Dopo le ansie suscitate dalla situazione delle finanze pubbliche nell' Eurozona, è importante che la circolazione delle idee sia positiva e convergente verso il superamento della situazione contingente onde evitare che gl'investitori in Europa, in America e in Asia non capiscano bene cosa stia succedendo. Essi possono comprendere le dichiarazioni dei vari presidenti Van Rompuy, Barroso e Juncker, tra i quali ci sono più differenze di stile, che di sostanza. La situazione è complessa: il finanziamento per l'Irlanda proviene da due diversi fondi europei e dal FMI, c’è da affrontare le difficoltà di Spagna e Portogallo, poi c'è il coro dei Capi di Stato. Le considerazioni successive sono frutto di spigolature colte leggendo vari articoli sulla stampa nazionale.
Il premio per la comunicazione più pericolosa è senza dubbio da offrire al cancelliere Angela Merkel. Non è solo a causa di sue dichiarazioni intempestive e contraddittorie, ma c'è anche il fatto che la leader tedesca è generalmente considerata come l'unica possibilità di salvataggio della zona euro. Ha indubbiamente alcune difficoltà interne al suo paese da superare, ma a volte il silenzio è d'oro. Il suo ministro delle Finanze si rende conto che abbiamo bisogno di una unione politica in Europa, ma a volte il messaggio è incomprensibile. Questo non facilita la coerenza. In una dichiarazione al parlamento tedesco, il Bundestag, ha sostenuto, a torto, che l'intervento irlandese ha seguito le procedure del FMI. Sapeva di non dire il vero? Questo atteggiamento ha fatto ricadere su di lui rimproveri da tutte le parti, compresi quelli del Presidente della BEI, Philippe Maystadt. La BEI a seguito di queste dichiarazione ha visto fluttuare le sue obbligazioni, con rating AAA che finanziano i progetti dell'Unione europea. Maystadt è generalmente un uomo tranquillo, ma è l'uomo, che in prima linea vive e vede giorno per giorno le conseguenze di tali dichiarazioni. La posta in gioco è alta: di recente, il cancelliere ha annunciato che il settore privato dovrebbe partecipare al rifinanziamento del deficit pubblico a partire dal 2013. Le obbligazione europee sono subito salite sulle montagne russe. La mancanza di una struttura difensiva ha indotto a credere che era possibile che accadesse il peggio. L'idea è legittima: è ovvio che in una ristrutturazione del debito di un paese, obbligazionisti e creditori saranno invitati a partecipare. E' un peccato che non vi è unanimità in Europa sulla necessità di preservare l'Euro. Le ragioni di queste divergenze nelle comunicazioni sono molteplici: la principale è che ogni capo di Stato o di governo o di ogni ministro delle Finanze si rivolge principalmente all'elettorato nazionale. Per questo il messaggio è così distorto quando viene ricevuto. Dietro questo atteggiamento si nasconde una mancanza di consapevolezza delle implicazioni di queste dichiarazioni che vanno al di là del paese di origine. L'Europa ha bisogno di misurare meglio l'impatto delle sue decisioni e della sua comunicazione. Anche questo genera in parte la crisi: senza un messaggio coerente e mirato non solo sulla base di intenzioni, ma su decisioni specifiche, si rischia di vedere aumentare la comunicazione europea, la preoccupazione dei singoli e delle istituzioni. Poichè i media sono appassionati di lotte e di drammatizzazione delle interpretazioni, il messaggio deve essere coerente e rassicurante. Siamo lontani dal caso del diagramma, la gestione delle crisi richiede una rigorosa disciplina.
Il premio per la comunicazione più pericolosa è senza dubbio da offrire al cancelliere Angela Merkel. Non è solo a causa di sue dichiarazioni intempestive e contraddittorie, ma c'è anche il fatto che la leader tedesca è generalmente considerata come l'unica possibilità di salvataggio della zona euro. Ha indubbiamente alcune difficoltà interne al suo paese da superare, ma a volte il silenzio è d'oro. Il suo ministro delle Finanze si rende conto che abbiamo bisogno di una unione politica in Europa, ma a volte il messaggio è incomprensibile. Questo non facilita la coerenza. In una dichiarazione al parlamento tedesco, il Bundestag, ha sostenuto, a torto, che l'intervento irlandese ha seguito le procedure del FMI. Sapeva di non dire il vero? Questo atteggiamento ha fatto ricadere su di lui rimproveri da tutte le parti, compresi quelli del Presidente della BEI, Philippe Maystadt. La BEI a seguito di queste dichiarazione ha visto fluttuare le sue obbligazioni, con rating AAA che finanziano i progetti dell'Unione europea. Maystadt è generalmente un uomo tranquillo, ma è l'uomo, che in prima linea vive e vede giorno per giorno le conseguenze di tali dichiarazioni. La posta in gioco è alta: di recente, il cancelliere ha annunciato che il settore privato dovrebbe partecipare al rifinanziamento del deficit pubblico a partire dal 2013. Le obbligazione europee sono subito salite sulle montagne russe. La mancanza di una struttura difensiva ha indotto a credere che era possibile che accadesse il peggio. L'idea è legittima: è ovvio che in una ristrutturazione del debito di un paese, obbligazionisti e creditori saranno invitati a partecipare. E' un peccato che non vi è unanimità in Europa sulla necessità di preservare l'Euro. Le ragioni di queste divergenze nelle comunicazioni sono molteplici: la principale è che ogni capo di Stato o di governo o di ogni ministro delle Finanze si rivolge principalmente all'elettorato nazionale. Per questo il messaggio è così distorto quando viene ricevuto. Dietro questo atteggiamento si nasconde una mancanza di consapevolezza delle implicazioni di queste dichiarazioni che vanno al di là del paese di origine. L'Europa ha bisogno di misurare meglio l'impatto delle sue decisioni e della sua comunicazione. Anche questo genera in parte la crisi: senza un messaggio coerente e mirato non solo sulla base di intenzioni, ma su decisioni specifiche, si rischia di vedere aumentare la comunicazione europea, la preoccupazione dei singoli e delle istituzioni. Poichè i media sono appassionati di lotte e di drammatizzazione delle interpretazioni, il messaggio deve essere coerente e rassicurante. Siamo lontani dal caso del diagramma, la gestione delle crisi richiede una rigorosa disciplina.
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