lunedì 4 luglio 2011

I debiti del calcio in Europa ammontano a 15 miliardi di €

Non solo i grandi club italiani, ma anche i grandi club stranieri potrebbero avere un crollo finanziario, secondo il think tank spagnolo Terra Nova. Il calcio europeo sta giocando con i deficit in modo impressionante seguendo la teoria generalizzata dello schianto, lungo le linee della crisi dei subprime. "Siamo alla fine del sistema. Proprio un fallimento è atteso da qualcuno dei grandi club , tipo Lehman Brothers, che causerà un meccanismo di panico speculativo. E sarà sempre un grande club, ha previsto Olivier Ferrand, presidente del think tank Terra Nova, in un rapporto pubblicato nel marzo scorso che ha suscitato grande scalpore. Prima i fatti: 1,2 miliardi di deficit prodotto quest'anno, più della metà delle società interessate, che ha portato a 15 miliardi di euro il debito accumulato, un terzo solo in Spagna. Per ora, sono falliti solo club di seconda fascia in Inghilterra (Southampton), in Belgio (Mouscron), Italia (Venezia), Russia (Torpedo Mosca). In Spagna, il Valencia è descritto da Terra Nova "in stato di fallimento virtuale". Uno studio del 2010 AT Kearney, dice che "il campionato spagnolo, inglese e italiano sarà in bancarotta entro due anni se si dovesse applicare anche a loro la normale legge per le aziende" e che "i campionati più finanziariamente sani, Germania e Francia, non sono stati immunizzati contro il rischio". Il campionato più redditizio, la Bundesliga tedesca mostra 77.800.000 € di perdite. Nonostante ricavi record (2,5 miliardi), la Premier League inglese ha un buco record di 500 milioni di euro. La massa salariale continua ad aumentare (1,6 miliardi) e non vi è alcun segno di rallentamento. "In Inghilterra, gli investitori stranieri sono attratti dalle prospettive di sviluppo enormi per il mercato asiatico, secondo un'analisi di Tom Cannon, esperto di economia dello sport presso l'Università di Liverpool. Nel breve-medio termine, non ci sarà il crash. A lungo termine, vi è un rischio reale. Nulla dice che i proventi della grande potenziale base di fan di Cina e India in particolare, corrisponderà gli investimenti. Crederci è un'illusione. Ma se non c'è ritorno, gli investitori se ne andranno e ci sarà il temuto effetto domino. Secondo Olivier Ferrand è la presenza di avventori che "aiuta il sistema a marcire perché non investono per guadagnare denaro, ma per ottenere prestigio e rispettabilità". Alla fine di gennaio, Roman Abramovich, proprietario del Chelsea, ha acquistato due giocatori per 85 milioni di € (Luiz Fernando Torres e David) dopo aver chiuso un buco di 80 milioni di euro, in mattinata. Questo non deve più essere possibile con le regole finanziarie e la vasta esperienza di Michel Platini, presidente della UEFA, che un club possa spendere più denaro di quello che genera. A partire da questa estate, i club sono tenuti a rispettarle. La ricapitalizzazione sarà limitata a 45 milioni di euro in tre anni. A partire dal 2013, sono passibili di sanzioni. In Italia la situazione del calcio è drammatica. La serie A è il campionato più costoso d'Europa, in tre stagioni il calcio italiano ha 'bruciato' oltre un miliardo di euro. I diritti tv non bastano più, il tracollo è vicino e nessuno si muove. Sarà un’estate davvero calda per il calcio italiano che sta vivendo un altro periodo sconsolante sotto tutti i punti di vista. Lo scandalo del calcio scommesse è l’emblema negativo di questa situazione, con un substrato di illegalità latente, che a volte si tramuta in attività manifesta come in questo caso, che ne delinea i contorni poco chiari, fatti di un popolo che vive ai margini del gioco e cerca di sfruttarne ogni aspetto, anche in modo illecito. L'ultimo scandalo ne è la riprova, così come lo era stato nel 2006 lo scandalo legato a Calciopoli. Ma non solo. Il calcio italiano è moribondo e ne è dimostrazione eclatante anche la mancanza assoluta di risultati sportivi edificanti. L'Inter della Triplete e il Mondiale 2006 a parte, manchiamo dal panorama europeo in maniera disarmante quanto evidente. A chiudere il cerchio di un prodotto, malgrado la FIGC e il Coni cerchino di ‘vendere’ qualcosa di diverso, allo sbando sono anche i conti che emergono da un recente studio economico attorno alle società soprattutto di serie A. Il miliardo di euro bruciati negli ultimi tre anni è una cifra impressionante, che è emersa dalle analisi del ReportCalcio 2011 realizzato da Arel, Pwc e dal centro studi della Figc. Negli ultimi due anni, i costi superano costantemente i ricavi per 180 milioni di euro e andando avanti così, si rischia la bancarotta del sistema. Ma a nessuno sembra interessare, non c’è un allarme sia da parte degli organi federali e di controllo che della giustizia sportiva. Tutto è lasciato allo sbando, alla libera iniziativa dei vari club che cercano di trovare soluzioni più o meno a lungo termine per evitare il ‘rosso‘ costante. Anche i diritti televisivi, per cui in Lega i presidenti si azzuffano e litigano non sono più una gallina dalle uova d’oro avendo toccato oramai un tetto di entrate oltre al quale non è più possibile sperare di guadagnare. Anche perchè, la ‘teledipendenza‘ da calcio è la naturale conseguenza alla mancanza di stadi all’altezza di un mercato che fattura miliardi di euro all’anno. Altrove, ad esempio in Premier League, i ricavi tv non superano il 50% per cento del fatturato globale mentre in Italia siamo al 75% del totale. Anche gli ingaggi sono una piaga aperta: ingaggi e ammortamenti assorbono il 72% del fatturato, al netto delle plusvalenze del calciomercato e il tanto decantato fair play finanziario sembra proprio essere semplicente una ‘favola’ da raccontare ai tifosi. Non è un caso se gli ingaggi dei calciatori pesano ancora per 1,5 miliardi di euro e il costo del lavoro in serie A è il più alto fra le top league europee. Tanti sono i segnali d’allarme: speriamo che qualcosa si muova.

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