Bruxelles - Finalmente una buona notizia per i cittadini europei vessati dai meccanismi che consentono ai banchieri di scaricare sugli Stati i loro errori. Dopo due notti di negoziati i ministri delle finanze della Ue hanno raggiunto un accordo sul meccanismo di 'fallimento ordinato' delle banche che consente di evitare che a pagare per gli istituti in difficoltà siano gli Stati, spesso rischiando il collasso come nel caso di Cipro. Il ministro dell'economia italiano Fabrizio Saccomanni al termine dell'Ecofin ha commentato su twitter "È un buon compromesso nella direzione dell'unione bancaria, contribuisce a spezzare il circolo vizioso tra rischio sovrano e rischio bancario", ha poi spiegato come il meccanismo definito oggi sia "un sistema di tutela dei risparmiatori che combina un quadro armonizzato con flessibilità necessaria a tener conto di specificità nazionali". In pratica si è trovato un compromesso tra chi come Francia e Gran Bretagna volevano più flessibilità, cioè la possibilità di scegliere da soli a chi far pagare il conto delle banche che falliscono, e quelli come la Germania che invece volevano regole uguali per tutti.Secondo il ministro irlandese Micheal Noonan, l'accordo "ci porta dal 'bailout' al 'bail-in'", ovvero dal salvataggio da parte degli Stati alla suddivisione delle perdite all'interno della banca stessa, "tutelando così i contribuenti". In base al meccanismo definito, quando una banca fallisce, a rimetterci saranno in prima battuta gli azionisti, poi gli obbligazionisti meno assicurati, e infine i depositi, fatti salvi quelli sotto i centomila euro che sono garantiti da una direttiva europea. Soddisfatto anche il commissario Ue al mercato interno Michel Barnier, autore della direttiva originale, che ora vuole anche il via libera del Parlamento Ue entro l'anno. L'accordo rafforza la stabilità finanziaria in Europa, è stato il commento degli operatori economici.
giovedì 27 giugno 2013
Il "fallimento ordinato" delle banche
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venerdì 14 giugno 2013
Verso la fine della bolla economica provocata dal "quantitative easing"
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sabato 8 giugno 2013
Cala l'export della Cina
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domenica 2 giugno 2013
Il petrolio da scisti bituminose preoccupa l'Opec
L'Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio (OPEC) si è riunito ieri a Vienna (Austria) per decidere se cambiare o no il suo obiettivo di produzione. Alla fine è prevalsa l'opinione generale, di lasciare le quote inalterate e di mantenere la produzione di 30 milioni di barili al giorno come tetto di produzione dei dodici membri. Questo livello "non influisce negativamente sulla ripresa dell'economia globale e lo riteniamo opportuno e giusto", ha detto il ministro dell'Energia degli Emirati Arabi Uniti, Suhail Al Mazroui, riassumendo la posizione del Arabia Saudita, Kuwait e Iraq. Il prezzo del Brent è stabile da diversi mesi a circa $ 100 al barile.I Paesi membri dell'OPEC hanno bisogno di questi prezzi elevati per finanziare le loro spese, ma gli investitori si chiedono quale sarà l'impatto del petrolio di scisto negli USA e nel mercato mondiale. "Come i russi, i paesi OPEC sono rimasti in deficit per lungo tempo. Poi hanno incominciato, dalla fine del 2012, a temere per il livello delle loro entrate quando hanno capito che non c'era solo il gas di scisto negli Stati Uniti, ma anche il petrolio", spiega Denis Florin, direttore associato del Consiglio Lavoisier. Lo scorso anno, la produzione di greggio negli USA è aumentata di 1 milione di barili al giorno raggiungendo quota 9,1 milioni,il maggior aumento mai registrato da un paese al di fuori dell'OPEC, come recentemente ha riportato l'Agenzia internazionale dell'energia (AIE). Gli Stati Uniti produrranno 11,9 milioni di barili al giorno nel 2018 sempre secondo l'AIE, con un incremento del 30% nel periodo che sottolinea che la maggior parte della crescita della produzione mondiale arriverà dagli Stati Uniti e dall'Iraq. Il boom degli Stati Uniti crea "tre paure nell'OPEC: la loro quota di mercato in volume, i prezzi e la geopolitica", ha detto Denis Florin. Le conseguenze possono anche variare in modo significativo da un paese all'altro. Il petrolio di scisto è un petrolio leggero ("tight oil luce") che può sostituire il petrolio della Nigeria", ha dichiarato Olivier Appert, Presidente di IFP e molto dipenderà anche dall'esito del dibattito negli Stati Uniti sulla autorizzazione ad esportare il proprio petrolio. Alcuni ritengono che sarebbe assurdo per gli USA esportare i proprio petrolio come materia prima, mentre con il basso prezzo interno sostengono la loro re-industrializzazione, ha dichiarato Denis Florin sottolineando che il margine è ancora grande prima che gli USA diventino autosufficienti - l'AIE stima che essi potrebbero diventare esportatori per il 2030. Al di là degli Stati Uniti e dell'olio di scisto, altri fattori potranno cambiare l'equilibrio. "Un allarmante segnale per l'OPEC è il rallentamento della crescita," secondo le dichiarazioni del giudice Olivier Appert.
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