domenica 11 settembre 2011

Il nuovo corso della Merkel all'origine delle dimissioni di Stark

Quando questa settimana il cancelliere tedesco Angela Merkel è venuta alla ribalta dicendo che si preparava a salvare l'Europa sono stati in molti a sperare che si stesse lavorando ad una specie di miracolo. Ed è chiaro che tra loro non c'era esattamente Jürgen Stark, capo economista della BCE. Dopo quello che è successo negli ultimi mesi, l'esitazione dei governanti europei, la loro timidezza quando si è trattato di attuare le idee che loro stessi avevano prodotto, tra cui la le loro divisione, molti cittadini hanno perso la fede europeista. Altiero Spinelli, autore del Manifesto di Ventotene contenente il progetto per la costruzione dell'Europa, era convinto che il Vecchio Continente dovesse essere una realtà da costruire da parte di qualcuno con sufficiente determinazione e pazienza. Per lui, che aveva trascorso quindici anni in carcere, detenuto dai fascisti di Mussolini, queste virtù non erano strane. Nel Manifesto di Ventotene, Spinelli sosteneva che gli Stati nazionali hanno la capacità innata di fiorire all'interno del nazionalismo che li ha poi portati alla dittatura e alla distruzione. Spinelli, nella sua vita, prima della crisi comunista, è stato davvero innamorato dell'America e del suo modello federale. Per lui, l'Europa sarebbe ancora lontana dal superare le sue inerzie, di essere qualcosa di più della somma di paesi senza frontiere, con il loro super-ego. Così, quando Angela Merkel si è detta disposta a salvare l'Europa, si spera che ci riesca nei prossimi giorni. Come nel dipinto di Delacroix, la libertà guida il popolo, si può immaginare Merkel brandire la bandiera dell'Europa e schiacciare i ribelli, ma nel bel mezzo di una dichiarazione per determinare a quali costi. Vuoi dire che la Germania assumerà un fermo impegno per aiutare la Grecia, senza prestare attenzione alle voci dall'interno chiaramente avvocate di un'involuzione del progetto europeo? Merkel è finalmente convinta che la Germania sarà grande solo nella misura in cui tutti i partner europei, anche i più piccoli e più indisciplinati saranno in grado di crescere. Con quale programma il cancelliere vuole che l'Europa recuperi credibilità, le dimissioni di ieri del capo economista della BCE, il tedesco Juergen Stark danno una traccia che serve a interpretare la decisione della Merkel. Il denaro, che è un codardo, fuggito in questi giorni dalle borse, lo sarà fino a quando qualcuno darà una spiegazione, che non rimane solo nelle ipotetiche ragioni personali l'Europa come entità unica. Stark, come gli altri quattro membri in rappresentanza della Bundesbank alla BCE, è l'erede della filosofia emanata dalla Banca centrale tedesca. Erede di un manuale di ortodossia, che non può servire nelle attuali circostanze. Stark è stata una delle voci più irritata con la politica della BCE di acquisire debito sovrano dei paesi con problemi. In questo non è stato originale. Finora, il leader tedesco, costretto dalla opinione pubblica nazionale che esige la punizione degli infedeli, ha sostenuto di dover bruciare i ponti e tenere la candela. L'opinione di Stark è stata condivisa da tutti i tedeschi nel consiglio della BCE. E anche dal presidente della Bundesbank, Jens Weidmann. Dopo tali consensi alla domanda perchè Stark si dimette, la risposta è che si è dimesso perché la Merkel la pensa diversamente. Consapevole del fatto che forse non quello che sta facendo potrebbe servire a salvare la sua rielezione a Cancelliere, ha deciso di fare la cosa giusta: salvare l'Europa. E così è successo. Stark ha cercato di opporsi poi si è dimesso poche settimane prima del 29 settembre, data in cui il parlamento tedesco voterà il piano di salvataggio della Grecia. Speriamo che non serve molto altro. Merkel ha capito che mettere sotto pressione l'euro non porta da nessuna parte, ma è necessario portare il partner greco nella corsia dell'ortodossia. Per questo ha deciso di recuperare la migliore tradizione tedesca. Merkel è pronta a portare un nuovo contratto sociale in Europa, anche senza Stark.

