Un'aspra disputa, in questi giorni è in corso tra il Fondo monetario internazionale (FMI) e i governi dell'Eurozona, ma anche all'interno dell'unione monetaria, sulle svalutazioni che devono affrontare le banche europee per i titoli di Stato. Le banche francesi dovrebbero ratificare la svalutazione dei titoli di Stato greco pari al 21% come concordato a luglio dei capi di stato e di governo, ma si rifiutano di portarli a livello dei prezzi di mercato che si attesta intorno al 49%.Le banche detengono grandi quantità di titoli di stato in quanto sono considerati investimenti sicuri e liquidi. Il nucleo della controversia con il FMI, è il valore delle obbligazioni sovrane dei paesi europei in crisi da iscrivere nei bilanci delle banche. In una bozza del Rapporto sulla stabilità finanziaria del FMI alcuni economisti si rimettono al calcolo dei valori di mercato, e alla partecipazione del premio al rischio sottostante derivante sul mercato dei credit default swap (CDS). In caso di stock di titoli di Stato valutato a questi prezzi, le perdite per le banche europee arriverebbe a 200 miliardi di euro pari al 10%o del capitale di base o anche di più.I calcoli sono stati discussi mercoledì nel consiglio di amministrazione del Fondo e ha incontrato resistenza da parte dei governi europei. Il Fondo monetario internazionale pubblicherà le relazioni poco prima della riunione annuale a fine settembre. In quella sede i rischi delle istituzioni finanziarie e il governo dei titoli di stato europei dovrebbero finalmente essere presi sul serio. Il direttore esecutivo del FMI, Christine Lagarde, ha chiesto nel fine settimana, la ricapitalizzare delle banche in Europa. Il ministro delle Finanze spagnolo Elena Salgado ha dichiarato al "Financial Times", che il punto di vista del Fondo monetario internazionale è "del tutto unilaterale" e ha scelto la parte meno propositiva di tutto il dibattito, perchè non ha tenuto conto dei profitti delle banche sui titoli di stato. Anche all'interno dell'unione monetaria c'è discussioni su come le banche devono drasticamente cancellare le loro posizioni sulle obbligazioni greche. Nel caso della Grecia, ha avuto grande peso le revisione di KPMG, Deloitte, Pricewaterhouse Coopers e Ernst & Young concordato con le associazioni di settore che si erano confrontate in vista della conversione del debito prevista con la riduzione di valore in perdita di valore permanente, e quindi la possibilità che le riserve delle banche a giugno si sarebbero deprezzate. I 30 Titoli greci più diffusi sono stati pagati nel mese di giugno con scadenza a due anni il 71% del valore nominale, per le scadenze da cinque a dieci anni il 55% per le scadenze a trenta anni il 44%. Quasi tutte le banche europee, soprattutto quelle tedesche, hanno accettato la decisione. Le Istituzioni finanziarie francesi come BNP Paribas hanno rifiutato, anche contro il parere dei loro revisori contabili, sostenendo che non esiste un prezzo di mercato affidabile delle obbligazioni greche. Pertanto, hanno usato il proprio modello di valutazione. Dopo aver notificato le loro partecipazioni sulle obbligazioni greche all 'Associazione europea di Londra hanno inviato per la contabilità, all'International Accounting Standards Board, all'Autorità mercato europeo, alla Securities degli Stati Uniti e dei mercati europei (ESMA) una lettera. In essa hanno criticato l'accordo, dicendo che le banche dovrebbero usare come opzione, i prezzi di mercato per la loro svalutazione, anche se bassi. Come nel caso di Irlanda, Portogallo, Italia, Spagna e Belgio senza scambio di debito è prevista la riduzione di valore, questi titoli non hanno perdite durevoli e sono normalmente riconosciute dalle banche.
sabato 3 settembre 2011
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