domenica 18 settembre 2011

Accordi fiscali con la Svizzera

Dopo il Regno Unito e la Germania, potrebbe essere la volta della Francia a decidere se concludere un accordo fiscale con la Svizzera, che fornirebbe entrate consistenti allo Stato, mantenendo la sicurezza per il segreto banca. Regno Unito e Germania hanno ottenuto che la Confederazione Elvetica riversi a loro una ritenuta alla fonte sui redditi da esuli fiscali in cambio di mantenere l'anonimato. Berlino si aspetta 2 miliardi di € ogni anno, il Regno Unito, una percentuale minore. L'imbarazzo della Francia rispetto alla "realpolitik" di Berlino e Londra potrebbe essere di breve durata di fronte al fatto che il paese potrebbe aspettarsi tra gli 800 milioni e un 1 miliardo di € e più sotto il catch-up. "Considerate le difficoltà di bilancio che abbiamo di fronte, una negoziato con la Svizzera potrebbe essere interessante", d'accordo si è dichiarato il relatore, Gilles Carrez, mercoledì, durante il dibattito sul bilancio dello stato francese. L'accordo tra la Svizzera e la Germania concluso il 10 agosto, e denominato "accordo di Rubik" entrerà in vigore nel 2013.Le plusvalenze realizzate dai residenti tedeschi sui loro conti bancari svizzeri saranno tassati con un'aliquota del 26,375%. Un livello equivalente a quello in media in vigore in Germania. La trattenuta fiscale sarà incassata dalle banche svizzere e trasferita alle autorità fiscali tedesche, che garantirà l'anonimato degli investitori. Anche in Italia qualcosa si muove. L’occasione per rompere il ghiaccio, dopo mesi di polemiche verbali a distanza, si presenterà domani a Roma: a Palazzo Madama la commissione finanze del Senato incontrerà una delegazione di parlamentari svizzeri. In questo incontro s'incomincerà a parlare delle questioni fiscali che hanno raffreddato i rapporti tra i due stati e soprattutto per valutare se anche l’Italia potrà sottoscrivere l’accordo sui capitali esteri depositati nelle banche elvetiche già firmato da Germania e Gran Bretagna. L’Italia potrebbe incamerare, grazie all’accordo, non meno di 2 miliardi l’anno, la Svizzera verrebbe tolta dalla «black list» dei paradisi fiscali in cui Tremonti continua a mantenerla, ma vedrebbe nel contempo salvaguardato il fortino del segreto bancario; la «traccia» dell’accordo prevede infatti che le banche elvetiche gireranno sì all’Italia il prelievo sui depositi bancari, ma manterranno l’anonimato sui titolari dei conti. Un eventuale accordo porterebbe gli evasori che si «pentiranno» oggi, rispetto a quelli che hanno ammesso le proprie colpe nell'ultimo scudo fiscale, a pagare cinque volte di più dei loro predecessori. La prima tranche della sanatoria del 2009 tassava i capitali emersi all'estero al 5%, il possibile accordo fiscale tra Roma e Berna,di cui si parla ora, potrebbe alzare l'asticella al 25%: è una delle ipotesi che circolano tra gli addetti al settore, non è quindi detto che sia presa in considerazione anche dal governo e fisco italiano. Resta comunque il fatto che quel 25% è in linea con gli accordi già firmati da Berna con Londra e Berlino per la tassazione dei capitali di tedeschi e britannici (non residenti in Svizzera) depositati nella Confederazione e non dichiarati al fisco d'appartenenza, inglese o tedesco che sia. Partendo (e scendendo) da un prelievo massimo del 34%, infatti, l'aliquota media sui capitali degli evasori tedeschi e britannici «neopentiti» dovrebbe attestarsi intorno al 25%.

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