sabato 19 marzo 2011

Crisi del Giappone e prezzo del petrolio

Un barile di greggio Brent del Mare del Nord per consegna aprile scambiato a 110,08 dollari sul InterContinental Exchange (ICE) di Londra, è in calo di 3,59 dollari rispetto alla chiusura di venerdì. Era già sceso brevemente sotto i 110 $ per la prima volta dal 24 febbraio. Sul New York Mercantile Exchange (Nymex), un barile di "greggio light sweet"(WTI) nello stesso periodo è crollato di 3,27 $ a 97,92 $ dopo essere scivolato al livello più basso in due settimane da 98,34 $. I petrolieri sono preoccupati per un eventuale declino repentino della domanda di greggio proveniente dal Giappone, paese terzo consumatore del mondo. 'Nel breve termine, con la chiusura della capacità di raffinazione di 1,2 milioni di barili al giorno (un terzo della capacità del paese), l'impatto è negativo per i prezzi del petrolio', perché questo implica un decremento netto delle importazioni da parte del Giappone, ha commentato Christophe Barret, di Credit Agricole. I prezzi del petrolio sono crollati martedì 15 marzo, il mercato continua ad essere allarmato per le conseguenze del terremoto che ha colpito il Giappone, mentre dal sito nucleare di Fukushima le sue emissioni radioattive, dichiarate “potenzialmente letali” da esperti USA si sono intensificate. Inoltre, molti analisti valutano che la distruzione materiale di grandi fasce di territorio, il razionamento di energia elettrica e i danni alle infrastrutture penalizzeranno, a breve termine, la crescita economica del Giappone, con possibili ripercussioni sul contesto economico mondiale. Nel medio termine, tuttavia, il Giappone potrebbe utilizzare di più gl' idrocarburi (gas e petrolio) per la produzione di energia elettrica per compensare la chiusura di centrali nucleari in tutto l'arcipelago, che serviranno ad aumentare il suo consumo di petrolio.
Inoltre, una recrudescenza dei rischi geopolitici in Nord Africa e in Medio Oriente continua a fornire il supporto all’escalation dei prezzi', ha aggiunto Christopher Barret. In Libia, il colonnello Muammar Gheddafi in questo week-end dovrà probabilmente affrontare i raid aerei delle forze dei paesi che hanno aderito alle richieste delle Nazioni Unite sull'imposizione della "no fly zone". Nell’accavallarsi di notizie, sembra che le forze di terra del colonnello continuano la loro avanzata verso la 'capitale' dei ribelli, Bengasi. La produzione di petrolio libico fino ad oggi è quasi ad un punto morto a causa dei combattimenti, ha detto martedì l'Agenzia internazionale dell'energia (AIE). In Bahrain, le tensioni sono cresciute dopo il dispiegamento di truppe nel Golfo arrivate in aiuto della dinastia sunnita degli Al-Khalifa per contenere la protesta sciita. Insomma si prepara una settimana di fuoco su prezzi e oscillazioni borsistiche.

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