giovedì 30 settembre 2010

Ryanair cambia politica: meno low cost e più servizi

O'Leary, il grande capo di Ryanair, dopo le provocatorie proposte di alcuni mesi fa, di far viaggiare i propri passeggeri in piedi, facendogli pagare anche i servizi di bordo, compresi quelli sanitari, sta maturando l’idea di cambiare politica commerciale offrendo più servizi sia a bordo che a terra negli aeroporti. Sempre pronto a tagliare i servizi per risparmiare denaro, ora, la crisi ha toccato anche la sua compagnia aerea. Infatti il gruppo ha osservato un rallentamento della crescita annua del traffico passeggeri che è stata del 30% all’anno nei primi anni 2000, quest’anno è scesa al 10% circa, ed è prevista una fase calante ancora più accentuata nei prossimi anni. Inoltre, la politica commerciale del gruppo è sempre più contestata da diversi paesi europei, il che potrebbe alla fine far lievitar i costi. In Francia, in particolare, Air France-KLM è intervenuta, per prima, presso la Commissione europea, contro Ryanair per i sussidi versati dagli aeroporti regionali , con trend di crescita molto moderati per attirare più clienti business.
Già, il principale concorrente di Ryanair, EasyJet, che serve i principali aeroporti europei, tra cui Parigi-Charles De Gaulle, Bruxelles e Milano si è avviata su questa strada, mentre la piccola compagnia aerea tedesca Air Berlin si è specializzata nella nicchia di mercato dei viaggiatori d'affari. Se questa tendenza continuerà, anche Ryanair, dovrà tenerne conto con un cambiamento significativo della sua strategia sulla quale in precedenza aveva costruito la propria reputazione: prezzi competitivi, servizi e dispositivi che servono gli aeroporti spartani e lontano dagli aeroporti principali perché troppo costosi.

mercoledì 29 settembre 2010

Mercatini di Natale in Italia

Molte persone stanno organizzando un giro in Italia per un prossimo ponte di vacanze, magari a dicembre per l’Immacolata. Di seguito alcune visite consigliate di paesi e città abbastanza vicine tra di loro.
Una premessa importante: a Milano, la capitale economica d’Italia, dal 4 dicembre al 12 dicembre di ogni anno presso la nuova Fiera di Milano-Rho, raggiungibile anche con la linea 1 della metropolitana, viene organizzata dal 1996 una mostra dell’artigianato, denominata “L' Artigiano in Fiera”. Una grande e nuova "Campionaria del Lavoro" della piccola impresa artigiana, che di fatto con i suoi circa 1000 stand rappresenta uno dei più attrezzati e completi “Mercatini di Natale”. Negli ultimi due giorni, gli espositori provenienti da tutte le parti del mondo, praticano forti sconti che rendono ancora più interessante una seconda visita. L’ ingresso è gratuito.
Ottimo anche un giro nella regione Trentino-Alto Adige.
Vipiteno, Bressanone Merano, Bolzano e Trento. Si può incominciare da Vipiteno, ultima uscita in Italia dell’autostrada del Brennero, uno dei borghi più caratteristici dell’Alto Adige. Poi di seguito Bressanone, millenaria città nel centro della Val d’Isarco. In questa storica cittadina, alla confluenza dei fiumi Isarco e Rienza, circondata dallo splendido scenario delle Dolomiti, si fondono armoniosamente arte e cultura, tradizione e modernità. Il mercatino di Natale è posto al centro della città. Poi nel trasferimento verso Trento è consigliata una tappa a Thununiversum, uno spazio moderno e colorato dove sono esposte le famose ceramiche Thun. Poi Trento con visita al centro storico e ai caratteristici mercatini.
A secondo del tempo a disposizione rimangono da visitare Merano, incantevole cittadina termale sulle rive del Passirio, e Bolzano, romantica cittadina nel cuore delle Dolomiti. Entrambe con interessanti mercatini natalizi da visitare.

martedì 28 settembre 2010

Il FMI per una valutazione obbligatoria sulla finanza pubblica di 25 paesi

Ieri, lunedì 27 settembre, Il Fondo Monetario Internazionale ha dichiarato che è necessaria una revisione periodica della salute finanziaria di 25 paesi sottoponendoli a un esame approfondito di stabilità, almeno ogni cinque anni. Per queste verifiche ha deliberato d'incaricare il 'Financial Sector Assessment Programs' di seguire i paesi considerati più importanti per la stabilità del sistema finanziario globale. Tra i 25 paesi da sottoporre alla valutazione ci sono i paesi sviluppati membri del G7, numerosi paesi asiatici particolarmente attivi nei commerci globali e l' economie emergenti. Questi sono la Germania, Australia, Austria, Belgio, Brasile, Canada, Cina, Corea del Sud, Spagna, Stati Uniti, Francia, Hong Kong, India, Irlanda, Italia, Giappone, Lussemburgo, Messico, Paesi Bassi, Regno Unito, Russia, Singapore, Svezia, Svizzera e Turchia. Queste revisioni sono state create dopo la crisi asiatica della fine degli anni 1990, sulla base dell'articolo IV che prevedeva un programma di verifica (Fsap) già esistente a livello volontario per tutti i Paesi membri del Fondo monetario internazionale, al fine d'individuare gli squilibri che potevano crescere in un determinato paese. Gli Stati Uniti, causando la crisi finanziaria globale scoppiata nel 2007, sono stati criticati per non aver subito una di queste verifiche, alla fine del 2009. Il consiglio di amministrazione dell'FMI non ha ancora deciso quale dovrà essere la periodicità di questi rapporti, anche se la gestione del Fondo si è offerto di scriverne una ogni tre anni.
Sono tre gli elementi che dovranno essere presi in considerazione: impatto potenziale degli squilibri per la stabilità macro-finanziaria a breve; una valutazione delle capacità delle autorità competenti di gestire e risolvere la crisi finanziaria che dovessero insorgere e una valutazione del quadro di politica di stabilità finanziaria a lungo termine di ogni Stato.

lunedì 27 settembre 2010

Rallenta l’economia giapponese

Dopo i sondaggi effettuati che mostrano un rallentamento nel commercio cala anche la fiducia dei produttori che aumentano la pressione sui responsabili politici per rallentare la corsa dello yen, iniettando liquidità nell'economia. Il rallentamento riflette gli avvertimenti da parte di aziende come Nissan Motor Co. e Canon Inc. che, con lo yen salito al più alto livello dal 1995, vedono compromessi i propri guadagni. "Le aziende sono sempre più preoccupate per il business a causa delle prospettive di un rallentamento della crescita globale e della rivalutazione dello yen", ha affermato Minoru Nogimori, economista presso Nomura Securities Co. a Tokyo.
Il Governatore della BOJ, Masaaki Shirakawa, ieri, ha ribadito che la banca ha il pieno controllo dell'impatto dello yen su economia e che "siamo pronti ad attuare le misure necessarie in modo tempestivo, qualora lo si ritenga opportuno. La dichiarazione è stata fatto in un forum ospitato dalla Società giapponese di Economia Monetaria a Kobe, nel Giappone occidentale.
La crescente incertezza sulle prospettive è dovuta soprattutto alle dichiarazioni effettuate dalla Federal Reserve degli Stati Uniti che il 21 settembre ha annunciato la sua disponibilità a facilitare una politica monetaria che stimoli ulteriormente la crescita, una dichiarazione che contiene la premessa di una ulteriore offerta di liquidità al mercato e che ha, di fatto, provocato l'indebolimento del dollaro contro lo yen e l’euro.
Lo yen ha raggiunto quota 82,88 contro dollaro, un livello mai visto dal 1995. Dopo questa impennata la banca del Giappone è passata all’azione annunciando oggi una maxi iniezione di liquidità (800 miliardi di yen). Le operazioni inizieranno il 29 settembre e finiranno il 25 di ottobre. L’effetto-annuncio è stato immediato e stamani la Borsa di Tokyo ha chiuso la seduta in rialzo con l’indice Nikkei 225 che ha guadagnato l'1,39%.

domenica 26 settembre 2010

Viaggi di Natale

Informazioni utili su Valtournenche e Breuil-Cervinia
La cittadina di Valtournenche si trova in Val d'Aosta e sorge a circa 1.528 metri sul livello del mare, possiede un caratteristico abitato fatto di piccole case affacciate sulla valle, e distribuite su un dislivello. S’inserisce nel bellissimo territorio della Comunità Montana del Monte Cervino e conta circa 2.363 abitanti, dista da Aosta 42 km e soli 18 km dall’autostrada.
Nella piazzetta centrale del paese, dal quale partono le spedizioni sul Monte "Becca", come viene chiamato il Cervino, da queste parti, potrete ammirare medaglioni e targhe dedicate alle guide, oltre a uno splendido panorama sulle valli e fitti boschi di rododendri.
A Valtournenche potrete inoltre visitare la Chiesa di Sant'Antonio, costruita nella seconda metà dell'Ottocento, sulla struttura di un precedente edificio del XV secolo.
Valtournenche è la patria delle guide alpine del Cervino e di molti personaggi illustri della Valle d'Aosta. Ha nel suo territorio la rinomata località di Breuil-Cervinia , uno dei comprensori sciistici più vasti delle Alpi. Posta a 2000 metri di altezza è conosciuta come una delle principali località turistiche sia estiva che invernale. Ben collegata con le imprese alpinistiche del Cervino e con i relativi impianti sciistici è, anche, uno dei comprensori sciistici più amati dagli appassionati di questo sport, con i suoi oltre 200 chilometri di piste, chiamato Matterhorn Ski Paradise.
Fornita di alberghi, residence, campeggi e rifugi per tutte le tasche, vale la presa in considerazione per una vacanza di Natale. Ricercare sui vari siti, anche ufficiali della Valle d’Aosta, la combinazione più conveniente può servire ad appropriarsi della propria libertà. Manifestazioni, feste, possibilità di effettuare lo sci notturno e una cultura della buona cucina, completano il quadro.

