martedì 31 maggio 2011

Bankitalia, prospettive economiche

Dopo 5 anni alla guida della Banca d'Italia, nel momento in cui il Governatore si appresta a lasciarne la guida per andare a guidare la BCE, alcune note della sua relazione, letta oggi a Roma nell'assemblea annuale, sono degne di una profonda riflessione. Indubbiamente dal 31 maggio del 2006 quando prese per la prima volta la parola per illustrare il suo pensiero la situazione è cambiata. Il numero di Filiali è passato da 97 a 58. La rete, oggi più efficiente, può rispondere meglio alle domande delle comunità locali. È stato soppresso l’Ufficio Italiano dei Cambi (UIC). È stata creata l’Unità di Informazione Finanziaria, con il compito di prevenire e contrastare il riciclaggio di fondi illeciti e il finanziamento del terrorismo internazionale. La Banca d’Italia e l’UIC impiegavano insieme nel 2005 quasi 8.500 persone; oggi sono poco più di 7.000. Nel 2010 l’economia globale è tornata a crescere a ritmi prossimi al 5%, ciò ha favorito nei paesi emergenti l’uscita dalla povertà di ingenti masse, pur frenata dal rincaro dei beni alimentari. Il sistema finanziario, nel suo complesso, si sta gradualmente risanando, ma l'eredità della crisi è pesante. Il gruppo delle economie più progredite, con l’eccezione della Germania, stenta a ritrovare i ritmi di sviluppo precedenti; la ripresa rimane troppo debole per riassorbire la disoccupazione. Nei paesi emergenti, con tassi di crescita anche vicini al 10%, iniziano a manifestarsi segnali d'inflazione; in alcuni di essi gli afflussi di capitale hanno raggiunto i cospicui volumi del periodo pre-crisi. Le politiche economiche energicamente impiegate nei paesi avanzati per contrastare gli effetti più dirompenti della crisi hanno esaurito i margini di azione. Il debito pubblico complessivo di questi paesi, pari al 73% del PIL nel 2007, supererà quest’anno il 100%. I premi per il rischio sul debito pubblico crescono ovunque, in misura drammatica nelle economie in cui il deterioramento delle finanze pubbliche è stato massimo. Nell'area euro, la crisi del debito sovrano di tre paesi – che rappresentano insieme il 6% del PIL dell’area – ha il potenziale per esercitare rilevanti effetti sistemici, per questo, secondo la relazione, occorre riportare sotto controllo i bilanci pubblici. Il repentino ritorno alla crescita dell'economie emergenti, eventi climatici avversi e i sommovimenti socio-politici nell’area mediterranea e mediorientale hanno generato pressioni al rialzo nei prezzi delle materie prime energetiche e alimentari, cresciuti negli ultimi sei mesi del 30%. La credibilità acquisita negli anni ha permesso di mantenere ancorate le aspettative di inflazione e di agire con la rapidità e la flessibilità imposte da circostanze fuori dell’ordinario. La Banca centrale europea (BCE) ha evitato, con misure volte ad assicurare liquidità ai mercati, il collasso del sistema finanziario; ha ridotto rapidamente il tasso di riferimento all’1%, il livello più basso mai raggiunto dai tassi ufficiali nei paesi dell’area. Dalla fine dello scorso anno i forti rincari delle materie prime si sono riflessi in un aumento dell’inflazione sopra il 2%. Le serie ripercussioni della crisi del debito sovrano sul funzionamento del settore finanziario hanno richiesto che si adottassero misure straordinarie di rifinanziamento al sistema bancario in precedenza interrotte; è stato avviato un programma di acquisti di titoli sovrani emessi nell’area (Securities Markets Programm). In Italia il disavanzo pubblico, quest’anno, sarà al 4% del PIL, è inferiore a quello medio dell’area dell’euro; nelle previsioni ufficiali scenderà al di sotto del 3% nel 2012. Il debito è tuttavia vicino al 120% del prodotto. Appropriato, secondo Bankitalia, è l’obiettivo di pareggio del bilancio nel 2014 e l’intenzione di anticipare a giugno la definizione della manovra correttiva per il 2013-14. Per ridurre la spesa in modo permanente e credibile occorre un’accorta articolazione della manovra, basata su un esame di fondo del bilancio degli enti pubblici, voce per voce, commisurando gli stanziamenti agli obiettivi di oggi, indipendentemente dalla spesa del passato; affinando gli indicatori di efficienza dei diversi centri di servizio pubblico (uffici, scuole, ospedali, tribunali). Il federalismo fiscale può aiutare, responsabilizzando tutti i livelli di governo, imponendo rigidi vincoli di bilancio. Due condizioni sono cruciali: che i nuovi tributi locali siano compensati da tagli di quelli decisi centralmente e non si sommino; che si preveda un serrato controllo di legalità sugli enti a cui il decentramento affida ampie responsabilità di spesa. Dall’avvio della ripresa, nell’estate di due anni fa, l’economia italiana ha recuperato soltanto 2 dei 7 punti percentuali di prodotto persi nella crisi. Nel primo trimestre di quest’anno il ritmo di espansione è stato appena positivo. Nel corso dei passati dieci anni il prodotto interno lordo è aumentato in Italia meno del 3%; del 12 in Francia, paese europeo a noi simile per popolazione. Il divario riflette integralmente quello della produttività oraria: ferma da noi, salita del 9% in Francia. Il deludente risultato italiano è uniforme sul territorio, da Nord a Sud.

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