaria espansiva anche per il prossimo anno, tali da continuare a sostenere la crescita economica.
La Fed teme la debolezza del mercato del lavoro. In un recente intervento all’emittente televisiva americana CBS, il presidente della Fed Ben Bernanke non ha escluso possibili ulteriori acquisti di titoli di stato americani, oltre i 600 miliardi di dollari già annunciati. L’intervista segue la pubblicazione dei dati sul mercato del lavoro americano, che lo scorso 3 dicembre avevano evidenziato una modesta creazione di posti di lavoro a novembre e un aumento del tasso di disoccupazione verso il 10% (al 9,8% dal 9,6% del mese precedente). Non a caso le preoccupazioni del Presidente della Fed, in occasione dell’intervista, si sono concentrate proprio sul mercato del lavoro e sul fatto che la sua debolezza possa avere effetti negativi sulla fiducia dei consumatori americani. Inoltre, Bernanke prevede che non si tornerà ad un tasso di disoccupazione del 5-6% prima di 4 o 5 anni. Si delinea dunque il quadro di una Banca centrale ancora fortemente concentrata sulla necessità di stimolare la crescita economica, tenendo contenuti i tassi d’interesse di mercato, proprio attraverso l’acquisto di titoli di stato. E’ quanto sarebbe emerso dalla riunione del 14 dicembre, con tassi d’interesse sui fondi federali (il cosiddetto Fed Funds rate) ai minimi storici da due anni (nell’intervallo 0-0,25%)

L'auto elettrica Bluecar sarà prodotta a Torino

L'auto elettrica Bluecar Autolib sarà la vettura che dovrà dare un impulso decisivo alla strategia seguita dal gruppo Bolloré, che vuole diventare leader nel campo delle auto elettriche e nella tecnologia delle batterie con le sue numerose altre attività (media, distribuzione di energia, logistica, impianti). Essa sarà prodotta presso lo stabilimento del carrozziere torinese Cecomp, in provincia di Torino. In tandem con Pininfarina, Bollorè vuole produrre una city car elettrica (3,65 metri di lunghezza), con 4 posti e due porte, che avrà un’autonomia di 250 km a batterie elettriche cariche, che si prevede potranno avere una durata di 200.000 km di percorrenza. Sarà sul mercato alla fine del 2011 e la produzione prevista per il 2013 è di 40 mila unità.
Autolib Bluecar sarà una cartina di tornasole per le batterie al litio-metallo-polimeri scelte da Bolloré. Il gruppo - ha installato la prima fabbrica per la produzione di batterie "Ergue Gabéric" vicino a Quimper (Finistère) Francia, e si sta preparando a lanciare una seconda fabbrica non molto lontano. I suoi sostenitori garantiscono prestazioni invariate anche in condizioni estreme di freddo e con un ridotto rischio di surriscaldamento. Al contrario, tutti gli altri produttori hanno dotato le loro auto elettriche di batterie al litio-ioni. Questo è stato il caso della Peugeot e della versione elettrica della Smart Fortwo.

mercoledì 15 dicembre 2010

Zara on line è boom di vendite

A Milano, in Corso Vittorio Emanuele II, in un vecchio cinema, esiste un negozio fisico di più di 4.000 mq della catena Zara, una delle più grandi catene al mondo per fatturato nel tessile e nell'abbigliamento e contemporaneamente accetta anche ordini on-line. Questo negozio è diventato, a soli tre mesi dalla sua apertura, il primo per fatturato della catena, seguito poi dal Paseo de Gracia a Barcellona e del sito di Dubai City Centre (in quest'ultimo ha una forte influenza anche il tasso di cambio). Il vantaggio per il negozio Zara online è che, in generale, gli ordini dei clienti, tramite Internet, sono maggiori degli acquisti fisici nel negozio. Il canale virtuale riceve circa 5.000 ordini al giorno. Così, mentre il negozio "fisico" di Milano muove fino ad oggi circa 7.500 articoli, il negozio online ha raggiunto i 15.000 pezzi al giorno. In questo modo, e basandosi sulla media dei prezzi di vendita di 40 euro per pezzo (al di fuori, i tassi di Zara sono superiori in Spagna), il negozio online fattura tra i 500.000 e i 600.000 euro al giorno. Cioè, nell' anno, le entrate potrebbero arrivare ad un target compreso tra 180 milioni e 216 milioni di euro, considerando 360 i giorni di vendita.
Fonti del settore sottolineano che il fatturato dei negozi Inditex raggiungono i 70 milioni di euro all'anno, mentre un negozio medio circa 15 milioni di euro. Il nuovo flagship store Zara, nel cuore di Roma, con una superficie di 5.000 metri quadrati, potrebbe battere il record con cento milioni di euro. I funzionari dell'azienda non hanno voluto fare commenti su di esso. La politica del Gruppo è quella di aspettare dodici mesi di funzionamento del negozio online prima di offrire i numeri definitivi. Ad oggi, l'azienda si limita ad esprimere la soddisfazione per l'accoglienza del mercato che ha superato le aspettative originali.
Una ricerca degli analisti del Financial Europe Inditex stima il fatturato nel prossimo anno finanziario 2011/2012 attestarsi a circa € 12.522.000, in crescita del 13% su questo anno. Così, il negozio online di Zara potrebbe rappresentare tra il 1,4% e 1,7% del totale delle vendite consolidate. Gli esperti consultati ritengono che questi dati siano ragionevoli nei primi mesi di funzionamento del sito Zara.com. Il vantaggio di questo canale è la crescita a due cifre ogni anno. Di conseguenza, alcuni analisti sottolineano che il negozio online di Zara potrebbe salire al 5% del fatturato in due anni. Altre stime più ottimistiche aumentano le potenzialità di questo canale al 10% delle vendite. Da parte sua, il gruppo possiede una forte immagine, del marchio e la possibilità di garantire ai clienti la piena disponibilità dei prodotti e le ultime novità sul mercato.
Lo sviluppo nei mercati emergenti e nuove aperture aumenteranno del 42% l'utile netto di Inditex nei primi nove mesi dell' anno fiscale 2010/2011, secondo le stime Reuters. L'azienda, con la presentazione oggi del terzo trimestre, ha dimostrato di aver raggiunto un fatturato di 8.800 milioni di euro, con un incremento del 13,4%, mentre il margine operativo lordo (EBITDA) raggiungerà 2.068.000 €.
La catena Zara ha iniziato le vendita online il 2 settembre 2010, contemporaneamente in Francia, Germania, Italia, Regno Unito, Portogallo e Spagna. Successivamente, questo canale è stato lanciato in Austria, Irlanda, Olanda, Belgio e Lussemburgo. Nel 2011, le vendite si estenderanno agli Stati Uniti, Canada, Corea del Sud e Giappone.

