domenica 24 aprile 2011

L'andamento del dollaro condiziona le scelte dei BRICS

La posizione dei Paesi denominati "BRICS" (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa) per l'economia mondiale assomiglia al movimento dei "non allineati", cioè di quei paesi del Terzo Mondo che negli anni '60 si sono schierati per la neutralità tra USA e URSS. I BRICS insieme rappresentano oltre il 40% della popolazione mondiale e il 18% del PIL. Riunitisi in cinque per la prima volta nel sud della Cina la scorsa settimana, i BRICS hanno firmato un accordo di cooperazione finanziaria che prevede l'apertura di linee di credito denominate nelle loro valute. E dopo l'accordo, in Russia, il dipartimento dello sviluppo della banca Vnesheconombank (VEB) ha intenzione di emettere l'equivalente di $ 500 milioni di obbligazioni denominate in yuan cinesi, con scadenza a 5 anni. Avendo già effettuato una prima emissione di obbligazioni in franchi svizzeri, due mesi fa, la banca VEB ha preso in prestito un totale di 8 miliardi di dollari dai paesi stranieri quest'anno. "Il campo in cui vi è una maggiore cooperazione tra questi paesi è l'uso delle loro valute negli scambi bilaterali," ha dichiarato Jim O'Neill, presidente di Goldman Sachs Asset Management, che ha introdotto il concetto di paesi "Bric" circa dieci anni, quando il Sud Africa non faceva ancora parte dell'alleanza. L'idea di utilizzare una valuta diversa dal dollaro per le transazioni è una necessità, perché i BRICS hanno la maggiore espansione nel commercio estero, e non nello sviluppo dei mercati nazionali. Inoltre, l'esistenza di diverse valute nelle loro riserve diversificano l'economia e riducono i rischi d'inflazione. Paesi con dinamiche e punti di vista diversi, i BRICS, sono comunque in continua evoluzione. Così, nel 2010 il PIL del Sud Africa ha raggiunto i 400 miliardi dollari, mentre quello della Cina, leader indiscusso tra le cinque economie emergenti, è stato pari a 6 trilioni di dollari. Nel corso del 2009, la Russia ha sperimentato il maggior calo del Pil, mentre il Brasile e il Sudafrica, che sono anche molto dipendenti dal mercato delle materie prime, hanno subito meno la crisi economica globale. "Se togliamo la Cina dai BRICS, gli altri mercati dei paesi emergenti non cambierebbero la situazione del commercio mondiale, perchè sono paesi che hanno economie piccole rispetto al mercato globale", ha dichiarato un esperto in mercati emergenti, con sede a Parigi. La Cina, che interviene attivamente nello scambio con gli altri paesi BRICS, pone problemi per i partner commerciali. Così, le esportazioni cinesi a buon mercato hanno decimato il settore manifatturiero in Brasile e l'industria tessile in Sud Africa. Questi paesi si lamentano per lo yuan svalutato, che ha danneggiato i loro scambi commerciali con il colosso cinese. "Questi sono i grandi paesi, ciascuno con i propri interessi economici", ha detto Yevgeny Mintchenko, direttore dell'Istituto Internazionale di politica a Mosca. "Ma sono tutti soddisfatti del modello economico dominato dal G7", ha aggiunto. I cinque paesi hanno sottolineato nel loro comunicato finale dopo la riunione a Sanya la scorsa settimana", le carenze dell'attuale sistema monetario internazionale, ivi compresa la proposta di rivedere la composizione dei Diritti Speciali di Prelievo (DSP). Questa possibilità è vista come una possibile via d'uscita da diversi economisti. Per Jim O'Neill di Goldman Sachs, è probabile che il prossimo direttore generale del FMI venga da uno dei paesi BRICS. Una più ampia partecipazione di questi paesi in seno al FMI è necessaria, ma è lenta ad arrivare".

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