domenica 22 agosto 2010

La Cina seconda potenza economica mondiale

La Cina ha marciato a tappe forzate per prendere il secondo posto nell’economia mondiale. Nel secondo trimestre di quest’anno con uno sviluppo superiore al Giappone e con un PIL di 1.336,9 miliardi di dollari contro i 1.288,3 mld del paese del Sol Levante si è insediata al secondo posto. Queste cifre fanno prevedere che la Cina potrà superare definitivamente i suoi rivali prima della fine dell’anno. Cambia totalmente la visione se invece si va a guardare a fondo per come è costruito il PIL. Intanto quanto parte del suo valore proviene da settori afflitti da possibili bolle speculative: il settore immobiliare, grandi lavori interni? L’esperienza recente degli USA e ultimamente della Spagna insegnano. Nel momento in cui si sgonfiano i prezzi, i vari PIL retrocedono. Ed ancora i Cinesi sono 1.350 milioni di persone, i Giapponesi solo 130 milioni. Un parametro più credibile che è il reddito pro-capite, fatte le dovute proporzioni, evidenzia che i Giapponesi sono dieci volte più ricchi dei Cinesi. I vantaggi economici cinesi vengono anche da molti elementi come: dumping salariale fatto da stipendi bassi, orari di lavoro superiori a quello occidentali; dumping sociale: basse copertura previdenziali e assicurative; dumping ecologici: poca cura del territorio, grosse perdite anche umane nelle attività lavorative (miniere), pochi controlli sanitari e cibi adulterati (latte con melanina ancora in commercio). L’elemento che balza evidente in un paese che vanta tassi di crescita a 2 cifre, è che l’occupazione cresce solo dell’1% l’anno, mentre data l’inflazione esistente il risparmio privato viene remunerato con un tasso di fatto negativo. La crescita cinese, trainata dall’esportazioni, viene fortemente sostenuta anche da una moneta, renminbi, sottovalutata con un duplice effetto: facilita l’esportazione e fa da freno alle importazioni. Le difficoltà che s’intravedono nei commerci mondiali dovranno trovare al più presto un ragionevole tavolo di confronto dove gli squilibri attualmente esistenti trovino una mediazione che eviti una nuova guerra commerciale, fatta di dazi, misure protezionistiche e svalutazioni competitive.

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