sabato 25 settembre 2010

L'euro un buon investimento

Questo è accaduto venticinque anni fa, il 22 settembre 1985. I ministri delle finanze delle cinque grandi potenze del mondo (USA, Giappone, Germania, Francia, Regno Unito) si sono riuniti a New York per concordare insieme un deprezzamento del dollaro attraverso interventi mirati sul mercato dei cambi. Anche Tokyo fece il suo gioco e scoprì il fenomeno della endaka riluttante ', lo yen forte.
Un quarto di secolo più tardi, lo spirito dell '"Accordo di Plaza' è ricomparso. Il dollaro si deprezza ulteriormente, almeno nei confronti dell'euro. Tra lunedì 20 e venerdì 24 settembre, ha perso il 3%, a 1,3455 dollari per un euro, il livello più basso da aprile. Ma questo risultato, questa volta, non ha avuto la cooperazione delle banche centrali internazionali, ma è stato causato dalla U.S. Federal Reserve (Fed) che ha colpito i mercati, annunciando martedì di essere pronta, se necessario, ad adottare ulteriori misure. Chiaramente, per la Fed le “ulteriori misure necessarie” potrebbero essere: riprendere la stampa di più biglietti a sostegno di una debole ripresa. In questo momento, gl’investitori, aspettandosi un calo del dollaro, prefereriscono puntare sull'euro. Questo non per dispiacere al governo degli Stati Uniti, ma perché sono disperatamente alla ricerca di aspettative di crescita.
Desiderosi di accrescere le loro esportazioni, gli Stati Uniti non vogliono perdere anche un solo secondo per attendere le decisioni di Pechino sul tasso di cambio dello yuan. Un nuovo passo si è avuto venerdì al Congresso USA: una commissione ha approvato una legge che richiede misure di ritorsione contro la Cina, accusata di sottovalutare la propria moneta. Il premier cinese Wen Jiabao, aveva usato tutta la sua eloquenza mercoledì per difendere l'attuale livello dello yuan, “Se il renminbi si apprezza dal 20% al 40%, come richiesto dal governo degli Stati Uniti, non sappiamo quante imprese cinesi andranno in bancarotta e ci saranno problemi nella società cinese '", ha avvertito.
E per una buona ragione: la crisi è ben lungi dall'essere conclusa, come dimostrano le difficoltà dell'Irlanda. Con un sistema bancario in disordine, una fase di stallo della crescita (- 1,2% nel secondo trimestre), l'ex tigre celtica vede i suoi oneri finanziari esplodere. E allora? La cacofonia crescente sul mercato dei cambi offusca le previsioni degli esperti. A lungo termine, 'nei prossimi due anni, potrebbe benissimo finire con un euro a 1,50 dollari', ha dichiarato l'economista J. Christian de Boissieu. L'interrogativo rimane cosa prevarrà nelle menti degli investitori: i problemi di bilancio della zona euro? Il disavanzo ancora più abissale degli Stati Uniti? O sono tentativi, da una parte o dall'altra, d'influenzare i prezzi di mercato?

Santa Lucia l’isola caraibica più famosa in Italia

Oggi, per i noti fatti politici, l’isola caraibica più famosa in Italia anche come paradiso fiscale, è l'isola di Santa Lucia. Di origine vulcanica è la più montagnosa rispetto alle altre isole dei Caraibi. La capitale di Santa Lucia è Castries, dove vive circa un terzo della popolazione. Il clima è sub-tropicale, moderato dagli alisei provenienti da nord-est, con una stagione secca che va da gennaio ad aprile e una stagione piovosa da maggio a dicembre; le temperature medie sono stabili e oscillano tra i 24 °C e i 32 °C. Da giugno a novembre è possibile imbattersi in sporadiche tempeste tropicali.
Fa parte del Commonwealth britannico, per cui riconosce la regina Elisabetta II quale capo di stato, rappresentato sull'isola da un governatore generale. Il potere esecutivo spetta al primo ministro e al suo gabinetto. La costruzione di numerosi villaggi turistici ha reso Santa Lucia una delle destinazioni caraibiche più alla moda per i turisti dei viaggi organizzati. Gran parte del panorama è rurale: piccoli villaggi costieri di pescatori cedono il passo a un entroterra con piantagioni di banane e palme da cocco, nascoste in valli profonde i cui versanti sono ricoperti del sontuoso manto della giungla. Questo terreno frastagliato continua in mare, dove gli amanti delle immersioni troveranno un paradiso sottomarino fatto di montagne, grotte e pareti scoscese.
St Lucia ha una popolazione di 171.000 abitanti, aderisce alla CARICOM (la Comunità caraibica) e all'OECS (l'Organizzazione degli Stati dei Caraibi Orientali).
L'aumento della concorrenza latino-americana nell'esportazione delle banane e i recenti cambiamenti nella politica d'importazione dell'Unione Europea hanno fatto della diversificazione dell'economia una necessità sempre più impellente per Santa Lucia. L'isola, con le opportune leggi, è stata in grado di attrarre investimenti dall'estero, specialmente nel campo dell'offshore, banche e compagnie private, fino a farne un vero e sostanzioso paradiso fiscale. Questo settore insieme al turismo che rappresenta la principale fonte di guadagno per l'isola, hanno permesso agli abitanti di raggiungere un buon livello di benessere. A questo si aggiunge un settore industriale tra i più diversificati nell'area caraibica orientale, mentre il governo sta tentando di rivitalizzare la produzione di banane. Una annotazione curiosa: Santa Lucia vanta il più alto tasso di vincitori di Premi Nobel in rapporto alla popolazione nazionale. Ben due isolani, infatti, hanno ottenuto tale riconoscimento: l'economista Sir Arthur Lewis vinse il Premio Nobel per l'Economia nel 1979, mentre Derek Walcott ricevette quello per la Letteratura nel 1992.


venerdì 24 settembre 2010

I trasporti ferroviari del futuro

Francoforte-Marsiglia, l'iscrizione chiaramente visibile sul cartello della vettura di piombo, ha il valore di una sfida. Al salone ferroviario InnoTrans, a Berlino, che si tiene ogni due anni e si chiude oggi sono in mostra le ultima novità del settore ferroviario. La società Siemens non ha resistito alla tentazione di inviare questo messaggio, presentando le ultime novità su Velaro, il suo treno ad alta velocità. In Francia, al costruttore tedesco non è stato ancora possibile avventurarsi sulla Parigi-Francoforte anche se operato congiuntamente con la SNCF. Questo nuovo treno, il cui interno è stato migliorato, ha la caratteristica di essere compatibile con tutte le norme francesi per segnaletica, infrastrutture e potenza e sarà sui binari quando nel 2012, l’apertura alla concorrenza sarà completata. La Siemens prevede di lanciare il suo Velaro sulla rete francese sotto la bandiera Eurostar Trenitalia DeutscheBahn. Questo atto simbolico è stato fatto anche per ricordare le ambizioni di Siemens che insieme a DeutscheBahn è molto attiva in attività di lobbying per ottenere il permesso da Eurotunnel per far passare i suoi treni sotto la Manica. L'obiettivo è di servire i Giochi olimpici di Londra del 2012, con una linea tra la Germania e il Regno Unito. Dietro i nuovi prodotti, stanno emergendo problemi di concorrenza che apporterà grandi benefici ai costruttori. Alstom vuole approfittare di questo evento per effettuare un cambiamento strategico con la presentazione di Speedelia, una nuova piattaforma ad alta velocità, la cui caratteristica essenziale è quella di essere 'inarticolato'. In altre parole, i suoi vagoni non si basano su un asse (carrello) comune, come il TGV o l’Eurostar. Più rigido, di un treno chiamato 'articolato', è più resistente ai deragliamenti, ha un centro di gravità più basso e genera meno rumori e vibrazioni. Il nuovo treno, con la nuova piattaforma 'inarticolata', può trasportare 600 persone a 360 chilometri all'ora e si piega più facilmente alle specifiche necessarie alle diverse situazioni. Queste prestazioni permetteranno di partecipare con più chances alle gare internazionali, in particolare in Italia e in Brasile. Nel frattempo, la canadese Bombardier, ha presentato un modello in scala dello Zefiro. Questo treno ad alta velocità che collegherà Pechino a Shanghai, in meno di quattro ore nel 2012, sarà disponibile in Europa dal 2014. E anche per questo treno la società costruttrice sostiene di possedere la più alta capacità di trasporto-passeggeri e livelli senza precedenti di comfort. Tuttociò a conferma che la gara per i treni di alta velocità si fa sempre più serrata. Veolia e Trenitalia, che gestiranno da settembre 2011 la Milano-Parigi via Lione, non nascondono la loro volontà di differenziarsi dal TGV in materia di qualità di servizio. Secondo Christoph Klaess, direttore di progetti strategici di Bombardier, ' il benessere a bordo, in particolare la presenza di posti a sedere eccellenti in prima classe, diventerà essenziale. La velocità massima, come concetto di prestigio nazionale, non conterà più come prima '. Alla fine, probabilmente, vedremo i treni orientati verso una clientela di alto livello viaggiare, su alcune linee, con una convergenza nel confort, tra il nostro universo e l'industria aerea. Tuttavia, in Europa e in altri continenti, i governi di fronte alla crisi delle finanze pubbliche hanno dovuto rivedere alcuni progetti al ribasso. Qua e là sarà necessario rinunciare a superare i 300 chilometri all'ora e, invece di velocità molto elevate, sarà semplicemente sufficiente la grande velocità. In Brasile, il governo sembra considerare la possibilità di far circolare un treno ad assetto variabile - che s’inclina nelle curve per guadagnare velocità - tra Rio e Sao Paulo. In Gran Bretagna, il collegamento ad alta velocità, a est di Londra, potrebbero optare per tale soluzione. La Alstom treni ad assetto variabile o il convenzionale Siemens può vantare alcuni vantaggi. Filano a quasi 250 chilometri all'ora, senza imporre la realizzazione di una rete ferroviaria molto costosa e appositamente progettata per l’alta velocità. Una soluzione di questo tipo è già stato scelta in Russia per collegare Mosca a San Pietroburgo, e nel Regno Unito con le linee del gruppo Virgin.

mercoledì 22 settembre 2010

Prossima valuta di riserva: lo yuan ( o renminbi)