La crisi economica, il punto della settimana

Secondo il giornale "la Repubblica", "la crisi economica attuale è più grave di quella che colpì l'America e l'Europa nel 1929. Allora infatti il sistema monetario mondiale basato sull'oro restò in piedi, sia pure con alcune provvisorie correzioni. Oggi la globalizzazione, la libertà di movimento dei capitali, la contrazione dell'economia reale che rischia di trasformarsi in una recessione vera e propria, coinvolgono l'intera struttura monetaria, bancaria e produttiva dell'Occidente, ma anche dei cosiddetti Paesi emergenti". Non esistono più isole felici. Infatti nelle ultime settimane, i mercati del debito hanno subito rotazioni selvagge, portando alcuni analisti e commentatori a mettere in discussione i progressi compiuti nel domare la crisi del debito sovrano della zona euro. Più recentemente, i dati economici e lungimiranti indicati anche dall'OCSE e dalla presidenza della BCE prevedono che la ripresa mondiale sarà lenta e graduale sulla lunga durata aggravando le preoccupazioni generali. Invece di concentrarsi sulle soluzioni, questi sviluppi hanno indotto una cacofonia di prescrizioni su ciò che i governi occidentali dovrebbero fare dopo. Ci sono stati inviti ai regolatori per tenere a freno gli speculatori, alle banche centrali per allentare ulteriormente la politica monetaria, agli Stati Uniti e alla Germania di utilizzare il loro presunto "spazio fiscale" per favorire la domanda e ai leader dell'Unione europea di fare un salto immediato verso una fiscalità europea e una responsabilità solidale. Qualunque sia il ruolo che il mercato abbia svolto nel catalizzare la crisi del debito sovrano della zona euro, è un fatto indiscutibile che la spesa statale eccessiva ha portato a livelli insostenibili di debito e di deficit che oggi minacciano il benessere economico. Accumulando sempre più debiti sarà piuttosto difficile stimolare la crescita nel lungo periodo. I governi, anche fuori della zona euro hanno bisogno d'impegnarsi velocemente per il risanamento di bilancio e il miglioramento della competitività. La ricetta è tanto semplice quanto difficile da attuare nella pratica: le democrazie occidentali e in altri Paesi di fronte ad alti livelli d'indebitamento e deficit hanno bisogno di tagliare le spese, aumentare le entrate e rimuovere gli ostacoli strutturali nelle loro economie, tutto ciò è comunque politicamente doloroso. Alcuni progressi sono già stati raggiunti in questo senso, ma molto resta da fare. Solo questa linea di azione può portare a una crescita sostenibile in contrasto con raffiche volatilità a breve termine o a lungo termine c'è solo il declino economico. Vi è una certa preoccupazione che il consolidamento fiscale, in un settore pubblico più piccolo e mercati del lavoro più flessibili potrebbero minare la domanda di questi paesi nel breve periodo. Questa che potrebbe sembrare una conclusione scontata, va comunque considerata di breve durata e di guadagno a lungo termine. Un aumento della fiducia dei consumatori e degli investitori e un accorciamento delle linee di disoccupazione nel medio periodo annullano ogni breve tuffo nel consumo. Questi sforzi daranno i loro frutti, ma non arriveranno dall'oggi al domani. Bisognerà considerare che i risultati arriveranno a più lungo tempo. Per troppo tempo si è lavorato a lungo termine per guadagni e a breve termine per la gratificazione dei risultato che si conoscono. I membri della zona euro hanno e dovranno continuare a fornire collettivamente assistenza finanziaria ai paesi che si trovano tagliati fuori dal mercato dei capitali, lasciando loro il tempo di mettere ordine nelle loro finanze pubbliche su una base sostenibile e per migliorare la loro competitività. Ci sono rischi per questa strategia. Ma l'alternativa, è di consentire alla crisi d'infettare la zona euro nel suo complesso e minacciare l'euro, l'avvenire in questo caso sarebbe ancora più rischioso.

