Divergenze sulle politiche dei tassi di cambio e sulle regole per combattere la speculazione sono al centro del dibattito in corso al G20 finanziario che si tiene in questi giorni a Parigi. La regolamentazione dei mercati finanziari e la vigilanza bancaria hanno già subito cambiamenti significativi in quest’ultimi tempi. Ma paesi come la Cina, il Brasile e altri Paesi emergenti non vogliono che i tassi di cambio figurino fra gli indicatori da tenere in considerazione come elementi di squilibrio globali voluti dalla presidenza francese del G20. C'è consenso su tutto, anche sul fatto che conta, come debito pubblico, anche il debito privato, ha detto il Ministro delle Finanze italiano, Giulio Tremonti, ma non c'è ancora il consenso di tutti perchè alcuni Paesi non vogliono la parola cambi». Secondo il ministro, «la discussione sugli indicatori è un treno che ha dietro tanti vagoni, anche il debito, ma pure i cambi e la bilancia dei pagamenti». Questi fattori a livello macroeconomico, rendono difficile rafforzare gli sforzi per un miglior coordinamento delle politiche economiche in seno al G20. Le autorità macroprudenziale sono in atto in molti paesi per monitorare e contrastare, l'emergere del rischio sistemico. Ci sono diversi settori in cui però i manager devono avere regole più chiare, stabilite dalle autorità, per una gestione dove ci sia una chiara definizione delle responsabilità delle coerenze con la politica monetaria. A livello internazionale, ci deve essere più equilibrio nella domanda mondiale tra paesi in surplus e quelli in deficit e garantire un ritorno alla crescita evitando misure di politica economica in conflitto, che potrebbero creare instabilità. Mantenere i tassi d’interesse a un basso livello per un lungo periodo può portare all’assunzione di rischi eccessivi nel tempo perché creano distorsioni dei prezzi nelle attività e vulnerabilità. La "grande moderazione" ha portato le parti interessate a sottovalutare i rischi connessi con molte classi di attività. Ciò ha contribuito a creare un contesto finanziario favorevole all'esplosione del debito privato e crescenti squilibri al di fuori Europa. Le politiche fiscali sono ora chiaramente incentrate sulla riduzione del deficit e sulla limitazione della crescita del debito, queste politiche non sono perseguite altrove. Si tratta perchè i governi s’impegnino ad aggiustamenti di bilancio da attuare, in particolare nei paesi dell'Eurozona, dove le preoccupazioni per la sostenibilità del debito pubblico sono più incisive. Nel lungo andare scelte di bilancio più solide saranno essenziali anche per affrontare le pressioni dovute all’ invecchiamento della popolazione. Nei paesi in cui la spesa per l'invecchiamento dovrebbe aumentare in modo significativo, è urgente la riforma dei piani del sistema pensionistico e del sistema sanitario a lungo termine. Le politiche strutturali volte a favorire la crescita può alleggerire il carico di risanamento dei conti pubblici e renderle credibili. In Europa, in particolare, l'interazione tra rischio sovrano e la fragilità di alcune parti del settore, come l'attività bancaria è ancora fonte di gravi tensioni. Gli squilibri globali, che si erano temporaneamente ridotti, in conseguenza della recessione ricominciano ad aumentare e i flussi di capitali verso i mercati emergenti, favoriti dai differenziali dei tassi d’ interesse, esercitano pressioni sui tassi di cambio. Alcuni paesi sono ricorsi a interventi di mercato per frenare l'apprezzamento delle loro valute in tal modo sostenendo le esportazioni, e in molti casi le speculazioni. L’aumento dei prezzi delle derrate alimentari e del petrolio, degli ultimi mesi, hanno fatto da carburante allo scoppio delle sofferenze sociali dei paesi del Mediterraneo e del Medio Oriente. Il prezzo che l’umanità sta pagando all’arricchimento di pochi e all’impoverimento di molti è insopportabile per la maggioranza delle popolazioni di tutto il mondo.
sabato 19 febbraio 2011
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