Pechino sta preparando l’internazionalizzazione passo dopo passo della sua moneta. I segnali in questa direzione sono in crescita: la Bank Negara Malaysia ha potuto acquistare obbligazioni denominate in yuan, secondo le informazioni del Financial Times di lunedì 20 settembre. L'iniziativa, senza precedenti, è altamente simbolica, e deriva direttamente dalla decisione cinese, annunciata nel mese di agosto, di consentire alle banche estere - comprese gli istituti di emissione - di sottoscrivere il proprio debito pubblico. E questa non è l'unica innovazione. A Hong Kong, sempre nel mese di agosto, McDonald's è stata la prima società straniera a emettere titoli non finanziari in yuan. Il gigante del fast food americano potrebbe presto essere seguito dal produttore russo di alluminio Rusal. In realtà, sono due anni che la Repubblica Popolare ha contatti diplomatici al servizio dei propri interessi economici. Ha firmato una serie di accordi di scambio di valuta (swap) - con Hong Kong, Argentina, Bielorussia, Islanda, Indonesia, Malaysia, Singapore e Corea del Sud - per facilitare l' uso del renminbi nelle transazioni commerciali. Pechino ha anche lanciato nel 2009, a titolo sperimentale, il RMB come base dei suoi scambi con alcuni paesi, in particolare nel Sud-Est asiatico. Questi timidi tentativi di sviluppo non sorprende gli esperti. 'La Cina non può fare diversamente', ha dichiarato Yves Zlotowski, capo economista di Coface, “se il numero uno mondiale delle esportazioni vuole sorpassare il Giappone come seconda economia più grande del mondo, perché il divario è ormai troppo grande tra il suo peso economico e il ruolo della sua valuta.
Il gigante asiatico mira principalmente a rafforzare le sue relazioni commerciali con i suoi vicini più prossimi, tutti forniti di economie dinamiche e con una domanda prevista in crescita più forte di quella dei paesi industrializzati. Il 1 ° gennaio 2010, la Cina e i sei maggiori Stati dell'ASEAN (Associazione delle nazioni del Sud-Est Asiatico) hanno rimosso le barriere per il 90% degli scambi. E' così conveniente usare una moneta unica', rileva l'Economist. Oggi, i contratti in yuan rappresentano il 10% degli scambi commerciali tra Cina e ASEAN. Essi dovrebbero raggiungere il 30% entro cinque anni. Promuovendo l'utilizzo del renminbi come valuta di fatturazione, Pechino ha ridotto il rischio di valuta incontrati dai suoi esportatori. Inoltre, più la Cina promuove l'uso internazionale del renminbi, più si restringe il flusso di dollari che entrano nel paese. Il più grande detentore di riserve in valuta estera del mondo spera di ridurre gradualmente la sua esposizione al biglietto verde. Dato il peso della sua attività in dollari, Pechino dovrà procedere molto lentamente, deve a tutti i costi evitare il collasso del dollaro di cui sarebbe la prima vittima.
Ma in dieci, venti anni, lo yuan diventerà un serio concorrente del dollaro come perno centrale del sistema finanziario globale? Per poter beneficiare di tale status, deve prima diventare pienamente convertibile. 'Questo non avverrà fin quando il sistema finanziario cinese non sarà più forte. Attualmente, non è sufficientemente sviluppato per supportare la circolazione dei capitali su larga scala ', ha dichiarato Agnes Benassy-Quéré, direttore del Centre d'Etudes et d'Informations Prospettive Internationales (CEPII).
La Cina non vuole lasciare per il momento anche il controllo dei tassi di cambio. Se esso fluttua liberamente, lo yuan si potrebbe apprezzare rapidamente. Una rivalutazione sarebbe dannosa per le esportazioni, vitali per l'economia. D’altra parte le pressioni americane per una rivalutazione della moneta cinese diventano sempre più forti e negli incontri previsti nei prossimi giorni a New York tra il premier cinese, Wen Jiabao e il presidente americano Barack Obama, è probabile che il valore del cambio delle monete dei due paesi sarà il piatto forte della discussione.

martedì 21 settembre 2010

Fondo di salvataggio europeo ottiene le tre AAA

Le tre principali agenzie di rating del rischio, Moody's, Fitch e ieri Standard & Poor's, hanno assegnato il punteggio più alto possibile (AAA) al fondo di salvataggio europeo creato per aiutare i paesi che possono avere difficoltà a finanziare il proprio debito sovrano. Il fondo di salvataggio, denominato Financial Stability european Facility (FEEF) può effettuare emissioni per un totale di 440 miliardi di euro con la garanzia dei 16 paesi dell’Eurozona. La notizia coincide con una giornata particolarmente difficile per il mercato del debito dell'Irlanda e del Portogallo.
La concessione dei pieni voti ha sepolto alcune delle incertezze e ha aperto la strada per il fondo di salvataggio che potrebbe essere operativo a breve. Il FEEF è considerato l'embrione del futuro Fondo monetario europeo, la cui creazione sarebbe uno strumento decisivo per la stabilizzazione dell’ euro. Il FEEF, fu concordato nella notte tempestosa del 9 maggio, dopo che per alcuni giorni diversi paesi della zona euro avevano subito un attacco dei mercati. Questo fondo è parte di un più ampio pacchetto di aiuti che ammonta a 750 miliardi di euro, di cui 250 miliardi saranno forniti dal Fondo monetario internazionale (FMI) e altri 60 miliardi per la stabilità finanziaria europea, meccanismo istituito dalla Commissione europea con il bilancio comunitario di garanzia. Questo pacchetto, che finora non è stata utilizzato, non implementa i 110 miliardi, del fondo creato in precedenza per aiutare la Grecia, e già previsti nella prima parte. Il fondo ha la capacità di emettere euro-obbligazioni, con la garanzia degli Stati membri, in proporzione al loro contributo al capitale della Banca centrale europea (BCE). I garanti principali sono la Germania con 119.390 milioni, la Francia, 89.657, Italia, 78.784 e la Spagna con 52.352 milioni in euro. Hans-Werner Sinn, in un articolo pubblicato nel CESifo, ha detto che la somma di tutti gli aiuti subordinati o suscettibili di mobilitazione (750 miliardi impiegati, 110 miliardi riservati alla Grecia, e i 60 miliardi di debito sovrano acquisiti dalla BCE) ammontano a 920 miliardi di euro: una cifra leggermente inferiore a quello del debito pubblico combinato di Grecia, Portogallo e Spagna alla fine 2009 ammontante a 1,06 miliardi di euro. laus Regling, amministratore delegato del FEEF, ha dichiarato ieri che il rating più alto di soddisfazione è stato dato dalla chiara conferma che il fondo "può svolgere il ruolo previsto e di essere uno dei cardini della strategia europea di mantenere la stabilità del debito sovrano del mercato nella zona euro. " Regling ha continuato, che a suo parere, lo scenario principale è che il fondo non dovrà essere operativo ". 'La cosa importante è esserci in caso di necessità ", ha aggiunto, ricordando che sarebbe operativo solo in caso di richiesta di uno Stato."L’ ottimismo di Regling è qualche volta scioccante e ieri ha dominato il mercato dei debiti in alcuni paesi. Il premio di rischio che dovrebbe essere pagato agli investitori obbligazionari da Irlanda e Portogallo, per i titoli a 10 anni sul Bund tedesco ha raggiunto il prezzo più alto dall'introduzione dell'euro. Le obbligazioni irlandesi e portoghesi erano situati rispettivamente a 399 e 392 punti base sopra il titolo tedesco. Gli investitori hanno richiesto un rendimento del 6,64% per le obbligazioni irlandese e 6,47% per quelle portoghesi, mentre i titoli tedeschi erano scambiati a 2,45%. La Spagna è rimasto fuori di questa tempesta del mercato del debito. L’assicurazione per coprire eventuali default del debito irlandese, noto come credit default swap (CDS), ha registrato un record salendo a 448 punti base, nella prospettiva di deficit pubblico. Nel caso della Grecia, il CDS è sceso da 882 punti a 852, perchè c’è stato un marcato miglioramento del controllo dei loro deficit. Il FMI e la BCE hanno concordato ieri una nuova missione in Grecia per effettuare ulteriori test come da impegni precedentemente presi.

lunedì 20 settembre 2010

Boom del commercio mondiale

L’OMC, Organizzazione Mondiale del Commercio, ha annunciato oggi lunedì, 20 settembre, che il 2010 è destinato a vedere una crescita senza precedenti del commercio mondiale, dopo aver rivisto al rialzo le sue previsioni al 13,5%. Nelle sue ultime previsioni di marzo, l'organizzazione aveva previsto una crescita del commercio del 10% per l’intero l'anno. Se il commercio mondiale è aumentato del 13,5%, con una espansione più rapida dalle contrattazioni record del 1950, chiarisce ancora l'OMC, tuttavia tale aumento è in gran parte attribuibile alla caduta storica del commercio nel 2009 a causa della crisi.
Immediate le ricadute sulle Borse di tutto il mondo con aumenti che ha visto Wall Street chiudere in territorio nettamente positivo. Il Dow Jones è salito dell'1,37% a 10.753,69 punti. Il Nasdaq è avanzato dell'1,74% a 2.355,83 punti mentre lo S&P 500 ha messo a segno un progresso dell'1,52% a 1.142,71 punti.
Domani invece l'attenzione sarà completamente dedicata alla Federal Reserve, che annuncerà la decisione sui tassi di interesse. Gli economisti non prevedono alcun cambiamento nello status quo sul costo del denaro, ma probabilmente verrà annunciato qualche dettaglio sulle prossime misure di quantitative-easing. Quello che verrà stabilito potrebbe influenzare in maniera decisiva le prossime sedute. Molte attese si sono create per l'intervento del presidente Obama sull'economia. Riflessi altrettanti positivi si attendono per le sedute del 21 settembre.

