sabato 13 marzo 2010

La Cina del futuro, locomotiva o panzer

In questi giorni la Cina è di moda su molti giornali perché molti si domandano se le sue percentuali di sviluppo cinque/sei volte superiori a quelle occidentali, faranno da traino all’economia o schiaccerà la ripresa di questa parte del mondo. La loro moneta, il renminbi, dal 1997 al 2005 è stato ancorata al dollaro Usa ad un tasso fisso di 8,28 RMB per USD. Il 21 luglio 2005 la Banca Popolare Cinese ha sganciato il renminbi dal dollaro USA, ancorandolo a un paniere di valute internazionali, e istituendo un regime di cambio a fluttuazione controllata, cosicché il tasso di cambio reale può ora fluttuare entro un margine di 0,3% del valore di riferimento. Di conseguenza, in quei giorni il tasso di cambio si rivalutò immediatamente sugli 8,11 renminbi per dollaro statunitense. Il cambio attuale della valuta cinese è di circa 6,83 renminbi per dollaro USA e di 9,32 per 1 €; il valore di un renminbi corrisponde quindi a circa quindici centesimi del dollaro USA. Questo tasso di cambio è al centro di un teso dibattito internazionale. I calcoli effettuati sulla base della teoria della parità dei poteri d'acquisto (il metodo più affidabile per effettuare un paragone tra diverse valute) suggeriscono infatti che il renminbi è fortemente sottovalutato. Secondo il Fondo Monetario Internazionale, un dollaro statunitense era equivalente a circa 3,462 renminbi nel 2006, a 3,621 renminbi nel 2007 e a 3,798 renminbi nel 2008, valori che corrispondono a quasi il doppio del reale tasso di cambio. Un renminbi sottovalutato avvantaggia artificialmente le esportazioni cinesi, limitando al contempo le esportazioni degli altri paesi verso la Cina. Tutto ciò si traduce in una forte limitazione del mercato del lavoro nei paesi più sviluppati a vantaggio dell'occupazione cinese, nonché in continui attivi nella bilancia dei pagamenti cinese (e conseguenti passivi nelle bilance dei pagamenti dei paesi sviluppati) che hanno portato il paese ad accumulare quelle che sono di gran lunga le più ingenti riserve valutarie al mondo in termini di valore, si calcola che la Cina ha nelle sue riserve circa 2750 miliardi di dollari USA. Tuttavia questo stato di cose favorisce anche gli interessi di diverse imprese dei paesi sviluppati che hanno spostato la produzione in Cina. Un tasso di cambio sottovalutato rende molto più appetibili, sui mercati occidentali, le merci prodotte in Cina, consentendo alle multinazionali amplissimi margini di guadagno. Le autorità cinesi sostengono che l'abbandono del tasso di cambio fisso esporrebbe il paese ad attività di speculazione finanziaria, che destabilizzerebbe l'economia e ne danneggerebbe la crescita. Il Presidente Barack Obama ha recentemente intensificato i suoi appelli alla Cina chiedendo di rivalutare la sua moneta, sostenendo che più esportazioni verso l'Asia significherebbe "centinaia di migliaia, forse milioni di posti di lavoro negli Stati Uniti". Esiste una stima del Peterson Institute of International Economics che descrive la valuta cinese sottovalutata del 41% nei confronti del dollaro. Questa valutazione ampiamente ripresa negli Stati Uniti, aggiunge che la Cina ha un grande e ingiusto vantaggio per uscire dalla crisi. Alcuni rumors finanziari parlano di un apprezzamento nel prossimo futuro della moneta cinese e questi rumors stanno diventando più forti dopo l’annuncio dell’aumento dell’inflazione al 2,7%. Nella realtà, la maggior parte degli economisti si aspettano solo un aumento molto modesto del valore del renminbi.
La Cina è attualmente la terza potenza economica del mondo in termini di dollari, subito dopo il Giappone. Le prospettive sono che a questo tasso di crescita presto diverrà la seconda e nel 2027 alcuni economisti prevedono che possa divenire la prima. Attualmente esiste un gap ecologico, previdenziale, sanitario e di qualità della vita globale, difficilmente superabile nell’arco di 10/20 anni. Soprattutto gl’investimenti per la difesa del territorio hanno ritorni molto lunghi.

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