venerdì 6 agosto 2010

Obbligazioni bancarie, poche informazioni per gl’investitori

Durante una intervista ai microfoni di Cnbc, Meredith Whitney, ex analista di Oppenheimer e ora a capo dell'omonima societa' di consulenza finanziaria consigliava gl’ investitori americani di "evitare i titoli finanziari a ogni costo", soprattutto alla luce della riforma finanziaria (ora approvata) negli USA che limita il trading che fanno le banche con i soldi dei risparmiatori. Non si salvano nemmeno gli istituti europei, che anche dopo gli strees test continuano a essere seduti su una montagna di debiti sovrani. Questo vale anche per i risparmiatori italiani poco informati dalle banche di casa nostra molto più attente al proprio conto economico che a fornire un vero servizio di consulenza finanziaria al cliente, nonostante la direttiva Mifid in vigore ormai da due anni. La Consob, nell'ultimo numero di Quaderni di finanza, ha tracciato un quadro poco confortante per gl’investitori per quanto riguarda le obbligazioni bancarie ordinarie i cui rendimenti sono debolmente correlati con il rischio emittente e di liquidità. I ricercatori (R. Grasso, N. Linciano, L. Pierantoni, G. Siciliano) hanno preso in esame più di 12.200 obbligazioni bancarie collocate presso i piccoli risparmiatori tra il 2006 e il 2009, per un totale di 582 miliardi di euro, confrontandole con titoli di stato e con più di 600 analoghe emissioni destinate agli investitori istituzionali. La scoperta è stata che gl’investitori istituzionali spuntano un rendimento fino all'1% più elevato rispetto al comune risparmiatore. Quanto ai titoli di Stato, l'indicatore di rendimento a posteriori per le obbligazioni a tasso fisso emesse da banche si è attestato al 3,4%, contro il 4,9% dello stesso indicatore per i BTp. Nel caso delle obbligazioni a tasso variabile il differenziale è più contenuto, ma comunque c'è: 3,0% per le obbligazioni bancarie e 3,5% per i CCT. Uno spread che appare ancora più significativo se si considera che la raccolta delle banche italiane ha un alto livello di dipendenza dalla raccolta obbligazionaria (circa il 40% del totale, il livello più alto in Europa) e i bond bancari rappresentano il 10,8% delle attività finanziarie delle famiglie, percentuale ben superiore agli altri paesi europei anche grazie al regime fiscale favorevole che in Italia tassa al 12,5% questo tipo di attività. Al netto di questo, però, la sensazione è che le banche, nel periodo in esame, siano riuscite ad approvvigionarsi con costi contenuti, a spese di risparmiatori molto poco informati e non attenti al rapporto tra rischio e rendimenti. Sullo sfondo un conflitto d'interessi più volte sollevato dall' ex presidente della Consob, Lamberto Cardia, nella sua ultima relazione a fine giugno a Milano, così come è stato più volte sollevato dal governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, ma che fino a questo momento non ha trovato risposta nelle istanze istituzionali che ne portano la responsabilità. L'aumento esponenziale delle emissioni obbligazionarie delle banche, aveva detto Cardia, «è un fenomeno su cui la Consob pone particolare attenzione, considerato che nei portafogli degli investitori retail si rileva la presenza di obbligazioni in prevalenza illiquide e talvolta più rischiose dei titoli di stato senza che tali rischi siano adeguatamente compensati dal rendimento offerto» Solo il 9% delle obbligazioni bancarie, secondo questi studi hanno una buona liquidità, l'altro 91% di bond spesso deve essere trattenuto dai risparmiatori fino a scadenza se non sono disposti a subire perdite a volte significative. Per questo diventa importante un’approfondita conoscenza dell’acquisto onde evitare il pericolo di accollarsi poi una robusta perdita.

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