Alla Fiat è scontro

Nella trasmissione televisiva dell’Infedele su La7, di questa sera si dissertato sulla giustezza o meno della retribuzione del CEO Fiat, pari a 435 volte la retribuzione base di un operaio di Pomigliano, ma poco si è parlato dell’approccio pragmatico e diretto, che l'amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, ha adottato, in conflitto con i sindacati. Il progresso che ha raggiunto in pochi mesi in termini di flessibilità superano quelli che l’Italia ha fatto in tutti questi anni. Senza queste modifiche, a Marchionne non sarebbe riuscita mai la metamorfosi che la Fiat ha conseguito nell'ultimo biennio. Marchionne vuole raddoppiare la produzione delle automobili entro il 2014, e per questo ha bisogno di più lavoratori. Egli è disposto a creare nuovi posti di lavoro in Italia, ma solo se i sindacati potranno garantire un buon clima sociale e una produttività molto più alta. Lo stabilimento Fiat in Polonia produce quasi la stessa quantità di veicoli dei cinque siti italiani del gruppo, ma con il 70% della forza lavoro in meno. Marchionne ha minacciato di trasferire la produzione in Europa orientale se non sarà possibile introdurre maggiore flessibilità nei contratti di lavoro. Pomigliano d'Arco è diventato il principale teatro di conflitto. Se quattro dei cinque sindacati che sono presenti nella unità di produzione inefficiente che si trova vicino a Napoli hanno accettato le condizioni del signor Marchionne, il quinto, la FIOM, sta resistendo. Probabilemente il più grande sindacato dei metalmeccanici in Italia ha sottovalutato la determinazione del signor Marchionne.
Come la signora Thatcher, a cui il CEO Fiat è stato paragonato, si scontrò con i sindacati minerari e vinse la prova di forza, così Marchionne che ha un carattere forte, vuole vincere la sua battaglia. La sua risposta è stata la creazione di una nuova società che è rimasta al di fuori della Confindustria per cui non è tenuta ad applicare i contratti di lavoro nazionali. A luglio, la maggior parte dei lavoratori rappresentati dai quattro altri sindacati a Pomigliano - il sito che la Fiat vuole destinare alla fabbricazione della nuova Panda, hanno firmato i nuovi contratti di lavoro. Complice il calo delle vendite auto nel mese d’agosto, Marchionne ha già ottenuto molto di quello che voleva. Ai primi di settembre, la principale organizzazione italiana di industriali ha detto che con il rinnovo dei contratti di lavoro della metallurgia a partire dal 2012 si dovrà negoziare condizioni più flessibili per l'industria automobilistica. Altri settori seguiranno certamente. In effetti, qualche economista pensa che forse è un modo per la Fiat di soddisfare il suo debito nei confronti di un paese che l’ha sostenuta per molti anni.

domenica 19 settembre 2010

La Svizzera riapre il dibattito sull'Europa

Il Consiglio federale svizzero desidera rimodellare il suo rapporto con l'Unione, ma nessuna domanda per ora circa l'adesione alla UE.
Il dibattito sul futuro della coppia Berna-Bruxelles torna sulla scena politica svizzera, con un momento di riflessione che il Consiglio federale sta attualmente conducendo per le sue relazioni con l'Unione europea. Il 18 agosto, la Giunta aveva espresso la posizione elvetica, e aveva anche incaricato un gruppo di esperti che poteva prendere in considerazione tutte le opzioni in linea con il "buon funzionamento delle istituzioni". I loro risultati saranno pubblicati nel "Rapporto Europa” entro la fine del 2010. Le principali opzioni sono: un accordo quadro, nuovi accordi bilaterali o un processo di adesione.
Mentre Bruxelles mira all’assunzione automatica del diritto comunitario, i politici elvetici la rifiutano, nella misura in cui temono di perdere la propria sovranità. "Tutta la discussione di fatto portano a una terza via, cioè a un terzo accordo bilaterale ", prevede Swissinfo. Nella discussione si è valutato che l'Europa ha un vantaggio: la cosiddetta "clausola ghigliottina" che lega gli accordi bilaterali. Se una di loro cade, tutti gli accordi decadono. E senza questi accordi, il PIL svizzero, che dipende per la metà delle esportazioni, precipitano. Nel mese di luglio, il think-tank Future svizzero aveva evocato una pista diversa, quella di entrata nello Spazio economico europeo (SEE) o contrattare una forma di adesione, mantenendo il franco. Questa soluzione dopo diciotto anni di accordi bilaterali, presentati alla gente come la via migliore, sostiene Michael Fust, Segretario generale del Nuovo movimento europeo Svizzera (Nomes) non soddisfa le forze sociali perché il 30-50% delle leggi svizzere sono già copiate da quelle europee, diventare un membro a pieno diritto difenderebbe meglio gl’interessi elvetici. Rene Schwok, un economista dell’Istituto europeo dell'Università di Ginevra, ritiene relativa l'urgenza di ridisegnare nuovi accordi bilaterali. "Questa modalità di cooperazione è più difficile, ma ancora vitale per pochi anni", ha dichiarato al quotidiano vodese 24 ore. Come lui, molti esperti sono cauti, perché in Svizzera l'argomento è tabù. Nel 1992 gli Svizzeri hanno rifiutato di ratificare l'accordo sullo Spazio economico europeo nel 2001, respingendo l'iniziativa "Sì all'Europa" con il 76,8% dei voti. Con la crisi che infuria nella UE dopo l'annuncio del disavanzo greco e le difficoltà dell'Irlanda, la diffidenza popolare è stata ulteriormente rafforzata. A Bruxelles, Leuthard ha dichiarato ironicamente: "La Svizzera ha un livello di indebitamento del 39% del PIL: incontriamo i criteri di Maastricht se esistono ancora.
In casa UE si valuta che la rete di accordi bilaterali tra l'UE e la Svizzera è diventata complessa e molto ingombrante, ha dichiarato 19 luglio il presidente della Commissione europea, Jose Manuel Barroso, nel corso di un incontro con il presidente della Confederazione Doris Leuthard. “Abbiamo bisogno di regole del gioco più chiare per dare nuovo slancio alla nostra partnership”. Come promemoria, Berna si è impegnata a livello bilaterale con i paesi dell'Unione europea dal 1998, firmando più di 120 accordi di misura che complicano il funzionamento del governo. I negoziati sono in una fase di stallo in diversi settori, compresa l'elettricità, la sanità e l'agricoltura.
Resta la necessità per la Svizzera, paese interamente circondato dalla zona Euro, che di fatto ha quasi una doppia circolazione di valute (Euro e Franco) che ha sottoscritto gli accordi di Schengen sulla libera circolazione delle persone all’interno dell’area, con un commercio intra-europeo che raggiunge, in alcuni settori il 50% - 65% dell’intero volume, di trovare accordi capaci semplificare i flussi di merci, d’investimenti e d’insediamenti industriali di grandi e piccole dimensioni.

sabato 18 settembre 2010

Nuove disponibilità al Fondo Monetario Internazionale

Tokyo, Parigi, Londra e Pechino daranno 6 miliardi di euro in più al FMI.
'Giappone, Francia, Gran Bretagna e Cina hanno firmato un accordo per erogare 8 miliardi dollari (6.13 miliardi di euro) in ulteriori fondi al FMI per poter aumentare la sua capacità di aiutare paesi a basso reddito più colpite dalla crisi globale', ha annunciato l'istituto venerdì 17 settembre.
Ai sensi degli accordi firmati separatamente il 3 settembre, Tokyo, Londra e Pechino si sono impegnati ad acquistare obbligazioni del FMI, pari rispettivamente a 2,7 miliardi di euro, 2 miliardi di euro e 1,2 miliardi di dollari. La Francia ha a sua volta firmato un accordo per un prestito di 2 miliardi di dollari.
I quattro paesi avevano firmato accordi nel 2009 per dare al Fmi un totale di oltre 180 miliardi dollari, per aumentare le risorse disponibili per i paesi in difficoltà. Il FMI ha rilasciato in questa occasione per la prima volta della sua storia quote extra, che sono state acquistate dal gruppo di paesi 'Bric' (Brasile, Russia, India e Cina).

Banche internazionali e vulnerabilità del sistema

Un sistema ancora fragile quello bancario internazionale che si spera con le nuove regole di Basilea III, nel giro di qualche anno possa incominciare a dare più tranquillità agli investitori, soprattutto negli USA. Infatti dopo due anni del fallimento della banca d’affari americana Lehman Brothers, in Europa ancora non sono chiare le ragioni per cui la FED e il governo USA hanno lasciato fallire questa banca fra le più importanti del sistema americano e non altre che avevano deficit maggiori di questa. La buona salute delle banche, infatti costituisce un elemento essenziale della ripresa economica, soprattutto nel caso particolare dell’Europa dove l’economia è finanziata per i due terzi dai crediti bancari contro un terzo degli USA. Certo alcune grandi banche stanno realizzando delle ottime performances, come prima della crisi: Unicredit, la spagnola Santarder e la francese BNP Paribas. Le loro cifre d’affari nel secondo trimestre 2010 sono superiori a quelle del primo trimestre 2007, cioè prima che scoppiasse la bolla dei subprimes, i famosi crediti immobiliari a rischio creati negli USA e poi diffusisi in tutto il mondo. Tuttavia ci sono settori interi del sistema che ancora hanno dei gravi problemi. Negli USA molte delle piccole imprese legate al settore immobiliare e commerciale, un mercato di 1241 miliardi di euro, con un fardello cambiario, superiore a quello dei subprimes, dove il tasso di fallimento dei crediti si attesta all’8%. Le autorità di controllo del settore finanziario hanno censito 829 imprese in condizioni fallimentari. Circa 7 volte più che nel 2009.
In Europa, eccetto la Grecia sotto controllo e l’Irlanda con il dissesto di Anglo Irish Bank, altri due paesi pongono problemi: la Spagna e la Germania. Le Casse di Risparmio spagnole soffrono per la loro esposizione ai crediti immobiliari locali, dove il tasso di fallimento è del 9%. La Spagna ha un 1,2 milioni di appartamenti invenduti.
Le banche pubbliche tedesche hanno una grossa palla al piede perche nei loro portafogli vi sono grosse quantita di titoli tossici che hanno dato luogo alla crisi. L’aiuto pubblico non permetterà di portare alle estreme conseguenze le banche in difficoltà, ma non si conosce quale potrà essere l’evoluzione del mercato nel caso che la crescita economica rallenti.
Settore bancario convalescente è in attesa di nuove turbolenze.
Infatti le nuove regole, adottate a Basilea il 12 settembre scorso, denominate Basilea 3, serviranno a mobilitare il capitale bancario per buoni investimenti. Meno severe di quanto le banche si aspettavano in primo momento, queste regole comunque richiedono il raddoppio dei fondi propri. I ratio di solvibilità medio delle banche è attualmente del 5%, ben al di sotto del 9% richiesto dai nuovi regolamenti. Questi criteri costringeranno le banche a non mischiare il capitale con i crediti, l’acquisto di azioni e d’obbligazione e altre misture come trasformare dei crediti in prodotti finanziari. Molti economisti si aspettano importanti cambiamenti nella strategia finanziaria delle banche e soprattutto una corsa verso i Titoli di Stato. Dovrà anche aumentare, secondo il parere di alcuni economisti il loro livello di redditività (ROE). La stessa professione bancaria dovrà accettare una evoluzione che altri settori economici non hanno ancora fatto. Con un ROE vicino al 10%, i corsi in Borsa non ritroveranno mai i livelli pre-crisi. Bisognerà affrontare il futuro come un progresso, come l’opportunità di entrare in un mondo con meno rischi e più possibilità di far affari.

