'La situazione è fluida, ma l'emergenza è tutt'altro che finita'. E' quanto ha spiegato il capo dell'Unità di crisi della Farnesina, Fabrizio Romano, incontrando i cronisti sulla situazione in Egitto. 'Siamo in contatto con la nostra ambasciata, mentre è in corso al Cairo una manifestazione con circa due milioni di persone e la situazione oggi è fluida', ha aggiunto. La Farnesina, attraverso l'ambasciata e l'Unità di Crisi, continua a fornire assistenza agli italiani in Egitto.
A questo comunicato pubblicato dall'Ansa due ore fa, fanno seguito le notizie apparse sui telegiornali di tutto il mondo sia della manifestazione per le vie del Cairo che della partenza del presidente Mubarak per la sua villa di Sharm El Sheikh. Per questo le apprensioni per questa nazione aumentano. Dopo la rapida diffusione della Rivoluzione tunisina, ora si teme una tempesta di fuoco. Questa sarebbe l'unica vera causa di preoccupazione. Rimarrà aperto il canale di Suez? Il Medio Oriente si potrà trasformare in una seconda Indocina? Israele, se la rivoluzione egiziana dovesse imbarcare una deriva islamica, potrà vedere il suo destino di stato in pericolo? Queste sono le domande e le paure quasi inconsce che affliggono gli investitori azionari in questi giorni. Queste domande sono importanti, soprattutto per comprendere quali scenari si possono aprire sul versante Medio orientale. Se, come sperabile, non si dovesse entrare nel peggiore degli scenari, quello di un incendio, gli effetti di una transizione del dopo-Mubarak sono considerati meno rilevanti nel lungo termine. Il controllo dei disordini in Egitto e perfino il traffico marittimo nel Canale influenzeranno i prezzi del petrolio e l'economia globale solo temporaneamente. L'Egitto vive sul canale, nessun gruppo può permettersi un blocco lungo. Per questo è importante che i militari si presentino al paese e al mondo con una grande autonomia in modo da diffondere nel paese una fiducia e la certezza che non bisogna aver paura dei cambiamenti. Pertanto, chi investe nel lungo periodo, potrebbe anhe prendere in considerazione un alleggerimento delle proprie posizioni in Egitto, senza tagliare completamente i legami.
A questo comunicato pubblicato dall'Ansa due ore fa, fanno seguito le notizie apparse sui telegiornali di tutto il mondo sia della manifestazione per le vie del Cairo che della partenza del presidente Mubarak per la sua villa di Sharm El Sheikh. Per questo le apprensioni per questa nazione aumentano. Dopo la rapida diffusione della Rivoluzione tunisina, ora si teme una tempesta di fuoco. Questa sarebbe l'unica vera causa di preoccupazione. Rimarrà aperto il canale di Suez? Il Medio Oriente si potrà trasformare in una seconda Indocina? Israele, se la rivoluzione egiziana dovesse imbarcare una deriva islamica, potrà vedere il suo destino di stato in pericolo? Queste sono le domande e le paure quasi inconsce che affliggono gli investitori azionari in questi giorni. Queste domande sono importanti, soprattutto per comprendere quali scenari si possono aprire sul versante Medio orientale. Se, come sperabile, non si dovesse entrare nel peggiore degli scenari, quello di un incendio, gli effetti di una transizione del dopo-Mubarak sono considerati meno rilevanti nel lungo termine. Il controllo dei disordini in Egitto e perfino il traffico marittimo nel Canale influenzeranno i prezzi del petrolio e l'economia globale solo temporaneamente. L'Egitto vive sul canale, nessun gruppo può permettersi un blocco lungo. Per questo è importante che i militari si presentino al paese e al mondo con una grande autonomia in modo da diffondere nel paese una fiducia e la certezza che non bisogna aver paura dei cambiamenti. Pertanto, chi investe nel lungo periodo, potrebbe anhe prendere in considerazione un alleggerimento delle proprie posizioni in Egitto, senza tagliare completamente i legami.
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