Dopo i tagli di rating effettuati dalle agenzie S.&P. e Moody’s sulla affidabilità economica di Grecia, Portogallo e Spagna, sembra che entro domenica 2 maggio, con una riunione in teleconferenza dei Ministri delle Finanze dell’Eurozona, partirà il salvataggio della Grecia. Secondo il Financial Times il piano prevede tagli per 24 miliardi di euro. Tra le misure contenute c'e' l'aumento di due punti dell'Iva dall'attuale 21%, un rialzo del 10% delle tasse su carburanti, alcool e tabacchi, il taglio di tredicesima e quattordicesima per gli statali e per i pensionati più ricchi e il congelamento dei salari dei dipendenti privati. Il piano arriverà in cambio degli aiuti di Ue/Fmi che verranno concessi a scaglioni mensili, sotto la supervisione degli organismi eroganti. Inoltre Ue e Fmi stanno preparando un piano di aiuti triennali per un ammontare di 120 miliardi di euro. Per quanto riguarda il Portogallo il Governo di Lisbona, secondo una dichiarazione del Ministro delle Finanze, Fernando Teixeira dos Santos, con il concorso delle opposizioni, si appresta ad erigere barriere contro gli attacchi speculativi dei mercati. «La maggioranza delle opinioni sono concordi nell'affermare che il Portogallo e la Grecia sono due realtà diverse», ha sottolineato il ministro portoghese, citando istituzioni internazionali come l'Ocse, il Fmi, la Commissione europea, la Bce. Resta il fatto che a seguito del declassamento di Standard & Poor's, la Borsa di Lisbona ha perso il 5,36%, mentre i tassi sui titoli del mercato obbligazionario sono schizzati oltre il 5,5%. «Bisogna concentrarsi su quello che è prioritario per il Paese, perché le difficoltà non sono terminate», ha sottolineato ancora il ministro socialista. Non ci sono molte notizie sul piano di austerity che la Spagna dovrà approntare al più presto, cosa abbastanza difficile con una disoccupazione al 20% e un’inflazione vicina al 2% nel primo trimestre del 2010.
Resta la grande incognita per il futuro. Come l’Europa a 16 (Eurozona) o meglio a 27 l’UE si attrezzerà per rispondere con più efficacia a crisi del genere. Due sono i problemi urgenti da affrontare il primo è di livello culturale e strutturale, il secondo è di regole e relativi strumenti. Il primo problema di livello cultural-strutturale è che questa crisi ha dimostrato che in campo ci sono giocatori dalle potenzialità enormi. Basta pensare alla Cina 1.300 milioni di abitanti, l’India altro miliardo di abitanti, gli USA 340 milioni di abitanti; è possibile pensare che 27 nazioni della UE marcino ognuno per conto proprio nell’affrontare questi colossi che hanno grandi riserve economiche, fondi sovrani, e che si muovono nello scenario mondiale con una agilità imprevedibile sino a qualche anno fa. Possibile non pensare che una UE, forte di 497 milioni di abitanti, prima esportatrice di manufatti nel mondo, con eccellenze scientifiche e industriali, più unita non sia in grado di competere meglio a livello globale? Forse è molto difficile superare i localismi personali dei vari leaders oggi presenti sull’agone politico, ma non è impossibile. Il secondo livello d’intervento è conseguenza naturale di questo cambio di strategia. La UE, e i mercati in genere hanno bisogno di affrancarsi da queste agenzie di rating che sono di natura privata, ma assurgono a funzione pubbliche di rilevanza mondiale, in un groviglio di conflitto d’interessi inaccettabile in un settore delicato come quello della finanza mondiale. Sono agenzie che due anni fa hanno promosso con tre AAA obbligazioni legate a mutui che di affidabile avevano poco o nulla. Oggi dichiarano spazzatura i debiti di uno stato sovrano dell’Eurozona, senza accorgersi prima della graduale difficoltà del paese stesso. Di qui la necessità di organismi pubblici europei indipendenti che diano trasparenza e fiducia al mercato.
Resta la grande incognita per il futuro. Come l’Europa a 16 (Eurozona) o meglio a 27 l’UE si attrezzerà per rispondere con più efficacia a crisi del genere. Due sono i problemi urgenti da affrontare il primo è di livello culturale e strutturale, il secondo è di regole e relativi strumenti. Il primo problema di livello cultural-strutturale è che questa crisi ha dimostrato che in campo ci sono giocatori dalle potenzialità enormi. Basta pensare alla Cina 1.300 milioni di abitanti, l’India altro miliardo di abitanti, gli USA 340 milioni di abitanti; è possibile pensare che 27 nazioni della UE marcino ognuno per conto proprio nell’affrontare questi colossi che hanno grandi riserve economiche, fondi sovrani, e che si muovono nello scenario mondiale con una agilità imprevedibile sino a qualche anno fa. Possibile non pensare che una UE, forte di 497 milioni di abitanti, prima esportatrice di manufatti nel mondo, con eccellenze scientifiche e industriali, più unita non sia in grado di competere meglio a livello globale? Forse è molto difficile superare i localismi personali dei vari leaders oggi presenti sull’agone politico, ma non è impossibile. Il secondo livello d’intervento è conseguenza naturale di questo cambio di strategia. La UE, e i mercati in genere hanno bisogno di affrancarsi da queste agenzie di rating che sono di natura privata, ma assurgono a funzione pubbliche di rilevanza mondiale, in un groviglio di conflitto d’interessi inaccettabile in un settore delicato come quello della finanza mondiale. Sono agenzie che due anni fa hanno promosso con tre AAA obbligazioni legate a mutui che di affidabile avevano poco o nulla. Oggi dichiarano spazzatura i debiti di uno stato sovrano dell’Eurozona, senza accorgersi prima della graduale difficoltà del paese stesso. Di qui la necessità di organismi pubblici europei indipendenti che diano trasparenza e fiducia al mercato.
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