lunedì 13 dicembre 2010

La Turchia guarda sempre meno all'Europa

Salvata con i soldi del FMI dopo la quasi bancarotta del 2001, la Turchia vanta ora una crescita di oltre il 7% con finanze pubbliche risanate, e con lo status di nuova potenza emergente, guarda sempre di più verso Oriente. Sono passati cinque anni da quando Bruxelles e Ankara hanno iniziato i negoziati di adesione della Turchia all'Unione europea. Essi si muovono con lentezza, impantanati nel conflitto Cipro-Grecia e per la riluttanza di Parigi e Berlino ad un allargamento dell'Europa a un Paese di 73 milioni di abitanti. Nel frattempo, la Turchia ha preso il volo. Con un PIL di circa 570 miliardi di euro, meno della metà della ricchezza nazionale italiana, il paese è ormai riconosciuto come una nuova potenza emergente sulla scia di Cina, India, Brasile e Russia. Nei primi nove mesi del 2010, l'economia è cresciuta del 8,9%. La crescita del PIL dovrebbe raggiungere il 7,5% nel corso del 2010. Una performance da fare invidia ai paesi della zona euro, inchiodati, Germania a parte con il suo 3,4%, a meno del 2%. La Turchia non è ancora uscita dalla recessione globale: nel 2009, il suo PIL era diminuito del 4,7%. La relativa velocità del recupero si deve molto alla stabilità del settore finanziario, ripulito nei primi anni 2000 in connessione con un prestito del FMI. Oggi, la crescita dell'economia turca è guidata da un aumento del credito a famiglie e imprese, il disavanzo pubblico è al 4% del PIL e le finanze pubbliche sono abbastanza sane rispetto a quelle della maggior parte dei paesi della zona euro. Il debito ha raggiunto il 40% del PIL (20 punti in meno rispetto ai requisiti del Trattato di Maastricht) e il paese ha un avanzo primario (avanzo di bilancio oneri del debito esclusi) da diversi anni, cosa che gli permetterà di ridurre gradualmente il suo debito. Il suo disavanzo dovrebbe scendere sotto il 3% del PIL nel 2011. In breve, a parte l'inflazione ormai prossimo al 7%, la Turchia potrebbe soddisfare quasi tutti i criteri, per entrare nella zona euro, cosa che per il momento non interessa. Il ministro dell'Economia, Ali Babacan, ha detto in un'intervista venerdì 10 dicembre al quotidiano economico tedesco Handelsblatt, di non aver alcun desiderio di appartenere alla zona euro in questo momento. Oggi con i suoi meccanismi di solidarietà che sono deboli, l'area dell'euro non è attraente come tre anni fa, prima della crisi quando il paese era sull’orlo della bancarotta. Anche Deniz Ünal, economista CEPII ha dichiarato che la Turchia non ha ora interesse a entrare nella zona euro. Ciò, ovviamente, potrebbe ridurre i tassi delle obbligazioni, all'8% circa, ma l'inflazione non è un problema di oggi per il paese. Di contro, essa perderebbe la flessibilità de facto della sua moneta, che gli ha permesso di assorbire lo shock della recessione globale ". L'UE rappresenta meno del 50% delle esportazioni turche nell'area. Oggi il processo di adesione è lento perché si è affievolito l'entusiasmo dell'opinione pubblica turca per la casa europea. In secondo luogo, perché i paesi europei sono i principali partner economici per la Turchia, ma non essenziali. L'Unione europea assorbe attualmente quasi il 50% delle esportazioni turche. Ma con le prospettive di crescita lenta e una domanda interna prevista in calo nei prossimi anni, anche a causa dei piani di rigore di bilancio, tale proporzione dovrebbe essere ridotta. Pochi rimpianti per la Turchia, che dai primi anni del 2000, ha rivolto la sua attenzione verso il Medio Oriente e il Nord Africa. Iran e Iraq sono due mercati con elevato potenziale di crescita per Ankara. Per non parlare della Russia, con la quale la Turchia ha stretti rapporti commerciali molto forti. Oggi, i turchi guardano con un certo distacco a ciò che sta accadendo in Europa ", afferma Deniz Ünal: piani di emergenza del FMI, accompagnati da vincoli di bilancio e riforme strutturali, che essi hanno sperimentato nel 2001, e che oggi hanno ben recuperato.