giovedì 8 settembre 2011

Euro: fuori dalla moneta chi non rispetta il Patto di stabilità

Il primo ministro olandese Mark Rutte e il suo ministro delle Finanze Jan Kees de Jager hanno dichiarato sul"Financial Times" di oggi giovedì: "l'Unione europea dovrebbe creare una nuova figura, un nuovo zar del bilancio con i poteri necessari per dettare le regole in materia di tasse e spesa nella zona euro, nonché con la facoltà di decidere se un paese debba o meno essere espulso dall'unione monetaria". "Se un paese non vuole rispondere alle esigenze, allora non c'è altra scelta che lasciare l'area dell'euro", ha dichiarato il ministro nel corso di una conferenza stampa all'Aia. "Se non si accettano le regole del gioco, si deve lasciare il gioco."Il primo ministro liberale olandese Mark Rutte, ieri mercoledì, era intervenuto con forza per chiedere la creazione di un commissario europeo responsabile di far rispettare il patto di stabilità, anche attraverso sanzioni. La creazione di un Commissario non ha bisogno, secondo M. de Jager, di modifiche ai trattati dell'Unione europea, per questo motivo l'Olanda suggerisce questa soluzione piuttosto che creare un nuovo ente in seno alla Commissione europea", per il quale occorrebbe più tempo". Mr. Rutte aveva sostenuto l'attuazione anche di altre sanzioni come: la riduzione degli aiuti finanziari europei e "la perdita del diritto di voto" per i paesi che non rispetteranno in futuro il patto, nella convinzione che in "ultima istanza", un paese potrebbe decidere di lasciare l'Eurozona. "Grazie a queste misure renderemmo l'area dell'euro molto più forte", ha sostenuto mister de Jager, "molto più che aumentare il fondo di dotazione o la stabilità con l'introduzione degli Eurobond". Il signor de Jager ha assicurato che le proposte olandesi sono state accolte dagli omologhi ministri tedeschi e finlandesi, che ha incontrato martedì a Berlino.

mercoledì 7 settembre 2011

La Svizzera svaluta il franco

Con la sua decisione unilaterale di fissare un cambio non sotto 1,20 per euro, senza limiti di assorbimento la BNS si è assunta il compito di aiutare l'euro e dare una mano a salvare la Grecia. "Per due anni, la Svizzera, che non fa parte dell’euro (e che quindi non sarebbe costretta a pagare i debiti greci) ha assistito alla tragedia greca mentre gli investitori correvano a investire nel Franco, fuggendo dall'euro. Da ieri, Berna ha deciso di salvare la Grecia. Non è dato sapere se lo abbia fatto perché crede agli eurocrati che strillano che in Grecia va tutto bene e che l'euro è una moneta solida. Certo da oggi la spesa in Svizzera costerà di più, e non solo all’estero, perché le catene alimentari non abbasseranno più i prezzi. Chi ha accettato di lavorare gratis per continuare a garantire agli azionisti gli stessi profitti di sempre sarà costretto a continuare a farlo, perché già ci sono le lamentele che il cambio a 1,20 non basta a sostenere le esportazioni (si chiedeva un cambio a 1,40) mentre i licenziamenti numerosi continuano, anche perché nulla avevano a che fare con il cambio dell’euro. Ma indubbiamente l'operazione è un aiuto all’esportazione. Da quasi due anni, indebolito dalla crisi del debito, l’euro continua a deprezzarsi rispetto al Franco creando, si ritiene, numerosi problemi alle industrie esportatrici e al settore turistico. Scambiato a circa 1,50 all’inizio del 2010, il Franco ha toccato la parità con l’euro il 9 agosto, dopo che la BNS era intervenuta una prima volta il 3 agosto, portando il tasso di riferimento vicino allo zero e iniettando liquidità sul mercato monetario, ma solo per qualche giorno, poi la moneta svizzera è subito tornata a salire, spingendo la BNS ad agire di nuovo il 20 agosto e ancora ieri con una dichiarazione a sorpresa che ha sorpreso l'Europa, che è l'unica a guadagnarci da questa manovra perchè non ci sarà sostegno da parte dell'UE per rivalutare l'euro. La BNS ha scelto di mettere in pericolo l'equilibrio del franco, piuttosto che sopportare un aumento della disoccupazione, una situazione di deflazione e di altre conseguenze negative per la propria economia. Questo farà sì che qualche distorsione, sul piano interno sia possibile anche se il tasso d'inflazione rimarrà basso, il rischio potrebbe essere una bolla dei prezzi delle attività. Il settore immobiliare è uno dei più esposti, ora che i tassi d'interesse in Svizzera sono a zero. La BNS deve anche investire le proprie riserve di valuta estera. Acquistare semplicemente titoli tedeschi non basta, la crisi della zona euro è destinata a peggiorare, con un conseguente aumento dei rendimenti obbligazionari in Spagna e in Italia.A livello internazionale, la reazione è stata immediata: la ricerca di un rifugio sicuro ha portato ad una rivalutazione della corona norvegese rispetto all'euro e un aumento dell'oro sopra $ 1.900. Le misure adottate dalla Svizzera potrebbe incoraggiare altri paesi che affrontano problemi simili, soprattutto il Giappone, a seguire l'esempio. Ad oggi comunque la discesa del prezzo dell'oro, del petrolio, di alcune materia prime e il raffredamento del corso del Franco vanno nella direzione giusta.

