domenica 8 agosto 2010

L’economia mondiale riparte

Dopo circa 3 anni di crisi e un'estate che si prospetta tranquilla da un punto di vista economico, incominciano ad arrivare notizie di recuperi sostanziosi dei ritmi di crescita. Certo qualche perplessità esiste per la rapida evoluzione della situazione economica, però la Grecia è sulla buona strada, ha fatto grandi progressi, così dichiara la missione congiunta dell’UE e del FMI. Già da qualche settimana il Portogallo dimostra di poter pagare i propri debiti senza bisogno di soccorsi. La Spagna ha vinto la sua scommessa, mostrando di saper fare pulizia nel proprio sistema bancario con più trasparenza e con più efficacia della Germania. Erano dunque infondati i pronostici di una prossima rottura dell’euro da insolvenza dei paesi deboli? Certo di Cassandre in quel periodo ne abbiamo visto e sentite tante, perchè su quell’esito catastrofico i mercati avevano, per qualche tempo, puntato tutti i loro giochi. Hanno fatto tutto il possibile, spostando somme enormi, perché si verificassero. La loro forza aveva spinto molti a farsi pessimisti sull’euro anche in buona fede. Fortunamente le cose sono cambiate. Solo la Bce, secondo le dichiarazioni di giovedì scorso del presidente Jean-Claude Trichet, prevede che la seconda metà dell’anno, nel nostro continente, sarà meno buona della prima; la spinta della ripresa si dovrebbe attenuare, anche perché s’ incominceranno a sentire gli effetti delle misure di austerità. Certo il grande sostegno è arrivato dai bassi tassi di interesse, principale medicina impiegata per curare la crisi, che possono anche essere una droga che favorisce le attività speculative. Un recentissimo studio della Banca d’Italia, opera del vicedirettore generale Ignazio Visco e di altri tre economisti, conclude che la crisi del 2007-2010 sarebbe stata assai meno grave se alle sregolatezze della finanza non avessero fatto da supporto gli squilibri reali dell’economia mondiale, e certi ben precisi errori delle autorità responsabili specie degli Stati Uniti e della Cina. Questi squilibri restano, non meno gravi di prima: la globalizzazione ha fatto accumulare troppi soldi rispetto alle occasioni d’investimento produttivo; sull’abbondanza di denaro prospera il casinò della grande finanza. Stando così le cose i bassi tassi di interesse, essenziali per chi produce e vuole rilanciare gli affari, purtroppo «potrebbero finire per alimentare nuove bolle speculative» concludono gli studiosi della Banca d’Italia. Ma decidere di alzare i tassi sarà, per le banche centrali, difficilissimo. Un coro di voci bipartisan, dall’industria e dalla finanza, gli obietterà che non è ancora il momento, perché l’economia non cresce ancora abbastanza in fretta.

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