Secondo gli accordi di Basilea il patrimonio delle banche può essere distinto in due classi (tier): una classe principale (Tier 1) composta dal capitale azionario e riserve di bilancio provenienti da utili non distribuiti al netto delle imposte, e una classe supplementare composta cioè la copertura con almeno il 6% del proprio capitale degl’impegni commerciali sottoscritti da una banca. A fine luglio, a Basilea, sembrava raggiunto un nuovo accordo tra i Governatori dei paesi più industrializzati, denominato Basilea 3 il passo è stato lungo. La necessità d’ intervenire sul sistema economico di ogni Paese, dopo la recente crisi, con una accorta politica di sostegno alle imprese si sta scontrando con le preoccupazioni che il nuovo regolamento metta a nudo altre deficienze del sistema. Già con Basilea 2 si assegnava un coefficiente di rating all’impresa che richiedeva un finanziamento; in base a tale valutazione si stabiliva e si stabilisce quanto l’azienda sia affidabile e quale sia il costo che la stessa sostiene nell’acquisto del denaro. Nel definire i parametri per l’assegnazione del rating fondamentale per gli istituti di credito è la valutazione della capacità espressa dall’impresa di remunerare il capitale proprio e quello dei terzi (il capitale preso a prestito) prendendo come indice di riferimento il rapporto tra R.O.E. e R.O.I.. Questo rapporto tra la redditività del capitale proprio e dei terzi è fortemente influenzato dal leverage, ossia l’effetto moltiplicatore dato dalla leva finanziaria e quindi dal tasso d’interesse del capitale preso a prestito. Le difficoltà emerse nel corso dell’applicazione sono state due. La prima è sorta in relazione alla difficoltà di pianificare, da parte delle imprese, per i tassi di interesse fluttuanti anche nel breve periodo. La seconda è la genericità con la quale sono stati definiti i parametri. Difficile valutare l’applicabilità dello stesso strumento ad una azienda di Milano come ad una realtà imprenditoriale del Salento. Con Basilea 3 si dovrebbero superare gli ostacoli della precedente formulazione dando più rilevanza agli aspetti locali dell’economia, rendendo più idonea la valutazione delle singole fattispecie. Il ritorno alla valutazione “locale” della capacità di affidamento genera però il problema opposto. Si ripropone il rischio di una gestione clientelare del credito che rispecchi solo le esigenze locali e la capacità del singolo di esercitare una influenza più o meno determinante nei confronti dell’istituto erogante, senza che si sia in grado di operare scelte di politica finanziaria di respiro “globale”. È sicuramente più difficile cercare di correggere un sistema di norme già vigente e ritenuto poco idoneo, piuttosto che progettarne a priore uno più efficace ed efficiente. Ora modificare di nuovo tutto comporterà nuovi costi per il sistema bancario, nuovi ritardi nell’erogazione del credito, nuovi disagi per l’intero sistema economico. La svolta della crisi è certamente venuta con l'annuncio degli stress test sulle maggiori banche europee. I grafici dei differenziali dei tassi dimostrano che quel passaggio, accelerato da Madrid, ha invertito la divergenza tra i paesi e di fatto ridotto sia la causa sia i sintomi della crisi. A ben vedere, però, proprio gli stress test hanno raccontato una storia poco rassicurante sul sistema bancario tedesco. Severa con gli altri stati, Berlino ha respinto i requisiti patrimoniali dell'accordo Basilea 3 che impedisce di considerare forme innovative di capitale, spesso pubblico, come patrimonio "di prima qualità", il Tier 1. La mossa ha fatto emergere ombre sulla solidità del sistema creditizio tedesco. L'esame della solidità delle banche ha mostrato la dipendenza di molti istituti dai fondi pubblici. La Deutsche Bank, si era inizialmente rifiutata di comunicare le posizioni in titoli esteri anche se ininfluenti sul risultato finale, facendo emergere sospetti sulle recenti operazioni. Senza aiuti diretti dello stato nell'ordine di 50 miliardi di euro, alcune delle Landesbanken e la Commerzbank (che da sola aveva ricevuto 16,4 miliardi) non avrebbero superato gli stress test, così com'è avvenuto alla Hre. Su alcune Landesbanken pesa tuttora il dubbio di una contabilità troppo generosa ammessa dalla vigilanza tedesca. Il successivo distacco dagli accordi di Basilea 3 della Germania, unico paese a non sottoscrivere una definizione per altro molto debole di capitale, rafforza la sensazione che il sistema bancario tedesco rappresenti il lato oscuro del successo economico tedesco. I fondi ricevuti dagli azionisti pubblici, "Stille Einlagen" non sarebbero considerati come Tier1, capitale primario, secondo i nuovi criteri di Basilea. Per le Volksbanken inoltre sono state ammesse definizioni di capitale che non sarebbero pienamente giustificate e questo è avvenuto perché i negoziatori tedeschi sono riusciti a tutelare a Basilea le forme giuridiche delle Casse di Risparmio, delle Volksbanken e delle Raffeisenbanken. Anziché cogliere la crisi come opportunità per riformare il proprio sistema finanziario, le autorità politiche e regolatorie tedesche ne hanno approfittato per rafforzarne le difese e le peculiarità. Il sistema bancario tedesco, non solo pubblico, è una ben rodata catena di trasmissione tra politica ed economia dei quali assorbe alcuni costi e inefficienze. Nel bene e nel male, le banche tedesche facilitano il governo del territorio da parte di amministratori non sempre efficienti e al tempo stesso agevolano le trasformazioni industriali evitando che esse diventino traumatiche per la società. Ma la bassa redditività che emerge dai bilanci bancari tedeschi non è solo il "costo" del modello sociale tedesco - dimostratosi per tutto il resto il più efficiente di tutti - ma è stato in passato anche la ragione degli investimenti di portafoglio in titoli molto rischiosi. Ora che gli investimenti in titoli subprime sono improponibili, le banche tedesche hanno una nuova possibilità di compensare la scarsa redditività dell'attività di credito. Si possono infatti finanziare a basso costo, attraverso la BCE, per reinvestire in titoli sovrani della periferia dell'euro-area sulla cui stabilità Berlino ha di nuovo il pieno controllo attraverso un sistema rafforzato di sanzioni europee e attraverso il proprio surplus di risparmio. L'aumento del differenziale d'interessi tra i paesi dell'euro - anche a crisi passata - garantirà al sistema - non solo bancario - tedesco un vantaggio competitivo rispetto agli altri paesi dell'euro-area condizionando il funzionamento del mercato unico.
sabato 7 agosto 2010
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