Gl'investimenti cinesi contribuiscono in modo significativo allo sviluppo africano sostenendolo in un momento di crisi dei grandi paesi industrializzati. Essi rappresentavano una massa di 9,3 miliardi dollari a fine 2009, secondo la relazione annuale 2010 dell’Associazione Cina-Africa pubblicato da Pechino e sono stati indirizzati soprattutto verso l'Africa sub-sahariana, con un'attenzione particolare verso le ambite risorse naturali del subcontinente. Il settore minerario rappresenta da solo il 30% degli importi investiti da Pechino, ma è il settore manifatturiero con il 50% dei capitali investiti a far la parte del leone. Il rafforzamento delle relazioni commerciali tra l'Africa e la Cina è una logica conseguenza di questa tendenza.
Secondo un rapporto del Fondo monetario internazionale è stata la politica del libretto di assegni guidati dalla Cina a contribuire a salvare dal disastro l'Africa durante la crisi. Per questa scelta il sub-continente ha anche ottento una crescita del 5% nel 2010 e 5,5% nel 2011. Inoltre, sempre secondo il FMI, la crescente esposizione della regione alla domanda asiatica ha certamente contribuito a mitigare l'impatto della crisi finanziaria mondiale e contribuirà a mantenere la crescita di alcuni paesi sub-sahariani, come l'Angola, la Nigeria e il Kenya. Se l'UE rimane il partner principale del commercio sub-sahariano, la Cina lo ha raddoppiato da 2005 portandolo al 13,6% nel 2009.
Ancora è difficile valutate l'impatto dell'investimento azionario 5,4 miliardi di dollari effettuati nel 2007 da parte della Banca industriale e commerciale della Cina che ha comprato il 20% della sua consorella sudafricana Standard Bank, resta comunque un ottimo esempio della diversificazione dell' impegno cinese. Eppure, la Cina è spesso criticata dai paesi occidentali per la firma di contratti con i regimi dittatoriali della regione, come il Sudan e lo Zimbabwe. Nei prossimi anni si potrà misurare con precisione l'impatto sulle economie sub-sahariana delle esportazioni verso la Cina e le tigri asiatiche, per una buona ragione: il valore delle esportazioni è ancora relativamente basso per quasi la metà dei paesi della regione, sono infatti meno del 30%.
Secondo un rapporto del Fondo monetario internazionale è stata la politica del libretto di assegni guidati dalla Cina a contribuire a salvare dal disastro l'Africa durante la crisi. Per questa scelta il sub-continente ha anche ottento una crescita del 5% nel 2010 e 5,5% nel 2011. Inoltre, sempre secondo il FMI, la crescente esposizione della regione alla domanda asiatica ha certamente contribuito a mitigare l'impatto della crisi finanziaria mondiale e contribuirà a mantenere la crescita di alcuni paesi sub-sahariani, come l'Angola, la Nigeria e il Kenya. Se l'UE rimane il partner principale del commercio sub-sahariano, la Cina lo ha raddoppiato da 2005 portandolo al 13,6% nel 2009.
Ancora è difficile valutate l'impatto dell'investimento azionario 5,4 miliardi di dollari effettuati nel 2007 da parte della Banca industriale e commerciale della Cina che ha comprato il 20% della sua consorella sudafricana Standard Bank, resta comunque un ottimo esempio della diversificazione dell' impegno cinese. Eppure, la Cina è spesso criticata dai paesi occidentali per la firma di contratti con i regimi dittatoriali della regione, come il Sudan e lo Zimbabwe. Nei prossimi anni si potrà misurare con precisione l'impatto sulle economie sub-sahariana delle esportazioni verso la Cina e le tigri asiatiche, per una buona ragione: il valore delle esportazioni è ancora relativamente basso per quasi la metà dei paesi della regione, sono infatti meno del 30%.
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