venerdì 17 settembre 2010

Il petrolio in ribasso chiude a 73,66 dollari

Il greggio degli Stati Uniti ha chiuso oggi in ribasso per la quarta volta sul mercato di New York, influenzato dall’ imprevisto calo del morale delle famiglie americane, secondo i risultati preliminari del sondaggio mensile della Università del Michigan. Il contratto di ottobre, che scade martedì, ha chiuso con un perdita di 91 centesimi, o 1,22%, a 73,66 dollari al barile. In precedenza era stato oggetto di scambi tra 72,75 e 75,25 dollari. Nella settimana, la sua caduta è stata di 2,79 dollari, o 3,65%, il più grande calo percentuale rispetto alla settimana del 13 agosto. Dopo la chiusura del New York Mercantile Exchange, il contratto di novembre sul Brent ha quotato 35 centesimi (-0,45%) 78,13 dollari.
L’OPEC, l'Organizzazione dei paesi produttori di petrolio, il cartello più potente che quest’anno festeggia i 50 anni perché fondato nel 1960, controlla a fatica il prezzo di mercato dell'oro nero. Oggi questo cartello che ha dimostrato la sua efficacia durante la crisi non facendo calare i prezzi, vede, con il non rispetto delle quote di produzione, un calo del valore del barile."Gli accordi per cui dovrebbero produrre 24,85 milioni di barili al giorno, non vengono rispettati perché si vendono 26,8 milioni di barili sui mercati", spiega Jean-Bernard Guyon, direttore esecutivo di Commodities AM. Nel mese di luglio, i membri del cartello hanno rispettato i loro impegni al 53%. La nazione più rispettosa è stata l'Arabia Saudita, con una riduzione della produzione pari all’ 89% del suo tetto. Le meno rispettose, il Venezuela e l’Iran, con riduzioni pari rispettivamente al 28% e al 38%. Va detto che, con livelli record di capacità inutilizzata, di 6,5 milioni di barili al giorno, la tentazione di superare le quote è grande.
BP che ha sigillato uno dei pozzi più importanti nel Golfo del Messico non ha finora portato benefici al prezzo del petrolio con eventuali rialzi.

giovedì 16 settembre 2010

Nuovi aumenti dei prezzi per i prodotti alimentari

Il potere d’acquisto e il tenore di vita è il problema numero uno degli Europei, e, fra questi, degl’Italiani a causa degli aumenti delle materie prime, grano e cereali innanzitutto. Dopo aver attraversato un periodo relativamente calmo, gli effetti di questi aumenti potrebbero riaprire tensioni inflazionistiche.
La causa del panico viene dai listini del frumento, del cacao, del caffè e da numerosi altri prodotti principali dell’agricoltura. La siccità in Russia e il conseguente annuncio da parte di questi paesi, all’inizio di agosto, di un embargo sulle esportazioni di cereali ha provocato una fiammata dei corsi del grano e in modo particolare del frumento : +65% dal mese di luglio sul mercato europeo d’Euronext e + 46% a Chigaco. Questi rincari possono avere degli effetti disastrosi sulle industrie della filiera agricola, avicola e della carne. L’alimentazione del bestiame, ricca di cereali, rappresenta dal 60% all’80% degli scambi degli allevatori. Dopo giugno i nostri costi di produzione sono aumentati di circa 25 centesimi al kg. di carne prodotta, sono le lamentele dei produttori di carne di maiale. Quasi un lavoro in perdita, visto che la cessione delle carcasse di maiale non supera l’1,35 – l’1,40 euro a kg. e la produzione costa tra l’1,40 e l’1,50 euro per kg. E’ logico che per compensare questa salita dei costi di produzione gli allevatori vorrebbero veder aumentare i loro prezzi. Se gl’intermediari non si approfitteranno della situazione, aumentando il loro margine l’ascesa dei prezzi non dovrebbe essere drammatica per i consumatori che pagheranno la carne di maiale intorno ai 6 -7 euro per kg.. Situazione diversa per l’evoluzione dei corsi mondiali dei cereali che avrà una ripercussione immediata sui prezzi di vendita dei prodotti trasformati con aumenti dal 6% al 7% sul mercato mondiale. Qualche preoccupazione viene dalle associazione dei consumatori per cosa farà l’industria e la grande distribuzione che hanno grandi possibilità di aumentare i loro margini scaricando il tutto sui consumatori. Esempio semplice: il costo al dettaglio del pane, dove il costo della farina non incide più del 8% -10% del prezzo finale, ma che già oggi raggiunge prezzi salati.
Secondo alcuni economisti la salita dei corsi delle materie prime si ripercuoterà inesorabilmente sul potere d’acquisto degli Italiani, e se pure contenuta l’inflazione risulterà del 2% nel 2011 in un contesto di stagnazione dei redditi familiari e dei salari. Fra l’altro si tratterà di una cattiva inflazione perché quasi esclusivamente d’importazione.

L’Africa pronta a prendere il volo

L’afro-pessimismo non è più di moda e il continente e la sua economia sono pronte a prendere il volo. Sono molti gl' investitori che scoprono che l’Africa è diventata un continente di opportunità, perché promette un rapido sviluppo, così come i paesi asiatici e il Brasile. Le statistiche del Fondo Monetario Internazionale riscontrano un tasso di crescita annuale attorno al 5,1%, nonostante un 2009 mediocre.
Jim O'Neill, capo economista di Goldman Sachs, inventore dell’acronimo “Brics” per designare i paesi emergenti con un’economia in vigorosa crescita (Brasile, Russia, India e Cina) in una intervista al Finacial Times del 28 agosto, non era poi molto lontano dal pensare che nei prossimi 40 anni qualcuno dei grandi paesi africani si potesse aggiungere alla lista. Egli aveva scritto che la Nigeria con i suoi 180 milioni di abitanti fra 30-40 anni avrebbe potuto pesare nel commercio mondiale più di Canada, Italia o Corea del Sud. Oggi il continente africano nel suo insieme è un nuovo Brasile classificato nono nell’economia mondiale.
In uno studio del Mckinsey Global Institute presentato il 14 settembre a Parigi sono enumerate le cause di questo risveglio, in modo particolare le ricchezze del sottosuolo africano. In effetti i governi africani hanno condotto un doloroso risanamento negli anni 1990 per ridurre i loro deficit e privatizzare le imprese pubbliche. Essi sono stati capaci di ridurre il numero e l’intensità dei conflitti armati. La produttività del lavoro, che era sceso dopo il 1980 ha ricominciato a crescere a partire dal 2000 al ritmo del 2,7% l’anno.
La seconda ragione è l’esplosione della domanda di materie prime che ha portato la valuta che mancava in Africa. Gli autori dello studio hanno notato che i paesi senza ricchezze naturali hanno progredito con ritmi più lenti rispetto agli altri. Gl’investitori stranieri non si sono fatti ingannare, i loro apporto annuale di capitali è passato da 7 miliardi di euro del 2000 a 49 miliardi di euro nel 2008, tasso pressoché uguale che in Cina.
Un’altra ragione parallela a questa attiene all’evoluzione sociale e demografica, in particolare all’allargamento del mercato del lavoro, l’urbanizzazione e l’emergere di una classe media. Nel 1980, il 28% degli Africani vivevano in città. Nel 2030 la proporzione passerà al 50%. Questa transizione non è una garanzia di crescita, dichiara M. Tazi-Riffi, ma un vivaio di crescita.
A questi fattori si sommano le ricchezze del sottosuolo africano che rigurgita di ricchezze necessarie a soddisfare i bisogni dei paesi emergenti. Nel 2008 qualcosa come 85 milioni di coppie hanno guadagnato meno di 4000 euro dovendo spendere, per mangiare, la metà delle loro entrate. Non tutti i paesi avranno lo stesso trend di sviluppo, a causa di situazioni politiche, economiche, demografiche differenti. Le più diversificate economie egiziane e marocchine si svilupperanno meglio di quella etiopica e del Malì, nondimeno anche esse conosceranno una crescita rapida, ma politicamente fragile.
Tra i settori che conosceranno uno sviluppo interessante a breve, si possono ascrivere i beni di consumo (al primo posto le telecomunicazioni), le risorse naturali, le infrastrutture (strade, elettricità, acqua), e l’agricoltura che ha un potenziale enorme, poiché McKinsey stima che le cifre d’affari potranno salire dagli attuali 210 miliardi di euro a 650 miliardi nel 2030. Basta ricordare che il 60% delle terre arabili e non coltivate sono africane. Insomma la rivoluzione verde non è ancora scoppiata. I rari investitori europei che sono sbarcati in Africa sono felici. E’ il posto dove si ottiene il miglior ritorno dell’investimento, ha dichiarato Guillaume Chaloin, gestore di un fondo geograficamente specializzato, nato a luglio da Meeschaert Asset Management. Certo ci vuole prudenza ha aggiunto, ma non è il Far West che alcuni credono ci sia. Tra i settori da privilegiare senza dubbio ci sono le telecomunicazione perché vivono una formidabile rivoluzione: il tasso di penetrazione che attualmente si attesta al 37%, dovrà salire, nel giro di 5/7 anni all’80%. E poi c’è la distribuzione che lo sviluppo dell’urbanizzazione a tassi stupefacenti richiede. Ad esempio, in Nigeria, spiega M. Chaloin, nell’agglomerato di Lagos, 40 milioni di abitanti, i supermercati Shoprite, non hanno alcun concorrente e hanno in progetto di aprire una ventina di grandi magazzini. Essi parlano di un margine del 35% all’anno, vale a dire un grandissimo potenziale. I Cinesi e i Brasiliani sono ancora davanti a loro nello sviluppo, ma gli Europei sono stati sorpassati.

