Vi sono notizie inquetanti sul debito e sul deficit irlandese che potrebbero portare a cifre esorbitanti il costo di salvataggio di un sistema finanziario vicino all’orlo dell’asfissia. Secondo l’agenzia di rating Standard & Poor's, nuove iniezioni di fondi nei capitali delle banche in crisi, come Anglo Irish, rischiano di portare il debito pubblico al 113% del PIL entro il 2012. A ridosso del debito pubblico greco che ha raggiunto nel 2009 il 115%.
Quanto al deficit pubblico è già enorme perchè ha raggiunto il 14,3% del PIL nel 2009, un record nella zona euro, e potrebbe gonfiarsi sino al 20% nel 2010. Come paragone quello della Grecia è stato del 13,6% nel 2009. Il risultato è che agli occhi degli investitori il debito irlandese somiglia sempre di più a un prodotto tossico Mercoledì 8 settembre il tasso delle obbligazioni a dieci anni è salito sino al 6%, con uno scarto del 3,7% contro i Bund tedeschi della stessa scadenza. La situazione è migliorata giovedì per il successo dell’emissione dei titoli del tesoro che ha fatto diminuire la pressione. Molti analisti ritengono che il vero banco di prova saranno i prossimi due mesi. Qualcuno prova a ricordare la sigla PIGS acronimo di Portogallo, Irlanda Grecia, e Spagna. Ma ci sono, a prima vista, delle notevoli differenze: la Grecia ha da poco presentato un suo programma di finanziamenti per il 2010, per cui il rischio di default è a priori scartato almeno sino all’anno prossimo. La Spagna e il Portogallo hanno in atto una politica di contenimento del deficit. L’Irlanda non ha mai barato sui conti. Soprattutto non ha mai atteso i rimproveri di Bruxelles e dei mercati per mettere in atto un programma di severa austerità. A Dublino la gente non ha dimenticato le folle dei manifestanti greci d’opposizione alle riforme che gridavano :” Noi non siamo irlandesi, noi resisteremo.”
Se l’Irlanda non è la Grecia, le finanze del paese non nascondono di meno un potenziale esplosivo per una zona dell’euro non ancora ristabilita dalla crisi. In una intervista di venerdì 10 settembre al Financial Times, Jean Claude Trichet ha voluto assicurare i mercati almeno sul passato dicendo che non è credibile che tutta la zona euro abbia sfiorato la catastrofe. Ora la situazione è sotto il controllo di Francoforte, malgrado i segnali di allarme di vedere formarsi una bolla obbligazionista. La BCE ha proseguito con più vigore il riscatto dai debiti sovrani e la settimana scorsa ha investito 173 milioni di euro, di cui più della metà hanno interessato la Grecia, l’Irlanda e il Portogallo. Di fatto i tassi greci hanno ricuperato la sbarra al di sotto dell’11% per le scadenze a dieci anni. In queste acque agitate l’euro si è mosso a tentoni, ha iniziato la settimana a 1,29 contro dollaro e venerdì l’ha finita a 1,2717.
Quanto al deficit pubblico è già enorme perchè ha raggiunto il 14,3% del PIL nel 2009, un record nella zona euro, e potrebbe gonfiarsi sino al 20% nel 2010. Come paragone quello della Grecia è stato del 13,6% nel 2009. Il risultato è che agli occhi degli investitori il debito irlandese somiglia sempre di più a un prodotto tossico Mercoledì 8 settembre il tasso delle obbligazioni a dieci anni è salito sino al 6%, con uno scarto del 3,7% contro i Bund tedeschi della stessa scadenza. La situazione è migliorata giovedì per il successo dell’emissione dei titoli del tesoro che ha fatto diminuire la pressione. Molti analisti ritengono che il vero banco di prova saranno i prossimi due mesi. Qualcuno prova a ricordare la sigla PIGS acronimo di Portogallo, Irlanda Grecia, e Spagna. Ma ci sono, a prima vista, delle notevoli differenze: la Grecia ha da poco presentato un suo programma di finanziamenti per il 2010, per cui il rischio di default è a priori scartato almeno sino all’anno prossimo. La Spagna e il Portogallo hanno in atto una politica di contenimento del deficit. L’Irlanda non ha mai barato sui conti. Soprattutto non ha mai atteso i rimproveri di Bruxelles e dei mercati per mettere in atto un programma di severa austerità. A Dublino la gente non ha dimenticato le folle dei manifestanti greci d’opposizione alle riforme che gridavano :” Noi non siamo irlandesi, noi resisteremo.”
Se l’Irlanda non è la Grecia, le finanze del paese non nascondono di meno un potenziale esplosivo per una zona dell’euro non ancora ristabilita dalla crisi. In una intervista di venerdì 10 settembre al Financial Times, Jean Claude Trichet ha voluto assicurare i mercati almeno sul passato dicendo che non è credibile che tutta la zona euro abbia sfiorato la catastrofe. Ora la situazione è sotto il controllo di Francoforte, malgrado i segnali di allarme di vedere formarsi una bolla obbligazionista. La BCE ha proseguito con più vigore il riscatto dai debiti sovrani e la settimana scorsa ha investito 173 milioni di euro, di cui più della metà hanno interessato la Grecia, l’Irlanda e il Portogallo. Di fatto i tassi greci hanno ricuperato la sbarra al di sotto dell’11% per le scadenze a dieci anni. In queste acque agitate l’euro si è mosso a tentoni, ha iniziato la settimana a 1,29 contro dollaro e venerdì l’ha finita a 1,2717.
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