martedì 6 settembre 2011

Eurobonds

Secondo le dichiarazioni di Moritz Kraemer, capo della divisione regionale d'Europa di S & P, fatte sabato in occasione del Forum Europeo di Alpbach, l'emissioni di Eurobonds sarebbero valutati, visti i vincoli comuni con i paesi della zona euro con il rating più basso del paese membro. "Se abbiamo un legame in euro, in cui la Germania garantisce il 27%, la Francia 20 e la Grecia il 2%, allora sarebbe giusto che la valutazione sia quella del patner con rating 'CC', cioè il merito creditizio della Grecia". Questo è il caso in cui vi sia una garanzia reciproca e nessuna garanzia di singoli paesi membri. "Forse questo potrebbe essere strutturata in modo diverso", ha suggerito Kraemer, sottolineando allo stesso tempo, che S & P al momento non ha discussioni in merito con l'Unione europea. "Non è il nostro lavoro aiutare a strutturare, o a fornire consulenze." Kramer ha anche detto di comprendere l'idea di Euro-bond se fossero modellati sui Jumbo Pfandbriefe tedeschi. Obbligazioni ipotecarie considerate molto più sicure e che giocano un ruolo importante nel rifinanziamento delle banche in Europa. Nel Jumbo Pfandbriefe tedeschi sono gli Stati che insieme emettono debito, e ciascuno di loro offre la sua parte di garanzia, ma la discussione di legami comunitari nei paesi euro richiede molto tempo. La cancelliera Angela Merkel nel rifiutare l'euro-obbligazioni si giustifica dicendo che un legame comune non ha portato ad un miglioramento della disciplina di bilancio. L'Italia, tuttavia, sostiene un'emissione congiunta di obbligazioni del debito pubblico, che probabilmente porterebbe ad un tasso medio di interesse per tutti i paesi dell'euro, più basso per i paesi periferici e più alto per i paesi del nucleo centrale.

lunedì 5 settembre 2011

BCE raddoppia gli acquisti del debito sovrano

La Banca centrale europea la scorsa settimana ha investito € 13.305.000 milioni per l'acquisto di debito sovrano dei paesi della zona euro, come annunciato lunedì da Jean-Claude Trichet, che ha investito un totale di 129 miliardi di euro da maggio 2010 come parte del programma di acquisto obbligazioni sul mercato secondario. Così la BCE ha raddoppiato gli acquisti di titoli di Stato la scorsa settimana, quando ha comprato 6.651 milioni, e secondo gli analisti intervistati con un'attenzione particolare al debito di Spagna e Italia. Nonostante il notevole aumento di acquisizioni, il premio di rischio di entrambi i paesi è salito oggi a livello più alto di quando la BCE aveva annunciato, ai primi di agosto, il proprio intervento sul mercato secondario a favore di Spagna e Italia. Lo scorso giovedì i tassi sulle obbligazioni sovrane decennali rispetto al Bund tedesco aveva nuovamente superato i 300 punti base e lunedì, aveva raggiunto nel caso del Tesoro spagnolo i 337 punti base, con interessi del 5,24%, mentre il premio sul debito italiano era salito a 364 punti base, con un rendimento del 5,55%. Nelle quattro settimane, da quando la BCE ha pubblicamente confermato la decisione d' intervenire attivamente nei mercati del debito, l'Istituto ha investito € 56.247.000 milioni per l'acquisto di titoli di Stato, il 43,6% del totale. Con queste premesse, Trichet ha esortato i paesi della zona euro ad attuare, senza indugio, le misure concordate al vertice del 21 luglio per aiutare gli Stati membri con problemi di debito. Trichet, che lascerà il testimone all'italiano Mario Draghi nel mese di novembre, ha anche invitato i governi dei paesi che condividono la moneta unica verso un avanzamento dell'integrazione economica e ha lanciato un appello per promuovere la crescita e l'occupazione. Prima che emergessero dubbi sui paesi sotto pressione nei mercati del debito, Trichet aveva detto che era necessario attuare le misure annunciate in modo "immediato e convincente". I paesi dell'euro si erano impegnati a rafforzare ed espandere le funzioni dei fondi di salvataggio per aiutare gli Stati con problemi e con informazioni dettagliate sul modo di coinvolgere il settore privato nel secondo salvataggio della Grecia. In attesa di tali decisioni, la BCE ha assunto il ruolo di soccorritore dei cosiddetti paesi euro-periferici con massicci acquisti di titoli da Spagna e Italia. Ma questo programma, come più volte ha sottolineato Trichet, durante una conferenza a Parigi è temporaneo e non convenzionale, ma che è "assolutamente essenziale" per rafforzare il coordinamento economico nella zona euro. A suo avviso, questo "permetterà un più stretto monitoraggio degli sviluppi dei bilancio nazionali", controllando che i paesi rispettino i limiti al deficit. Per questo, il presidente ha ricordato la necessità, come la Spagna ha fatto, d'imporre per legge la sostenibilità delle finanze pubbliche. Questa settimana, secondo la Reuters, gli analisti si aspettano che la BCE, divisa internamente dal suo intervento sui mercati obbligazionari per proteggere l'Italia e la Spagna, controlli il programma, nella necessità di continuare gli acquisti per almeno diverse settimane. L'aumento dei rendimenti del Tesoro italiano, incomincia a creare grandi preoccupazioni da parte degli investitori, perchè potrebbe destabilizzare l'intera regione. Inoltre, questa settimana, la Grecia cercherà di convincere gl'investitori privati a partecipare a uno scambio di obbligazioni per tagliare il suo pesante debito di 340 miliardi di euro.