domenica 12 settembre 2010

L’Irlanda incomincia a preoccupare la UE

Vi sono notizie inquetanti sul debito e sul deficit irlandese che potrebbero portare a cifre esorbitanti il costo di salvataggio di un sistema finanziario vicino all’orlo dell’asfissia. Secondo l’agenzia di rating Standard & Poor's, nuove iniezioni di fondi nei capitali delle banche in crisi, come Anglo Irish, rischiano di portare il debito pubblico al 113% del PIL entro il 2012. A ridosso del debito pubblico greco che ha raggiunto nel 2009 il 115%.
Quanto al deficit pubblico è già enorme perchè ha raggiunto il 14,3% del PIL nel 2009, un record nella zona euro, e potrebbe gonfiarsi sino al 20% nel 2010. Come paragone quello della Grecia è stato del 13,6% nel 2009. Il risultato è che agli occhi degli investitori il debito irlandese somiglia sempre di più a un prodotto tossico Mercoledì 8 settembre il tasso delle obbligazioni a dieci anni è salito sino al 6%, con uno scarto del 3,7% contro i Bund tedeschi della stessa scadenza. La situazione è migliorata giovedì per il successo dell’emissione dei titoli del tesoro che ha fatto diminuire la pressione. Molti analisti ritengono che il vero banco di prova saranno i prossimi due mesi. Qualcuno prova a ricordare la sigla PIGS acronimo di Portogallo, Irlanda Grecia, e Spagna. Ma ci sono, a prima vista, delle notevoli differenze: la Grecia ha da poco presentato un suo programma di finanziamenti per il 2010, per cui il rischio di default è a priori scartato almeno sino all’anno prossimo. La Spagna e il Portogallo hanno in atto una politica di contenimento del deficit. L’Irlanda non ha mai barato sui conti. Soprattutto non ha mai atteso i rimproveri di Bruxelles e dei mercati per mettere in atto un programma di severa austerità. A Dublino la gente non ha dimenticato le folle dei manifestanti greci d’opposizione alle riforme che gridavano :” Noi non siamo irlandesi, noi resisteremo.”
Se l’Irlanda non è la Grecia, le finanze del paese non nascondono di meno un potenziale esplosivo per una zona dell’euro non ancora ristabilita dalla crisi. In una intervista di venerdì 10 settembre al Financial Times, Jean Claude Trichet ha voluto assicurare i mercati almeno sul passato dicendo che non è credibile che tutta la zona euro abbia sfiorato la catastrofe. Ora la situazione è sotto il controllo di Francoforte, malgrado i segnali di allarme di vedere formarsi una bolla obbligazionista. La BCE ha proseguito con più vigore il riscatto dai debiti sovrani e la settimana scorsa ha investito 173 milioni di euro, di cui più della metà hanno interessato la Grecia, l’Irlanda e il Portogallo. Di fatto i tassi greci hanno ricuperato la sbarra al di sotto dell’11% per le scadenze a dieci anni. In queste acque agitate l’euro si è mosso a tentoni, ha iniziato la settimana a 1,29 contro dollaro e venerdì l’ha finita a 1,2717.

sabato 11 settembre 2010

Aspettative migliori per l’economia del Brasile

L’economia brasiliana ha presentato nel secondo trimestre di quest’anno una crescita vicina al 10% senza rischi di surriscaldamento. Le prospettive a medio e lungo temine del Brasile sono molto buone. La crescita della popolazione, l’accesso al credito facile, la stabilità della finanza del paese sono carte positive da giocare per l’economia del paese. L’ultima serie di statistiche tendono a mettere in evidenza una crescita moderata dell’attività economica, infatti è prevista una crescita del PIL di circa il 7,5% quest’anno e del 4,5% l’anno prossimo. E’ possibile che si avrà un aumento del tasso d’interesse dell’0,25% entro la fine dell’anno, attualmente è del 10,75%, il più alto del mondo. Qualche preoccupazione si nutre per un aumento dell’inflazione che farebbe ripartire automaticamente i tassi nel 2011. Il mercato brasiliano è già metà d’importanti investimenti stranieri e italiani. Basta ricordare gli stabilimenti FIAT, le imprese di costruzioni come Impregilo, l’Eni, Todini, le aziende di telecomunicazioni e dell’Enel. Spesso queste azienda hanno fatturati in loco superiori a quelli dei propri paesi d’origine. Una grande discussione c’è in questi giorni nel paese attorno alle fonti energetiche e all’aumento di capitale di 70 miliardi di dollari prospettato dalla società statale di perforazioni e prodotti petroliferi Petrobras. Sembra quasi sia divenuto un affare politico. Lo stato brasiliano possiede il 32,13% del capitale della società e il 55,6% dei diritti di voti. L’invito agli investitori si farà in gran parte sotto forma di cessione a Petrobras di 5 miliardi di barili di petrolio. Le due parti dovranno trovare un giusto equilibrio al fine che il governo abbia sufficiente entrate dal petrolio e che il prezzo scelto per l’aumento del capitale sia attraente agli occhi degl’investitori.
Altri settori in grande sviluppo sono il settore domestico, l’immobiliare, la fabbricazione di prodotti alimentari, il commercio al dettaglio, l’istruzione, i servizi sanitari e ancora le infrastrutture.

venerdì 10 settembre 2010

Prossimo confronto sul mercato fra Stati e banche

Secondo uno studio dell’agenzia di rating Fitch, pubblicata ieri giovedì 9 settembre, nei prossimi mesi Stati e banche si affronteranno sul mercato finanziari per chiedere agli investitori 455 miliardi di euro nella seconda metà dell’anno e tra i 900 e 1000 miliardi, per anno, nel 2011 e 2012. La maggioranza degli Stati è riuscita a trovare nel primo semestre la metà della liquidità necessaria per le loro scadenze di quest’anno. La Grecia, la Spagna, il Portogallo e l’Irlanda, considerati i cattivi soggetti d’Europa, hanno emesso recentemente obbligazioni sui mercati ed hanno trovato così i tre quarti dei finanziamenti necessari.
La situazione rischia ora di complicarsi con il prossimo arrivo delle banche sui mercati in cerca di finanziamenti per i loro debiti giunti a scadenza, fa notare sempre Fitch. Numerosi investitori si sono rifugiati nel mercato obbligazionario in questi ultimi mesi, in ragione della volatilità dei mercati azionari. Secondo l’agenzia di rating, la maggior parte dei sedici paesi della zona euro ha bisogno dai tre ai quattro anni per stabilizzare la situazione del loro debito. Sempre secondo questo studio, i piani di austerità annunciati dai differenti paesi della zona euro per lottare contro i loro enormi deficit pubblici, non avranno effetti prima del 2011. Se tutti i membri risponderanno, sia pure a velocità diverse, all’imperativo d’impegnarsi a medio termine in piani di consolidamento credibili dei bilanci, la riduzione dei debiti pubblici avrà dei vantaggi visibili in Grecia in Portogallo e in Irlanda, ha spiegato Paul Rawkins direttore del dipartimento delle relazioni con gli Stati, all’agenzia delle Comunicazioni. Coloro che ritengono che i piani di austerità pongono il rischio di una recessione all’interno della zona euro, Fitch ritiene debole la possibilità di una scissione dell’Unione monetaria, perché i vantaggi per i paesi appartenenti alla zona euro, coprono largamente gl’inconvenienti e gli Stati dichiarano, sottovoce, che non abbandoneranno mai volontariamente l’euro.

giovedì 9 settembre 2010

Competitività e moneta rifugio - la Svizzera al primo posto

Svizzera, Svezia e Singapore in ordine decrescente di competitività si sono piazzati ai primi tre posti, secondo uno studio pubblicato dal World Economic Forum. Gli USA retrocedono dal secondo al quarto posto nella classifica mondiale, a causa degli effetti della crisi finanziaria. Nel sondaggio annuale dell'organizzazione ginevrina la Germania è salita di due gradini, piazzandosi quinta. Sesto il Giappone.Ma le buone notizie per la Svizzera ricca e prospera non finiscono qui. Il Franco l’8 settembre ha toccato il suo nuovo record storico a 1,2776 contro euro. La divisa svizzera si è apprezzata più del 15% dall’inizio dell’anno rispetto all’euro. Molti analisti ormai considerano il franco svizzero il vero erede del marco tedesco. La moneta rifugio per eccellenza di fronte a un euro indebolito per la crisi dei debiti sovrani.
Davide Deddouche, stratega della Società Generale, ritiene che non ci sono al mondo 15 monete sulle quali si può investire e che in questo momento il franco sia il meno cattivo tra le grandi. Le finanze pubbliche svizzere sono tra le più sane fra i paesi sviluppati, la cornice istituzionale ispira fiducia e la congiuntura ha meno sofferto della recessione che nella maggior parte dei paesi. Non ci sono altre divise con fondamentali cosi solidi, ne c’è motivo di pensare che la Svizzera voglia fare lo sgambetto all’euro o al dollaro. Essa correrà il rischio di veder soffrire le esportazioni di orologi, di macchine utensili, della produzione chimica, veri motori della crescita, senza parlare del turismo, vera risorsa per dozzina di migliaia di lavoratori. Per gli esperti questo apprezzamento della moneta potrà indurre soprattutto le piccole e medie imprese a delocalizzare una parte della loro produzione in zona euro. In luglio la federazione sindacale USS ha lanciato l’allarme. Sono 30.000 i lavoratori che rischiano il posto di lavoro e ha chiesto alla Banca nazionale svizzera (BNS) d’intervenire. L’ istituto d’emissione ha già tentato d’intervenire senza risultati, a parte il rischio di gonfiare a dismisura le riserve che già sono passate dal marzo 2009 alla fine di maggio di quest’anno da 56 miliardi di franchi svizzeri a 239 miliardi, per la preoccupazione di poter influenzare il gigantesco mercato dei cambi ha congelato in giugno gli acquisti di euro. Il mondo politico che s’interroga sul cosa fare se il franco dovesse continuare ad apprezzarsi, la risposta che si è data: è che in questo grande mondo o si fiancheggia il dollaro, l’euro e lo yen o sarà difficile avere una moneta propria.

