Le proposte di modifica della normativa comprese nella manovra economica del Governo, riguardante i fondi immobiliari, ha fatto si che in questi ultimi due mesi essi siano stati oggetto di numerosi interventi. In tale contesto gli operatori del settore hanno tentato di dare un contributo sull’opportunità di contrastare i fini elusivi talvolta presenti in alcune gestioni, ma bisogna rivalutare il ruolo positivo che i fondi immobiliari hanno ricoperto nell’ammodernamento del mercato, con conseguenti benefici per l’economia.
Il segretario, Paolo Crisafi dell' Assoimmobiliare, l’associazione di settore, in un suo contributo alla discussione, ha dichiarato di comprendere le necessità che spingono il Governo a richiedere “sacrifici” in un momento delicato come quello attuale, in cui le necessità sono il reperimento di ingenti somme a supporto della spesa pubblica, aumentata per lo sforzo di sorreggere l’economia nazionale, ma ha espeso il timore che le manovre in atto, per il reperimento nell’immediato di risorse, rischiano di provocare danni strutturali le cui conseguenze andrebbero ben oltre la contingenza di una crisi. Infatti, l’industria dei fondi immobiliari, con oltre 40 miliardi di Euro d' investimenti, in pochi anni, è divenuta il driver in termini di trasparenza e qualità del mercato immobiliare italiano e si prevede abbia ancora margini di crescita tali da consentire, se giustamente stimolata, di raddoppiare gli attuali valori in pochi anni. Grazie alla diffusione di questo strumento in alternativa al tradizionale investimento attraverso le Srl, inoltre, il nostro Paese, nell’ultimo decennio, è passato nel ranking internazionale della trasparenza predisposto da Jones Lang La Salle, che esamina i primi 50 paesi/mercati, dal non essere rilevato, sino al 19° posto, una posizione che lo colloca nella parte alta della classifica dei paesi per livello della trasparenza del mercato immobiliare. È, quindi, condivisibile correggere la regolamentazione di settore al fine di evitare usi impropri ed elusivi, ma è quantomeno altrettanto importante preservarne l’operatività potenziandone le capacità di collettori del risparmio, oggi diretto prevalentemente verso impieghi in immobili destinati allo svolgimento di attività economiche (uffici, alberghi, logistica, centri commerciali, industria, ecc.) e domani indirizzabile verso progetti dalla spiccata finalità sociale e a futura disposizione di interventi volti ad alleggerire temi caldi quali la carenza di alloggi destinati a locazione. I fondi potrebbero essere destinati a svolgere un ruolo di primaria importanza anche in campi come l’housing sociale, il federalismo demaniale, lo sviluppo infrastrutturale o l’attuazione di grandi programmi di riqualificazione urbana e recupero del territorio, dai quali dipende una buona parte dello sviluppo del Paese e della sua capacità di ammodernamento. Sul fronte della minaccia elusiva, i timori riguardano i fondi che non presentano una pluralità di investitori, i cosiddetti fondi familiari.
A fronte di tali realtà di minoranza (e comunque tutte approvate dalle competenti autorità di vigilanza), l’industria dei fondi immobiliari è oggi rappresentata, per la maggior parte, da fondi immobiliari sottoscritti da soggetti istituzionali, quali casse di previdenza, fondi pensione italiani ed esteri, oltre a numerosi fondi istituzionali che rappresentano il risparmio collettivo di tanti risparmiatori. I fondi istituzionali sono la dimostrazione della crescita del settore in termini di capacità di trasformare un mercato grigio e sommerso in un mercato caratterizzato da trasparenza e da una crescita delle transazioni internazionali. Proprio partendo da questa caratteristica del mercato, Assoimmobiliare ha adottato una vigorosa difesa nelle sedi istituzionali affinché rientrassero tra i fondi che rispettano il requisito di pluralità quei fondi che presentano come promotore un soggetto rappresentativo di una pluralità di interessi, ricollegandosi alla definizione di pluralità di partecipanti contenuta nella risoluzione n. 137/E del 4 ottobre 2005 emessa dall’Agenzia delle Entrate, secondo la quale: “un fondo per essere tale necessita dunque di una pluralità di sottoscrittori a meno che l’unico detentore non rappresenti una pluralità di interessi così da raffigurare una gestione collettiva”. Questa interpretazione è determinante per gli investimenti dei governi sovrani, delle assicurazioni, dei fondi italiani ed esteri e degli enti di previdenza.
