Molto interessante in questi giorni è una full-immersion nella stampa europea sulla vicenda della crisi finanziaria e lo spread che minaccia il sonno degli italiani. Appurato che non era il primo ministro Berlusconi ad affossare i BTP italiani s'incomincia a cercare altrove. Alcuni commentatori stranieri partendo dal fatto che i mercati, in via di principio, non sono contro l'Italia, si cerca di capire perchè se i mercati hanno ragione e non si sono sbagliati, siamo arrivati a questo punto. L'Italia non è mai stata inadempiente a livello mondiale nei pagamenti degli interessi del proprio debito. Neanche negli anni 92/94, pur in presenza di un debito alto ha onorato sempre i suoi impegni, senza chiedere aiuto ai fondi mondiali, ma ha fatto solo ricorso ai mercati finanziari, pagando il dovuto. Pertanto, la situazione non è quella di un rischio di un collasso italiano che minaccia l'euro bensì è il rischio di collasso dell'euro che sta minacciando l'Italia con un default. Alcuni pensano che il rischio vero sia la minaccia del ritiro tedesco. Infatti i Tedeschi di domani potrebbero ritirarsi se i tedeschi di oggi che hanno accettato la responsabilità di assumersi i debiti di migliaia di miliardi di euro d'Italia, Spagna e Portogallo, non fossero in grado di gestire la crisi, dato che la maggior parte di questi debiti sono stati accumulati prima ancora che nascesse l'euro. Per questo, in primo luogo, si dovrebbe rimuovere la minaccia che la messa in comune del debito non deve essere imposta ai tedeschi. In particolare, dovremmo abbandonare tutti gli schemi che oggi sono sul mercato. La BCE non dovrebbe effettuare acquisti di massa di debito italiano, spagnolo etc... Bisognerebbe abolire le proposte di leva o di estensione dell'EFSF per migliaia di miliardi. Il debito pooling è la minaccia per l'euro, non il mezzo di salvezza. Questo sarebbe sufficiente? Forse no. Potremmo anche aver bisogno di meccanismi per rendere l'euro una valuta più sostenibile, per compensare l' "one-size-fits-all" e i problemi di avere una moneta unica, senza avere un unico stato. Questo significa azioni per stimolare la crescita in un momento di scarso dinamismo delle stati dell'Eurozona - in particolare in Italia, Spagna e Portogallo. Forse bisognerebbe ricorrere agli schemi simili che stimolano la bassa crescita in altri grandi stati, quali i trasferimenti tra le parti più ricche e meno ricche del Regno Unito o della Germania. Ci sono sempre stati i fondi strutturali all'interno dell'UE per questo scopo. Tutto ciò che serve è quello di avere fondi strutturali solo per la zona euro. Lo sforzo non è proibitivo. Le risorse dei fondi strutturali e di coesione spendono circa € 57 miliardi all'anno. Circa 9 miliardi di € in più aumenterebbe il PIL italiano e portoghese dello 0,5%. Aggiungendo un altro 0,5% alla loro crescita potrebbe essere sufficienti per consentire a questi paesi di contenere e ridurre i loro debiti. Naturalmente, questi 9 miliardi di € dovrebbero probabilmente essere estesi agli anni successivi. Quindi, la differenza dei punti di vista su ciò che minaccia il default italiano - è che il collasso dell'euro minaccia l'Italia di default, non è il default italiano che fa rischiare all'euro il collasso. Se questo fosse vero allora la ricetta politica sarebbe esattamente opposta alla difesa standard di debito pooling. Trattandosi di una distinzione di sostanza e di contenuto, e poichè diventa sempre più difficile far ingoiare ai popoli europei discipline di comportamento austero, forse ha ragione il cancelliere tedesco che pensa ad un Fondo monetario europeo che a pari del FMI abbia possibilità d'intervento sugli stati che non rispettano le regole.
domenica 20 novembre 2011
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