Trichet chiede regole più severe per l’Euro

Il presidente della Banca centrale europea, Jean-Claude Trichet, in una intervista che apparirà domani sul quotidiano economico britannico Financial Times, ha chiesto “un cambio di marcia”, nelle procedure della sorveglianza di bilancio all’interno della zona euro.
Egli ha ugualmente proposto che i paesi che non rispetteranno le regole di bilancio dovranno essere esclusi temporaneamente dal tavolo delle decisioni politiche. Egli ha insistito che queste opinioni dovranno essere studiate.
Le ragioni di questa richiesta è la necessità di stabilizzare al massimo la situazione nei diversi paesi aderenti alla UE in una situazione molto complessa e non facile, perche siamo di fronte a velocità diverse d’incrementi di crescita, di competitività, di leggi fiscali con impatto diversificato. A suo parere si rende necessario implementare di più e meglio le raccomandazione della BCE.
Alla richiesta di un commento tra le diverse evoluzione economiche, fra USA e UE, Jean-Claude Trichet ha riferito che certi commenti sulla situazione economica americana a volte sembrano troppo ottimisti, altre volte troppo negativi.

Le banche tedesche alle prese con Basilea III

Trovato lunedì l’accordo A Basilea sul nuovo regolamento del settore bancario europeo denominato “Basilea 3”. Secondo la Federazione bancaria tedesca le dieci più grandi banche tedesche potrebbero avere bisogno di 105 miliardi di euro di capitali supplementari nel quadro delle nuove regole del settore. La Federazione bancaria ha aggiunto che il Comitato di Basilea, secondo questo regolamento, dovrà esigere una solvibilità finanziaria che dimostri un ratio di solvibilità Tier 1 non meno del 6%. Un apporto supplementare del 4% potrà essere richiesto, 2% per preservare i fondi propri e 2% per avere a disposizione capitali in funzione anticiclica. In agosto delle fonti avevano già informato il settore bancario dall’evoluzione della discussioni che il Comitato di Basilea avrebbe richiesto coperture del Tier 1, due o tre volte superiore l’attuale livello che è del 2%. Inoltre una nuova disposizione avrebbe imposto un ammortizzatore di supporto al capitale di riserva del 2% suscettibile di essere utilizzato in caso di periodo economico difficile, che dovrà essere composto da azioni ordinarie e di profitti messi a riserva accanto al Tier 1, e di un ammortizzatore in funzione anticiclica, che potrebbe arrivare sino al 2% che sarà accantonato nei periodi più brillanti.

martedì 7 settembre 2010

La crescita economica resterà debole

Il direttore del centro studi e consigliere economico del FMI, Olivier Blanchard, riteneva che a medio termine sarebbe stato possibile un sorpasso da parte dei paesi emergenti su quelli ricchi, queste dichiarazione erano state fatte a Washington in una conferenza stampa del 22 aprile del 2009. Tutto ciò è stato ribadito in una intervista pubblicata lunedì 6 settembre dal giornale francese “Le Figarò”. La crescita economica probabilmente resterà debole sia negli USA che in Europa. E’ notizia di oggi che anche in Germania, locomotiva trainante UE, il numero degli ordini all’industria hanno subito un netto calo. Le preoccupazioni sono che un rallentamento dell’economia USA, abbia un effetto di trascinamento al ribasso sui paesi asiatici e dell’America latina. Bisogna aggiungere che questi paesi hanno, comunque, i mezzi e la volontà di aumentare la loro domanda interna e dunque di compensare la diminuzione della domanda esterna. In modo particolare la Cina sembra riorientare la crescita in questa direzione. Infatti in Occidente, dopo una fase di recupero per la ricostituzione delle scorte e qualche sostegno di bilancio, le vendite e gl’investimenti che dovevano tirare la domanda si sono calmati. Colpa anche dei numerosi freni presenti nel mercato, in particolare la debolezza del sistema finanziario. Comunque per Blanchard è più importante sapere che ciascun paese europeo sarà in grado di presentare un piano di consolidamento del proprio debito credibile e coerente con questa impostazione che conoscere la data esatta di riduzione del deficit al 3% secco nel 2013 o nel 2014. La situazione, all’interno della UE, è diversificata grosso modo in tre categorie. Ci sono paesi capaci di competere nelle esportazioni: la Germania è un classico esempio. La Grecia, la Spagna e il Portogallo devono ricuperare la loro competitività. Poi la Francia e qualche passo indietro l’Italia che possono meglio sviluppare la loro capacità nel commercio estero. Per quanto riguarda l’Italia una forte spinta potrebbe venire da una serie di riforme economiche e non solo.

Rischio default della Grecia

Secondo Andrew Bosomworth, gestore del fondo Pimco (Pacifico Investment Management Co.)la Grecia dovrà ancora affrontare un "sostanziale" rischio d’insolvenza quando fra tre anni scadrà il programma di salvataggio che impedirà alla nazione di ripagare il suo debito. Questa la dichiarazione di Bosomworth, in una intervista telefonica di ieri, dalla sede di Monaco di Baviera, da dove gestisce il portafoglio del più grande fondo obbligazionario mondiale. "Vedo esserci un rischio sostanziale che la Grecia alla fine dovrà dichiararsi inadempiente o ristrutturare il debito". Nel migliore dei casi, il debito della Grecia si gonfierà del 150% rispetto al PIL. L'UE che guida il pacchetto di salvataggio europeo dovrà chiedere agli investitori 82 miliardi di euro durante la vita del programma di salvataggio, cosa non molto facile. D’altra parte il costo del debito in percentuale sull’ entrate del governo aumenterà significativamente se i livelli di tassi correnti non dovessero diminuire, ha dichiarato Bosomworth. Il rendimento aggiuntivo che gli investitori chiedono per acquistare titoli del debito greco a 10 anni sono superiori oggi di 902 punti base agli equivalenti titoli tedeschi, rispetto ai 785 punti base della fine di giugno. Lo spread per la Spagna per vendere titoli di stato è di 173 punti base, per il Portogallo è di 331 punti base e per l'Irlanda è di 340 punti base. La crisi greca è costata all'euro un crollo del 21% dal picco di novembre 2009 per la minaccia di contagio che ha convinto molti investitori a vendere euro e solo nell’estate di quest’anno si è lentamente ripreso. Il paese corre verso un deficit di bilancio di 13,6 % del PIL, l'anno scorso il debito era del 115,1% del totale. La Commissione europea stima a maggio che il debito della Grecia si gonfierà quest'anno sino al 124.9%.

Bruxelles chiede più soldi a Londra

Il Commissario europeo al Budget, il Polacco Janusz Lewandowski, lunedì, ha rimesso in discussione lo sconto di cui gode la Gran Bretagna sui contributi finanziari alla UE dopo gli accordi degli anni “80" in quanto non più giustificati, secondo una dichiarazione fatta al quotidiano tedesco “Handelsblatt”. Questo sconto, chiamato anche “assegno britannico” era stato deciso nel 1984, dietro richiesta del primo ministro britannico delle epoca, Margaret Thatcher, autrice sul tema di un’uscita rimasta celebre: «I want my money back». ( Io voglio indietro i miei soldi). Oggi il contributo è di 3 mld di euro all’anno, contro gl’iniziali 6 miliardi. La “Dama di ferro” aveva giustificato la sua richiesta in quanto all’epoca il budget europeo per circa tre quarti era destinato all’agricoltura, e i benefici per la Gran Bretagna erano ridottissimi rispetto ad altri paesi come la Francia. In oltre la Signora Thatcher aveva argomentato la sua richiesta facendo presente che la Francia e la Germania erano più ricchi della Gran Bretagna.
Ma dopo la situazione è fortemente cambiata. Intanto i costi della politica agricola europea nel budget della UE sono scesi dal 75 al 40% previsti sino al 2013 e il PIL britannico, nel frattempo, è considerevolmente aumentato.
Il portavoce del Commissario europeo al Budget, Fabrizio Fiorilli ha tentato di minimizzare, davanti alla stampa, la portata della proposta di M. Lewandowski chiarendo che non si è parlato di soppressione dello sconto, ma della necessità di riesaminare la situazione, in quanto il PIL britannico è aumentato dopo il 1984, mentre il peso del settore agricolo è diminuito costantemente in 20 anni nel budget UE. Il tutto nell’ottica generalizzata di un mandato ricevuto dalla Commissione europea di riesaminare i vari aspetti del budget UE in preparazione di quello prossimo che debutterà nel 2014 e comprenderà una revisione del peso dell’agricoltura e dello sconto britannico.
Le previsione sono di una trattativa difficile tra il governo britannico del conservatore David Cameron, più incline a ritenere una zavorra i sussidi ad una politica agricola e dall’altra il presidente francese Nicolas Sarkozy, che ha minacciato una crisi in Europa pur d’impedire uno smantellamento della politica agricola.
Tenuto conto del contesto di crisi economica e budgetaria probabilmente il bilancio UE sarà mantenuto invariato all’1% del PIL europeo, mentre Bruxelles guarderà, all’interno del bilancio disponibile (140 mld di euro) di ridurre certe spese per offrire priorità ad altri settori. Inoltre Bruxelles metterà sul tappeto la necessità di avere un’imposta europea per disporre di risorse proprie. Questa idea è già stata rigettata nel passato dai 3 contribuenti più importanti al budget comunitario: la Germania , la Francia e il Regno Unito.