Il segretario, Paolo Crisafi dell' Assoimmobiliare, l’associazione di settore, in un suo contributo alla discussione, ha dichiarato di comprendere le necessità che spingono il Governo a richiedere “sacrifici” in un momento delicato come quello attuale, in cui le necessità sono il reperimento di ingenti somme a supporto della spesa pubblica, aumentata per lo sforzo di sorreggere l’economia nazionale, ma ha espeso il timore che le manovre in atto, per il reperimento nell’immediato di risorse, rischiano di provocare danni strutturali le cui conseguenze andrebbero ben oltre la contingenza di una crisi. Infatti, l’industria dei fondi immobiliari, con oltre 40 miliardi di Euro d' investimenti, in pochi anni, è divenuta il driver in termini di trasparenza e qualità del mercato immobiliare italiano e si prevede abbia ancora margini di crescita tali da consentire, se giustamente stimolata, di raddoppiare gli attuali valori in pochi anni. Grazie alla diffusione di questo strumento in alternativa al tradizionale investimento attraverso le Srl, inoltre, il nostro Paese, nell’ultimo decennio, è passato nel ranking internazionale della trasparenza predisposto da Jones Lang La Salle, che esamina i primi 50 paesi/mercati, dal non essere rilevato, sino al 19° posto, una posizione che lo colloca nella parte alta della classifica dei paesi per livello della trasparenza del mercato immobiliare. È, quindi, condivisibile correggere la regolamentazione di settore al fine di evitare usi impropri ed elusivi, ma è quantomeno altrettanto importante preservarne l’operatività potenziandone le capacità di collettori del risparmio, oggi diretto prevalentemente verso impieghi in immobili destinati allo svolgimento di attività economiche (uffici, alberghi, logistica, centri commerciali, industria, ecc.) e domani indirizzabile verso progetti dalla spiccata finalità sociale e a futura disposizione di interventi volti ad alleggerire temi caldi quali la carenza di alloggi destinati a locazione. I fondi potrebbero essere destinati a svolgere un ruolo di primaria importanza anche in campi come l’housing sociale, il federalismo demaniale, lo sviluppo infrastrutturale o l’attuazione di grandi programmi di riqualificazione urbana e recupero del territorio, dai quali dipende una buona parte dello sviluppo del Paese e della sua capacità di ammodernamento. Sul fronte della minaccia elusiva, i timori riguardano i fondi che non presentano una pluralità di investitori, i cosiddetti fondi familiari.
A fronte di tali realtà di minoranza (e comunque tutte approvate dalle competenti autorità di vigilanza), l’industria dei fondi immobiliari è oggi rappresentata, per la maggior parte, da fondi immobiliari sottoscritti da soggetti istituzionali, quali casse di previdenza, fondi pensione italiani ed esteri, oltre a numerosi fondi istituzionali che rappresentano il risparmio collettivo di tanti risparmiatori. I fondi istituzionali sono la dimostrazione della crescita del settore in termini di capacità di trasformare un mercato grigio e sommerso in un mercato caratterizzato da trasparenza e da una crescita delle transazioni internazionali. Proprio partendo da questa caratteristica del mercato, Assoimmobiliare ha adottato una vigorosa difesa nelle sedi istituzionali affinché rientrassero tra i fondi che rispettano il requisito di pluralità quei fondi che presentano come promotore un soggetto rappresentativo di una pluralità di interessi, ricollegandosi alla definizione di pluralità di partecipanti contenuta nella risoluzione n. 137/E del 4 ottobre 2005 emessa dall’Agenzia delle Entrate, secondo la quale: “un fondo per essere tale necessita dunque di una pluralità di sottoscrittori a meno che l’unico detentore non rappresenti una pluralità di interessi così da raffigurare una gestione collettiva”. Questa interpretazione è determinante per gli investimenti dei governi sovrani, delle assicurazioni, dei fondi italiani ed esteri e degli enti di previdenza.
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