domenica 12 dicembre 2010

Corea del Sud, crescita in rallentamento

Secondo quanto dichiarato dalla Banca centrale venerdì in un comunicato, la crescita economica della Corea del Sud dovrebbe rallentare a un livello più vicino al 4,5% nel 2011, che esprime anche incertezze significative per le prospettive di nuove tensioni con la Corea del Nord.
Il rallentamento dell'anno prossimo segue le previsioni di crescita del 6,1% per il 2010, anno in cui il recupero della Corea del Sud sulla crisi finanziaria mondiale è avvenuto in modo accelerato rispetto agli standard mondiali. La Corea del Sud è la 15esima economia più grande del mondo e ha aziende produttrici di prodotti ad alta tecnologia esportati verso i principali paesi industriali come: Samsung Electronics e Hyundai Motor Co.
La Banca di Corea nel suo outlook per il prossimo anno si è dichiarata molto cauta, esprimendo notevoli incertezze, e ha ricordato i 'rischi geopolitici' a seguito di un micidiale attacco effettuato dalla Corea del Nord su un isola della Corea del Sud il mese scorso, che ha visto aumentare le tensioni sulla penisola. Ha inoltre evidenziato le incognite dei problemi del debito europeo, l'aumento dell'inflazione cinese e gli eventuali riflessi della politica monetaria della Federal Reserve circa l'acquisto di 600 miliardi dollari di titoli di Stato USA. L'economia della Corea del Sud ha registrato un balzo in avanti quest'anno, dopo la bassa crescita di appena lo 0,2% nel 2009 a seguito della crisi. La crescita prevista del 4,5% l'anno prossimo può essere valutata come vicino ad un livello reale di tendenza, considerando che il balzo di quest'anno, segue la bassa percentuale dello scorso anno. La cifra del 4,5% per il prossimo anno è rimasta invariata dall'outlook di luglio. L’economia della Corea del Sud, quarta in Asia per grandezza, probabilmente sente il peso del rallentamento che ci sarà nella prima metà dell'anno prossimo per questo sono state anticipate nelle spese di bilancio che saranno ridotte, ma che potranno avere un effetto stimolante. Poichè il balzo della ripresa economica nei paesi avanzati come gli Stati Uniti sarà più forte nella seconda metà dell’anno, è ragionevole prevedere che anche in Corea, l'espansione partirà nel secondo semestre 2011. La crecita sarà suscettibile di rafforzarsi verso il 4,7% nel 2012. Il tasso d’ inflazione che ha colpito la Corea del Sud è stato del 4,1% in ottobre. L'incremento anno-su-anno è stato leggermente al di sopra delle previsioni della banca centrale. L’obiettivo è del 3%, anche se comprende una 'tolleranza' di più o meno 1 punto percentuale. L'inflazione è scesa al 3,3% in novembre, ma il comitato di politica monetaria della banca dopo aver avvertito giovedì di aver lasciato il tasso d’ interesse invariato al 2,5% ha fatto presente che la tendenza dell'aumento dei prezzi continuerà. La Banca di Corea ha tagliato il tasso di riferimento di un totale di 3,25 punti percentuali, portandolo al minimo storico del 2% tra ottobre 2008 e febbraio 2009, così come hanno fatto altre banche centrali per contrastare la crisi e la recessione.

venerdì 10 dicembre 2010

Vendite al dettaglio, i big del low cost faticano a trovare acquirenti

In Francia Ikea, Kiabi, Decathlon e Sephora sono stati i grandi vincitori dell' "immagine dei prezzi". Nel 2010, questi marchi hanno migliorate le vendite perchè la percezione delle loro tariffe è migliorata nei loro clienti, secondo la società di ricerca OCamp&C. che ha proiettato l'immagine "prezzo" di 61 distributori in Francia. Tutti hanno una cosa in comune: hanno incluso l'immagine del prezzo, nel cuore della loro strategia per anni e non hanno mai deviato. Ciò non significa, tuttavia, che i loro prezzi siano effettivamente i più bassi del mercato. La strategia di Ikea, presente con le stesse caratteristiche e con grande successo anche in Italia, è un modello del genere, con il suo prezzo entry-level della concorrenza, la sua messa in scena è il veicolo efficace di un servizio poco costoso e facilmente accessibile per la clientela. Il leader degli sconti è l'abbigliamento Kiabi e gli articoli sportivi nella catena Decathlon.
Uno studio più approfondito, ma di difficile comparazione nel settore vendite in Italia, vede le grandi catene posizionarsi soprattutto nella fidelizzazione dei clienti attraverso vari metodi. Al primo posto c'è l'emanazione di una tessera fedeltà a cui sono legati l'erogazioni di punti premianti per il ritiro di regali una volta raggiunto un determinato punteggio e l'altro la concessione di un prezzo speciale a rotazione su alcuni prodotti, segnalato sugli scaffali. E' il caso d' Iper, Esselunga, Coop, Billa Carrefour etc.. A questo modo di mantenere un contatto con la clientela viene affiancata, spesso, una politica di advertising, basata su comunicazioni speciali per i soci, servizi riservati ai soci, attenzione per l'ambiente es.: per l'acqua minerale ( COOP); involucri per detersivi riutilizzabili (Iper); buoni sconti a raggiungimento di un determinato plafond di spesa. Nell'ultimo anno si è assistitito alla nascita di prodotti venduti a prezzo più basso con il marchio esclusivo della catena ed evidenziando le aree discount.
La maggior parte dei rivenditori continuano a lottare per convincere i clienti che offrono prezzi interessanti, ma i loro sforzi stanno pagando sempre meno, mentre convincono sempre di più i leader dell'e-commerce che sono visti come i campioni dei prezzi bassi.
Ebay, Cdiscount, Pixmania e privato-vendita monopolizzano i posti migliori in termini di immagine-prezzo nelle zone in cui sono presenti: cultura e tempo libero, elettronica o della moda. La maggioranza degli acquirenti ritiene che il prezzo medio su Internet sia del 10% inferiore a quello dei negozi, mentre questa differenza non è sempre vero in realtà. Oggi gl'Ipermercati, per la grandezza e la varietà dell'offerta e sempre sotto pressione nelle vendite, di fatto sono diventati il nuovo benchmark per il prezzo.