lunedì 6 settembre 2010

L' Unione Europea e i posti nel Fondo Monetario Internazionale

L’Unione Europea vuole mantenere tutti i posti nel consiglio di amministrazione, che è composto da 24 consiglieri nominati o eletti dai paesi terzi o da gruppi di paesi, nonostante comprenda un'unione monetaria e dovrebbe essere rappresentata da una sola persona.
In vista di una riunione dei Ministri delle finanze dell'UE, martedì 7 settembre, quando è stato chiesto ad una fonte di alto livello della zona euro che ha partecipato alla sua preparazione, quali risultati ci si poteva aspettare, ha risposto: 'Niente. Mi aspetto che la sedia unica europea sarà identificata come una soluzione possibile, ma molto a lungo termine.
Germania, Francia e Gran Bretagna hanno un proprio posto nel Consiglio, mentre Belgio, Paesi Bassi, Spagna, Italia e Danimarca rappresentano gruppi di paesi. La Svizzera, pur non facendo parte dell'UE, ha anche un proprio consigliere.
Il Senato degli Stati Uniti, il mese scorso, nel tentativo di bloccare i piani che avrebbero mantenuto ancora a lungo la posizione dominante dell’ Europa nel consiglio di amministrazione di 24 membri ha votato un ordine del giorno per bloccare l'uso del denaro dei contribuenti americani nelle politiche di salvataggio del FMI come quello della Grecia. Nessuno è disposto a rinunciare al proprio posto senza una forte pressione.
Il presidente della BCE, Jean-Claude Trichet, ha dichiarato che l'Europa giovedì ha bisogno di parlare con un'unica voce per assicurarsi di mantenere la sua influenza nel FMI. I ministri dell'UE hanno convenuto sulla candidatura di Dominique Strauss-Kahn, direttore generale del FMI, nel 2007, ma sono oggi divisi su come procedere con la riforma dell'istituzione.
Secondo il funzionario, i paesi europei più piccoli hanno una maggiore probabilità di perdere i loro posti rispetto ai paesi più grandi, Belgio, Olanda e paesi scandinavi, per questo, in passato, hanno espresso la loro opposizione alla riforma. Spagna, Irlanda e altri paesi, in rapida crescita nel blocco, potrebbero beneficiare delle riforme proposte nel lontano 2006. E’ ovvio che ciò accadrà comunque. L'emergere di nuove potenze economiche non trova riscontro nel diritto di voto al FMI, secondo la fonte “la posizione europea è quello di dire:”il numero di seggi che abbiamo è pienamente meritato''. L'Argentina è uno dei paesi in via di sviluppo che ha spinto maggiormente per la riforma chiedendo una maggiore partecipazione per il peso che ha nel mercato dei paesi emergenti. "Gli europei sono quelli che dovranno ridurre la loro partecipazione. In questo momento, credo che il Belgio e la Cina non debbono avere la stessa quota nel FMI. Se la Cina è oggi la seconda economia a livello mondiale, non può avere la stessa rappresentanza del Belgio, ha dichiarato, Nestor Stancanelli, della delegazione argentina in seno al gruppo di 20 nazioni.
L'Unione europea non è più soltanto una unione doganale, è anche una unione monetaria, e non è coerente all'UE che tutti i singoli paesi europei debbano essere rappresentati, come avviene per gli Stati Uniti dove ad es. California e Texas non hanno posti nel consiglio.
Una fonte che ha partecipato alla preparazione della riunione dei ministri delle finanze EU che si terrà la settimana prossima ha dichiarato che tutti i cittadini europei sarebbero pronti a fare qualcosa circa le dimensioni della rappresentanza europea, ma non c'è accordo in questa fase, su chi deve fare cosa e quando.

sabato 4 settembre 2010

"Air France Expess" nuova compagnia aerea low-cost

Nel marzo scorso la società Transavia aveva deciso di abbandonare il progetto di utilizzare come base l’aeroporto di Nizza per voli a basso costo all’interno della Francia. Ora Air France- KLM proprietaria della compagnia a basso costo ha deciso di rilanciare questa attività creando una nuova filiale “low cost” l’anno prossimo chiamata «Air France Express» con aeroporti base Marsiglia, Nizza e Tolosa. Il progetto potrà partire se si troverà l’accordo con i sindacati così riporta l’Agenzia France Presse. La riflessione in corso, secondo una fonte che vuole conservare l’anonimato, è la ricerca di un mezzo che permette di combattere le compagnia a basso costo. L’idea attorno a cui si lavora è di costituire una base di piloti negli aeroporti di Marsiglia, tre volte meno caro dello scalo di Orly, Nizza e Tolosa e di fare come EasyJet che ha equipaggi che dormono vicino alle loro basi di armamento. Questa dislocazione potrebbe interessare la metà dei piloti attualmente in forza, circa 4200, che già vivono in provincia. La scelta di far riposare gli equipaggi in alberghi vicino alle nuove basi decentrate permetterà ad Air France di ridurre i costi. Questi trasferimenti si faranno su base volontaria, in quanto il personale sarà preso all’interno della compagnia madre. Questa organizzazione permetterà a Air France KLM di aumentare il rendimento della rotazione dei voli rendendoli meno dipendenti dalla base dell’aeroporto di Roissy-Charles de Gaulle. La nuova organizzazione potrà cosi cadenzare le partenze in funzione di tempi dimezzati, che terrà conto di tempi più ristretti di scalo, e quindi poter accelerare la rotazione degli aerei in modo di produrre di più nella stessa giornata. Più rendimento significherà un aumento della produttività del 20% per i piloti. Questo avverrà con uno scenario che vedrà i piloti impegnati lo stesso numero di giorni, ma voleranno di più e questo aumento della produttività farà lievitare la loro busta-paga di circa il 5%.
Per il momento questa informazione non è stata confermata da Air France KLM, ma il progetto s’iscrive nella lotta a tutto campo contro la britannica EasyJet, responsabile dell’erosione dei ricavi su questi servizi, che già oggi organizza 7 voli giornalieri solo sulla tratta Nizza-Parigi con tassi di riempimento dell’85%.

L’Unione Europea rafforza la supervisione finanziaria

Dopo un anno di negoziati, le autorità della UE hanno raggiunto un accordo per la creazione di quattro nuove autorità comunitarie di supervisione finanziaria. Il loro campo di supervisione sono i rischi macro-economici, le banche, le assicurazioni e il mercato e saranno operative a partire dal 1 gennaio 2011. “Questa nuova architettura di supervisione è una tappa essenziale nel nostro sforzo per valutare le conseguenze della crisi, per meglio proteggere la nostra economia e il futuro dei nostri concittadini” ha dichiarato il commissario europeo al mercato interno, Michel Barnier, in un comunicato stampa. Dopo che questo estate negli USA è stata adottata la legge Dodd-Frank, che riforma in profondità il settore finanziario americano, le autorità europee sono state sotto pressione per emettere velocemente queste direttive, anche se è trascorso un anno e mezzo dalla prima presentazione da parte della Commissione europea. Le prospettive del summit del G20 a novembre, in Corea del Sud, hanno aiutato il lavoro volendo l’UE presentarsi con un ruolo motore in quella sede. Questi i punti principali dell’accordo:
Un comitato europeo di rischio-sistema, che valuterà i grandi rischi nell’insieme dell’economia e 3 autorità per supervisionare rispettivamente le banche, le assicurazioni e il mercato.
La prima autorità avrà sede a Francoforte e le altre tre avranno sede a Londra, Francoforte e Parigi.
- Le autorità disporranno di un loro potere diretto di supervisione su alcune entità paneuropee come le Consob e questo potere potrà essere esteso ad altre istituzione a secondo dell’evoluzione della legislazione settoriale. Il presidente del Comitato europeo del rischio-sistema sarà il presidente della BCE, per un primo mandato di 5 anni, il carattere ex-officio di questa nomina sarà precisata da una revisione del testo, previsto nei prossimi 3 anni.
- Egli potrà, in collaborazione con la Commissione domandare agli Stati membri di dichiarare una situazione di emergenza in caso di crisi al fine di concedere dei poteri straordinari a queste autorità.
- Questi poteri consisteranno soprattutto, e a certe condizioni, nell’interdizione temporanea d’attività o di emissione di prodotti finanziari cosiddetti tossici, come quelli che sono stati venduti allo scoperto e sono stati causa iniziale dell’attuale crisi.
-In queste situazioni d’urgenza, le autorità potranno ugualmente indirizzarsi direttamente all’istituzione finanziaria, senza passare dalla supervisione nazionale, o emanare una decisione finale allo scopo di assicurare il rispetto di un diritto comunitario.
In caso di disaccordo tra le due autorità nazionali, le autorità europee disporranno di un potere di mediazione costrittivo in una serie di settori. Gli Stati membri della UE potranno avvalersi di una “clausola di salvaguardia di budget” al fine di preservare, in un domani, gli effetti di una decisione d’autorità.

mercoledì 1 settembre 2010

Il PIL russo sale del 4% nel primo semestre 2010

L’economia russa è aumentata del 4% nel primo semestre 2010 nonostante la siccità e gl’incendi che costeranno dall’0,7% all’1% nell’insieme della crescita di questo anno. La notizia pubblicata martedì sul sito internet dal Servizio federale di statistica Russa, registra un calo dello 0,2% rispetto alla stima effettuata a metà luglio da Elvira Nabioullina, Ministra russa dello sviluppo economico. La produzione industriale ha avuto un incremento pari al 9,6% da gennaio a luglio in rapporto allo stesso periodo del 2009. Questo settore è stato particolarmente toccato per le ondate di calore senza precedenti, dalla siccità e dagli incendi che si sono sviluppati nel corso dell’estate, dalle numerose fabbriche che hanno deciso di fermare le linee di produzione e di ridurre l’orario di lavoro. Il 24 agosto il vice-ministro dello Sviluppo economico, Andrei Klepatch, secondo le agenzie di stampa russe, aveva indicato dall’07% allo 0,8% il costo di questa catastrofe sul PIL nel 2010, e numerosi analisti avevano stimato che il costo poteva raggiungere l’1% del PIL. L’economia russa aveva subito una contrazione del 7,9% nel 2009, mentre era cresciuta del 5,6% nel 2008, a causa della crisi economica mondiale. Essa poggia, in gran parte, il suo sviluppo sulla vendita di petrolio (60% delle esportazioni) ed è stata duramente scossa dalla caduta del costo del barile sui mercati mondiali. La successive risalita del prezzo ha permesso al paese di rimettersi in carreggiata. Prima di agosto il FMI aveva previsto per la Russia una crescita del 4,25% per il 2010 e del 4% per il 2011.