mercoledì 10 febbraio 2010

Borse e Finanza - Uno sguardo sulla settimana

La discesa delle borse europee di questi giorni deve essere messa in stretta relazione con la grande preoccupazione della situazione economica di molti paesi della Ue come Grecia, Irlanda, Spagna e Portogallo, i conti pubblici delle quali o sono peggiori di quanto ci si aspettava o hanno viaggiato su bolle speculative che una volta sgonfiatesi, tipo immobiliare in Spagna, hanno messo alle corde la finanza e l’occupazione di questi paesi. Inoltre hanno reso molto più costoso il ricorso al mercato per l’aumento dei cosiddetti CDS, che rappresenta il maggior costo del rischio che un paese deve pagare se ha il debito relativamente più alto della media. Inoltre questi paesi hanno mediamente il rapporto deficit/Pil del 2009 superiore al 10%,con un notevole sforamento rispetto agli accordi sottoscritti con il trattato di Maastricht che prevedeva al massimo uno scostamento del 3%. Va precisato che le Borse s’indeboliscono anche sotto la pressione delle solite banche, che nonostante la crisi finanziaria continuano a speculare vendendo Euro, magari allo scoperto, nella speranza di ricomprarlo, qualche ora, dopo ad un prezzo ribassato. Speculazioni al contrario vengono fatte in questo momento sul dollaro, valutato da molti mercati come una moneta difensiva. Altri fattori che interfacciano sui movimenti sono la debolezza dei consumi del petrolio. In questi giorni su molti quotidiani sono apparsi articoli che fanno temere per la chiusura in Italia di 4 raffinerie su 16 funzionanti, con la perdita di circa 7500 posti di lavoro. Il tentativo di spostare sia pure lentamente i consumi dal petrolio al gas, sia nel trasporto di persone e merci che nell’alimentazioni di nuove centrali a gas, lentamente nel tempo influisce sui consumi. La Shell ha denunciato un riduzione dei guadagni nel 4° trimestre 2009, mentre la British Petroleum valuta una diminuzione della produzione nello stesso periodo. Va meglio il settore farmaceutico, e quello manifatturiero che vede nel mese di gennaio, un sostanziale mantenimento dei livelli produttivi. In Italia la produzione è passata da un indice del 50,8 al 51,7. Segnali al ribasso provengono dal settore delle materie prime con ribassi diffusi: l’energia con meno il 2%, metalli preziosi -3%, prodotti agricoli -4%, aumenta il prezzo del gas naturale di oltre il 7% per i rigidi inverni diffusi in molte parti della terra, ma bilanciati da un aumento delle scorte di petrolio per la richiesta in calo.
Per quanto riguarda i tassi non ci dovrebbero essere grandi movimenti, visto che le maggiori preoccupazione di un eventuale default della Grecia, saranno affrontate domani a Brusselles, nel vertice informale dei 27 Capi di Governo dell’Unione. La soluzione per questo caso all’interno della Eurozona, di fatto sarà l’apripista per altri eventuali interventi in caso di difficoltà in altri paesi. Troppo grande sarebbe stata la sconfitta per la UE se avessero seguito i suggerimenti della Gran Bretagna e della Svezia che auspicavano un intervento del FMI, da ricordare che le due nazioni non fanno parte della zona a Moneta Unica

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