Il petrolio verso i 100 dollari al barile

L’OPEC non intraprenderà alcuna azione se il barile di petrolio dovesse superare i 100 dollari sotto la spinta della speculazione, ha dichiarato da Quito, il segretario generale dell'Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio (OPEC), Abdullah al-Badri, dove l'organizzazione terrà la riunione dei paesi aderenti. L’ OPEC non si muoverà e non aumenterà la produzione, a meno che non ci sia qualcosa di sbagliato nei fondamentali", ha aggiunto. Al-Badri ha rifiutato poi di commentare i risultati della riunione, che non prevede di modificare la politica di pompaggio, ma ha aggiunto che in questo momento 'non vuole disturbare il mercato ". Secondo il presidente della National Oil Corporation di Libia, Shokri Ghanem, 'il prezzo potrebbe raggiungere i 100 dollari all'inizio del nuovo anno. "
La prima volta che il barile ha superato i 100 dollari è stato nel gennaio 2008 è la rivalutazione fu trainata dalla speculazione. Nel luglio dello stesso anno, raggiunse i 147 dollari, la quotazione più alta mai raggiunta, provocando numerosi scioperi in vari paesi.
Tuttavia, nei primi mesi del 2009 il prezzo era disceso a 40 dollari al barile. La qualità 'Texas' scambiata la settimana scorsa a circa US $ 88,6, questa settimana ha raggiunto il record degli ultimi 26 mesi toccando l'unità di costo 90,76 $. Tuttavia, è sceso leggermente più tardi a causa delle preoccupazioni per i tagli fiscali che può portare l'America a indebitarsi maggiormente, aumentando il deficit fiscale.
Da parte sua, il barile di petrolio europeo, 'Brent', ha raggiunto i $ 91,20. 'Questa correzione a breve termine è durata anche poco tempo con un ritorno al trend rialzista,' ha dichiarato un analista di Commerzbank Carsten Fritsch, che ha attribuito l'aumento dei prezzi del petrolio alla migliorato fiducia nella finanza globale, portando ad un aumento degli stock anche di altre materie prime come il rame. In Italia, il prezzo della benzina ha raggiunto mediamente € 1,430 durante la settimana del Ponte dell'Immacolata il 2% il più alto dal luglio 2008, secondo il Bollettino UE. Anche il gasolio ha toccato il suo massimo annuale, di € 1,323 a litro e si attesta a livelli analoghi a quelli della seconda metà del 2008.

mercoledì 8 dicembre 2010

L'Euro non è in crisi, ma divide l’Eurozona

La Germania mette in guardia l'Europa per chiacchiere pericolose sulla crisi dell'euro e ritiene la disunione dei risparmiatori molto negativa. Secondo la 'Süddeutsche Zeitung' il governo tedesco si muove sulla linea del rigore perchè teme che alcuni paesi dell'Unione europea possono solo aggravare la crisi. Lo scudo protettivo per la moneta comune non è ancora aumentato. Forte di una dote di 750 miliardi di euro è la migliore garanzia per gli Stati UE fortemente indebitati. A rotazione alcuni paesi europei entrano nel mirino degli speculatori: prima i PIGS, poi i Biigs, dove al posto della P del Portogallo, entra in lista la B del Belgio, più la seconda I che sta per l'Italia. A quest si aggiunge il fatto che pochi sono i politici europei che s'impegnano in un'opera di sostegno per un'espansione del sistema di garanzia per i paesi dell'UE.
Dall'altra il governo tedesco, ritiene inaccettabile un'estensione del paracadute Euro-emergenza. A loro avviso, mette a rischio la stabilità della moneta unica, riporta il 'Süddeutsche Zeitung'.
Con un pò di diplomazia il vice-portavoce del governo, Christoph Steegmans ha espresso l'idea che:” L'Europa ha bisogno di qualche verifica, e tutto per migliorare la stabilità dell'euro ". I paesi Euro sono in contrasto d’idee nella lotta contro la crisi del debito, ma per ora non vogliono mettere in campo nuovi strumenti di difesa. Lunedì sera, hanno deciso di non incrementare, per il momento, il fondo di emergenza. ”Non vediamo alcuna necessità di un'azione immediata ", ha detto il presidente della riunione ministeriale, il lussemburghese Jean-Claude Juncker, al termine della riunione dei 16 paesi dell'euro. Il capo del fondi di emergenza, Klaus Regling, ha detto di tenere valide le stime, altrimenti lo scudo non sarebbe stato abbastanza grande per tutte le 'false' valutazioni in giro per i notiziari. Il ministro delle Finanze belga e attuale capo del Consiglio dell'UE, Didier Reynders si è recentemente espresso per un aumento del sistema di difesa. Reynders ha detto che nel fine settimana, la decisione dovrà essere presa rapidamente. L'idea è quella di garantire che lo scudo sia sufficiente non solo per l'Irlanda, il Portogallo e la Spagna, ma per tutti quei paesi che ne dovessero aver bisogno. La cancelliera Angela Merkel (CDU) ha ritenuto lunedì un aumento del Fondo 'non necessario' e perciò l'ha respinto.
Il problema degli Euro-bond non è stato affrontato. Juncker aveva detto che i paesi dell'euro dovrebbero emettere un bond comune. Finora nella moneta comune ai 16 paesi e a circa 330 milioni di persone non esiste una politica del debito comune. Gli stati ricevono fondi finanziari e a tassi diversi, a seconda del merito di credito. L'idea di Junckers, sostenuta anche dal Ministro delle Finanze italiano Tremonti non è arrivata all'ultimo minuto dalla riunione dei ministri delle Finanze e senza un precedente confronto, ma il governo tedesco l'ha rifiutata rigorosamente. Dopo tutto, la Repubblica federale ha per il momento un elevato e certificato standing creditizio, di conseguenza il governo può prendere in prestito denaro a basso costo. Da un legame dell' euro con la gestione del debito dei paesi dell'eurozona, con merito di credito diversificato dal livello dei debiti come il Portogallo, i tassi d'interesse per la Germania potrebbero aumentare in modo significativo. La FDP è apertamente contro la obbligazioni in euro. 'Deve rimanere debito estero', ha detto l'esperto finanziario del PLR, Volker Wissing, al giornale 'Bild'. Se le passività sono redistribuite, i tedeschi necessariamente dovranno pagare di più.

