Secondo Confcommercio, già nel gennaio di quest'anno numerose associazioni imprenditoriali avevano manifestato preoccupazioni circa una prossima ripresa della crescita dei prezzi al consumo. Federgrossisti aveva fatto presente che il prezzo dello zucchero, tra settembre 2010 e gennaio 2011 aveva registrato incrementi del prezzo pari al 26%; anche Assolatte e Federalimentare avevano segnalato che nella prima parte del mese di febbraio 2011, a causa dell'incremento dei prezzi delle materie prime, aumenti dei prezzi di cessione al settore distributivo non sarebbero stati più differibili. Alla base di queste preoccupazioni, condivise anche dalle istituzioni ( confermate, tra l'altro, anche dal Bollettino mensile di febbraio 2011 della BCE), ci sono le tensioni che si stanno registrando sui prezzi di diverse materie prime negoziate sui mercati internazionali. Tensioni che cominciano ad avvertirsi anche su molti prodotti attraverso richieste di aumenti di listino, da parte dell'industria nei confronti del commercio, nella fase di definizione dei nuovi contratti di fornitura. Nel complesso, numerosi eventi avversi sotto il profilo climatico, accaduti nel corso del 2010, hanno contribuito a spingere al rialzo i prezzi delle materie prime alimentari (temperature rigide negli Usa, alluvioni in Australia e Asia, siccità e incendi in Russia). L'incertezza politica nei paesi del Maghreb, esplosa in modo drammatico in questi giorni, sta alimentando tensioni sui prezzi del petrolio, con immediate ripercussioni sui costi dei trasporti. In generale, anche la speculazione sulle commodities gioca un ruolo, sebbene dal punto di vista tecnico, gli studi effettuati sulla crisi 2007-2008 non hanno portato a evidenze conclusive sulla relazione tra speculazione finanziaria e crescita dei prezzi delle materie prime. Per queste ragioni e per le difficoltà che le famiglie hanno anche di trovare nuovi posti di lavoro, soprattutto da parte delle fasce deboli: donne, giovani, ultra-cinquantenni espulsi dal ciclo produttivo, i consumi reali in Italia di fatto si sono fermati. L'Ufficio Studi di Confcommercio ha stimato che, oggi, ogni italiano dispone, a parità di potere d'acquisto, mediamente di 570 euro all'anno in meno rispetto al primo trimestre del 2007. Dal 2001, secondo Confcommercio, la crescita dei consumi pro capite si ferma al +0,1% annuo. Tra il primo trimestre del 2007 e il minimo del secondo trimestre del 2009, i consumi hanno subito una riduzione complessiva del 4,3%. "Considerando per il futuro una crescita della spesa reale pro-capite superiore ai tassi sperimentati nel periodo pre-crisi, rimarca Confcommercio, alla fine del 2014 non avremo recuperato completamente neppure i livelli d'inizio 2007". Secondo il direttore dell'Ufficio Studi, Mariano Bella, oltre al naturale riflesso negativo in termini di benessere e tenore di vita, il calo dei consumi ha un effetto bloccante sulla crescita economica, e quindi del PIL. Se manca lo stimolo proveniente dalla domanda interna e in particolare dai consumi, sottolinea il rapporto, le imprese non investiranno a sufficienza e non faranno richiesta di nuovi lavoratori da impiegare nei processi produttivi. La ricetta per far ripartire i consumi? Confcommercio ritiene necessario un abbassamento delle tasse su lavoratori e imprese e portare avanti le riforme strutturali, partendo da due problemi: la disoccupazione giovanile e il Mezzogiorno. Un terzo della perdita dei consumi è imputabile infatti alla disoccupazione.
martedì 22 marzo 2011
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