Il potere d’acquisto e il tenore di vita è il problema numero uno degli Europei, e, fra questi, degl’Italiani a causa degli aumenti delle materie prime, grano e cereali innanzitutto. Dopo aver attraversato un periodo relativamente calmo, gli effetti di questi aumenti potrebbero riaprire tensioni inflazionistiche.
La causa del panico viene dai listini del frumento, del cacao, del caffè e da numerosi altri prodotti principali dell’agricoltura. La siccità in Russia e il conseguente annuncio da parte di questi paesi, all’inizio di agosto, di un embargo sulle esportazioni di cereali ha provocato una fiammata dei corsi del grano e in modo particolare del frumento : +65% dal mese di luglio sul mercato europeo d’Euronext e + 46% a Chigaco. Questi rincari possono avere degli effetti disastrosi sulle industrie della filiera agricola, avicola e della carne. L’alimentazione del bestiame, ricca di cereali, rappresenta dal 60% all’80% degli scambi degli allevatori. Dopo giugno i nostri costi di produzione sono aumentati di circa 25 centesimi al kg. di carne prodotta, sono le lamentele dei produttori di carne di maiale. Quasi un lavoro in perdita, visto che la cessione delle carcasse di maiale non supera l’1,35 – l’1,40 euro a kg. e la produzione costa tra l’1,40 e l’1,50 euro per kg. E’ logico che per compensare questa salita dei costi di produzione gli allevatori vorrebbero veder aumentare i loro prezzi. Se gl’intermediari non si approfitteranno della situazione, aumentando il loro margine l’ascesa dei prezzi non dovrebbe essere drammatica per i consumatori che pagheranno la carne di maiale intorno ai 6 -7 euro per kg.. Situazione diversa per l’evoluzione dei corsi mondiali dei cereali che avrà una ripercussione immediata sui prezzi di vendita dei prodotti trasformati con aumenti dal 6% al 7% sul mercato mondiale. Qualche preoccupazione viene dalle associazione dei consumatori per cosa farà l’industria e la grande distribuzione che hanno grandi possibilità di aumentare i loro margini scaricando il tutto sui consumatori. Esempio semplice: il costo al dettaglio del pane, dove il costo della farina non incide più del 8% -10% del prezzo finale, ma che già oggi raggiunge prezzi salati.
Secondo alcuni economisti la salita dei corsi delle materie prime si ripercuoterà inesorabilmente sul potere d’acquisto degli Italiani, e se pure contenuta l’inflazione risulterà del 2% nel 2011 in un contesto di stagnazione dei redditi familiari e dei salari. Fra l’altro si tratterà di una cattiva inflazione perché quasi esclusivamente d’importazione.
La causa del panico viene dai listini del frumento, del cacao, del caffè e da numerosi altri prodotti principali dell’agricoltura. La siccità in Russia e il conseguente annuncio da parte di questi paesi, all’inizio di agosto, di un embargo sulle esportazioni di cereali ha provocato una fiammata dei corsi del grano e in modo particolare del frumento : +65% dal mese di luglio sul mercato europeo d’Euronext e + 46% a Chigaco. Questi rincari possono avere degli effetti disastrosi sulle industrie della filiera agricola, avicola e della carne. L’alimentazione del bestiame, ricca di cereali, rappresenta dal 60% all’80% degli scambi degli allevatori. Dopo giugno i nostri costi di produzione sono aumentati di circa 25 centesimi al kg. di carne prodotta, sono le lamentele dei produttori di carne di maiale. Quasi un lavoro in perdita, visto che la cessione delle carcasse di maiale non supera l’1,35 – l’1,40 euro a kg. e la produzione costa tra l’1,40 e l’1,50 euro per kg. E’ logico che per compensare questa salita dei costi di produzione gli allevatori vorrebbero veder aumentare i loro prezzi. Se gl’intermediari non si approfitteranno della situazione, aumentando il loro margine l’ascesa dei prezzi non dovrebbe essere drammatica per i consumatori che pagheranno la carne di maiale intorno ai 6 -7 euro per kg.. Situazione diversa per l’evoluzione dei corsi mondiali dei cereali che avrà una ripercussione immediata sui prezzi di vendita dei prodotti trasformati con aumenti dal 6% al 7% sul mercato mondiale. Qualche preoccupazione viene dalle associazione dei consumatori per cosa farà l’industria e la grande distribuzione che hanno grandi possibilità di aumentare i loro margini scaricando il tutto sui consumatori. Esempio semplice: il costo al dettaglio del pane, dove il costo della farina non incide più del 8% -10% del prezzo finale, ma che già oggi raggiunge prezzi salati.
Secondo alcuni economisti la salita dei corsi delle materie prime si ripercuoterà inesorabilmente sul potere d’acquisto degli Italiani, e se pure contenuta l’inflazione risulterà del 2% nel 2011 in un contesto di stagnazione dei redditi familiari e dei salari. Fra l’altro si tratterà di una cattiva inflazione perché quasi esclusivamente d’importazione.
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