domenica 5 dicembre 2010

Tap e Iberia contano i danni del mancato ponte

La principale compagnia aerea del Portogallo, TAP, ha stimato le perdite economiche in circa un milione di euro nelle prime 24 ore della chiusura dello spazio aereo spagnolo causata dall'assenza dei controllori di volo e dei piloti. Parlando a EFE, il portavoce della TAP ha calcolato i danni sulla base dei voli annullati e per la ristrutturazione delle rotte, perché gli aerei hanno consumato più carburante per evitare lo spazio aereo della Spagna. Poiché la maggior parte dei voli europei della TAP passano sulla Spagna, l'azienda ha dovuto utilizzare deviazioni alternative a nord o a sud, con conseguente aumento di un'ora di volo. La Tap è la più grande compagnia aerea del Portogallo, e ha trasportato 8,4 milioni di passeggeri nel 2009, dispone di 71 aeromobili, è la prima compagnia per i voli tra l'Europa e il Brasile, e copre 64 destinazioni in 30 paesi. Gli aeroporti di Lisbona e Porto, i principali del Portogallo, hanno cancellato 50 voli alle 09.00 GMT di oggi a causa della chiusura dello spazio aereo spagnolo.
Ovviamente più caotica la situazione negli aeroporti spagnoli, dove 350.000 passeggeri spagnoli non hanno potuto godere del primo ponte di vacanze invernali. Iberia e Aena hanno raccomandato ieri di non avvicinarsi agli aeroporti, perchè sembravano simili ad un alveare, ma il nervosismo dei passeggeri ha raggiunto, comunque, liveli altissimi.
Le conseguenze più vistose sono state: la sospensione del servizio navetta tra Barcellona e Madrid, con diciassette voli sospesi. Degli 860 voli in totale previsti per ieri, ne sono stati attivati solo 200 con operazioni in attesa della materializzazione dei piloti alcuni dei quali hanno poi dichiarato forfait per malattia. Molti passeggeri che avevano voli per le Baleari hanno deciso di cercare alternative per l'andata sulle isole e si sono recati al porto di Barcellona alla ricerca di biglietti per prendere un traghetto.
Treni e autobus si sono ritrovati in un caos crescente. Di fronte al crollo delle linee elefoniche Facebook e Twitter hanno fatto il pieno nei servizi di assistenza. In molti si sono rivolti ai social networking per esprimere le proprie lamentele. C'erano quelli che hanno identificato i piloti come "la nuova forma di pirateria del XXI secolo". Ma gli scioperanti che hanno scelto questa strada, più tardi hanno tentato di difendersi utilizzando Twiter e spiegando che l' agitazione è stata causata dall'aumento delle ore di lavoro.
Tale è stata l'emozione causata dal blocco improvviso degli aeroporti che alle ore 21:00, il numero degli utenti d’ Internet alla ricerca di informazioni era superiore alle capacità della rete che è rimasta bloccata per alcuni minuti. Anche Iberia ha optato per Twitter per comunicare con i cittadini, ma con meno successo.