domenica 4 settembre 2011

La Cina investe nel vino

Potrebbe essere un castello rinascimentale francese, che è quello che vuole essere, ma l'insieme trasuda Disneyland, non importa. In entrambi i casi, i giardini e la costruzione circostante, punteggiata da statue proprio come in un museo italiano, sono completamente fuori luogo nei dintorni di Pechino. Forse per questo motivo, molte coppie vanno nella sede di Changyu AFIP globale per scattare foto di nozze e preparare un viaggio in Europa. Lo scorso anno, la produzione nazionale cinese è cresciuta del 12,38% rispetto al 2009. Tuttavia, le vigne che si arrampicano sulle colline circostanti mostrano che il luogo non è un parco a tema, ma il cuore di una grande azienda vinicola cinese. Fondata nel 1892, Changyu AFIP, che è l'acronimo dei paesi con cui lavora: America, Francia, Italia e Portogallo, è considerata la cantina dei presidenti e, non sorprenda, se quel vino è stato assaggiato da Mao Zedong e Barack Obama. Ma Xuesheng Liu, direttore marketing, è consapevole che i vini cinesi non sono ben conosciuti: "La cultura del vino in Cina è ancora molto recente, e hanno molto da imparare, così abbiamo deciso di collaborare con i paesi che hanno una lunga tradizione e d'investire nell'arte". E onestamente, Liu aggiunge che è la chiave del successo in un paese oppresso da una moltitudine di scandali alimentari. "I nostri vini sono prodotti esclusivamente da uve raccolte in Cina su 16.600 ettari distribuiti su sei province", ha detto, riferendosi chiaramente ai marchi prodotti in casa o acquistati in gran quantità per l'imbottigliamento fuori dalla Cina. La Spagna, senza andare oltre, l'anno scorso ha esportato 47,2 milioni di litri di vino, ma sono rientrate solo 9,5 milioni di bottiglie. Da parte sua, la Cina l'anno scorso ha prodotto meno di 1.000 milioni di litri, un 12,38% in più rispetto al 2009. Changyu AFIP, che commercializza i suoi vini in 28 paesi, ha grandi speranze per il mercato locale. Grazie ad un rosso-Jiebaina Changyu venduto tra i 12 e 36 euro, è riuscita a tenere alta l'immagine con una quota del 20%. E questo è solo l'inizio, perché il paese si aspetta che il consumo pro-capite continui a salire e raggiungere un litro pro-capite l'anno prossmo. "C'è posto per tutti, ma noi vogliamo competere con aziende vinicole estere, e per questo abbiamo bisogno di trovare un modello che si adatta alle caratteristiche cinesi", dice Liu. "Il successo della Napa Valley e dei paesi del nuovo mondo del vino sono sicuramente un punto di riferimento", ha aggiunto. "Ma per ottenere qualità dobbiamo avere lo stimolo di un pubblico esigente, perché ora i cinesi più ricchi sono disposti a pagare una fortuna per una bottiglia, ma non sanno distinguere se è buono". Hedy Ge è un buon esempio. Non ha idea del vino. In realtà, non sa come è fatto. Tuttavia, questo giovane è a Shanghai dove da un paio di anni si beve vino alle feste. Torres Cina è una società catalana che si è impiantata nel gigante asiatico nel 1997, appena un anno dopo che il primo ministro Li Peng decidesse d'introdurre il vino nei banchetti ufficiali. Se le aspettative saranno soddisfatte, l'anno prossimo la Cina avrà un reddito superiore a quello del Giappone. Tuttavia, Alberto Fernandez, direttore di Torres Cina, concorda con Liu rispetto alla necessità di promuovere la cultura del vino tra la popolazione cinese. Pertanto, invita Ge ad andare in una delle cantine di Shanghai dove si tengono degustazioni. "Chiaramente il palato cinese è diverso, perché è nato con esperienze molto diverse, ma sta diventando più evoluto", dice Fernandez. Così Torres è anche coinvolto nello sviluppo dei vini cinesi, come la Vigna Grazia. "La Cina ha un grande potenziale non solo come mercato per la vendita di vino, ma come produttore. Fortunatamente, abbiamo ancora qualche vantaggio".

