martedì 31 agosto 2010

A Melfi continua lo scontro Fiat - Cgil

Lo scontro tra la Fiat e la Cgil va ben oltre la sorte dei 3 lavoratori della fabbrica di Melfi in Basilicata che è all’origine di questo conflitto. Licenziati dall’impresa nel luglio scorso, dopo aver fermato una linea di produzione per protesta contro un cambiamento del contratto per rendere più competitive le fabbriche, sono stati successivamente integrati da una decisione, a loro favorevole, del giudice del lavoro. La Fiat contesta questa decisione del giudice e ha accusato i tre lavoratori di sabotaggio, la Cgil, al contrario, parla del più grave attacco contro i diritti dei lavoratori dal 1945 ad oggi.
Giovedì 26 agosto durate il meeting di Rimini di Comunione e Liberazione, l’A.D. Sergio Marchionne non ha nascosto la sua insofferenza per il protrarsi della situazione ed ha parlato di un ritorno agli anni ’60. In quegli anni i dirigenti Fiat, nella fabbrica simbolo del boom economico italiano, si scontravano con dei sindacati molto forti, un Partito comunista onnipotente e delle lotte molto più dure che le gesta dei tre lavoratori di Melfi. Per l’A.D. della Fiat questo accanimento della Cgil per salvarli dal licenziamento non è altro che un tentativo di salvare un sistema fossilizzato. L’insofferenza dell’Amministratore Delegato Fiat riguarda tutta l’Italia, il solo mercato al mondo dove la Fiat subirà delle perdite questo anno come l’anno scorso. “Come si possono mantenere 4 fabbriche del gruppo oggi nella Penisola se non a costo di un sacrificio patriottico”, S. Marchionne ha aggiunto che “spesso le ragioni del declino economico e sociale di una nazione sono nell’immobilismo. Questo è da molto tempo il grande male che affligge la Fiat. In Italia manca la volontà di cambiare”. Questa critica è anche un avvertimento. Mentre l’azienda si appresta ad investire 20 miliardi di euro per sostenere la produzione nazionale in cambio di una maggiore produttività per equiparare i prezzi e i risultati migliori che si ottengono in Brasile, in Polonia o in Serbia. Egli ritiene che l’approccio debba essere globale, la nuova architettura aziendale dell'Azienda che la vedrà scissa in due società egualmente quotate in borsa, l’accordo con l’americana Chrysler, il profilo internazionale del suo gruppo dirigente (S. Marchionne é nato a Toronto e il presidente John Elkann è nato a New York) sciolgono poco per volta i legami con l’Italia, ma permettono di cogliere meglio le opportunità oltre oceano.
“Tutto ciò di cui noi abbiamo bisogno è la garanzia che le fabbriche italiane possano funzionare in maniera egregia; non c’è niente di straordinario di voler adattare il nostro sistema al nuovo corso mondiale” ha aggiunto l’A.D. Marchionne dichiarando che la contrattazione sindacale italiana era troppo sbilanciata a favore dei lavoratori. Per il giornalista del Corriere della Sera, Sergio Romano, gl’interlocutori dell’A.D. della Fiat non gli chiedono altro che fare delle scelte conformi alle regole dell’economia mondiale, altrimenti è difficile spiegare perché il sindacato di Detroit sarà più povero di diritti dei loro colleghi di Pomigliano o di Melfi. Un paragone simbolico: lunedì 23 agosto, quando i tre lavoratori di Melfi cercavano invano di entrare in fabbrica a Melfi, Sergio Marchionne riceveva a Detroit il vice-presidente degli USA Joe Biden, che nel suo saluto ha dichiarato che “nel mondo la Fiat è una impresa che cerca quotidianamente di migliorare le condizioni di produzione e di collaborazione".

0 commenti: