mercoledì 6 ottobre 2010

Scontro a Bruxelles fra Cina e UE

Cinesi ed Europei hanno mostrato le loro divergenze monetarie in una serie di incontri che si sono conclusi oggi mercoledì 6 ottobre. Pechino ha rifiutato di rivalutare lo yuan, mentre l’Eurozona è preoccupata per il vertiginoso aumento del tasso di cambio della propria moneta. La discordia ha dominato la visita di tre giorni a Bruxelles del primo ministro cinese Wen Jiabao per un summit Asia-Europa lunedì e martedì, e poi, mercoledì, il vertice UE-Cina.
Lunedì, il primo Ministro Wen è stata fermo nel chiedere che i tassi di cambio delle principali valute rimangano relativamente stabili tra di loro. Un modo per rifiutare una rivalutazione dello yuan richiesto dagli europei che, come gli Stati Uniti, sospettano che Pechino voglia fare una svalutazione competitiva per rilanciare le esportazioni e la crescita.
Martedì, gli stati europei sono andati al contrattacco. I leader a capo delle tre economie più importanti dell’ Eurozona hanno chiesto una rivalutazione significativa dello yuan al capo del governo cinese. Poco tempo dopo, il Presidente dell'Unione europea, Herman Van Rompuy, ha dichiarato di aver chiesto al premier cinese di agire a favore della rivalutazione dello yuan. Il corso della moneta cinese sarà uno dei temi principali del prossimo vertice del G20 a Seoul il 23 e 24 ottobre, nel frattempo il ministro tedesco dell'Economia, Rainer Bruederle ha manifestato la sua convinzione che bisogna continuare a parlare di questo con i partner cinesi, per chiedere una pausa di riflessione in questa discussione che tende a marcire.
Questi scambi agrodolci sono venuti con l'euro che continua ad apprezzarsi sul mercato dei cambi, e che potrebbe pesare sulle esportazioni europee e soffocare la fragile ripresa economica del Vecchio Continente. La moneta unica è salita, oggi mercoledì, al di sopra della soglia di 1,39 dollari per la prima volta in otto mesi e l'Europa oggi ha la sensazione di fare le spese degli sforzi delle altre grandi aree economiche che spingono verso il basso le proprie valute.
La preoccupazione cresce, anche in seno al FMI, dato il clima di guerra di scambio, tra le maggiori potenze per indebolire le proprie valute, al fine di esportare di più. Se la Cina è riluttante a lasciare che lo yuan si rivaluti, il Giappone è intervenuto per indebolire lo yen, il Brasile ha preso provvedimenti per limitare l'ingresso di capitali nel paese e relativa crescita reale, mentre gli Stati Uniti non fanno nulla per difendere la quotazione del dollaro. Quasi ad aumentare il clima di discordia, il FMI, la cui riunione annuale si terrà questo fine settimana a Washington, oggi ha dichiarato che la Cina dovrebbe rivalutare la propria moneta per ridurre la dipendenza dalle esportazioni ed aumentare la domanda interna.

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