martedì 10 gennaio 2012

La BCE deve essere sostenuta dall'Eurozona

Recentemente, un giovane banchiere ha ricordato che in questo momento, il mondo ha bisogno più di storici che di economisti. E' difficile non fare un confronto con la grande crisi del 1929: una grave crisi finanziaria che si diffonde nel mondo reale, la mancanza di coordinamento generale, una mancanza di leadership politica ... Nei primi anni 1930, quando i deficit salirono, dopo la crisi finanziaria ci fu la peggiore recessione, i paesi non furono in grado di coordinare: la disciplina fiscale necessaria e i paesi si aggrapparono a mantenere la loro parità oro, con le conseguenze che conosciamo. La storia si ripete: a causa di aggiustamenti di bilancio drastici e non coordinati, senza una politica monetaria unica il disagio sta pervadendo tutta la zona euro. Tuttavia, se i paesi della zona euro sostenessero la Banca centrale europea (BCE), quest'ultima potrebbe mettere in atto una politica monetaria più accomodante, come fanno le sue omologhe inglese e americana. Se ci fosse un tesoro unico, responsabile di una politica coordinata e ottimale fiscale attraverso l'area emergente, la BCE avrebbe meno difficoltà a sostenere, a sua volta, una politica di aiuto alle economie con azioni adeguate. Ricordando una serie di errori del passato, le banche centrali anglosassoni hanno attuato politiche non convenzionali. Assumendo che il debito sovrano è il punto di riferimento per i tassi di interesse che più influenzano l'economia reale, le banche hanno deciso di stabilizzre i tassi a livelli molto bassi con l'acquisto di debito sovrano. Nel Regno Unito, una strategia di aggiustamento fiscale è stata assunta in parallelo. Negli Stati Uniti, il dibattito sul bilancio è meno chiaro, ma resta la forte sensazione che tutto è fatto per rilanciare l'economia. Rassicura la direzione presa da questi ministeri del tesoro è il fatto che c'è sempre un compratore di ultima istanza, gli investitori continuano ad aggiungere ai loro bilanci il debito sovrano americano e britannico. Il risultato: da dieci anni i tassi di questi due paesi sono circa al 2%, anche se l'inflazione è più alta, per cui alla fine si traduce in perdite effettive per gli investitori. In Europa, la situazione è confusa. Mentre la BCE continua ad assicurare che non acquisterà il debito degli stati in difficoltà, il suo bilancio continua ad appesantirsi con la fornitura di liquidità di riserva alle banche senza limiti e a tasso ridicolo. Gli acquisti di debito sovrano sono rimasti trascurabili rispetto alle dimensioni del bilancio, € 200 miliardi rispetto ad un aumento delle rimanenze di 1000 miliardi (il bilancio della BCE è passato da 1.500 miliardi a fine 2007 a 2700 miliardi di oggi). C'è una grande differenza tra questo programma e quello delle sue omologhe europee anglosassone e americana: la BCE presta un sacco di denaro, ma è poco acquistato. Questo ha due importanti conseguenze: in primo luogo, i bilanci delle banche non sono trasparenti - a differenza di banche americane, la Fed ha scaricato una grande quantità di debito tossico d'altra parte, le banche rimborsano alle scadenze, che vanno da sei mesi a tre anni, il denaro. Le conseguenze (negative) sulle attività reali sono significative. Naturalmente, aiuta le banche a rifinanziarsi: l'importo del debito di rifinanziamento per le banche della zona euro per il 2012 è enorme, circa 800 miliardi di euro, e senza dubbio il recente prestito di € 490 miliardi a tre anni all'1% li aiuta. Ma non li aiuta a ripulire i loro bilanci, ne le banche hanno ripreso a prestare soldi a consumatori e imprese, o lo fanno timidamente. Tanto più che le banche devono aumentare i loro coefficienti patrimoniali entro la fine di giugno. Per questo l'economia soffre. Inoltre, mantiene l'illusione che con il denaro prestato alle banche dalla BCE, esse potevano permettersi di continuare a pagare il debito sovrano. Ma se il denaro della BCE è investito in debito sovrano e non va nell'economia reale, priva il finanziamento di quest'ultime un pò di più. In parallelo, i governi della zona euro hanno deciso di rafforzare la disciplina fiscale utilizzando le regole che minacciano di paralizzare il bilancio. I paesi della zona euro, che hanno una politica monetaria comune, non hanno bisogno di un altro strumento paralizzante come il vincolo di bilancio per la gestione del ciclo economico. La politica di bilancio si riassume in nuove forti regole senza prendere in considerazione gli effetti negativi di traboccamento nell'area. Va ricordato che il successo degli aggiustamenti fiscali è avvenuto mentre l'ambiente internazionale, in questi paesi, è stato un ambiente di crescita, e la politica monetaria è diventata più accomodante. La somma di regole di bilancio unico applicata alle diverse realtà nazionali economiche può dare una politica fiscale non ottimale a livello europeo. E' nel processo di adozione di una strategia che è l'opposto di ciò che viene fatto: dobbiamo mettere in atto una politica fiscale europea, che distribuisce lo sforzo di risanamento tra i paesi della zona euro, in modo da separare i paesi che hanno bisogno di regolare una domanda sostenuta, dai paesi che non hanno bisogno di comprimere la domanda (Germania) o viaggiano entrambe con la stessa velocità (Francia). Se in aggiunta ogni paese ha accettato di decidere la propria strategia di aggiustamento a livello europeo per il bene della zona euro, quindi si ha l'equivalente di un ministero del Tesoro della zona euro. La BCE, l'esistenza di una forza del Tesoro e una strategia di regolazione in questione con una crescita ben definita, potrebbe rendere la politica monetaria più accomodante nel fare acquisti di debito sovrano al fine di abbassare i tassi su tutte le scadenze. Dall'inizio della crisi greca, l'Eurozona si muove lentamente da un picco all'altro. Si deve smettere di pensare che i paesi della zona euro possono essere carenti in futuro, ma bisogna incominciare a pensare che i paesi siano parte integrante di un progetto costituente l'embrione di federalismo. La BCE deve ascoltare i governi su questi sviluppi e poi seguire le orme della collega anglosassone.

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