sabato 3 settembre 2011

UE, FMI e BCE interrompono le trattive con Atene

Le autorità greche da una parte, e gli ispettori dell'Unione europea, il FMI e la BCE, dall'altro, non sono d'accordo sul grave ritardo di Atene nel ridurre il suo deficit di bilancio e sospendono i colloqui per dieci giorni, secondo autorevoli voci di funzionari di Bruxelles. Giovedi, la Grecia e i suoi creditori internazionali hanno annunciato che l'obiettivo di riduzione del disavanzo non sarà raggiunto quest'anno. La pausa nella discussione rivela le tensioni nel processo di erogazione del secondo pacchetto di aiuti alla Grecia e giunge inaspettato. Il ministro delle finanze Evangelos Venizelos ha negato che i colloqui sono stati sospesi, ma che riprenderanno il 14 settembre, dopo una breve pausa per il tempo di studiare i dati economici a livello tecnico. Il Fondo monetario internazionale aveva inizialmente detto che il processo si sarebbe concluso il 5 settembre al più tardi, ma la decisone è stata presa ieri sera per concludere il primo round di discussioni ed organizzare un secondo ciclo che inizierà fra dieci giorni il 14 settembre, ha detto il ministro greco in una conferenza stampa. Ha aggiunto che la recessione che la Grecia sta vivendo inciderà nell'ordine del 5% quest'anno, ma non modificherà gli obiettivi del governo. La missione congiunta ha poi annunciato di aver temporaneamente lasciato la Grecia per dare tempo al governo di completare il suo lavoro tecnico sul bilancio 2012 e la riforma. In una nota comune UE, BCE e FMI hanno comunicato di aver discusso i recenti sviluppi economici e rivisto le azioni intraprese nel contesto della quinta revisione del programma greco economico. "La missione si propone di tornare ad Atene a metà settembre, quando le autorità greche avranno completato il lavoro tecnico, al fine di proseguire le discussioni sulle misure necessarie per la conclusione del processo." In mancanza di accordo sulle misure del secondo salvataggio greco, il paese rischia di essere in default sul proprio debito. Il paese non ha titoli in scadenza fino a marzo 2012, il che significa che il rischio default non è da temere in un futuro immediato, anche se Atene non ottiene gli 8 miliardi di euro previsti per questo mese. La Grecia, tuttavia, continua a generare significativi deficit di flusso di cassa e può incontrare grosse difficoltà. Secondo un funzionario vicino alla missione congiunta, il deficit di bilancio nel 2011 sarà di almeno l'8,6% del PIL, mentre il target è del 7,6%. Un alto funzionario del governo greco per parte sua, ha detto a Reuters che Atene ha considerato il deficit al 8,1% o 8,2% del PIL perchè la recessione è stata più forte del previsto. La "troika", ritiene che solo un quarto della deviazione fiscale è dovuta alla recessione. Nelle campagne aumenta il disagio. La possibilità di riempire velocemente le casse dello Stato attraverso la raccolta di tasse procede lentamente così come le privatizzazione. Il governo greco, sotto la pressione dei paesi donatori mercoledì ha deciso l'aumento dell'IVA al 10% per i ristoranti, sulle bevande, piatti pronti, panini e torte. Una misura di emergenza, che sarà abrogata nel mese di gennaio, quando la nuova tassa verrà applicata, ma che ha provocato le ire della popolazione. L'Unione dei ristoratori greci ha annunciato che non aumenterà le tariffe per non dover rimborsare l'IVA alle autorità fiscali, "i nostri negozi sono vuoti, la gente fa meno acquisti, ha dichiarato il presidente Tsiakos Yiannis. Abbiamo già assorbito i precedenti due aumenti dell'IVA. Non possiamo fare di più, 15.000 aziende e oltre 45.000 dipendenti sono coinvolti e potrebbero essere licenziati. Il ministro delle Finanze finlandese ha detto che in ordine alle richieste di garanzie finanziarie alla Grecia in cambio di prestiti del 16 agosto e fortemente criticate all'interno dell'UE, inclusa la Germania, l'accordo bilaterale potrebbe essere ridiscusso. "I negoziati si svolgono ogni giorno e ci siamo impegnati a trovare una soluzione che soddisfi tutti i paesi dell'area dell'euro", ha dichiarato venerdì, il ministro finlandese Jutta Urpilainen. E' previsto un incontro con gli omologhi tedesco e olandese martedì a Berlino. Se la discussione sembra in stallo per la Grecia, Portogallo e Irlanda sono riusciti a garantire sufficientemene la "Troika". I due paesi riceveranno 11,5 miliardi e 7,5 miliardi di euro quale sostegno finanziario promesso. Il Consiglio dell'Unione europea ha infatti confermano questo venerdì, il pagamento dei futuri cicli di assistenza dopo che hanno ricevuto l'autorizzazione da parte della BCE. La Banca centrale europea ha ritenuto il loro sforzi sul bilancio, positivi.

