sabato 23 gennaio 2010

Le furbizie delle banche


Il presidente degli USA Barack Obama ha deciso di ascoltare il grido di dolore che viene dalle masse americane che hanno pagato il conto più salato della crisi economica nel 2009 e che individuano nel comportamento delle banche la fonte delle loro difficoltà. Le banche americane, e non solo quelle, salvate dai fondi federali hanno ricomiciato a distribuire bonus ai loro gruppi dirigenti, ricominciando a operare come ai tempi anticrisi. Ora la necessità di un chiarimento come auspicato dall’ultimo G20, e in parte demandato al Financial Stability Board diretto dal Governatore della Banca d’Italia Mario Draghi è quello di trovare un “legal standard” che direttamente limiti il raggio di azione delle grandi banche internazionali che spesso hanno fatturati superiori ai paesi d’origine. Un idea di questa forza di pressione viene dalla rivista “The Banker, American Bancher, Barclays Capital in cui per es. la svizzera UBS con il suo giro d’affari di 1.667 mld di dollari vale il 362% del Pil nazionale, idem per l’Olandese Ing Bank giro d’affari 1.462 mld di dollari e 182% del Pil, mentre la prima delle banche italiane Unicredit con 1.352 mld di dollari vale solo il 62% del PIL nazionale. Di qui l’espressione “troppo grandi per fallire” e giro d’affari che consentono loro di fatto una libertà di manovra e d’intervento nei mercati borsistici inimmaginabile sino a qualche anno fa. La necessità di trovare un insieme di regole legate alla capitalizzazione, alla liquidità, con una supervisione anche a livello sopranazionale è il problema vero per l’economia mondiale. Queste banche traggono la maggioranza dei loro profitti dalla compra-vendita di titoli, che non solo viene fatta per conto dei propri clienti, operazione legittima, ma spesso viene fatta in proprio con i fondi affidati loro dai risparmiatori funzionando come veri e propri hedge fund. La massa di manovra è talmente enorme che, data la loro posizione nel mercato, le possibilità di distorsione sono alla portata di mano.

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