sabato 4 dicembre 2010

Fondi immobiliari

Le proposte di modifica della normativa comprese nella manovra economica del Governo, riguardante i fondi immobiliari, ha fatto si che in questi ultimi due mesi essi siano stati oggetto di numerosi interventi. In tale contesto gli operatori del settore hanno tentato di dare un contributo sull’opportunità di contrastare i fini elusivi talvolta presenti in alcune gestioni, ma bisogna rivalutare il ruolo positivo che i fondi immobiliari hanno ricoperto nell’ammodernamento del mercato, con conseguenti benefici per l’economia.
Il segretario, Paolo Crisafi dell' Assoimmobiliare, l’associazione di settore, in un suo contributo alla discussione, ha dichiarato di comprendere le necessità che spingono il Governo a richiedere “sacrifici” in un momento delicato come quello attuale, in cui le necessità sono il reperimento di ingenti somme a supporto della spesa pubblica, aumentata per lo sforzo di sorreggere l’economia nazionale, ma ha espeso il timore che le manovre in atto, per il reperimento nell’immediato di risorse, rischiano di provocare danni strutturali le cui conseguenze andrebbero ben oltre la contingenza di una crisi. Infatti, l’industria dei fondi immobiliari, con oltre 40 miliardi di Euro d' investimenti, in pochi anni, è divenuta il driver in termini di trasparenza e qualità del mercato immobiliare italiano e si prevede abbia ancora margini di crescita tali da consentire, se giustamente stimolata, di raddoppiare gli attuali valori in pochi anni. Grazie alla diffusione di questo strumento in alternativa al tradizionale investimento attraverso le Srl, inoltre, il nostro Paese, nell’ultimo decennio, è passato nel ranking internazionale della trasparenza predisposto da Jones Lang La Salle, che esamina i primi 50 paesi/mercati, dal non essere rilevato, sino al 19° posto, una posizione che lo colloca nella parte alta della classifica dei paesi per livello della trasparenza del mercato immobiliare. È, quindi, condivisibile correggere la regolamentazione di settore al fine di evitare usi impropri ed elusivi, ma è quantomeno altrettanto importante preservarne l’operatività potenziandone le capacità di collettori del risparmio, oggi diretto prevalentemente verso impieghi in immobili destinati allo svolgimento di attività economiche (uffici, alberghi, logistica, centri commerciali, industria, ecc.) e domani indirizzabile verso progetti dalla spiccata finalità sociale e a futura disposizione di interventi volti ad alleggerire temi caldi quali la carenza di alloggi destinati a locazione. I fondi potrebbero essere destinati a svolgere un ruolo di primaria importanza anche in campi come l’housing sociale, il federalismo demaniale, lo sviluppo infrastrutturale o l’attuazione di grandi programmi di riqualificazione urbana e recupero del territorio, dai quali dipende una buona parte dello sviluppo del Paese e della sua capacità di ammodernamento. Sul fronte della minaccia elusiva, i timori riguardano i fondi che non presentano una pluralità di investitori, i cosiddetti fondi familiari.
A fronte di tali realtà di minoranza (e comunque tutte approvate dalle competenti autorità di vigilanza), l’industria dei fondi immobiliari è oggi rappresentata, per la maggior parte, da fondi immobiliari sottoscritti da soggetti istituzionali, quali casse di previdenza, fondi pensione italiani ed esteri, oltre a numerosi fondi istituzionali che rappresentano il risparmio collettivo di tanti risparmiatori. I fondi istituzionali sono la dimostrazione della crescita del settore in termini di capacità di trasformare un mercato grigio e sommerso in un mercato caratterizzato da trasparenza e da una crescita delle transazioni internazionali. Proprio partendo da questa caratteristica del mercato, Assoimmobiliare ha adottato una vigorosa difesa nelle sedi istituzionali affinché rientrassero tra i fondi che rispettano il requisito di pluralità quei fondi che presentano come promotore un soggetto rappresentativo di una pluralità di interessi, ricollegandosi alla definizione di pluralità di partecipanti contenuta nella risoluzione n. 137/E del 4 ottobre 2005 emessa dall’Agenzia delle Entrate, secondo la quale: “un fondo per essere tale necessita dunque di una pluralità di sottoscrittori a meno che l’unico detentore non rappresenti una pluralità di interessi così da raffigurare una gestione collettiva”. Questa interpretazione è determinante per gli investimenti dei governi sovrani, delle assicurazioni, dei fondi italiani ed esteri e degli enti di previdenza.

