Molti giornali in questi giorni richiamano l’attenzione dei lettori sulle riduzioni dell’ammontare delle pensione che riceveranno qualora nel corso del 2010 dovessero lasciare il lavoro. Non sono novità, già la riforma voluta dal governo Dini, poi il centro sinistra di Prodi, poi ultimamente il Ministro Sacconi, con l’aggancio fra qualche anno all’aspettativa di vita, hanno costantemente limato l’agognata rata pensionistica che ogni lavoratore aspetta di ricevere al momento che da una vita di lavoro passa al meritato riposo. Senza fare un riepilogo di tutte le possibili soluzioni o variazioni del problema, il meccanismo di fondo si può riassumere dicendo che rispetto all’ultimo stipendio qualora si può contare su 40 anni di contributi, e 57 anni di età , non ci sono grandi variazioni perché si ha diritto a usufruire dei conteggi con il sistema retributivo. Le diminuzioni incominciano ad incidere quando ci si allontana da uno dei pilastri, cioè gli anni di contribuzioni e gli anni di età, soprattutto se nel 1995 non si avevano già 18 anni di contributi versati, in quanto il conteggio viene fatto su due trance ante 1995 con il sistema retributivo, e post 1995 con il sistema contributivo che falcidia i conteggi. Un altro problema che spesso si sottovaluta è che le pensioni sono legate per la loro rivalutazioni non ai contratti di lavoro che si rinnovano ogni 2/4 anni, ma alla inflazione programmata, che purtroppo è spesso la metà di quella che eufemisticamente viene definita “avvertita”. Di qui la necessità a partire dai quarantenni di oggi di valutare un uso appropriato del TFR da investire in fondi, magari di categoria se ci sono, usufruendo anche dei contributi aziendali previsti dai contratti di lavoro, o qualora mancano pochi anni alla pensione una scelta potrebbe essere quello di usare il TFR per un investimento ad hoc, quale l’acquisto di una casa per abitazione o titoli di stato a tasso fisso per avere un’ulteriore entrata per sostenere il reddito della pensione
lunedì 14 dicembre 2009
Occhio alla pensione
Molti giornali in questi giorni richiamano l’attenzione dei lettori sulle riduzioni dell’ammontare delle pensione che riceveranno qualora nel corso del 2010 dovessero lasciare il lavoro. Non sono novità, già la riforma voluta dal governo Dini, poi il centro sinistra di Prodi, poi ultimamente il Ministro Sacconi, con l’aggancio fra qualche anno all’aspettativa di vita, hanno costantemente limato l’agognata rata pensionistica che ogni lavoratore aspetta di ricevere al momento che da una vita di lavoro passa al meritato riposo. Senza fare un riepilogo di tutte le possibili soluzioni o variazioni del problema, il meccanismo di fondo si può riassumere dicendo che rispetto all’ultimo stipendio qualora si può contare su 40 anni di contributi, e 57 anni di età , non ci sono grandi variazioni perché si ha diritto a usufruire dei conteggi con il sistema retributivo. Le diminuzioni incominciano ad incidere quando ci si allontana da uno dei pilastri, cioè gli anni di contribuzioni e gli anni di età, soprattutto se nel 1995 non si avevano già 18 anni di contributi versati, in quanto il conteggio viene fatto su due trance ante 1995 con il sistema retributivo, e post 1995 con il sistema contributivo che falcidia i conteggi. Un altro problema che spesso si sottovaluta è che le pensioni sono legate per la loro rivalutazioni non ai contratti di lavoro che si rinnovano ogni 2/4 anni, ma alla inflazione programmata, che purtroppo è spesso la metà di quella che eufemisticamente viene definita “avvertita”. Di qui la necessità a partire dai quarantenni di oggi di valutare un uso appropriato del TFR da investire in fondi, magari di categoria se ci sono, usufruendo anche dei contributi aziendali previsti dai contratti di lavoro, o qualora mancano pochi anni alla pensione una scelta potrebbe essere quello di usare il TFR per un investimento ad hoc, quale l’acquisto di una casa per abitazione o titoli di stato a tasso fisso per avere un’ulteriore entrata per sostenere il reddito della pensione
Pubblicato da economicamente alle 18:55
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