Dopo l'avvertimento di venerdì da Moody, questa notte Standard & Poor ha abbassato il rating assegnato alla terza economia dell'Unione europea di una tacca. L'agenzia ha spiegato la sua decisione con le prospettive di bassa crescita e la fragilità politica del paese con scandali politici a ripetizione. Il rischio di contagio di una crisi del debito sempre più invasiva crescerà ancora di più. Dopo la Grecia, l'Irlanda, il Portogallo e più recentemente gli Stati Uniti è ora la volta dell'Italia di vedere il proprio rating danneggiato da Standard & Poor. L'agenzia ha abbassato il rating di una tacca passando ad A/A-1 contro A + / A-1 + a lungo e a breve termine, e mantenendo anche un outlook negativo sull'evoluzione dell'attività economica in Italia. Il degrado di S & P è tanto più inaspettato perchè non era stato lanciato nessun avvertimento da parte dell'agenzia, a differenza di Moody. Quest'ultima aveva annunciato venerdì di aver rinviato di un mese, l'esame del credito italiano per un possibile taglio, citando un difficile contesto economico. Per Standard & Poor, il declassamento del debito è direttamente correlato alla bassa crescita economica ed a una fragile situazione politica. Infatti, la coalizione del governo di Berlusconi ha solo una risicata maggioranza. Così, l'agenzia di rating ritiene che gli scontri in Parlamento continueranno a limitarne la capacità di rispondere con decisione a un contesto macroeconomico difficile dentro e fuori. Le difficoltà del governo in carica d'imporre misure sono state manifeste nel recente parto doloroso del piano di austerità. Questo programma cambiato più volte non è convincente e, secondo S & P, "senza dubbio poco contribuiscono a migliorare le prestazioni economiche d'Italia, soprattutto in un contesto di condizioni finanziarie più severe ed in un'ottica di un programma di ridimensionamento fiscale". Di fronte a un debito di 1900 miliardi di euro, pari al 120% del PIL annuale, il governo Berlusconi ha spinto fino alla settimana scorsa il parlamento ad adottare un piano di austerità che prevede 59.800 milioni di € di risparmio, con l'obiettivo di portare il bilancio in equilibrio nel 2013. Ieri, c'è stata la dichiarazione di Corrado Passera, amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, la prima banca italiana al dettaglio, molto preoccupata. Quest'ultimo ha detto che l'Italia non può permettersi d'ignorare il rischio di default. "Dovremmo essere consapevoli che il rischio default è lì", ha avvertito. Questa mattina il debito pubblico italiano è sceso in valore, spingendo verso l'alto il tasso d'interesse del prestito obbligazionario. Il rendimento dei titoli italiani a dieci anni è aumentato di circa lo 0,1 punti percentuali al 5,68% nei primi scambi. Non è un movimento di massa. Tuttavia, i rendimenti italiani sono già stati spinti verso l'alto nelle ultime settimane. Se salirà al 6%, potrebbe indicare che i mercati finanziari hanno seri dubbi sulla sua solvibilità. Grecia, Portogallo e Irlanda si trovano tutti al 7% che è il cut-off, oltre il quale costringe ciascun paese a cercare un'ancora di salvataggio. Comunque i mercati stanno prendendo la notizia abbastanza bene. L'euro ha recuperato molto del suo valore da quando era crollato a 1,359 dollari, ora è scambiato a 1,366 dollari.
martedì 20 settembre 2011
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