venerdì 3 dicembre 2010

Risparmio energetico, urgente intervenire

La questione climatica è ormai un problema molto sentito dall’opinione pubblica e le preoccupazioni salgono per l’incremento dei gas serra nell’atmosfera, prodotti da emissioni di CO2. L’International Energy Agency, già nel World Energy Outlook del 2007, citato anche da Confindustria nel documento di proposte per il Piano Straordinario di Efficienza Energetica 2010, aveva preannunciato che, senza un rapido e significativo intervento, la presenza di gas serra potrebbe raddoppiare entro fine secolo, portando, come conseguenza, l’innalzamento della temperatura terrestre di 6°. L’indagine prefigurava un tasso di crescita media annua, dal 2007 al 2030, dell’1,5%, passando da 28 miliardi di tonnellate del 2006 a ben 41 miliardi di tonnellate nel 2030, con un incremento complessivo del 45%. La questione, poi, suscita particolari preoccupazioni perché tre quarti di tale aumento, viene prodotto in Cina (+6 mld t), India (+2 mld t) e nei paesi del medio oriente (+1 mld t), quasi una cartina di tornasole dei cambiamenti economici nel mondo. La repubblica popolare cinese che detiene il valore più allarmante, infatti, si presenta come un’area geopolitica che attraversa un periodo di transizione economica e culturale in cui non è ancora maturata un’attenzione ai valori legati alla tutela dell’ambiente, con la conseguenza che il processo di industrializzazione in corso, estremamente rapido, non trova un limite effettivo nell’opinione pubblica e talvolta neanche nelle politiche centrali.
L’impegno europeo in materia di ecologia si è avviato nel 1997 con la sottoscrizione del protocollo di Kyoto e il conseguente impegno a ridurre, nel periodo 2008 – 2012, l’emissioni di CO2 dell’8% rispetto al livello del 1990. L’evoluzione di tale impegno è rappresentata dal “pacchetto clima-energia” degli obiettivi 20 – 20 – 20, attraverso i quali l’Unione si vincola a ridurre, entro l’ormai vicino 2020, le emissioni di gas serra del 20% rispetto ai valori del 1990 (-14% rispetto al 2005) ed a promuovere un incremento delle energie rinnovabili anch’esso del 20% sul consumo finale lordo di energia. A ciò si aggiunge quanto stabilito dal Consiglio d’Europa dell’ 8-9 marzo 2007, che ha assunto un impegno non vincolante di riduzione dei consumi finali di energia del 20% al 2020. Tra i vari livelli di difficoltà che tali obiettivi comportano c’è da considerare lo stato dell’economia globale. Il fattore economico, infatti, svolge un ruolo cardine nella possibilità o meno di attuare le politiche di efficientamento energetico. Produrre energia pulita (o meno sporca) significa ricorrere alle fonti rinnovabili, fonti più costose delle tradizionali.
La nuova Direttiva 28/2009/CE ha assegnato all’Italia un obiettivo del 17% di energia prodotta da fonti rinnovabili nei consumi energetici finali, da raggiungere nel settore elettrico, termico e dei trasporti. A fronte di ciò il Governo Italiano, nel piano di azione sulle fonti rinnovabili del giugno 2010, ha stimato l’obiettivo di produzione delle fonti rinnovabili nei tre settori coinvolti in circa 22 Mtep. Per il solo settore elettrico il raggiungimento del potenziale di sviluppo delle fonti rinnovabili (9,11 Mtep), se permanesse l’attuale livello di incentivazione, comporterebbe un costo al 2020 di circa 9,6 miliardi di euro all’anno, circa il triplo rispetto al costo di incentivazione nel 2006, con un incremento del costo medio dell’energia elettrica consumata di circa 25 euro/MWh. Sostenere costi così forti in una congiuntura internazionale ancora incerta e difficoltosa porta l’attenzione al tema dell’efficienza energetica. Appare del tutto evidente, infatti, che gli obiettivi europei potranno essere realmente raggiunti solo attraverso una giusta combinazione tra il ricorso a fonti energetiche alternative e una riduzione dei consumi in grado di contenere l’aumento dei costi. L’obiettivo al 2016 è suddiviso tra il settore residenziale (4,9 Mtep), industriale 1,8 (Mtep), terziario (2,1 Mtep) e dei trasporti (2,0 Mtep).
Sul fronte immobiliare bisogna considerare che i settori Terziario e Residenziale impattano per circa 1/3 sui consumi energetici nazionali, al pari d’Industria e Trasporti, settori che nelle ultime due decadi hanno continuato a incrementare la relativa richiesta energetica; solamente dal 2005 (tranne che per l’Industriale) si è notata un’inversione di tendenza, probabilmente derivante da una maggiore sensibilità ai temi energetici e dalle incentivazioni proposte per l’effettuazione d’interventi atti a rendere più efficiente il settore energetico. La messa in efficienza del patrimonio edificato, sia esso pubblico che privato, passa in generale per tre nodi fondamentali: la possibilità di ridurre il ricorso a combustibile fossile, la capacità di migliorare il rendimento degli impianti che consumano energia e una razionalizzazione dell’uso che l’utente finale fa dell’energia stessa. Sul fronte residenziale la principale variabile su cui lavorare è costituita dalla quantità di energia necessaria al riscaldamento invernale (e su questo fronte le nuove abitazioni già devono rispettare i valori limite di contenimento energetico riportati nel D. Lgs 192/05) e al raffreddamento estivo. Tutte le misure, ovviamente, presentano dei costi, ma va ricordato che mostrerebbero come contropartita interessanti attivazioni sull’economia sia del settore delle costruzioni sia sul settore dei beni ad alta efficienza, con ritorni importanti in termini erariali.


Mercati azionari, prospettive e attese

I timori sui Paesi periferici continuano a penalizzare i mercati azionari, nonostante il via libera da parte dell’Ecofin al piano di aiuti da 85 mld di euro a favore dell’Irlanda. Si riaccendono i timori che la crisi possa estendersi ad altri paesi come il Portogallo, considerato l’ulteriore anello più debole della catena europea e additato come nuovo paese ad aver bisogno di aiuti. La situazione del Portogallo presenta però minori criticità rispetto all’Irlanda, dato che la maggioranza politica risulta più salda e il Governo locale ha già presentato un ambizioso programma di tagli dei conti per il 2011. Inoltre, il sistema bancario si presenta molto più solido, nonostante il recente downgrade di Fitch. Secondo indiscrezioni di stampa, il Governo portoghese potrebbe aver ricevuto pressioni da parte degli altri esponenti dell’Eurogruppo affinché richieda aiuti finanziari, attraverso l’utilizzo del fondo d’urgenza dell’Unione Europea; indiscrezioni che tra l’altro sono state prontamente smentite. Sulle aspettative continuano a pesare anche i risultati dell’ultimo intervento restrittivo da parte della Banca Centrale cinese, con l’obiettivo di frenare l’eccessivo surriscaldamento della crescita economica del paese asiatico, limitare l’inflazione e i rischi di nuove bolle speculative. Tale situazione sta incidendo in particolar modo sull’andamento dei prezzi delle materie prime; i timori sono legati a un rallentamento della domanda proveniente dagli investitori cinesi. Inoltre, anche il contesto geopolitico sta esercitando la sua influenza negativa, attraverso il riaccendersi delle tensioni tra le due Coree. Tecnicamente, i principali indici internazionali restano a ridosso di aree resistenziali di forte valenza, anche se resta evidente la maggior forza degli indici statunitensi rispetto a quelli europei.
A livello settoriale, i comparti Finanziari continuano ad appesantire l’andamento dei mercati, con l’indice settoriale dei Bancari tornato in prossimità dei minimi di giugno. Le tensioni scaturite dai periferici sono al centro dell’attenzione dell’Unione Europea, che ha deciso di effettuare, in primavera una nuova ondata di stress test. Questa volta verranno utilizzati parametri più stringenti e saranno effettuati maggiori controlli sull’esposizione delle banche al mercato immobiliare e ai bond governativi. Nel frattempo, la Banca Centrale tedesca ha comunicato che l’esposizione complessiva verso l’Irlanda in capo agli istituti creditizi del paese ammonterebbe a circa 25 mld di euro. Continua ad esprimere forza relativa il comparto Auto, sostenuto dalle crescite degli Emergenti. Un importante contributo è arrivato dai conti trimestrali di Porsche, che ha ottuplicato l’utile operativo a fronte di vendite in crescita dell’86,4%. Resta forte anche il Lusso, sostenuto anche dai risultati trimestrali migliori delle attese riportati da Tiffany.
Partenza positiva per la stagione natalizia negli Stati Uniti, con il mercato che si attende vendite a livelli più elevati degli ultimi tre anni. Recupera forza il Tecnologico, dopo la debolezza che aveva caratterizzato il comparto nelle ultime settimane, grazie alle positive indicazioni trimestrali di Hewlett-Packard; il gruppo ha registrato una crescita della domanda di PC e server soprattutto nei mercati BRIC (Brasile, Russia, India e Cina), dove le vendite sono aumentate del 12%

