Il 19 maggio l’agenzia delle Entrate ha emanato la circolare 25/E con chiarimenti in merito alla deducibilità, ai fini delle imposte dirette e ai fini IRAP dell’IVA non detratta relativa a prestazioni alberghiere e alle note-pasti. In particolare è stato ricordato che l’IVA relativa a note alberghiere o di ristoranti non è detraibile in mancanza di fatture e come tale non è imputabile a costi alla fine della determinazione del reddito dell’attività esercitata. Nella suddetta circolare ci sono precisazioni, in merito alla rilevanza reddituale dell’IVA non detratta sulle prestazioni suddette, con particolare riguardo all’inerenza di detto costo all’attività esercitata. Pertanto, l’IVA addebitata sui servizi alberghieri e di ristorazione è detraibile, secondo le regole dettate dall’art. 19 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633. Attraverso il meccanismo della detrazione è stato, quindi, garantito anche in relazione ai servizi in esame, il principio di neutralità proprio dell’imposta sul valore aggiunto. Nel merito la circolare prevede che possa esserci , tuttavia, un’eccezione qualora la scelta di non chiedere fatture alberghiere e di ristorazione si basi su valutazioni di convenienza economico-gestionale. Se l’imprenditore o il professionista, decidono di non richiedere le fatture relative alle prestazioni alberghiere e di ristorazione – sempreché non costituiscano oggetto dell’attività propria dell’impresa – e, quindi, di non detrarre l’IVA assolta sulle stesse, nel caso in cui i costi da sostenere per eseguire gli adempimenti IVA connessi alle fatture siano superiori al vantaggio economico costituito dall’importo dell’IVA detraibile. In tal caso, poiché la scelta dell’operatore è ritenuta la soluzione economicamente più vantaggiosa, si può riconoscere all’IVA non detratta, per mancanza di fattura,ma in presenza di scontrini, la natura di “costo inerente” all’attività esercitata e, pertanto, la deducibilità ai fini delle imposte sui redditi. Al riguardo, la Circolare 25/e richiama i chiarimenti resi nella risoluzione 6 settembre 1980, n. 517, in base ai quali l’inerenza – quale condizione necessaria ai fini della deducibilità fiscale di un costo – va riconosciuta per il solo fatto che detto costo è valutato dall’imprenditore nell’ambito di una scelta di convenienza economica, che ha come obiettivo quello di pervenire al miglior risultato economico possibile. L’accertamento dell’inerenza del costo deve essere condotto tenendo conto delle specifiche condizioni sulle quali si basa la scelta dell’imprenditore, al fine di verificare che il sostenimento del costo medesimo realizzi effettivamente un vantaggio economico per l’impresa. Per cui, in mancanza delle fatture relative alle prestazioni alberghiere e di ristorazione, l’imprenditore o il professionista possono dedurre dal reddito – come elemento aggiuntivo del costo sostenuto per l’acquisto delle prestazioni medesime - l’IVA non detratta, sempreché la stessa presenti la natura di “costo inerente” all’attività nel senso anzidetto. La limitazione al 75 per cento della deducibilità delle spese relative alle prestazioni in argomento, secondo quanto previsto dall’art. 109, comma 5, del TUIR, come modificato dall’art. 83, comma 28-quater, del decreto-legge n. 112 del 2008, sarà, quindi, riferita al costo delle predette prestazioni maggiorato dell’IVA non detratta. L’IVA non detratta relativa alle prestazioni di vitto e alloggio assume rilievo fiscale anche ai fini IRAP, a condizione che l’onere risulti iscritto tra i costi che concorrono alla determinazione del valore della produzione netta da assoggettare all’imposta.
giovedì 3 giugno 2010
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