Forti perdite per i Titoli di Stato dei debiti sovrani

Un'aspra disputa, in questi giorni è in corso tra il Fondo monetario internazionale (FMI) e i governi dell'Eurozona, ma anche all'interno dell'unione monetaria, sulle svalutazioni che devono affrontare le banche europee per i titoli di Stato. Le banche francesi dovrebbero ratificare la svalutazione dei titoli di Stato greco pari al 21% come concordato a luglio dei capi di stato e di governo, ma si rifiutano di portarli a livello dei prezzi di mercato che si attesta intorno al 49%.Le banche detengono grandi quantità di titoli di stato in quanto sono considerati investimenti sicuri e liquidi. Il nucleo della controversia con il FMI, è il valore delle obbligazioni sovrane dei paesi europei in crisi da iscrivere nei bilanci delle banche. In una bozza del Rapporto sulla stabilità finanziaria del FMI alcuni economisti si rimettono al calcolo dei valori di mercato, e alla partecipazione del premio al rischio sottostante derivante sul mercato dei credit default swap (CDS). In caso di stock di titoli di Stato valutato a questi prezzi, le perdite per le banche europee arriverebbe a 200 miliardi di euro pari al 10%o del capitale di base o anche di più.I calcoli sono stati discussi mercoledì nel consiglio di amministrazione del Fondo e ha incontrato resistenza da parte dei governi europei. Il Fondo monetario internazionale pubblicherà le relazioni poco prima della riunione annuale a fine settembre. In quella sede i rischi delle istituzioni finanziarie e il governo dei titoli di stato europei dovrebbero finalmente essere presi sul serio. Il direttore esecutivo del FMI, Christine Lagarde, ha chiesto nel fine settimana, la ricapitalizzare delle banche in Europa. Il ministro delle Finanze spagnolo Elena Salgado ha dichiarato al "Financial Times", che il punto di vista del Fondo monetario internazionale è "del tutto unilaterale" e ha scelto la parte meno propositiva di tutto il dibattito, perchè non ha tenuto conto dei profitti delle banche sui titoli di stato. Anche all'interno dell'unione monetaria c'è discussioni su come le banche devono drasticamente cancellare le loro posizioni sulle obbligazioni greche. Nel caso della Grecia, ha avuto grande peso le revisione di KPMG, Deloitte, Pricewaterhouse Coopers e Ernst & Young concordato con le associazioni di settore che si erano confrontate in vista della conversione del debito prevista con la riduzione di valore in perdita di valore permanente, e quindi la possibilità che le riserve delle banche a giugno si sarebbero deprezzate. I 30 Titoli greci più diffusi sono stati pagati nel mese di giugno con scadenza a due anni il 71% del valore nominale, per le scadenze da cinque a dieci anni il 55% per le scadenze a trenta anni il 44%. Quasi tutte le banche europee, soprattutto quelle tedesche, hanno accettato la decisione. Le Istituzioni finanziarie francesi come BNP Paribas hanno rifiutato, anche contro il parere dei loro revisori contabili, sostenendo che non esiste un prezzo di mercato affidabile delle obbligazioni greche. Pertanto, hanno usato il proprio modello di valutazione. Dopo aver notificato le loro partecipazioni sulle obbligazioni greche all 'Associazione europea di Londra hanno inviato per la contabilità, all'International Accounting Standards Board, all'Autorità mercato europeo, alla Securities degli Stati Uniti e dei mercati europei (ESMA) una lettera. In essa hanno criticato l'accordo, dicendo che le banche dovrebbero usare come opzione, i prezzi di mercato per la loro svalutazione, anche se bassi. Come nel caso di Irlanda, Portogallo, Italia, Spagna e Belgio senza scambio di debito è prevista la riduzione di valore, questi titoli non hanno perdite durevoli e sono normalmente riconosciute dalle banche.