mercoledì 1 dicembre 2010

Eurozona a rischio crisi

La crisi del debito nella zona euro si muove ad un ritmo sempre più veloce, mettendo ora sotto pressione più paesi contemporaneamente, con le istituzioni dell'Unione europea che potrebbero trovarsi nell'impossibilità di gestire i mercati finanziari se non si cambia il metodo d’intervento.
Per il deficit della Grecia dovuto ai problemi del debito emerso alla fine del 2009, ci sono voluti cinque mesi di costante aumento dei rendimenti dei titoli sovrani greci e gli sforzi da parte dei funzionari dell'Unione europea per contenere la minaccia, prima di organizzare un piano di salvataggio di 110 miliardi di euro. Il ritardo è stato comprensibile perché l'UE non aveva mai avuto a che fare con una crisi del genere dall'introduzione dell'euro nel 1999. Una volta concordato un meccanismo di salvataggio per Atene, è stato solo una questione di giorni prima che i fondi fossero erogati. Nel caso dell' Irlanda, ci sono volute settimane di pressioni da parte dei mercati finanziari e che i rendimenti dei titoli di stato facessero un balzo in avanti, con un differenziale rispetto ai bund tedeschi più del doppio, prima che l'Irlanda chiedesse aiuto. Solo dopo una squadra UE-FMI si è potuto recare a Dublino e assemblare un piano di salvataggio di 85 miliardi di euro. Ma ora la pressione dei mercati si sta esercitando su Portogallo, Spagna, Belgio e forse Italia contemporaneamente. In teoria l'UE ha un meccanismo in atto per cercare di allontanare la pressione, e può agire in poche ore tramite chiamate in video-conferenza e prendere decisioni. Tuttavia, vi sono dubbi sul fatto che, questo meccanismo sia abbastanza agile per superare in astuzia, far andare avanti dei mercati, e muovere abbastanza denaro in tempi rapidissimi, per domare le fiamme di contaggio. Quando si tratta di politici europei e dei mercati, c'è sicuramente una asimmetria delle armi ', ha detto Hugo Brady, analista politico senior presso il Centre for European Reform, un think-tank. La critica fatta è che i leader politici si muovono con un moto in crescendo, piuttosto che a grandi passi, per motivi comprensibili, in quanto è stato sottolineato che essi hanno gli elettori e le loro circoscrizioni elettorali da considerare, mentre i mercati no. Brady ha poi aggiunto che, a suo parere, il periodo di inviare segnali al mercato e vedere come reagiscono deve finire. Non è un gioco che i politici stanno vincendo.
Ora i 16 paesi dell’Eurozona hanno, in teoria, 750 miliardi di € a loro disposizione per contrastare la crisi, del totale, 250 miliardi provengono dal Fmi, 440 miliardi da parte dei governi della zona euro e 60 miliardi da parte dell'UE a 27 paesi. Finora, solo circa 60 miliardi sono stati erogati con il pacchetto per Dublino perché il resto, pari a circa 25 miliardi, provengono da risorse proprie o da prestiti bilaterali. Il salvataggio della Grecia è stato un accordo separato. Con almeno 650 miliardi di €, ancora disponibili, i paesi dell'Eurozona dovrebbero essere in grado di gestire un piano di salvataggio del Portogallo e forse anche della Spagna, se Lisbona e Madrid dovessero fare richiesta di aiuto. In tale eventualità, i team tecnici possono essere spediti in pochi giorni e il denaro potrebbe essere rilasciato in circa una settimana o 10 giorni al più tardi. Oggi Trichet, Presidente della BCE, ha dichiarato, in una conferenza stampa, che è pronto a mettere a disposizione tutte le risorse necessarie. Le sue parole sono state un viatico per le borse che hanno fatto un balzo all'insù, con Madrid salita di oltre il 4%.
Nello schema di salvataggi di debiti sovrani, bisogna considerare che ci si trova davanti operazioni veloci come i fulmini, e quando si parla di Unione europea, le ruote istituzionali possono raramente essere spostate così velocemente. Domenica scorsa, i ministri delle finanze UE hanno fissato i dettagli del patto di stabilità europeo meccanismo, che coinvolgerà gli obbligazionisti privati che dovranno condividere il costo di eventuali default del debito sovrano o di ristrutturazione, ma entrerà in funzione solo a metà del 2013.