Ad ascoltare le dichiarazioni dei leader occidentali, se ai cinesi venisse l'idea giusta di lasciare apprezzare lo yuan, per esempio del 50%, sarebbe la fine degli squilibri economici che minacciano il mercato dei cambi e il saldo del commercio mondiale.
Politicamente è una cosa intelligente: le economie occidentali stanno vivendo una crescita lenta, e, piuttosto che utilizzare i rimedi a disposizione a volte dolorosi per migliorare la competitività, la via più facile è di scaricare la colpa sullo yuan. In breve, se i poveri occidentali, non riescono a garantire la crescita e sostenere l'occupazione, la colpa è dei cinesi.
E'quasi imbarazzante vedere che gli americani hanno cavalcato e appoggiato la richiesta degli europei nel corso del Meeting Asia Europa la scorsa settimana a Bruxelles. Esprimendo questi concetti ieri pomeriggio, il Presidente della Banca Popolare Cinese, la banca centrale cinese, Zhou Xiaochuan, ha cercato di convincere il suo pubblico che i cinesi vedranno apprezzare la loro valuta. La domanda è la velocità con cui questo sviluppo si può fare, secondo il presidente Zhou saranno necessari dieci anni.
Sarebbe errato ritenere che il successo dell'economia cinese è universale. Con oltre 100 milioni di cinesi in cerca di lavoro (9,5% della popolazione), la Cina ha un problema di occupazione nella stessa misura degli Stati Uniti e dell'Europa. Sarebbe quindi sbagliato credere che la Cina ha aumentato i posti di lavoro e vive in una posizione comoda a discapito dell’Occidente. Per evitare quella che sarebbe stata una crisi economica e sociale, le autorità cinesi hanno rafforzato la loro economia con successo due mesi dopo la caduta di Lehman Brothers. L'economia cinese deve affrontare ancora la necessità di sviluppare la sua industria nelle alte tecnologie, nei servizi che per definizione sono sensibili ai tassi di cambio. In cinque anni lo yuan si è apprezzato del 20% rispetto al dollaro, da 11 yuan che occorrevano nel 2005 per acquistare un euro, oggi sono sufficienti circa 9 yuan.
Propaganda? Non bisogna essere ingenui: la Cina ottiene indubbiamente dei benefici dalla sua politica di cambio, ma sarebbe assurdo attribuirgli tutti i problemi economici del mondo. La Cina è il paese con la più grande riserva mondiale di valuta estera, ma una rivalutazione molto veloce dei suoi 2000 miliardi di euro, porterebbe a delle perdite sostanziose su i suoi crediti soprattutto verso gli USA, il 50% del debito americano è in mano ai cinesi, ma avrebbe riscontri negativi interni con possibilità di spinte inflazionistiche, perdite di posti di lavoro e instabilità sociale.
Detto questo, il presidente Zhou senza tergiversare: ha dichiarato che loro politica è quella di diversificare le riserve e ha manifestato grande fiducia nell'Euro e nella zona euro. In qualche modo, i cinesi non hanno scelta. Ricevono valuta estera per le loro esportazioni e devono investire in mercati liquidi: dollaro, euro e yen. Inoltre una politica di penetrazione del mercato cinese, cosa non facile, è, non solo auspicabile, ma fortemente necessaria, da parte dell'Occidente per costruire il futuro dell'economia globale. La visita del Presidente cinese Wen in Italia, gli accordi commerciali per € 2.250.000.000 sottoscritti giovedi 7 ottobre tra Italia e Cina e il salto verso un obiettivo più alto nel commercio italo-cinese, fanno sperare che le cose dette dal Presidente della Banca centrale cinese abbiano un seguito.
Politicamente è una cosa intelligente: le economie occidentali stanno vivendo una crescita lenta, e, piuttosto che utilizzare i rimedi a disposizione a volte dolorosi per migliorare la competitività, la via più facile è di scaricare la colpa sullo yuan. In breve, se i poveri occidentali, non riescono a garantire la crescita e sostenere l'occupazione, la colpa è dei cinesi.
E'quasi imbarazzante vedere che gli americani hanno cavalcato e appoggiato la richiesta degli europei nel corso del Meeting Asia Europa la scorsa settimana a Bruxelles. Esprimendo questi concetti ieri pomeriggio, il Presidente della Banca Popolare Cinese, la banca centrale cinese, Zhou Xiaochuan, ha cercato di convincere il suo pubblico che i cinesi vedranno apprezzare la loro valuta. La domanda è la velocità con cui questo sviluppo si può fare, secondo il presidente Zhou saranno necessari dieci anni.
Sarebbe errato ritenere che il successo dell'economia cinese è universale. Con oltre 100 milioni di cinesi in cerca di lavoro (9,5% della popolazione), la Cina ha un problema di occupazione nella stessa misura degli Stati Uniti e dell'Europa. Sarebbe quindi sbagliato credere che la Cina ha aumentato i posti di lavoro e vive in una posizione comoda a discapito dell’Occidente. Per evitare quella che sarebbe stata una crisi economica e sociale, le autorità cinesi hanno rafforzato la loro economia con successo due mesi dopo la caduta di Lehman Brothers. L'economia cinese deve affrontare ancora la necessità di sviluppare la sua industria nelle alte tecnologie, nei servizi che per definizione sono sensibili ai tassi di cambio. In cinque anni lo yuan si è apprezzato del 20% rispetto al dollaro, da 11 yuan che occorrevano nel 2005 per acquistare un euro, oggi sono sufficienti circa 9 yuan.
Propaganda? Non bisogna essere ingenui: la Cina ottiene indubbiamente dei benefici dalla sua politica di cambio, ma sarebbe assurdo attribuirgli tutti i problemi economici del mondo. La Cina è il paese con la più grande riserva mondiale di valuta estera, ma una rivalutazione molto veloce dei suoi 2000 miliardi di euro, porterebbe a delle perdite sostanziose su i suoi crediti soprattutto verso gli USA, il 50% del debito americano è in mano ai cinesi, ma avrebbe riscontri negativi interni con possibilità di spinte inflazionistiche, perdite di posti di lavoro e instabilità sociale.
Detto questo, il presidente Zhou senza tergiversare: ha dichiarato che loro politica è quella di diversificare le riserve e ha manifestato grande fiducia nell'Euro e nella zona euro. In qualche modo, i cinesi non hanno scelta. Ricevono valuta estera per le loro esportazioni e devono investire in mercati liquidi: dollaro, euro e yen. Inoltre una politica di penetrazione del mercato cinese, cosa non facile, è, non solo auspicabile, ma fortemente necessaria, da parte dell'Occidente per costruire il futuro dell'economia globale. La visita del Presidente cinese Wen in Italia, gli accordi commerciali per € 2.250.000.000 sottoscritti giovedi 7 ottobre tra Italia e Cina e il salto verso un obiettivo più alto nel commercio italo-cinese, fanno sperare che le cose dette dal Presidente della Banca centrale cinese abbiano un seguito.
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