La minaccia di abbassamento simultaneo da parte delle agenzie di rating della nota di merito di Francia, di molti altri paesi dell'area dell'euro e poi di molte banche europee, quasi in contemporanea, incominciano a preoccupare vivamente del ruolo e del posto occupato dalle agenzie di rating nel sistema finanziario globale. La gente, che fino a poco tempo fa non sapeva quasi nulla delle agenzie di rating si è affrettata a capire che un cattivo risultato di rating del credito porta velocemte a tassi passivi più elevati, a rincari dei prezzi e a una maggiore austerità. Ma diventa difficile poi spiegare alle stesse persone come le agenzie siano state in grado, nell'arco di poco tempo, di acquisire la forza di fare il bello e il brutto tempo nell'economia mondiale. Wolfgang Schäuble, Ministro delle Finanze tedesco, il 16 dicembre dello scorso anno, dichiarò che la forza delle agenzie di rating aveva raggiunto, soprattutto in termini d'investimenti finanziari, una forza "sproporzionata", tale da mettere in discussione ed essere loro stesse causa di alcune "decisioni di Stato". L'intervento del Ministro tedesco metteva anche il risalto che era giunta l'ora di discutere il problema centrale, il ruolo delle agenzie nella distribuzione del credito da parte delle banche, per evitare che quest'ultime quasi possedessero una specie di piccola scatola nera delle risorse finanziarie assegnate per l'economia globale. Nel giugno 2004, confermando le proposte del Comitato di Basilea, gli Stati avevano sviluppato, senza averne la piena conoscenza, un apparentemente "modus vivendi" ragionevole, ma che in realtà si è poi rivelato negativo per le sue conseguenze: il credito è distribuito in modo quasi automatico per gli emittenti che ottengono la migliore notazione. Mentre nella regolamentazione di Basilea 1 il credito è stata trattato allo stesso modo, indipendentemente dalla società di prestito, nelle notazioni di Basilea 2 l'ammontare del capitale di una banca doveva confrontarsi con un credito da concedere che poteva variare per la stessa quantità di credito, da 1 a 6 o 7 o più da una nota assegnata dalle società di rating indipendentemente che fosse una multinazionale o una PMI! Poiché diventava, e diventa, difficile moltiplicare per 6 o 7 il margine concesso sulle PMI, è facile immaginare che la priorità del banchiere fosse: "Sia che sono potenti o miserabili, ci penso io ..." Per gli Stati sovrani è lo stesso. Il punteggio non è un supporto alle decisioni, è la decisione stessa. In altre parole, questo sistema, chiamato "attività ponderata" è troppo discriminante. Come se le agenzie non avessero tutto il potere, ma quando le differenze sono di tale importanza, di fatto il potere lo hanno. Quando poi le agenzie si sono sbagliate su alcune classi di attività o su taluni emittenti, come nel caso dei mutui subprime o della banca Lehman Brothers, che ha goduto della Tripla AAA fino al giorno precedente il crollo, o per la Grecia, valutata fino al 2009 a livello "A", con conseguenti finanziamenti a catena, liquidità del sistema e fiducia incalcolabile. Per ridurre l'influenza delle agenzie e fornire una ripartizione delle risorse più in linea con utilità economica, bisognerà rivedere, almeno marginalmente la regolamentazione prudenziale. Nella regolamentazione di Basilea 1, molto poco si è discusso delle agenzie di rating e altrettanto si è fatto con Basilea 2 e Basilea 3. Ora, un equilibrio deve essere trovato. Gli Stati europei potrebbero utilizzare proprio il Comitato di Basilea per considerare un patrimonio ponderato meno discriminante. Per quanto riguarda la classificazione del rischio sovrano, con tutte le sue implicazioni sistemiche, potrebbe essere riservata ad una squadra di analisti, es.: il Fondo monetario internazionale (FMI) che conosce bene il tipo di rischio, valutare in che modo continuare a viaggiare, trovando anche con la Cina, massimo creditore USA, un solido muro a garanzia dell'indipendenza degli analisti. La richiesta di sospensione di qualsiasi nota di rating, in caso di aiuti internazionali è stata anche una misura di buon senso che non si comprende perché la Commissione europea ha deciso di non accogliere. Per quanto riguarda la possibilità di deliberare sul credit default swap (CDS), gli eurodeputati forse qui hanno un lavoro utile da svolgere per modificare il testo. Ma nulla sarebbe peggio che continuare a guardare lo spettacolo, senza reagire.
lunedì 2 gennaio 2012
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