Negli Stati Uniti, numerosi analisti economici sono convinti che i prezzi del petrolio e delle materie prime non domineranno a lungo gli eventi di borsa e che un eventuale impatto sarà di piccole o medie dimensioni. Tuttavia, c'è anche la convinzione che una ripresa rapida si stia allontanando nel tempo e che anche l'accesso ai capitali a buon mercato ha i giorni contati. Discorso equivalente per la UE. Questa settimana i prezzi dei carburanti non sono stati ancora sentiti come una grave minaccia per il recupero dell'economia o per l'inflazione. Ma la certezza è che per il momento si spendono più soldi per i carburanti e meno su altre cose, e il resto dell'economia soffre dalla riduzione della spesa su altre cose. E poi il tempo passa, la gente inizia a prendere atto che deve economizzare sul carburante. E le reazioni diventano più grandi, con il passare del tempo, perché ci sono più opzioni. Così s'incomincia a pensare ad isolare meglio la casa, o procrastinare l'acquisto di una macchina nuova e diversa, nel senso più economica. Una volta che tali reazioni sono state metabolizzate dal mercato, si ha un notevole effetto frenante quindi una prima risposta negativa sull'economia. Alcuni analisti sperano anche che questa aumento dei prezzi del petrolio avvenga più a causa di uno shock-sorpresa e nervosismo per gli avvenimenti della Libia e di altri paesi mediterranei, che per differenza della domanda che supera l'offerta. C'è una ragionevole possibilità che andrà via, ma non ci sono certezze. Perchè il prezzo potrebbe non limitarsi a fluttuare in risposta alla domanda, ma rispondere anche alle speculazioni e alle scommesse sui prezzi futuri. Non c'è dubbio che, fintanto che le economie emergenti, soprattutto quelli più grandi, continuano a crescere, la domanda di petrolio continuerà a crescere. Così, il tipo di situazione che si è visto prima della crisi, nel 2006 fino al 2008, quando ci fu un picco di aumento dei prezzi delle materie prime, potrebbe tornare, ma con un'economia diversa da quella di prima della crisi. L'economie dei paesi emergenti continuano a crescere, anche se nessuno sa quanto velocemente. C'è una mentalità ciclica che tende a dominare il pensiero macroeconomico, ma il mondo sta cambiando la sua struttura e le caratteristiche. A questo punto si pone la domanda: quale ruolo dovrebbero svolgere la Fed, la BCE il FMI in questo momento, soprattutto considerando il surriscaldamento dei prezzi delle materie prime? In questo momento si vedono due modi completamente opposti di affrontare il mercato. La Fed che immette tanta liquidità e che in questo modo sta cercando di esportare l'inflazione svalutando il dollaro. La BCE, con la sua rigidità nel richiamare le banche centrali dell'Eurozona ai parametri fondativi, di fatto aiuta la rivalutazione dell'euro. Il FMI aiuta l'economie deboli a non vacillare ulteriormente. Una prima risposta ai problemi potrebbe venire dall'attenzione all'efficienza energetica e ai problemi della disoccupazione che sarà un problema persistente per tutto l'Occidente anche dopo il ritorno della crescita economica. Con i redditi delle classi più basse in declino, un mercato del lavoro più globalizzato farà della disparità tra i redditi una questione più pressante. L'altro pilastro potrebbe essere l'istruzione e la relativa spesa, compresa quella per la ricerca scientifica. Questo ultimo problema interessa in modo particolare l'Italia. Notizie di oggi, riportate da numerosi quotidiani, è il calo dell'iscrizioni alle università, soprattuto a quelle pubbliche. A parte il fatto che tutte le Università ricevono contributi pubblici, il settore "privato" nell'immaginario delle famiglie italiane potrebbe essere percepito come più seguito (curato?). Ma potrebbe essere, per il nostro paese, anche la percezione di un arretramento istruttivo perchè non immediatamente spendibile nel mondo del lavoro.
martedì 8 marzo 2011
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