giovedì 1 settembre 2011

Euro salvataggio

La politica di salvataggio dell'euro è iniziata lo scorso maggio, quando la Grecia chiese il primo prestito di 110 miliardi di euro che sono stati concessi in tre anni. Non c'era una autorità ad hoc, i prestiti furono gestiti in modo bilaterale. Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha erogato oltre 30 miliardi di euro, il resto è stato diviso tra i paesi dell'Eurozona. Solo pochi giorni più tardi, anche altri paesi dell'area dell'euro (Portogallo, Spagna, Irlanda) hanno avuto problemi finanziaria, finchè i leader dei paesi dell'euro, il 7 Maggio 2010 hanno messo su un pacchetto di salvataggio per l'intera zona euro. Questo è stato uno sforzo ponte in attesa che il "Fondo europeo di stabilità finanziaria" (EFSF), potesse entrare in funzione a metà 2013. EFSF potrà assumere prestiti fino a 440 miliardi di euro. Agli sforzi di soccorso contribuirà anche il "meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria" (EFSM) per un importo di 60 miliardi di €, che è sostenuto dal bilancio comunitario, e un contributo del Fondo monetario internazionale per un ammontare di 250 miliardi di €. Nel complesso, il pacchetto di salvataggio sarà quindi di € 750 miliardi. L'Irlanda prende gli aiuti dal novembre 2010, il Portogallo dal maggio 2011. Nel marzo 2011, i Capi di Stato e di governo dell'UE, dopo le scadenze dell'EFSF e dell' EFSM hanno costruito un piano di salvataggio di più lunga durata, denominato "meccanismo di stabilità europeo" (ESM). Avrà un capitale di 700 miliardi di €, di cui 80 miliardi provengono da contributi in denaro dei paesi dell'euro. Il resto proverrà da garanzie. All' ESM sarà consentito intervenire in "casi eccezionali" sul mercato primario, cioè acquistando titoli di stato emessi dai governi. Per la creazione dell'ESM sono stati cambiati i trattati dell'UE. L'EFSF, che gestirà questi fondi ancora per due anni, ha ottenuto nel frattempo l'aumento dell'importo garantito fino a 780 miliardi di euro. Una volta che è stato chiaro che la Grecia ha bisogno di più credito, i capi di Stato e di governo dell'Eurogruppo il 21 luglio scorso, hanno varato un secondo programma ausiliario per il Paese pari a 109 miliardi di euro (compresa una partecipazione ancora riservata al FMI). Questa volta i soldi non arriveranno da prestiti bilaterali, ma dal ESFS. I tassi di interesse sono stati abbassati, i tempi di rimborso allungati, anche per il Portogallo e Irlanda. Oltre a queste decisioni è passata la regola che i bilanci nazionali saranno riesaminati a Bruxelles per i prestiti concessi alla Grecia, al Portogallo e all'Irlanda. Per facilitare la transizione, la Banca centrale europea ha acquistato sui mercati titoli obbligazionari di paesi dell'area dell'euro in difficoltà per abbassare la tensione sugl'interessi. Infine, vi sono alcune iniziative per rafforzare la crescita e aumentare la competitività nei 17 paesi dell'Eurozona. Non ancora adottato è una riformulazione del Patto di stabilità, che tra l'altro, porterà a più veloci sanzioni automatiche per coloro che sfonderanno il tetto del deficit. Il Cancelliere Merkel ha richiesto un "Euro-Plus-patto" in cui i leader s'impegnino per un accordo su pensioni e riforme del settore finanziario, Francia e Germania, inoltre, si sono impegnati a creare un governo economico della zona euro, con almeno due vertici l'anno per tenere sotto controllo la situazione.